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Teppisti, Teppistelli e Poeteppisti
Di Antonio Mellone (del 13/02/2023 @ 08:15:31, in NohaBlog, linkato 742 volte)

L’altro pomeriggio, di rientro a casa dopo una giornata di lavoro non del tutto poetica, la regina madre mi fa: “Di là c’è posta per te”. Oddio – rifletto trasalendo - o un’altra multa (sarò passato col rosso nohano), oppure l’n-esima querela dalla solidità accusatoria di un castello di carte, o forse l’agenzia delle entrate che s’è presa una cotta per me, o maisia una raccomandata della banca [magari spedita dal sottoscritto medesimo senza accorgersene, ndr.]. Sicuramente non sarà la busta arancione dell’Inps: non ho l’età (rimugino tra orgoglio e depressione) e oltretutto dai simulatori on-line le mie aspettative pensionistiche sono asintotiche a zero come minimo per i prossimi dieci anni.

Ancora tutto preso dalle irresolute cogitazioni the queen mother continua: “Sine, me li hanno consegnati dei bambini delle scuole di Noha: ‘Tieni signora, mi hanno detto, questi sono per l’Antonio’. Ma non ho avuto il tempo di chiedere di chi erano figli, sai, dovevo assolutamente pulire casa ché sta tutta sporca [per la cronaca a casa nostra, asettica ab imis fundamentis, non entra un acaro da decenni per il terrore di soccombere immantinente, ndr.]”.

Insomma, superata la paresi dei primi istanti, e a dispetto di tutto quello che avevo paventato, mi ritrovo tra le mani quattro fogli variopinti, disegnati con passione, ricchi di scritte in versi e una sigla di rivendicazione che a tratti sa un po’ di eversivo se non proprio di rivoluzionario e quasi quasi insurrezionalista: Poeteppisti.

Cerco di decifrare le immagini, quella quindicina di cuori effigiati, il cielo azzurro, i prati verdi, gli alberi, “la marina dove il Po discende”, i fiori e infine la coppia che si direbbe di innamorati, e quindi le nuvole: ebbene sì, non possono che essere Paolo Malatesta da Rimini e Francesca Polenta da Ravenna, gli amanti sbattuti dal vento delle passioni da vivi, e quindi per contrappasso strapazzati dalla bufera perversa nei secoli dei secoli amen, come narrato da Dante Alighieri nelle terzine del canto V del suo Inferno. Il tutto confermato dalle strofe riportate su quelle pagine a mo’ di didascalia, alcuni a caratteri cubitali multicolori “come l’aere, quand’è ben pïorno, per l’altrui raggio che ’n sé si reflette, di diversi color diventa addorno”.

Mentre mi si stampa in volto il disiato riso penso che v’è una bella differenza tra Teppisti, Teppistelli e Poeteppisti. Della prima categoria, cioè dei Teppisti, fanno parte tendenzialmente i mammasantissima della cupola padronale, dico della classe dirigente: dagli amministratori infedeli agli speculatori di ogni risma, dai militari bellicosi ai politicanti tutti “armiamoci-e-partite-ma-per-la-pace” (infatti per spegnere il fuoco basta buttarci su un po’ di benzina super), dagli scienziati al servizio del soldo agli accademici genuflessi agli oligarchi che però qui da noi si chiamano filantropi mecenati e magnati, dalle gazzette dell’impero (che mandano in stampa il Testo Unico quotidiano con l’obiettivo di sollevarci dalla fatica di pensare autonomamente) ai guitti affascinatori di platee manipolabili prima durante e dopo il campionato canoro rivierasco. Il che ha come risultati, dico a caso, la devastazione dei beni comuni, l’asservimento della politica ai mercati, la guerra permanente, la mortificazione della scuola statale, la sanità pubblica in rianimazione (mentre la privata scoppia di salute), la banalizzazione del vocabolario, la ricerca scientifica promossa o retrocessa a dogma, la pax mafiosa, varie ed eventuali.

Vengono poi i Teppistelli (tipo ladri di galline, scemi di guerra, fascistelli redivivi, vandali acefali, bulli di periferia in degrado programmato, bassa manovalanza dei padrini di turno, autolesionisti di complemento…), di fatto sudditi felici e balenghi dei suddetti Teppisti, mandati avanti per giustificare “le reazioni indignate” dei perbenisti di prima classe, e dunque spianare la strada alle eterne “emergenze” fatte di regole, intimidazioni e propaganda pro fidelizzazioni e obbedienza massive.          

Infine i Poeteppisti, così invisi a Teppisti e Teppistelli, in quanto pericolosissimi per i primi e per i secondi per via del loro vizio di usare il cervello, allenandolo pure con lo studio serio e la ricerca di informazioni alternative.

Che ci posso fare: sono i miei preferiti, anche se, in assoluto anonimato, han provato (riuscendoci) a farmi il verso. Con quelle immagini e con quegli endecasillabi dell’Inferno mi son sentito in Paradiso.

Antonio Mellone