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“Quel che posso dire” di Gianluca Virgilio
Di Antonio Mellone (del 28/11/2016 @ 18:56:15, in Recensione libro, linkato 2294 volte)

Non è la prima volta che Gianluca Virgilio mi fa dono di uno dei suoi libri.

Ecco. Quando succede sospendo quasi automaticamente la lettura dell’altro che ho per le mani per buttarmi a capo fitto e con gran diletto in quella del suo testo. La “parentesi virgiliana” di solito non dura più di un paio di giorni, al massimo tre, tanto scorrevolissimo e vorace, come sempre, è quel che egli scrive.

Stavolta la strenna è il suo “Quel che posso dire”, ancora caldo delle rotative di Edit Santoro di Galatina (settembre 2016); mentre l’Altro che avevo per le mani - e che ha dovuto attendere il suo turno - era un classico della Naomi Klein, “No logo” (Bur, Milano, 2015), insieme al centesimo volume di Andrea Camilleri, “L’altro capo del filo” (Sellerio, Palermo, 2016). Sì, in genere me ne porto avanti un paio per volta, quando non di più.

Questo bel libro del prof. Virgilio, dello stesso formato degli altri suoi e, combinazione, dei romanzi che Camilleri pubblica con Sellerio, non è un romanzo, come l’autore ci ha tenuto a puntualizzare, ma una raccolta di disiecta membra, brani d’esistenza, punti di vista, racconti di vita vissuta, edite e inedite riflessioni di un osservatore, pensieri sfregati perlopiù su pagine di rubriche tenute sul quindicinale salentino per antonomasia: “il Galatino”.

Non una trama, dunque, visto che nemmeno la vita ne ha una, ma una serie incommensurabile di orditi, schizzi, flash, colpi di scalpello che, tuttavia, all’occhio più attento non sono mai stocasticamente indipendenti uno dall’altro, dome direbbero gli statistici, ma legati in qualche modo da un fil rouge, una visione d’insieme, direi pure una concezione politica dell’esistenza.

Non solo nella prima parte del libro (“Scritti cittadini”), nella quale il Virgilio analizza la microsociologia della sua città, ma anche nelle restanti cinque (“Passeggiate con Ornella”, “Scritti scolastici”, “Prose”, “Racconti” e “Incontri”) affiora potente l’urgenza di una Politica (finalmente con la maiuscola) volta al bene comune, al rispetto dell’altro, alla formazione culturale di un popolo, alla realizzazione dei principi costituzionali negletti da troppa dimestichezza con la sbadataggine locale, e ultimamente minacciati anche da una riforma centrale pensata male e scritta  peggio.

Mentre leggevo i brani di questo libro, non so perché, nella mia mente si andava delineando, dapprima sfocata e poi sempre più nitida, la figura di chi potesse assumere il ruolo di prossimo venturo sindaco di Galatina. E il profilo che in tal senso pagina dopo pagina si stagliava con connotati sempre più netti era proprio quello del prof. Gianluca Virgilio (erede, oltretutto, di Zeffirino Rizzelli nella direzione e nell’organizzazione dell’Università Popolare di Galatina).

Galatina in effetti ha bisogno di una persona, che dico, di una classe dirigente virtuosa. E Gianluca Virgilio, per spessore e impegno culturale, padronanza morfo-sintattica nell’eloquio e nella scrittura, onestà intellettuale, capacità di ascolto e di comunicazione, e dunque visione strategica della Polis, potrebbe rappresentare un punto di riferimento importante, un’insegna, anzi un insegnante per il nuovo gruppo dirigente. Abbiamo bisogno di qualcuno a palazzo Orsini che finalmente, come Virgilio, faccia “l’elogio degli alberi” (pag. 31), che comprenda che qui è pieno di “decine di case monofamiliari chiuse e abbandonate, e con tanto di cartello VENDESI” (pag. 41), che si convinca dunque che un buon sindaco non si misura da quanto asfalto mette a terra o da quanto cemento farà colare, che il vero cittadino non può vivere “del poco, e di molta televisione, e si nutre di fiction” (pag. 20) ma di cultura e partecipazione, che “rottamazione è parola magica del consumismo” (pag. 43), che “la Buona Scuola ha dato il colpo di grazia alla libertà di insegnamento” (pag. 59), che non bisogna “prestare orecchio alle sirene del mercato” (pag. 61), che “la classe dirigente degli ultimi anni ha perseguito l’affossamento della scuola e la distruzione delle biblioteche scolastiche per dare i soldi alla scuola privata oppure favorendo l’ingresso nella scuola pubblica di privati sempre più rapaci” (pag. 76), che i giornali stanno diventando sempre più inutili, pieni zeppi, come sono, di pubblicità e di “commenti e opinioni tutti dalla parte del vincitore di turno, salvo dirne male quando per lui è giunta l’ora del tramonto” (pag. 95) - ogni riferimento agli orrori di stampa locale e nazionale è puramente causale.  

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Ho già passato questo bel libro a mio papà Giovanni. Mio padre ha 93 anni, è contadino, va ogni giorno in campagna, vive di poco, ha la terza elementare, non ha dunque una libreria come quella (pag. 113) del prof. Giuseppe Virgilio (compianto papà di Gianluca), ma quando è libero legge, legge tutti i libri che gli passo.

Conosce Gianluca molto bene perché è il suo vicino di campagna. Tra i nostri due contigui appezzamenti di terreno non c’è muro di cinta, non siepe, non soluzione di continuità. Sicché Gianluca e mio padre, il professore e il contadino, si vedono spesso, si scambiano consulenze, derrate agricole, e qualche volta anche i ruoli.

Ho sempre pensato che quelle di mio padre fossero braccia strappate alla cultura.

Antonio Mellone  

Articolo apparso su “il Galatino” – quindicinale salentino di informazione – Anno XLIX – n. 19 - 25 novembre 2016