
Poteri occulti, certo, ma solo per chi non legge, ovvero per chi legge perlopiù i bollettini padronali (sottoscrivendone persino l’abbonamento), non si pone domande, non studia, non nutre dubbi, non s’azzarda a proferir critiche a chi sta in alto ma eventualmente solo a chi sta in basso o al più allo stesso livello, non riesce ad articolare un pensiero che non sia quello unico e manicheo del dualismo – o bianco o nero - dei tifosi all’ultimo stadio, e dunque sei un antisemita se parli di genocidio e terrorista se scendi in piazza per dire stop alle armi: stiamo parlando di chi, oltre a dar retta a chi scrive utilizzando il normografo e ai navigatori sotterranei conto terzi, usa nutrirsi di programmi televisivi, reality e pagine social che hanno la medesima funzione del detersivo in lavatrice, solo che stavolta il capo da lavare è il proprio encefalo.
Al contrario sono Poteri Palesi, evidenti e manifesti per chi approfondisce i temi, diversifica le fonti d’informazione, dibatte di fatti senza partiti presi, legge i resoconti del giornalismo di inchiesta e soprattutto li comprende (evitando di sbavare dietro ai soliti mezzibusti che al solo sentirli ti vien da pensare: “Ma se questi sono giornalisti, Assange cos’è esattamente?”). E sono ancora evidenti, oserei dire ovvi, questi poteri, anche per chi s’immerge nella lettura dell’agile libro di Luigi De Magistris intitolato antifrasticamente “Poteri occulti” (Fazi Editore, Roma, 2024, 160 pagine), presentato qualche mese addietro a Noha chez Levèra dall’autore in persona.

Luigi De Magistris, già pubblico ministero a Catanzaro - prima che fosse costretto ad abbandonare la toga in quanto “la nostra fedeltà alla Costituzione era sovversione, la loro eversione normalità” [pag. 60] - e poi eurodeputato, e successivamente sindaco di Napoli per due legislature, ci conduce per mano nel campo minato dei dossier, e con dati nomi e circostanze ci fa comprendere quanto la nostra democrazia stia tendendo asintoticamente al modello orwelliano narrato in “1984”, romanzo che sembra aver descritto la realtà attuale meglio di qualsiasi documentario del National Geographic. Non riuscite a cogliere anche voi tra le righe dei gazzettanti più di grido il martellante slogan: “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”? Se non ancora, provate a dare una scorsa a quanto De Magistris sta cercando di dirvi in questo bel volume. E cioè (trovate tutto sparpagliato nel testo) che “l’Italia è un paese a sovranità limitata” (come del resto l’Europa già provincia degli Usa); che la mafia, pur militarmente indebolita, “è sempre più organica al potere grazie alla sua trasformazione da criminalità d’assalto a criminalità istituzionale”; che “la Costituzione del 1948 è stata tradita e indebolita apertamente dal mutato clima ideologico del neoliberismo”, e che appunto “il progetto liberista parla di mercato e concorrenza ma in realtà lascia il campo libero a fortissimi oligopoli, alla logica delle appartenenze, al controllo clientelare del lavoro e del voto, alla sudditanza, alla rassegnazione”; che “le decisioni di politica economica [sono] determinate di fatto dai giganti finanziari internazionali”; che i “diritti fondamentali come quello alla salute, all’ambiente, all’istruzione [sono] ormai del tutto negati”, e dunque “i beni comuni mai considerati prevalenti rispetto alle proprietà private”; che “il pacifismo costituzionale [è stato] tradito, non rispettando il monito del ripudio della guerra”; che le riforme sulla Giustizia degli ultimi quindici anni promosse dai vari Mastella, Cartabia, Nordio, inclusa l’ultima di rango costituzionale appunto sulla cosiddetta divisione delle carriere, realizzando appieno il piano piduista, hanno quale fine precipuo quello di “indebolire l’indipendenza della magistratura, rendendola sempre più gerarchizzata, burocratica e formalistica, aumentando gli strumenti di cui il potere esecutivo può avvalersi per invadere il campo”. Imperdibili infine le pagine sull’omessa perquisizione tempestiva del covo di Totò Riina o il trafugamento di borsa e agenda rossa di Paolo Borsellino [e hai voglia a dipingerne i murales e a istituire giornate della memoria, se poi trascuri questi diciamo particolari, ndr.], nonché quelle sull’insolenza di un Presidente della Repubblica che durante le indagini sulla Trattativa Stato-mafia interviene bruscamente contro la procura di Palermo, non solo sollecitando un’azione disciplinare nei confronti del pm Nino Di Matteo, ma addirittura sollevando il famigerato conflitto di attribuzioni che portò alla distruzione delle intercettazioni telefoniche tra lui medesimo e Nicola Mancino allora vicepresidente del CSM (con un residuale barlume di lucidità riusciresti perfino a chiederti: “Ma perché? Avevano forse qualcosa da nascondere?”).

Ovviamente “distruggere reputazione e credibilità dei dissenzienti è uno degli obiettivi dei principali mezzi di comunicazione a vario titolo controllati dal sistema”: e non sia mai che osi ribadire qualcuna delle locuzioni sopra riportate tra le virgolette, o addirittura recensire (positivamente) un De Magistris: come minimo potresti beccarti l’etichetta del complottista. S’intende sempre in nome e per conto dei poteri ormai spudoratamente palesi.
P.s. Grazie al circolo Levèra e alle sue iniziative: dai libri alla musica, dal teatro alla danza, dal doposcuola popolare alla sartoria sociale, eccetera, Noha può considerarsi a tutti gli effetti e già sin d’ora “Capitale della Cultura 2028”.
Antonio Mellone