Nella precedente puntata ho raccontato di come quel fatidico sabato sera del 14 settembre scorso mi trovassi nella basilica di Santa Croce in Lecce, e di come il mio (ex?) amico Francesco Scarcella, direttore del Festival Organistico del Salento, quasi puntandomi addosso una canna d’organo di non so che calibro, appena dieci minuti prima dell’inizio del concerto, mi chiedesse “gentilmente” (sì, avevo le mani in alto) di ricoprire il ruolo del Voltapagine dell’organista, e per fortuna non anche del Registrante (ché lo strumento Ruffatti di cui si parla può riservarti mille sorprese, annoverando una trentina di Registri e una ventina di Unioni da “registrare” appunto a seconda dello spartito e dell’esecutore: roba da far dimettere in blocco le difese immunitarie di chiunque, figurarsi le mie).
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L’investitura avvenne a bruciapelo, senza nemmeno il tempo di farmi firmare una liberatoria contro il rischio di flop operistico, con pubblica gogna incorporata e annessa richiesta di risarcimento danni milionario (quantificabile agevolmente perfino da un direttore di banca laureato alla Bocconi) da parte dei portatori di interessi, tipo: musicisti, pubblico presente, curia arcivescovile, ministero della cultura, conservatorio Tito Schipa, veneranda fabbrica della basilica, provincia di Lecce, università del Salento, senza scordare gli eredi di Bach, Giordani, Rossini, e ovviamente di Girolamo Frescobaldi, e di chissà quanti altri autori.
A far decollare la mia pressione arteriosa oltre i 180 di diastolica (non vi dico la sistolica), e dunque a farmi apparire lo sfigmomanometro più come un termometro della sfiga che come un apparecchio per misurare la pressione, non era tanto il fatto che la star della kermesse provenisse dalla Francia, e dunque parlasse soltanto il francese stretto (idioma che, grazie alla Rita Luceri, la mia prof. delle superiori, parlo e scrivo correntemente, insieme alla Lingua d’Oc e la Lingua d‘Oil), quanto che avessi a che fare nientepopodimeno che con il M° Frédéric Ledroit, grand’ufficiale nell’ordine delle Arti e delle Lettere, nonché titolare del monumentale organo a canne della Cattedrale Saint-Pierre d'Angoulême, e per di più compositore di una cinquantina di opere conosciute in mezzo mondo. Ma quello che mi lasciava come un immobile senza agibilità era la fama, che lo precedeva, di maniaco della perfezione: sicché per il sottoscritto il Fos (Festival Organistico del Salento) stava per trasformarsi in una vera e propria Fossa.
Biologica o di tumulazione, fate voi.
[Continua, lo giuro, con la terza e ultima parte.]
Antonio Mellone