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Una Mega-porcata senza vergogna
Di Antonio Mellone (del 30/09/2013 @ 07:23:29, in NohaBlog, linkato 3004 volte)

 

Il consiglio cumonale del 25 settembre scorso è stato l’esempio lampante (se mai ce ne fosse stato il bisogno) dell’acume dei nostri politici. I quali all together hanno dimostrato ancora una volta che non esiste più né destra né sinistra, ma al massimo diverse sfumature di berlusconismo. Dopo le larghe intese a livello centrale, l’altro pomeriggio, a Galatina, con il varo pressoché all’unanimità della mega-porcata da colare in Contrada Cascioni, s’è celebrato il rito delle larghe scemenze. Tutti i “moderati” del Pd (con il delta in più o in meno di quell’inezia che è la L) hanno deciso di violentare-ma-non-troppo un angolo di paradiso che aveva tutt’altra vocazione che quella, mutatis mutandis, di fungere da nipotina di Mubarak.

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Tutto questo ovviamente in nome del superiore interesse pubblico, vale a dire del profitto privato, della speculazione edilizia, dei traffici sotterranei conto terzi, delle italiche mafie, e, visto che non guasta, dell’abuso della credulità dei poveri cristi. Tutti allineati e soprattutto coperti, i nostri polliticanti non hanno alzato ciglio su nulla, né alcuno ha mostrato il seppur minimo dubbio sul potere taumaturgico della Santacom, che, non si sa come, inattiva, senza capitali, senza garanzie, senza dipendenti (ma con una password che è tutto un programma e che per puro caso coincide con il nome del boss Perrone) creerà un incredibile centro in periferia (cosa vuoi che sia un ossimoro in più o uno in meno) in grado di fare sfracelli, nel senso dell’abbondante offerta di lavoro a tutti i disoccupati-firmatari-di-appelli di Collemeto e dintorni.

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Bisogna dire però che le larghe intese sono di fatto una ferita sanguinante per gli elettori del Pd, mentre per gli eletti - come ampiamente dimostrato da letteratura e realtà - nient’altro che un’abitudine. Infatti, molti simpatizzanti del Pd (e per la verità anche molti antipatizzanti) m’han riferito di essere “contrarissimi” al mega-porco. E numerosi fra questi - per indole e formazione restii a forme di protesta eclatanti – mi hanno palesato che alle prossime consultazioni esprimeranno il loro dissenso all’interno della cabina elettorale provando ad eleggere partiti e persone (più che personaggi o guitti come questi) un po’ meno incoerenti rispetto ai valori predicati in campagna elettorale (tipo quelle cose da nulla che sono il rispetto dell’ambiente e lo stop al consumo del territorio).

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In questa sceneggiata napoletana, anzi commedia dell’assurdo galatinese, per giustificare “il sacco di Galatina” si sono sprecate le “ricadute”. Ricadute di qua, ricadute di là, ricadute di sopra e ricadute di sotto, ripetute in quella sala consiliare fino allo sfinimento da quei pover’ometti assisi su quei seggi allineati a mo’ di staffa d’asino un po’ sghemba (chissà fino a che punto metaforica). Tutti i relatori, fior fior di professionisti (non si saran mica laureati con l’ausilio del Cepu), hanno proferito questo cacofonico lemma almeno una volta, mentre tutti gli altri che non hanno pronunciato verbo, muti e rassegnati, lo avranno quanto meno rimuginato come un mantra nella loro testolina deformata dalle cosiddette proprie convinzioni politiche. Che bello sarebbe se i nostri deputati al parlamento comunale giurassero contemporaneamente sulla Costituzione della Repubblica Italiana e su uno Zingarelli o un Devoto-Oli qualsiasi (per quello che un giuramento del genere possa valere, soprattutto quello sulla carta fondamentale della nostra Repubblica, visto come molti spergiuri impenitenti l’hanno più volte trasformata in poco più che un foglio a due veli).

Per inciso dico che a me “ricaduta” fa pensare a quando uno si prende l’influenza, guarisce e poi gli torna nuovamente; e allora sua madre telefona al dottore e dice: “Mio figlio è ricaduto”. E questo si sente così, come dire?, abbacchiato, avvilito, mogio, così… ricaduto, appunto.

Con questa delibera a Galatina la Politica (notare la P) è morta, la natura è morta, e pure io non mi sento tanto bene. Mi sa che son ricaduto anch’io.

Antonio Mellone