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PADRE SORGE RACCONTA LA CHIESA DEL CONCILIO TRADITO
Di Marcello D'Acquarica (del 24/10/2012 @ 22:58:05, in Un'altra chiesa, linkato 4352 volte)

 …a parlare di Concilio abbandonato, addirittura “tradito”, dalle colonne di Famiglia Cristiana (n. 42 del 14 ottobre 2012) e da quelle del mensile Popoli (ottobre 2012) è p. Bartolomeo Sorge…

36887. ROMA-ADISTA. A leggerle, sembrano le riflessioni di un esponente del cosiddetto “dissenso” cattolico, o un documento di Noi Siamo Chiesa. Invece a parlare di Concilio abbandonato, addirittura “tradito”, dalle colonne di Famiglia Cristiana (n. 42 del 14 ottobre 2012) e da quelle del mensile Popoli (ottobre 2012) è p. Bartolomeo Sorge, gesuita, ex direttore di Civiltà Cattolica e di Aggiornamenti Sociali, dell’Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe di Palermo (all’interno del quale, assieme a p. Ennio Pintacuda, sostenne, nella sua fase iniziale, la cosiddetta “Primavera palermitana” di Leoluca Orlando e del suo movimento, “La Rete”), nonché storico riferimento intellettuale e pastorale dell’anima conciliare della Chiesa cattolica. Sorge fu infatti tra gli artefici, insieme all’allora segretario della Cei, mons. Enrico Bartoletti, e con Giuseppe Lazzati, del primo convegno della Chiesa italiana su “Evangelizzazione e promozione umana”, svoltosi nel 1976. Si trattava, a dieci anni dalla conclusione del Vaticano II, di «tradurre il Concilio in italiano», di verificare cioè in che misura le acquisizioni dottrinali e pastorali del Concilio Vaticano II fossero state recepite dalla Chiesa italiana. Ne uscì una linea aperta al contributo dei laici (di più: la richiesta formale che nella Chiesa italiana si desse vita a un organismo nazionale permanente di partecipazione dei laici, richiesta che non ebbe alcun seguito); a una nuova mediazione culturale che accettava il confronto critico con le culture secolarizzate presenti in Italia; e un atteggiamento di sostanziale diffidenza nei confronti dell’integrismo promosso dai movimenti ecclesiali allora emergenti. Questa linea, completamente scalzata nel successivo Convegno di Loreto, nel 1985, dal modello di Chiesa forza sociale imposto da Wojtyla e Ruini, ha continuato ad ispirare l’azione ecclesiale, sociale e politica di tanti cattolici democratici.

Insomma, le riflessioni di Sorge sul Concilio sono particolarmente significative proprio perché vengono da uno dei più autorevoli protagonisti della stagione postconciliare. Così, su Famiglia Cristiana, l’anziano gesuita fa il punto della situazione rispetto al modo con cui la Chiesa gerarchica ha recepito le indicazioni del Vaticano II. Ne esce un quadro a tinte fosche. Sorge parla senza mezzi termini di rinnovamento interrotto. «Troppi, nella Chiesa, preferiscono ancora il vino e gli otri vecchi a quelli nuovi», scrive infatti Sorge. «Lo stallo attuale è dovuto soprattutto alla mancata realizzazione dello “spirito di collegialità”, che è il lascito più importante del Concilio». Nella Chiesa, scrive il gesuita, manca inoltre un vero dialogo: quello «dei vescovi con la Curia romana, delle comunità locali con i propri pastori e, più in generale, della gerarchia con i fedeli laici... Si decide ancora tutto dall’alto. Perciò, al posto della parresía evangelica, crescono nella Chiesa il silenzio e il disinteresse dei fedeli». Al punto che oggi nel mondo cattolico, «non parla più nessuno». Eppure, «più che di decisioni prese dall’alto, c’è necessità di discernimento comunitario; più che di nuove strutture di Curia, c’è bisogno di testimoni, di laici maturi e responsabili».

Sorge non trascura di toccare anche il tema, attualissimo, del rapporto tra Chiesa e politica inaugurato a partire dall’ascesa di Ruini ai vertici della Cei e della Curia vaticana: «Il Vangelo chiede profezia, non diplomazia». E se è vero che «ai fini dell’evangelizzazione, è importante che la Chiesa collabori lealmente con le istituzioni politiche», non ha però più alcun senso «continuare a riporre la fiducia nella diplomazia, nei Concordati, nello scambio di ambasciatori, nelle indebite pressioni sui governi». «La forza della Chiesa sta nella parola di Dio, nella santità dei fedeli, nella predilezione per i poveri, non nel favore dei ricchi e dei potenti di turno o nella protezione dei poteri forti. La Chiesa del Concilio è una Chiesa libera». E povera. Infatti, conclude padre Sorge, «con quale credibilità la Chiesa porterà al mondo la “buona notizia” di Dio che, per salvarci, si fa povero e sceglie i poveri, se le istituzioni ecclesiastiche gestiscono banche e giocano in Borsa? Se chi annunzia il Vangelo vive in palazzi simili a regge? Con quale coerenza la Chiesa esorta i fedeli a partecipare all’Eucaristia, memoriale della Pasqua, se poi ne offusca la trasparenza con cerimonie pompose, abbigliamenti sfarzosi e ornamenti ricchi e preziosi?».

A Popoli, Sorge ha invece concesso un’ampia intervista, nella quale parla di rinnovamento «rimasto a metà» e spiega che se Chiesa si è a lungo confrontata con temi come nuova evangelizzazione, relazioni tra Chiesa e Stato, dialogo interculturale e interreligioso, temi etici, giustizia, pace, «molto più lento e incerto appare lo sforzo fatto per la sua riforma interna». Su questo punto, anzi, sembra addirittura prevalere oggi un clima di stallo, se non proprio di riflusso». «Il problema – spiega Sorge – è che troppi, anche nella Chiesa, ragionano ancora con le categorie della vecchia “cristianità” e non si rassegnano al fatto che questa è finita da un pezzo. È tramontato il tempo in cui, soprattutto nei Paesi di antica evangelizzazione, la vita civile era scandita dalle festività religiose, le leggi erano sostanzialmente coerenti con la morale cristiana, la parrocchia era il luogo dove si vivevano gli appuntamenti decisivi della vita». «Tutto ciò è finito per sempre, sia sul piano storico, sia su quello teologico.

Nell’epoca della globalizzazione e della secolarizzazione, il contesto socioculturale è divenuto ormai irreversibilmente pluriculturale, plurietnico e plurireligioso. Per agire da fermento spirituale, culturale e sociale, la Chiesa deve porsi in modo nuovo», «dando pieno compimento al Concilio», cioè «superando ogni forma di clericalismo». E, più in generale, promuovendo «una fede adulta». Ripartire dal Concilio, insomma. Perché, se è vero che i problemi che il mondo contemporaneo pone alla Chiesa, sono oggi tanti e complessi, «tuttavia, per risolverli, non occorre convocare un nuovo Concilio. Basterebbe – afferma Sorge – il coraggio di affrontarli con quello “spirito di collegialità” – o sinodalità –, sul quale tanto ha insistito il Concilio e che, dopo 50 anni, stenta ancora ad affermarsi nella Chiesa. Perciò, prima di pensare a un altro Concilio, diamoci da fare a realizzare il Vaticano II». (valerio gigante)

 

ecco di seguito l'articolo di P. Bartolomeo Sorge, S.J.

http://www.famigliacristiana.it/chiesa/concilio-vaticano