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SEGNI DEI TEMPI
Di Fabrizio Vincenti (del 12/02/2013 @ 18:38:36, in Cronaca, linkato 2571 volte)

Dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, successore di San Pietro, in modo che dal 28 febbraio 2013, alle ore 20, la sede di Roma, la sede di San Pietro sarà vacante”. Ecco alcune delle poche parole con cui il Santo Padre sconvolge il mondo. Ne abbiamo sentite di tutti i colori di questi tempi ma ancora c’è qualcuno che è capace di meravigliarci. Ed ecco che saltano subito fuori complottisti, profezie di ogni genere, semplicisti, scettici convinti e pronostici sul successore. Ieri, come tutti quanti voi, sono rimasto allibito dalla notizia, come se una sorte di disorientamento mi abbia colto alla sprovvista, come se l’ultima trave danneggiata ma ancora in piedi della Storia più antica, mi fosse crollata addosso. Da ora sappiamo che anche un Papa si può dimettere. Certo, è previsto dal diritto canonico che questo avvenga, ma nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Poi ho dormito sopra poiché so che la notte porta consiglio e “sbrina” i dubbi del giorno prima. Ho aspettato la mattina successiva per riflettere ed ho capito che il Papa ha letto alla perfezione i segni dei tempi. L’età è matura. Non solo la sua di età ma quella della civiltà intera è matura. E una profonda compassione mi ha pervaso l’animo. Sembra che questo uomo viva perennemente meditando senza mai distogliere lo sguardo dalla meta, neanche per leggera distrazione. E nei suoi occhi io leggo la difficoltà che c’è in un uomo di fede di parlare a chi non ha fede. Sento la complessità di trasmettere l’insegnamento cristiano a questa civiltà che annebbia tutto ciò che non è relativismo. Per questo il dilemma si fa ancora più gravoso: si può ancora parlare di Dio in una realtà dove Dio non è tenuto in considerazione? È la sfida che deve affrontare la Chiesa, proclamare la stessa Verità in lingue nuove. E che sia stato uno come Ratzinger a fare questa scelta crea ancora più sconcerto. La sentinella della tradizione, Lui che è stato a capo di quello che una volta si chiamava Sant’Uffizio, fa una scelta contro la tradizione, un gesto rivoluzionario che finalmente riporta l’attenzione sul vero Pastore della Chiesa, Gesù Cristo, il più rivoluzionario di tutti. Dov’è la sorpresa allora se chi rappresenta Cristo in terra una volta tanto fa un gesto proprio di Cristo? Il suo è e rimane forse l’insegnamento più cristiano predicato dalla Chiesa negli ultimi secoli. La rinuncia è una prerogativa cristiana come la perseveranza. E se Giovanni Paolo II fu imbattibile per perseveranza, Benedetto XVI spicca su tutti per umiltà e mitezza. E di cosa ha bisogno la Chiesa di oggi se non di umiltà e mitezza? Avranno capito qualcosa cristiani, preti, vescovi e cardinali? Ho qualche dubbio visto che già si parla per il prossimo concistoro di partiti e poteri in Vaticano, mettendo da parte quello che dovrebbe essere l’unico motore dell’elezione alla cattedra di Pietro e cioè lo Spirito Santo. È questa scelta sa proprio di provocazione come se il Santo Padre volesse dire al mondo intero che Lui non ci sta a giochi di potere, a intrighi vaticanisti e fumi anticlericali. Non lascia da vinto poiché se ne va nel modo più sereno possibile, come aveva detto in una sua intervista più di due anni fa. Un papa può, anzi deve dimettersi dal suo ministero petrino se non è in grado di svolgerlo bene come si addice ad un incarico così importante. È questo più o meno quello che aveva lasciato intendere. E Lui quel “deve” lo rispetta da uomo di fede, anche se per molti di noi rimane un gesto incompreso. Se uno è papa non è che può aspirare ad altro oltre quello che già è. Eppure alla coscienza di questa nostra epoca il gesto rimane folle: come fa uno che possiede un potere di quella portata a rinunciare e ritirarsi solitario in preghiera? La risposta è che lo fa perché è cristiano non solo all’apparenza ma soprattutto nello spirito.  E spiazza tutti, anche quegli stessi cardinali che lo circondano sollazzati dai piaceri della ricchezza e lustrati dalla cera della politica. Ecco l’insegnamento di Benedetto XVI, urgenza di ritornare all’essenza. Egli riconosce la sua umanità, individua il limite oltre il quale non bisogna spingersi, non nasconde, come fa questo nostro mondo, la fragilità e la vecchiaia, grida che “sono beati i miti” e che vadano al diavolo potere e ricchezza. Evviva lo spirito di carità se è per il bene della Chiesa che compie questo gesto. Ci voleva un papa per dire che i gesti contano più di tante parole e lo dice ai politici che vivono riempiendosi la bocca di parole inutili; l’umiltà vince sulla presunzione e l’apparenza, e il principio rimprovera tutti quei porporati che hanno fatto delle loro vesti un simbolo di casta; è stato detto al mondo che non sono i papi a regnare ma la regalità di Cristo, Pastore buono. Finalmente Cristo è tornato a predicare. Pace a Lei Santo Padre e che la sua scelta sia per gli occhi di tutti gli uomini l’annuncio che il mondo è maturo e che si può iniziare a cambiare, e cambiare non vuol dire far sposare i preti, ordinare sacerdoti le donne, consentire l’aborto e favorire le nozze tra persone delle stesso sesso: cambiare è far si che questo nostro mondo sia abitato non da milioni di uomini ma da miliardi di cristi.

Fabrizio Vincenti