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Noha e il bazar delle meraviglie di Claudio e Daniela (sesta fetta di Mellone – estate 2020)
Di Antonio Mellone (del 22/08/2020 @ 12:24:20, in Fetta di Mellone, linkato 2585 volte)

Mica crederete che Harrods si trovi solo a Londra. Sì, va bene, non avrà i suoi 146 ascensori, gli 8 piani (di cui due interrati), e le famose 300 linee telefoniche, ma anche a Noha abbiamo un “grande magazzino” come il londinese, e di lusso pure: stiamo parlando del bazar (non saprei come meglio definirlo) di Claudio e Daniela, compagni di lavoro e di vita.

Rispetto a quello della capitale del Regno Unito che apre alle 10, il negozio nohano invece è operativo sin dalle 8 del mattino e da un pezzo; per il resto riceve più o meno le stesse 12.000 chiamate al giorno, e gli slogan sono sostanzialmente identici: “Dallo spillo all’elefante” o “Omnia omnibus ubique” (trad.: everything for everybody everywhere), quelli di Harrods; “Cerca & Dumanda” (vale a dire: seek and ask, o meglio: seek and find), quello degli empori di Noha York.

Non posso star qui a elencare le centinaia di articoli trattati dai negozi dei due coniugi nohani se no esaurirei tutte le fette di Mellone da qui al 2030, ma non posso fare a meno di accennare al fatto che tutto ebbe inizio intorno alla seconda metà del secolo scorso con la bottega di via Trisciolo di Gilberto Marra, papà di Claudio, e di sua moglie Pierina. Vendeva di tutto, lu Cibbertu, anche le case se capitava, ma soprattutto gli elettrodomestici: mo’ non date la colpa a lui se a Noha in molti ancor oggi non smettono di pendere dalle labbra della televisione, ché da Marra’s trovavi pure quaderni, penne, matite colorate, compassi, zaini, cinghie fermalibri, cioè tutto l’occorrente per lo studio.

Per chiudere la parentesi di Gilberto, aggiungo soltanto che le sue vetrine scandivano romanticamente il calendario civile e liturgico: Natale (con il presepe e i suoi pupi), seguito immediatamente dalla Befana (ci ho quasi rimesso il naso a furia di schiacciarlo su quei vetri per ammirarne i balocchi), e poi Carnevale (altro che le mascherine di oggi), le Grandi Cerimonie Primaverili (con i piatti da portata e le batterie di pentole per la dote o il corredo, e le idee regalo per comunioni, cresime e matrimoni), e ancora l’Estate (dai sandali al salvagente ai racchettoni, dalla maschera subacquea al frisbee alla sdraio: la mia sediolina mare richiudibile in legno massello, a distanza di trent’anni, forse più, utilizzata per “sassi acuti, ed alta rena, e fratte”, è tuttora in servizio permanente effettivo), e infine, come detto, tutto l’occorrente per la Scuola (oggi troveremmo perfino i banchi monoposto, e con tanto di rotelle, incluse quelle metaforiche).

Insomma Claudio e Daniela hanno ereditato questa valanga, ma non si sono mica fermati qui. Visto che nella loro giornata lavorativa di 48 ore abbondanti avevano qualche decina di minuti di buca, hanno pensato bene di integrare la gamma degli oggetti per uso domestico con l’arredamento, e siccome la già ampia sede di Largo Congedo era piena come un uovo, cucine, divani, tavoli, soggiorni, arredo giardino, letti e suppellettili hanno trovato alloggio in un’altra esposizione, quella di via Collepasso angolo via Castello, a qualche centinaio metri dalla diciamo sede principale. Daniela, all’uopo, è anche l’architettrice d’interni: armata di metro, lapis, riga e squadra riesce a trovarti la soluzione anche per gli ambienti dalla geometria più bisbetica; sarà Claudio, poi, a terminare il lavoro del montaggio (ma mai di domenica, o di giovedì pomeriggio, per carità, ché lu vagnone, armato di canna, deve andare a pesca per staccare la spina).

In questo quadretto famigliare non si può non fare un cenno ai tre rampolli di casa Marra: Pamela, Alessio e Ilenia. Tutti e tre bellissimi, fotomodelli proprio, ma di quella bellezza fisica e metafisica che risponde ai canoni estetici di Claritas, Integritas et Proportio. Ebbene, quando la prole ritorna a Noha dai quattro angoli della terra, il negozio di papà e mammà è per loro un porto sicuro: nel senso di sicuro lavoro (sicché il sospirato “Finalmente casa” diventa d’emblée “Finalmente casalinghi”).

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Mentre ordivo queste note mi chiedevo: ma quand’è che capiremo che un negozietto a chilometro zero virgola, e con dei ragazzi così ‘ngarbati, pronti a darti una mano in tutto, è davvero un lusso? Com’è che non ci rendiamo conto del valore insito nell’essere riconosciuti come persone, e chiamati e salutati per nome, invece di venir considerati generica “spettabile clientela”? E ditemi voi dove altro potremmo trovare a guardia della merce esposta all’aperto, specie durante la pennichella pomeridiana dei principali, un bel gatto sdraiato sull’uscio che si fa pure accarezzare?

Nel frattempo, ignari del senso della locuzione latina “Nomen omen”, stiamo andando a ficcarci nei vari Carrefour (carri funebri), o peggio ancora direttamente nelle fauci di Amazon (che ci ammazza), di Aruba (che ci deruba) e di Alibaba (che non esisterebbe senza i suoi 40 ladroni).

Antonio Mellone