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La nuova enciclica di papa Francesco: davvero "un’altra chiesa" (parte prima)
Di Antonio Mellone (del 08/07/2015 @ 07:38:48, in NohaBlog, linkato 1385 volte)

Ho letto, anzi divorato in un sol giorno, “Laudato si’”, l’ultima scorrevolissima lettera enciclica di papa Francesco, pubblicata anche su questo sito con post del 25 giugno 2015. Ma non l’ho mica letta a video (non mi riesce proprio), ma da un agile libretto di 206 pagine, edito da Ancora (Milano, maggio 2015, euro 2,20).

Il tema trattato, come ormai noto urbi et orbi, è la cura della casa comune.

L’abbiamo inserito nella nostra rubrica “Un’altra chiesa” in quanto, in quest’altra, ci pare di cogliere effettivamente un atteggiamento affatto diverso rispetto a quello tradizionalista, legato alla chiesa-struttura, gerarchica, clericale,  preconciliare (che però con il lemma Concilio fa i gargarismi tre volte al dì, a mattutino, a compieta e durante i vespri, infischiandosene di fatto; ovvero facendo credere alle proprie pecorelle, e soprattutto agli allocchi, che la sua realizzazione – del Concilio, dico – avvenga soltanto per il tramite di un super-attivismo di maniera non disgiunto da una ponderosa dose di pragmatismo), e dunque purtroppo ancora, e chissà per quanto altro, maggioritaria.

Una chiesa che farebbe davvero un grosso passo avanti se solo abbandonasse la vecchia regoletta del “chi non è con me, è contro di me”: basterebbe che alcuni suoi più autorevoli esponenti, al centro come in periferia, la smettessero una buona volta con la guerra personale contro tutti quelli che si permettono di non essere d’accordo con loro, ammettendo qualche errore e concedendo a chi li critica l’esistenza di qualche fondato argomento.

Non dico che bisognerebbe introdurre nella chiesa i concetti di “democrazia” (parola aborrita dall’establishment ecclesiastico che preferisce parlare invece di “comunione”), ma insomma.

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Ci tengo a precisare che codesta rubrica nata sul nostro sito nel mese di marzo del 2011 raccoglie non il pensiero (o gli articoli) di qualche personaggio visceralmente legato all’ateismo, all’anticlericalismo o al laicismo, né le fisime dello “scomunicato” di turno, ma gli scritti di ecclesiastici, soprattutto sacerdoti - alcuni parroci - nel pieno esercizio delle loro funzioni. Si tratta di istanze, un tempo rientranti nell’area “critica” del cattolicesimo, perlopiù emarginate, anzi silenziate con le buone, cioè con la censura, più che con le cattive maniere, cioè con i provvedimenti canonici (ben più clamorosi e dunque proprio per questo meno praticati: evidentemente la regola del “sopire troncare, padre molto reverendo, troncare sopire” – cap. 19 de I promessi Sposi – a dispetto della sbandierata parreìa,non è mai stata abrogata).
[continua]

Antonio Mellone