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L'ANARCHICO
Di Antonio Mellone (del 18/04/2018 @ 07:38:17, in Comunicato Stampa, linkato 1003 volte)

Uno dei problemi di certi giornali è la locuzione “la verità”, che spesso anagrammano con “evitarla”.

Ci sono dei “giornalisti” che sempre più frequentemente si permettono di usare, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, parole più grandi di loro. Sarà per via delle virgolette che non ne vogliono sapere punto di sparire dall’appellativo degli imbrattacarte cui rimangono indelebilmente appiccicate.

Stavolta in prima pagina, un noto quotidiano locale s’è messo a insultare i cittadini che manifestano il loro dissenso nei confronti di una prepotenza straniera bollandoli con il termine di “anarchici”.

Mo’ vai a spiegare a certi professionisti delle bufale che il lemma Anarchico non è una brutta parola, e che le persone che se ne fregiano non sono da biasimare, ma al contrario da ammirare e possibilmente imitare.

Vero è che la vulgata (composta dagli scribacchini di certi house organ, dagli spacciatori di catene per schiavi moderni, e dunque dai suddetti schiavi moderni) ne dà un’accezione negativa, associandola al caos, al disordine, alla mancanza di un ordinamento sociale che strutturi la vita degli uomini.

Ma (mi spiace contraddire la massa e i suoi manovratori) gli Anarchici sono delle persone perbene che mirano alla costruzione di un nuovo ordine sociale fondato sul libero accordo tra gli individui: un accordo costruito dal basso e non imposto dall’alto, sulla base del principio per il quale nessun uomo potrà mai essere schiavo di un altro uomo.

Il Proudhon, per dire, scrisse che “l’anarchia è l’ordine senza il potere” [consiglierei, a questo proposito, oltre agli scritti di Proudhon, anche la visione della stupenda pellicola appena uscita nelle sale: “Il giovane Karl Marx” di Raoul Peck e, in aggiunta, la lettura dell’agile libretto di Pippo Gurrieri: “L’anarchia spiegata a mia figlia”].

Perfino don Lorenzo Milani - che non era un anarchico, ma forse in fondo sì - scrisse delle lettere rilegate nel bel volumetto dal titolo, guarda un po’: “L’obbedienza non è più una virtù” (oggi nelle edizioni “Movimento Nonviolento” e “Stampa alternativa”).

Così don Milani nella lettera agli ordinari militari: “[…] E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, torturare, distruggere. Le armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero, il voto, la disobbedienza civile”.

E ancora, nella famosa lettera ai giudici: “[…] non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.

Sembrano parole scritte oggi a Melendugno.

Insomma: se ci sono leggi ingiuste o ordinanze stilate da autorità paranoiche, il popolo ha il dovere di disobbedire. E, giacché, accompagnare gli estensori di tali provvedimenti (e i loro sostenitori armati di manganello, sovente sotto forma di penna) in una casa di cura.

Antonio Mellone