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Roberta
Di Antonio Mellone (del 28/04/2017 @ 18:18:01, in Politica, linkato 3047 volte)

Mannaggia a me e al vizio di latineggiare, pur non essendo un latinista. Con ‘sto benedetto latinorum un giorno o l’altro m’arriverà una bella querela. 

L’altro giorno, per dire, un aspirante politico locale si lamentava via Whatsapp con il sottoscritto asserendo più o meno che io ce l’avessi con lei (o con lui: non ve ne svelerò il sesso), che è indegno quello che vado scrivendo, che basta con certe offese, e via cantando di questo passo.

Io le (o gli) riconoscevo l’attenuante generica per cui la verità a volte fa male assai, e al contempo asserivo che a sentirsi offesi, per certe uscite “politiche” (il lemma politico ultimamente va munito di robuste virgolette) dovrebbero essere piuttosto i cittadini non i loro finti rappresentanti. La (o lo) rassicuravo, comunque, sul fatto che lei (o lui) non era assolutamente in cima ai miei pensieri, né politici né d’altro genere, e che quindi “unicuique suum”.

Non l’avessi mai detto: “Tu puoi scrivere tutto quello che vuoi, ma non t’azzardare a darmi dell’“unicuique suum”. Chissà come la poveretta (o il poveretto) aveva tradotto nella sua zucca più o meno piena la nota locuzione latina: probabilmente con qualcosa che per assonanza ricorda molto le gonadi maschili.

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Ora. A proposito di “unicuique suum”, continuando nella rassegna (anzi nella rassegnazione) dei politici di Galatina aspiranti al locale soglio di Pietro, siamo arrivati al quarto d’ora dedicato a un altro degli epigoni della “novella” politica galatinese: Roberta Forte, anch’ella a quanto pare seguace della moda delle coalizioni di liste civiche (così, tanto per confondere le idee già di per sé non poco ingarbugliate).

Premetto che, per me, Roberta è  un politico a tutto tondo. E’ una ragazza preparata, diligente e seria. Roberta studia, non fa chiacchiere, sa il fatto suo, è capace di reggere i confronti, e soprattutto non ha la marcata meschina inflessione di Gggalatina-centro, di cui gli altri candidati a sindaco l’altra sera, a Open, la trasmissione di Telerama, hanno fatto sfoggio, condendola di idiotismi inaudibili e di altre locuzioni tali da far accapponare la pelle: questo, sia per la forma e purtroppo soprattutto per la sostanza (onde m’è venuto il serio ghiribizzo di cancellarmi dall’anagrafe cittadina).

Detto questo non si possono tuttavia passare sottogamba alcuni punti di rilievo di cui Roberta Forte s’è resa responsabile dal punto di vista politico. Eccovene qualcuno:

1)       Subito dopo l’elezione in consiglio comunale e la sua nomina in giunta, sembra che Roberta si sia dimenticata di tutte le sue battaglie in difesa dell’ambiente, dell’aria, dell’acqua e a favore dello “Stop al consumo di suolo” (e, invero, anche dei suoi compagni di lotta). E’ sparita di fatto dalla circolazione e dagli incontri nei collettivi, e sembra così aver creato uno iato inspiegabile (o forse sì) tra la Roberta di “prima” e l’imborghesita Roberta di “dopo”. E non si tratta soltanto di una mia impressione: molti compagni di lotta (ma non di governo) la pensano come me.

2)       La Roberta è stata un autorevolissimo esponente dell’amministrazione Montagna, la cui giunta era politicamente già spirata da un pezzo: precisamente dal giorno in cui - dando retta al raglio degli asini che volano - aveva detto di sì al mega-porco commerciale di Collemeto, con la successiva sottoscrizione nel 2013 della famosa Convenzione (o circonvenzione d’incapace) con la Pantacom, la società a irresponsabilità illimitata - che tanti danni, soprattutto ai quattro superstiti neurociti dei galatinesi, ha procurato. Non sto dicendo che Roberta abbia detto di sì al mega-porco, ma che di fatto con il suo permanere in giunta ha di fatto parato il sacco al nuovo sacco di Galatina (purtroppo non è soltanto un giro di parole). Con l’Ok ai 25 ettari di mega-porco commerciale Cascioni, la Roberta “di dopo”, nonostante i proclami della Roberta “di prima”, rimanendo avvitata alla cadrega di vicesindaco, sembra di fatto aver avallato la solita cantilena per bimbi ritardati, vale a dire “ricadute occupazionali e volano per lo sviluppo”, cantata all’unisono dal PD (Pronta Deforestazione), dall’allora Udc (Unione del Cemento), dal Pdl (Partito delle Lottizzazioni), dalla PdT (la Puccia prima di Tutto), e dai restanti destrorsi, inclusi i compagni di merende del partito socialista (che a dispetto di Marx ed Engels - le cui ceneri si staranno certamente travujando nella tomba – è diventato di destra, o forse non è mai stato di sinistra). L’opposizione al mega-porco commerciale da parte di Roberta & Co. fu così blanda, così affabile, così, come dire, scoglionata, che l’acronimo RC del suo partito sembrava aver cambiato i connotati da Rifondazione Comunista a Riposo Cerebrale.

