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Tap mena
Di Antonio Mellone (del 04/12/2017 @ 13:26:10, in NohaBlog, linkato 1877 volte)

Il profilo face-book di Tap è un florilegio di progetti e di idee, insomma una pila di piatti di lenticchie per comprare il consenso dei salentini che non ne vogliono sapere manco con i carabinieri (vale a dire con la polizia sguinzagliata dal prefetto e armata fino ai denti).

A proposito di lenticchie, degna di nota è la bella iniziativa “Mena”. Si tratta di un master indirizzato a studenti e ristoratori locali che evidentemente secondo Tap nel Salento non capiscono una mazza di cucina, tant’è che li ha invitati a corsi gratuiti di culinaria [lemma attinente, per associazione di idee, a quella parte anatomica riallacciabile a certe facce più o meno multinazionali, ndr.], perfino con manifesti 6X3 sparpagliati un po’ dovunque.

Qualcuno, poveretto, vi avrà pure abboccato [e a questo punto sarebbe d’uopo avere l’elenco dei seminaristi, così, tanto per agevolarci nella selezione del ristorante di turno, ndr.], poco arguendo che “mena” non è l’acronimo di un corso di enogastronomia promosso da Tap, né la topica espressione idiomatica in vernacolo salentino utilizzata quale incitamento all’indirizzo di un pelandrone perdigiorno - esortandolo a darsi una mossa o a svegliarsi dal torpore - bensì la seconda persona singolare dell’indicativo presente, ovvero (se proferita dal caporale poliziotto con manganello d’ordinanza) dell’imperativo del verbo “menare”, soprattutto nell’accezione di “colpire, dare con forza, vibrare, assestare” [exempli gratia: menare colpi con un bastone, col martello e, appunto, con il manganello; menare botte da orbi; gli menò due sonori schiaffi. Di qui, con altra costruzione, menare qualcuno, picchiarlo: smettila, se no ti meno; nel rifl. recipr., darsele: si sono menati di santa ragione, ndr.].

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Di recente, l’ufficio marketing Tap se n’è uscito con l’ennesima marchetta dall’esilarante titolo “Libera il mare” [l’avranno partorito probabilmente di fronte a uno specchio, ndr.]. Si tratta di un progetto incredibile, sfidante, più ambizioso della pace nel mondo, consistente – come si legge nel comunicato bandito – nell’obiettivo “di ridurre la presenza della spazzatura marina [eccetto Tap, s’intende, ndr.] e di mitigare i problemi che possono minacciare l’ecosistema marino. I beneficiari del progetto sono molteplici e comprendono le comunità di pescatori locali [sic], gli imprenditori turistici [sic], i cittadini di Melendugno [sic, sic] e i turisti [sic] che ogni anno scelgono le spiagge di Melendugno e dintorni come località per le proprie vacanze”. Roba forte, e linguaggio che manco il Forum Ambiente e Salute.

Non paghi di ciò, i noti acquirenti della dignità locale hanno escogitato anche “una campagna di sensibilizzazione sul tema della spazzatura marina in alcune scuole del territorio. Nelle attività didattiche sono stati coinvolti 320 alunni di scuole primarie, con lezioni interattive e laboratori sull’ambiente marino e sulle minacce che possono causare inquinamento del suo ecosistema”. Oddio, povere 320 creature: quando si dice accanirsi sull’infanzia.

Qualcuno spieghi a Tap, ai suoi accoliti e agli invasati che ancora gli danno retta, che le tristemente famose enormi isole di plastica, presenti soprattutto negli oceani ma anche nel Mediterraneo e dunque vicino alle nostre coste pugliesi, con frequenti spiaggiamenti di rifiuti causati dalle correnti e dal moto ondoso, non sono causate dalla cattiva educazione di qualche famiglia con bambini al seguito che lascia in spiaggia i piatti monouso della frisella sul mare o del vassoio della parmigiana di melanzane, ma dalle infinite discariche (legali e illegali) ormai fuori controllo, dal concentrato di bolge cafonal-consumistiche come i lidi briatoregni e samsahariani, dalle infinite aziende che considerano il mare come la pattumiera del mondo, dalle grandi navi concausa importante delle “zuppe marine” di plastica e altre schifezze, dai fiumi che portano nel pelago di tutto e di più, e in buona sostanza della politica che della Strategia dei Rifiuti Zero, con tutto quel che ne consegue, non vuol sentir parlare.

Dunque, Tap che sponsorizza la pulizia del mare è quanto meno singolare, se non inusitato, paradossale o semplicemente ridicolo. Un po’ come Pantacom che ti parla di commercio equo e solidale, Ilva che sovvenziona un allaccio dell’acquedotto nel cimitero di Taranto [l’ha fatto veramente, ndr.], Colacem che organizza una marcia contro le ciminiere, il Quotidiano di Caltagirone che tiene un seminario sul giornalismo, Renzi che difende la Costituzione, e Rocco Siffredi che promuove progetti sulla castità.

Ecco. Se davvero Tap volesse “liberare il mare” - e giacché anche un intero territorio esasperato e sotto shock - sarebbe sufficiente una nuova meritoria iniziativa di sicuro impatto sociale: quella di andarsene affanculo.

Antonio Mellone