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L’Italia della Concordia
Di Albino Campa (del 20/01/2012 @ 23:40:35, in Cronaca, linkato 3230 volte)

Se le automobili possono andare a sbattere, se i treni possono deragliare, se gli aerei possono precipitare, le navi possono affondare. E se poi affondano per le superficialità degli esseri umani, allora al danno causato si aggiunge la beffa di una tragedia che può essere evitata se chi è chiamato ad affrontare determinate situazioni lo fa con giudizio, responsabilità e onore.
Ma la tragedia della Concordia sfortunatamente assomiglia per troppi aspetti alla nostra situazione nazionale. Un Paese che affonda lì, proprio davanti agli occhi di tutti, a due passi dalla riva dove incuriositi spettatori si accalcano per assistere alle ultime ore di luce della nostra imbarcazione. Tutto sembrava bello a bordo quando le luci, il lusso, il cibo e gli spettacoli occupavano il nostro tempo. E nessuno sapeva o si preoccupava se chi era nella cabina di pilotaggio, messo lì per garantire la sicurezza e la buona traversata di tutti, pagato fior di quattrini, fosse stato il primo ad arrendersi, abbandonando la sua nave ad una tragica fine. Poi la tragedia dove tutti, indistintamente, cercano di salvarsi, dimenticandosi della dignità umana che non riconosce  più né donne, né bambini, né anziani, né disabili, tranne qualche rara eccezione. Tutti credono di meritare di scampare alla fine a posto di qualcun altro. Ed è l’Italia che affonda in acque gelide, trascinando tutti sotto indistintamente, sacrificando solo gli innocenti e sottraendo dal pericolo chi ha provocato l’incagliamento. Perché si sa che chi comanda qualcosa è sempre ai piani alti, ed è più facile che si salvi. Sono i poveracci rinchiusi nelle stive dei motori a rimetterci la pelle, quelli che fanno andare avanti la barca, sperando che chi è al timone mantenga la giusta rotta. E pensare che una volta viaggiavamo tutti in acque ben più profonde, essendo il fiore all’occhiello della flotta. Solo ora qualcuno cerca di sbrogliare le funi che reggono le scialuppe, con la speranza di salvare il salvabile, ma questa nave è troppo inclinata per effettuare le operazioni di soccorso.
E c’è ancora chi guarda, ma lo fa dalla riva, avendo salvato solo la sua pelle. Guarda e tace. Dice di coordinare i soccorsi, ma i soccorsi si prestano prima a bordo e, solo quando non c’è più nulla da fare, si abbandona la nave, e lo si fa sempre per ultimi. E fa impressione vedere un’Italia che affonda per le bravate di qualcuno (politici direi, seduti in cabina di pilotaggio a coprire mafiosi, evasori, condannati e corrotti) e quel qualcuno fa parte degli ufficiali di bordo, quelli che se la spassano tra cene e champagne, in compagnia di belle ragazze, mentre si va a sbattere proprio là dove qualcuno spera, felici di sapere che anche questo mese incasseranno venti mila euro dalla compagnia Italia. E la società capitalista che sta sugli scogli a guardare, sfregandosi le mani per i gli indennizzi che guadagnerà a causa di questa sciagura, esulta. Perché bisogna dire anche questo: mentre tutto si inabissa, qualcuno ride sotto i baffi perché ne va a guadagnare. E poi qualche ufficiale, messosi al sicuro in qualche albergo a cinque stelle, fa finta di preoccuparsi della sorte degli sfortunati mandando qualche gommone con tre o quattro malaugurati a bordo per recuperare le vittime del disastro. Ma fa impressione, una brutta impressione, vedere due barchette mandate a contenere i danni dell’affondamento di quel bestione alle loro spalle. I soccorsi sono troppo miseri e, infondo, è troppo tardi.
Eppure qualcuno, che già da tempo era preoccupato, c’era; c’è sempre stato. Chiamava in continuazione per chiedere: “Ehi, lassù, è tutto apposto?”. “Certo, va tutto a meraviglia, la gente si diverte, tutti mangiano e bevono, gli altri si divertono ai casinò e qualcuno sta assistendo ad uno spettacolo. È tutto apposto. È saltata soltanto la luce, ma ora va tutto bene. L’Italia va alla grande”. Ma lo scoglio ha già squarciato tutto e la nave già imbarca acqua. Le onde che sbattono sono alte, ondate di evasione fiscale, di sprechi nel settore pubblico, di appalti in mano ai mafiosi, onde di raccomandati incapaci e di corrotti senza scrupoli. Imbarcavamo acqua da tempo, perché una nave da crociera così non può affondare in un istante. E poi c’è chi parla di ammutinamento, avanzando l’ipotesi di punire chi voleva salvare qualcosa dal disastro. E se è l’Italia di sempre, quella che già conosciamo,  il comandante starà agli arresti domiciliari, forse per continuare a coordinare i soccorsi di una nave già affondata, come dice lui, e chi invece con coraggio ed onore è andato contro il suo irresponsabile comandante, rischiando la vita per gli altri, verrà condannato per tradimento e marcirà nelle carceri. Siamo tutti qua, in bilico su uno scoglio, intrappolati nelle cabine con la speranza che il mare non si ingrossi e che qualcuno ci venga a tirare fuori. Ma se  dalla terra ferma non arriva nessuno a soccorrerci, allora mettiamoci il salvagente e con dignità ed onore rimettiamo in piedi la nostra bella nave e riprendiamo il largo, alla scoperta di mondi migliori di questo.

Fabrizio Vincenti