Cara Renata,
32 anni fa come oggi (era il 31 marzo del 1984, e tu avevi appena compiuto 33 anni) cadevi sotto i colpi dei tuoi sicari e dei loro mandanti mafiosi in giacca e cravatta.
L’altro giorno ti ho pensato, quando Maria Rosaria, una mia amica sognatrice e resistente come cerco di essere anch’io, mi ha invitato a parlare brevemente della Torre dell’Alto e di Porto Selvaggio, a margine di una passeggiata da organizzare in quel paradiso terrestre per metà aprile prossimo, insieme ad un gruppo di donatori di sangue del mio paese.
Non potevo, dunque, non pensare a te, e al fatto che, nonostante le belle parole, le commemorazioni istituzionali e le intitolazioni di strade, una manica di palazzinari e finanzieri, politici e giornalisti al guinzaglio, sedicenti scienziati ed una pletora di accoliti di complemento vorrebbero attentare un’altra volta alla tua vita.
Sì, Renata, vorrebbero farti fuori per salvaguardare i loro sporchi interessi privati; provare di nuovo a eliminarti quando nel segreto dei loro palazzi s’inventano l’emergenza Xylella, e una “cura” come l’eradicazione del Salento che sarebbe stata grottesca, una vera buffonata, se non fosse stata tragica; vorrebbero toglierti di mezzo quando, sull’onda dell’emotività per la morte per incidente stradale del figlio sedicenne di un mio collega avvenuta qualche giorno fa, gli sciacalli di mestiere e il loro misero potere avvolto nella carta dei giornali invocano per la solita “sicurezza” l’apertura dei cantieri per la SS. 275 (non vedono l’ora, forse anche per tumulare veleni e rifiuti pericolosi disseminati lungo il percorso previsto dal progetto); vorrebbero farti sparire quando l’organo politico del mio Comune decide di dare il via libera ad un mega-parco commerciale che devasterà ventisei ettari di terreno agricolo (oltre a che quel che resta dell’economia locale); vorrebbero cancellare la tua esistenza quando permettono ad un TAP inutile, costoso e dannoso di rovinare mare, costa ed entroterra (e di comprare il consenso delle popolazioni al prezzo di saldo di una sponsorizzazione); vorrebbero che tu scomparissi dalla circolazione quando considerano la legge e il buon senso come un intralcio alle “grandi opere”, e s’inventano pure un decreto incostituzionale che chiamano “Sblocca-Italia” (che, cambiando l’ordine dei fattori, è di fatto uno sblocca-mafia).
Cara Renata, insultano la tua memoria in nome del neocapitalismo di rapina che non porta a nulla se non al disastro; non perdono occasione per attentare al tuo Porto Selvaggio, salvatosi per un pelo grazie a te. Continua il vilipendio del tuo nome quando proprio a Nardò, in giunta, immolano beni e spazi comuni deliberando non so più quante concessioni per nuovi stabilimenti balneari.
E ora, cara Renata, c’è pure il problema delle trivelle e delle concessioni senza limiti alle multinazionali del petrolio. Sai, le provano tutte per non farci conoscere la verità.
Pensa: un governo che si definisce democratico - dopo aver speso ulteriori trecento milioni di euro per aver disgiunto la data del referendum da quella delle elezioni amministrative – sta attuando una specie di congiura del silenzio, quando non va dicendo ai suoi sudditi di lasciar perdere, che il loro voto è inutile, e - incurante del ridicolo - li invita pure, quel giorno, ad andare al mare.
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Come ben sai, la posta in gioco è alta.
E’ alta per loro, e farebbero di tutto per ucciderti, ogni giorno, con il silenzio.
Ma è ancora più alta per noi. Che abbiamo bisogno di te, e non possiamo lasciarti andare.
Antonio Mellone