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Sempre più impianti per rifiuti speciali: perché il Salento rischia di trasformarsi nell’hub della spazzatura d'Italia
Di Redazione (del 24/06/2024 @ 13:22:54, in Comunicato Stampa, linkato 404 volte)

Il Salento rischia di diventare la discarica d’Italia. Da diversi mesi il timore di ambientalisti e scienziati è quello di vedere il territorio trasformarsi nell’hub dei rifiuti nazionali. Un vero e proprio polo industriale per il trattamento e lo smaltimento di scarti speciali, pericolosi e non. Il tutto davanti a una pianificazione politica carente, in un clima di deregolamentazione che rende più complessa la tracciabilità dei rifiuti all’interno della filiera e getta le basi per ptenziali traffici illeciti.

 Sul territorio - piegato da un alto tasso di incidenza di patologie tumorali – il fabbisogno di trattamento del rifiuto biodegradabile si aggira attorno alle 100mila tonnellate all’anno (dati consultabili tramite Piano regionale rifiuti). Tante quelle individuate dal Piano regionale gestione rifiuti urbani. Tuttavia, la provincia leccese potrebbe veder salire a ben 3 milioni di tonnellate annue la quota di rifiuti, pericolosi e non, accolti e processati negli impianti di trattamento e stoccaggio se si aggiungessero anche i nuovi mega-impianti industriali in attesa di autorizzazione presso la Provincia di Lecce e quelli in progetto. Si parla di almeno una trentina di realtà, tutte consultabili sull’Albo pretorio della Provincia, tra manifestazioni di interesse e progetti già in attesa di autorizzazioni.

Tra i vari siti che destano preoccupazione, la discarica di Corigliano d’Otranto, progettata sulla falda freatica dove insistono i pozzi di emungimento dell’Acquedotto Pugliese, per fornire l’acqua da bere alla comunità. Tra gli altri timori quello dell’incenerimento dei rifiuti (combustibile solido secondario) all’interno del cementificio Colacem di Galatina. E poi, ancora, si contano una decina tra impianti per il trattamento degli scarti speciali e centrali a biogas, oltre alla richiesta di aumento della capacità delle centrali già esistenti.

Eppure, la produzione media annua di rifiuti speciali in Italia è di circa 2,5 tonnellate pro capite (circa 147 milioni di tonnellate per 59 milioni di abitanti). “Nei soli Comuni di Galatina e Galatone si concentra una capacità di trattamento di almeno 800mila tonnellate anno, corrispondente ad una capacità media di circa 20 tonnellate per abitante e per anno”, fanno sapere ambientalisti e medici impegnati nelle vertenze e nel documento che hanno condiviso con sindaci, Palazzo dei Celestini, Arpa (agenzia regionale per la protezione ambientale) e Regione Puglia.

Le preoccupazioni montano fra ambientalisti e parte della comunità medica, soprattutto per l’area dell’entroterra, quella “maledetta” compresa tra Galatina e Soleto, dove i dati epidemiologici allarmanti e dove, al contempo, vi è la maggiore concentrazione di impianti cosiddetti di “prima classe”, quelli cioè ritenuti nocivi e che dovrebbero essere distanziati dai nuclei abitati. L'incenerimento dei rifiuti nei cementifici, per esempio, ha ottenuto il "placet" da parte del presidente Michele Emiliano per poter bruciare il Css. Il governatore si era detto infatti senza preclusioni ideologiche durante l'edizione degli Stati generali dei rifiuti in Puglia, a Bari nel mese di marzo.

Una situazione ambientale e sanitaria preoccupante, di cui vi avevamo parlato già in passato e che è emersa nel report Protos, un dossier sui fattori di rischio per tumore polmonare sul territorio, dove risulta la persistenza di un’area cluster per cancro che colpisce gli uomini nei comuni dell’hinterland galatinese. Due le preoccupazioni: le eventuali autorizzazioni che la Provincia potrebbe concedere agli impianti di rifiuti;  e la possibilità che il Comune di Galatina dia seguito all’idea sempre più acclamata nelle stanze della politica di bruciare i rifiuti nel cementificio. Apprensioni che hanno portato i comitati del territorio a organizzare un incontro per mercoledì 26 giugno, alle 19 nel centro di Galatina, coinvolgendo politici, scienziati e tutte le principali associazioni del territorio per mettere un freno alla “colonizzazione” del territorio da parte delle industrie della spazzatura.

Valentina Murrieri
fonte: LeccePrima

 

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