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Tra vizi e virtù
Di Fabrizio Vincenti (del 14/12/2013 @ 15:40:32, in NohaBlog, linkato 2773 volte)

Se un giorno vi dovesse capitare di trovarvi a Padova, dopo aver naturalmente visitato la grande Basilica del Santo, fate una tappa alla Cappella degli Scrovegni. Vi potrebbe succedere, come è successo a me, di incontrate alla biglietteria una simpaticissima signora leccese. La visita dura pochi minuti per permettere a tutti i numerosissimi visitatori di poter ammirare i meravigliosi affreschi di Giotto. Se poi, come me, avrete anche la fortuna di fermarvi qualche minuto in più, avvalendovi di qualche lecito escamotage, non potrete fare a meno di trattenervi sulla personificazione dei vizi sulla parete nord e delle virtù su quella sud. I vostri occhi, obbligati dalla forza di gravità, incontreranno la Iustitia, così spiegata in latino “giusta esamina ogni cosa col piatto della bilancia, la giustizia è perfetta nel premiare il bene, usa con vigore la spada contro i vizi. Tutte le cose godono della libertà se questa regnerà, agirà con benevolenza chiunque compirà qualcosa”. Per Giotto la Giustizia è una regina che siede su un trono prezioso, all’ingresso della città. Regge una bilancia con la quale governa con grande equilibrio. Sul piatto destro vi è un angelo che incorona il bene mentre sul sinistro uno sta giustiziando il male. Sotto, quattro cavalieri procedono verso un villaggio dove si danza, si suona e si gode dell’ottimo frutto del giusto governo. Nella parete opposta, invece, vi è l’Iniustitia, un tiranno con gli artigli come Lucifero, la rappresentazione del caos. È armato di spada e di lancia uncinata e la porta della città alle sue spalle sta venendo giù a pezzi. La natura di fronte a lui è inselvatichita, come se ogni cosa sfuggisse all’ordine morale dell’esistenza. La strada sotto di lui è infestata da predoni che commettono ogni genere di violenza. Fortunatamente però sopra la porta d’ingresso della cappella il giudizio universale domina su tutto e prefigura quello che spetta ai virtuosi e ai viziati.

Mentre un mio carissimo amico mi faceva da Virgilio al cospetto di tutta questa bellezza, non vi nascondo che la mia mente, nel riflettere sulle conseguenze dell’ingiustizia e del cattivo governo, balzava a Noha. Immaginavo le fantomatiche porte del nostro piccolo paese cadere a pezzi sotto i colpi inferti dalla pessima amministrazione che da tempo tormenta noi nohani e il nostro paese. La natura selvaggia, che rappresenta ogni sorte di individualismo e corruzione, ha ormai preso il sopravvento su tutto, invadendo ciò che fino a poco tempo fa sembrava immune. E magari per terra ci fosse veramente erba invece di asfalto malridotto! Qua mi sa che le erbacce, intanto, crescono indisturbate nella mente di qualcuno.  I predoni continuano a fare scempio di ogni zolla che calpestano e scendono in paese come bande di teppisti a volto scoperto. Occupano le prime file nelle processioni, siedono sui primi banchi dei convegni e delle manifestazioni ed è loro il primo intervento di ogni discussione. Gettano, come muratori impazziti armati di cazzuola, cemento e malta a destra e a manca, imbrattando l’ambiente e il sano pensiero. L’immondizia spadroneggia ai bordi delle strade e sugli abbozzati rondò, realizzati dai più squattrinati artisti decadenti. Gli artigli spregevoli della malagiustizia e della cattiva amministrazione li vedo dovunque, e non perché io sia un isterico, ma perché non c’è un angolo di Noha che non sia stato oggetto di “graffi” reiterati dalla mala politica locale e dall’insensatezza di alcuni nostri concittadini. E altro che rivolta dei forconi: qui non basterebbe neanche un esercito incazzato dell’impero romano, forgiato dalla più avanzata tecnica di guerra mai concepita, per smantellare anche di un solo centimetro la trincea della cocciutaggine cittadina e dell’insofferenza di tutto l’apparato municipale.

Quando la sera si rincasa e si chiude la porta, Noha rimane sola, in pasto ai predoni. E quanti si aggirano di questi tempi come bestie randagie e rabbiose! Signor sindaco, assessori e consiglieri tutti, visto che sto per venire a passare il Natale a Noha, nella macchina, insieme ai bagagli, ho caricato anch’io qualche forcone. Ho intenzione, insieme a qualcun altro più arrabbiato di me, di venire a Galatina a prendervi dalla poltrona per accompagnarvi a Noha, strattonandovi per un orecchio come il più asino degli scolari (con tutto il rispetto che ho io per i muli che non sono asini), per farmi spiegare cosa avete in mente di fare per questo paese. E ogni volta che alle mie domande incalzanti mi risponderete con la solita esclamazione psicopatica “non ci sono soldi”, una scarica di calci pioverà sulle vostre natiche perché quello che c’è da fare poco ha a che vedere con il danaro. Qui non si tratta di mancanza di fondi o casse vuote; qui si ha a che fare con la più grave forma di peccato esistenziale: l’accidia. A proposito di soldi: poiché è stato stanziato qualche milione di euro per rimettere in sesto le strade, non appena un centesimo si volatilizzerà nell’etere, qualche forca questa volta bucherà veramente qualche natica.  Di cosa stiano facendo per Noha, Galatina, Collemeto e Santa Barbara (che continua a mandargli benedizioni dal cielo), nessuno sa niente. L’importante per loro è che anche quest’anno sia stato innalzato l’albero di Natale in piazza San Pietro. E come stanno sguazzando in questi ultimi tempi, cullandosi nella scusa che tutta l’Italia vive un periodo di austerità! Peccato per loro però che è proprio in questi momenti difficili che si vede chi è propenso al buon governo. E se questa è l’accezione del buon politico, allora vuol dire che palazzo Orsini è occupato ancora da proci. Ma la tela di Penelope è già stata ultimata da tempo, e guai a loro appena si scorgerà l’ombra di ulisse in lontananza.

Fabrizio Vincenti