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Fare quadrato
Di Albino Campa (del 03/05/2011 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3846 volte)
Fare quadrato significa concentrare le proprie energie in modo unitario e solidale per non essere sopraffatti dal nemico. I Romani furono i primi ad adottarlo in campo militare nello schieramento delle legioni. Il sistema “fare quadrato” venne applicato anche nell'architettura militare di castelli e contrafforti.
L'esigenza nasce nel momento in cui ci si rende conto di trovarsi in una condizione di debolezza, di sicurezza precaria. Purtroppo a Noha, come a Galatina ed in molta parte del Meridione d'Italia, la precarietà è una vecchia patologia sociale. Difatti molte famiglie vivono ancora il dramma della disoccupazione, nonostante il territorio offra grandi opportunità di lavoro nel turismo. Ma questa, dicevo, è una vecchia storia e poi del turismo ai nostri amministratori, impegnati in una tarda industrializzazione (ed a volte criminale, vedi inceneritori vari), importa poco e niente.
In Italia, i lavoratori dipendenti ed i pensionati, ammontano ad una popolazione di circa 39 milioni. Più della metà del totale degli italiani che sono, o rischiano di esserlo, fuori dal quadrato. Difatti a partire dall’avvento dell’automazione delle fabbriche degli anni ’90 del secolo scorso, e andare alla globalizzazione del 2000, per finire alla gestione fraudolenta (solo per l’Italia) del passaggio dalla lira all’euro, e dulcis in fundo, la crisi economica mondiale di questi ultimi anni, la maggioranza delle famiglie italiane si sono ritrovate, quasi improvvisamente, costrette a vivere ai margini della povertà. Ieri era il 1° Maggio, la Festa dei lavoratori. Una festività dedicata alle lotte ed ai sacrifici anche di vite umane, consumate nelle lotte operaie. Lotte che nell’Italia appena nata del 1863, videro quattro operai trucidati in una manifestazione contro lo sfruttamento dei nuovi padroni di un opificio di Pietrarsa. La festività fu soppressa solo durante il ventennio fascista. Seguirono altre lotte e stragi, come nel 1947 in Sicilia, a Portella delle Ginestre (PA). Quindi dal 1891, anno in cui venne istituita la festività nel nostro paese, il primo Maggio è un giorno in cui l'attenzione di tutti, compresi i gestori del famigerato quadrato, si dovrebbe concentrare sulla questione del lavoro, della disoccupazione giovanile e non. L’attenzione dovrebbe ricadere sulle famiglie che sbarcano il lunario con 12000 euro all'anno (pari al MENSILE di un qualsiasi consigliere regionale, trota o merluzzo che sia), poichè uno stipendio medio di un giovane che si affaccia al mondo del lavoro (e poi affacciato ci è rimasto  per il resto di questi vent'anni che sono già passati e pure nel precariato) è di circa ottocento euro al mese, cento più, cento meno. L'attenzione sulla questione del lavoro, il diritto sancito dall'articolo n.1 della Costituzione, dovrebbe essere presente ogni giorno sul tavolo di qualsiasi governo di qualsivoglia colore politico, il 1° Maggio serve a richiamare all'ordine le coscienze. Senza nulla voler togliere al grande uomo puro di spirito, che è stato il Pontefice Giovanni Paolo II, di cui a Roma ha avuto inizio la Beatificazione, Egli stesso lavoratore e difensore dei deboli, ieri, la maggior parte delle famiglie italiane, ha fatto un altro passo fuori dal castello, dal famigerato quadrato. La questione è che le istituzioni sono molto impegnate ad occuparsi dei problemi personali dell'inquisito di turno (primo in lista il Capo del Consiglio), sono impegnati a trovare accordi su interessi di parte, che siano dello Stato laico o quello religioso (che in quanto tale, cioè religioso, stato non dovrebbe essere). Oggi la faccenda della formazione giovanile e relativa occupazione resta fuori dal quadrato, in quanto gli "eletti" ad amministrarci sono troppo occupati a comprare (o farsi regalare) ville e palazzi a spese del bilancio popolare. Cos’ come della salute pubblica, o meglio di quella parte di ceto sociale debole (oltre il 50%), non se ne occupano perché sono troppo presi a progettare depositi di miliardi sui conti personali bruciando CDR (combustibile derivato dai rifiuti)  o uranio nelle centrali ad alta tecnologia, che ovviamente non portano lavoro ai giovani ma solo  nuove malattie. La crisi, ovviamente, ha portato disservizi al ceto sociale più debole, per cui ci si chiede in base a quale equità sociale un pensionato debba aspettare un anno per una tac mentre un qualsiasi parlamentare e relativa progenie non si pone nemmeno il problema di mettersi in lista? Quando finirà la crisi se più della metà della popolazione non ha il necessario per vivere dignitosamente? Perché la giustizia sociale deve sfociare necessariamente nella diseguaglianza delle dignità. Perché si è tolto l'apprendistato dal mondo del lavoro che permetteva il ricambio generazionale e dava ai giovani l'opportunità di acquisire un mestiere, mentre oggi i nostri figli escono dalla scuola che sono già vecchi (per le aziende) e non sanno fare niente? Perché nelle aziende si continua a dare lavoro a vecchi disarticolati, fisicamente e mentalmente, che rubano il lavoro ai giovani? Ai loro stessi figli! A chi fa comodo che le regole dello Stato permettano queste ingiustizie? Fino a quando la maggioranza della gente sopporterà queste angherie?
Chi è fuori dal quadrato muore e chi sta dentro gozzoviglia e per giunta censura l’informazione sui referendum e quindi la libertà del popolo. Ma adesso la situazione è drammatica, almeno per chi se rende conto, abbiamo il quadrato che lancia i missili e il popolo che rischia di essere bombardato.

Questo passa il convento.

Marcello D’Acquarica