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TAP & PAT: TROVA LE DIFFERENZE
Di Antonio Mellone (del 23/12/2017 @ 15:01:58, in NohaBlog, linkato 1202 volte)

Grazie alla Pantacom (PAT per gli amici) e al suo bel centrone commerciale prossimo venturo in contrada Cascioni di Galatina ho finalmente compreso il concetto di assunzioni a tempo indeterminato.

In seguito alla proroga deliberata in un batter di ciglia nell’ultimo consiglio comunale dove, con gran sospiro di sollievo da parte di certi siti locali di Diciamo Giornalismo, “finalmente l’opposizione non dice sempre di no” (ma evidentemente sempre di sì), i candidati a ricoprire i 200 posti di lavoro (diventati poi 300 per grazia divina ma soprattutto del Quotidiano di Lecce, cioè di Caltagirone) dovranno avere un altro po’ di pazienza per vedere la loro tanto agognata prima busta paga tradotta in numeri su di un conto corrente.

La Pantacom, infatti, non sapendo che pesci pigliare nell’immediato, ha chiesto e ottenuto altri diciotto mesi di tempo per richiedere il PUA (che non è l’interiezione onomatopeica di uno sputo per esprimere ostentatamente disgusto, ma l’acronimo di Provvedimento Unico Autorizzativo). Ed ecco che le famose 300 assunzioni potranno avvenire in un’epoca imprecisata, vale a dire in un’era geologica incerta, cioè nel periodo vago delle calende elleniche: in un tempo, appunto, IN-DE-TER-MI-NA-TO.

Nel mentre, visto che avranno stilato da un pezzo il loro curriculum vitae credendo di poterlo utilizzare sin da subito, gli aspiranti al placement potranno rivolgersi a TAP che tanto magnanimamente non vede l’ora di procedere “tra gennaio e aprile” (soprattutto il primo aprile) all’assunzione di 64 unità lavorative, certamente non nei ruoli dei guardiani del cantiere (a quello ci pensa già la Prefettura con i soldi di Pantalone), ma di altre figure, prima fra tutte, come si evince dall’elenco pubblicato da Adecco, società di lavoro interinale, quella di CLO (Community Liaison Officer), che tradotto in italiano sarebbe “responsabile degli aspetti di collegamento con le comunità locali […]”, con lo scopo di garantire “contatti diretti e un rapporto durevole e positivo”.

In parole povere TAP è (ancora) alla ricerca di venditori di fumo. Ne ha estrema necessità, indubbiamente, in quanto senza il fumo negli occhi tutto il cantiere si bloccherebbe all’istante, e addio altre assunzioni.

Sicché dopo PAT, vezzeggiativo come detto sopra, anche TAP da qui ai prossimi due anni minaccia di assumere altre 300 unità lavorative [che poi sicuramente diventeranno 400 per la Stampa, 650 al netto dei manganelli per la Questura, e un milione per il Jobs Act, ndr.].

Come si arguisce dal job-posting pubblicato on-line, le assunzioni avverranno con “contratto di somministrazione lavoro a tempo determinato” (si parla di 12 mesi rinnovabili). Dunque non siamo di fronte ad assunzioni dirette sicure o stabili (campa cavallo), ma a quelle del cosiddetto “lavoro in affitto”, con tutele in quantità omeopatiche. Il lavoratore cioè verrebbe arruolato temporaneamente dal somministratore (in questo caso Adecco o altra agenzia equipollente) e inviato a svolgere la propria attività “in missione” presso l’utilizzatore finale [concetto, quest'ultimo che, chissà perché, rievoca tanto quello di un puttaniere, ndr.].

Non so voi, ma io davanti a tutta codesta munificenza mi commuovo non poco.

Che ci posso fare: è più forte di me. Ho già i lacrimogeni agli occhi.

Antonio Mellone