3)       La Roberta ha continuato ad avallare le scandalose enormità della giunta Montagna e del suo ineffabile assessore Coccioli, diventando paladina della grandi opere pubiche locali, tipo: pseudo-circonvallazione con tanto di ringhiera combustibile; Palestra Handar chiusa all’indomani dell’inaugurazione in pompa magna; Auditorium più cesso del mondo ficcato in fondo a viale don Bosco (opera premorta al suo primo vagito); centro polivalente di Noha senza uno straccio di cabina per l’allaccio alla rete elettrica (onde s’è cercato di correre ai ripari con altra spesa pubblica una decina d’anni dopo, cioè l’altro giorno, benché di fatto in quel centro ad oggi non funziona ancora un bel niente); mega-parcheggio non so più dove; e – ciliegina sulla cacca – novella “area mercatale” di chissà quanti ettari di campagna da annientare. Sì, la mania delle glandi opere pubbliche locali sembra aver giocato brutti scherzi anche al cervelletto della Roberta nostra. Chi l’avrebbe mai detto? Io.

4)       Poco prima della morte dell’amministrazione Montagna, la Roberta è diventata paladina dell’ennesima boutade (trad.: buttanata). Se n’è uscita cioè con la storia del mega-impianto di riciclo rifiuti, candidando ufficialmente Galatina ed il suo territorio quale centro di gravità permanente di “un impianto di compostaggio integrato, che comprenda cioè sia la fase anaerobica [o forse analerobica, ndr.] che quella aerobica”. L'impianto – sempre a detta della ex-vice-sindachessa – avrebbe avuto una portata di circa 30.000 tonnellate di rifiuti organici annui a servizio di tutta l'area centrale della Provincia di Lecce. L’assessora e il suo sindaco, pensando di unire l’umido al dilettevole, forse in nome della “democrazia partecipata”, tomo tomo, cacchio cacchio, avevano deciso di candidare ufficialmente il territorio di Galatina e dintorni a luogo ideale per chiudere questo benedetto ciclo dei rifiuti (e sì, altrimenti che città d’arte e culatura sarebbe Galatina), però senza preventiva discussione in consiglio comunale, e possibilmente mettendo i cittadini di fronte al fatto compiuto. Con quest’opera, i circa 28.000 cittadini di centro e periferie avrebbero dovuto produrre pro-capite più di una tonnellata annua della sola frazione umida dei rifiuti (hai voglia a mangiare banane, mele, patate, cipolle e cerase, e a darti alla culinaria come e più di Masterchef per raggiungere il tuo budget in termini di spazzatura differenziata). In mancanza, per far funzionare l’eco-mostro avremmo dovuto importare il differenziale dei rifiuti da fuori provincia. Fantastico, no?

5)       Roberta non ha alzato ciglio, né ha storto il muso, né proferito verbo, né battuto i pugni sul tavolo, allorché l’amministrazione comunale, in maniera diretta o indiretta, ha accettato alcune sponsorizzazioni da parte di Colacem e da altri gigli di campo (santo). Né ha mai vergato una parola una di un comunicato-stampa per dissociarsi dalla stomachevole sponsorizzazione della festa patronale dei Santi Pietro e Paolo da parte di Tap (il noto tubo di ‘sto gas).

6)       Infine, Roberta non sembra essersi spesa più di tanto per la perorazione del conferimento della cittadinanza onoraria di Galatina al magistrato Nino Di Matteo (Pm del processo sulla Trattativa stato-mafia), sancendo in tal modo quanto personaggi del calibro di Nino Di Matteo siano effettivamente dei corpi estranei alla “genia galatinensis”.

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P.S.

L’epitaffio che scriveranno sulla mia tomba, mutatis mutandis, ricorderà quello scolpito sul sacello del tremendo Pietro Aretino (Arezzo, 1492 – Venezia, 1556) che fa più o meno così:

“Qui giace l’Aretin, poeta tosco,

di tutti disse mal, fuorché di Cristo

Scusandosi col dir, non lo conosco”. 

Antonio Mellone