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Interviste senza filtri
Di Antonio Mellone (del 31/01/2013 @ 22:22:40, in NohaBlog, linkato 2580 volte)

Giorni fa, su di uno dei siti di Galatina, ci è toccato di leggere con la santa pazienza un’avvincente “intervista senza filtri” ad un responsabile dei progetti per il mega-parco della Pantacom.

Il tutto, francamente, ci ha dato l’impressione di una pantomima (in nome omen: mo’ siamo llà). S’intende che nulla vieta che si discetti in interviste senza filtri del più e soprattutto del meno, come la fantaeconomia, la fantapolica o la fantascienza. E chi le vieta? Se un’intervista è senza filtri, è senza filtri. E’ inutile andare a trovare il pelo nel parco. Punto.

E poi che bisogno c’è di crearsi tanti crampi mentali volendo a tutti i costi trovare la differenza tra una Fantacom ed una Pantacom (il cui acrostico a questo punto potrebbe suonare così: Per Allocchi Non Tanto Accorti Contro Ogni Megacazzata).

Orbene, il “giornalista” (ci piacerebbe tanto, almeno una volta, scrivere giornalista senza virgolette: ma per ora non ci è dato) ha rivolto al suo interlocutore delle domande diremmo pure magnifiche, sorprendenti, impensate, a tratti struggenti, roba da manuale del perfetto intervistatore.

Voi ci chiederete curiosi: l’ha forse steso con queste benedette domande da manuale? E’ scoppiato a ridergli in faccia ad ogni risposta? Avrà quanto meno usato l’arma sottile dell’ironia? Gli ha forse chiesto quali garanzie reali o personali, anzi, meglio, fideiussorie, l’azienda avrebbe potuto offrire a fronte degli impegni sbandierati a destra e soprattutto a centro-sinistra? Si è comportato come dovrebbero tutti i giornalisti: cioè da whatchdog, cane da guardia, attento, anzi pronto a mordere ad ogni eventuale corbelleria propinata dall’interlocutore? Visto che l’intervista era condotta in assenza di filtri, gli ha scucito qualcosa in merito alla fantastica storia dell’azienda, al suo valore, al suo capitale, al suo fatturato, alla sua consistenza patrimoniale, alla compagine sociale? L’ha inchiodato sulla possibilità di pratica realizzazione di quei numeri sciorinati manco fossero quelli del Superenalotto?

Purtroppo nada de nada. Non s’è visto alcun whatchdog, ma solo una serie di arf arf, scodinzolii, linguate affettuose, domande scendiletto, addirittura dei mugolii di piacere, come di un innamorato perso pronto a scappellarsi di fronte alla sua adorata. Si potrebbe ragionevolmente arguire che nemmeno dei turiferari alla Minzolini avrebbero saputo fare di meglio.

E così, come con una canna senza filtro, abbiamo potuto respirare boccate d’aria salubre fatta di: pucci pucci, non te ne andare a Nardò, resta con noi, non ci lasciar, la notte mai più scenderà. E ancora: trottolino amoroso, e tutù dadadà, e se facciamo così poi tu ritorni da noi? Se non ci dai nemmeno una speranza il cuore ci si infrange: e tu permetterai mai questo? E se il sindaco ci ripensa, allora ci ripensate anche voi? Su dai, non fare così, lasciaci almeno uno spiraglio. Prometticelo. Non ci vorrete mica tradire con il primo salumificio Mera che vi capiterà a tiro [forse, a proposito di fette di salame sugli occhi, avrebbe voluto dire chi-Mera, ndr].

Dopo aver letto questa sorprendente intervista ti vien da pensare, anzi t’accorgi, che dopo la categoria degli pseudo-giornalisti (che, recidivi, copia-incollano comunicati stampa senza pietà), c’è anche quella dei giornalisti che s’offrono. Eccome s’offrono.

Antonio Mellone