dic222010
Il Tar annulla le autorizzazioni del Comune per l’interramento dei cavi e blocca i lavori di un impianto fotovoltaico in contrada «Robertini Piccola» nella periferia di Galatina.
Il provvedimento del Tribunale amministrativo di Lecce è giunto nei giorni scorsi in accoglimento di una apposita istanza proposta da alcuni cittadini proprietari di terreni nell’area individuata per il progetto.
Motivo del contendere un nulla osta rilasciato dal Comune di Galatina ad Italgest Photovoltaic per l’interramento di alcuni cavi elettrici per l’impianto fotovoltaico su una strada denominata “Robertini piccola” di proprietà privata dei cittadini frontisti.
I lavori di scavo erano necessari per consentire il passaggio di un cavidotto dell’impianto fotovoltaico da 6,5 megawatt autorizzato con determinazione del dirigente del servizio energia della Regione Puglia, previa autorizzazione del Comune.
Decisamente contrari a tali lavori i cittadini che, per bloccare la realizzazione dell’impianto, avevano deciso di presentare ricorso al Tar.
Il giudice amministrativo ha ritenuto legittima la richiesta di annullamento reputando incontestabile il fatto che la strada vicinale individuata per i lavori di scavo “sia sostanzialmente utilizzata solo dai proprietari dei fondi frontisti e non assolva quindi alle esigenze più generali relativi alla circolazione stradale; esigenze che potrebbero portare a concludere per la sussistenza di un qualche diritto di uso pubblico sull’area di proprietà privata”. Per il Comune di Galatina il diritto di uso pubblico doveva essere desunto dalla richiesta di alcuni proprietari di asfaltare il tratto stradale.
Valutate le ragioni addotte dai cittadini rappresentati dall’avvocato Fabio Lazari, il presidente della prima sezione del Tribunale amministrativo, Antonio Cavallari, ha accolto il ricorso disponendo per l’annullamento del nullaosta rilasciato dal Comune e le relative autorizzazioni all’interramento dei cavi elettrici.
fonte: lagazzettadelmezzogiorno.it
ago132010
ott182010
Marcello D’Acquarica
set102010
NOI SIAMO PER IL fotovoltaico RAGIONATO, PER L’AUTOPRODUZIONE DI ENERGIA SUI TETTI DELLE NOSTRE CASE E PER UN VERO RISPARMIO DEI COSTI DELL’ENERGIA!
IL fotovoltaico E’ NATO PER DIFENDERE IL TERRITORIO NON PER DISTRUGGERLO, COME INVECE STANNO FACENDO NELLA NOSTRA CAMPAGNA.
NOHA dovrà sorbirsi un impianto di circa
che porterà un impoverimento del nostro territorio
E’ stata svenduta la “TERRA” di Noha, l’unica vera fonte di ricchezza per la popolazione.
COSA LASCEREMO AI NOSTRI FIGLI? Cosa mostreremo ai turisti?
I nostri padri con tanto sacrificio ci hanno tramandato fertili terre, uliveti secolari, beni culturali, vigneti, prelibatezza di prodotti, ed ora le grosse multinazionali trasformeranno tutto ciò in distese enormi di pannelli argentati!
ECCO 10 MOTIVI PER RESPINGERE L’ INVASIONE DELLA SPECULAZIONE DEL fotovoltaico AGRICOLO CHE STA PER CIRCONDARE NOHA:
1) Gli incentivi statali che incassano le società del fotovoltaico li paghiamo noi sulle bollette bimestrali della luce, senza avere alcuna riduzione dei costi dell’energia;
2) Nessuno ha il coraggio di dichiarare che estensioni così grandi e concentrate non sono dannose per la salute umana.
3) I cavi che accumulano e trasportano l’energia accumulata dai pannelli vengono interrati lungo strade e sentieri che i cittadini hanno la necessità di percorrere e sono la fonte di campi magnetici;
4) Grandi estensioni concentrate di pannelli di silicio sovvertono il microclima, disturbano la fauna e le migrazioni.
5) I costi per lo smaltimento dei materiali scaduti (gli impianti si esauriscono dopo 10-15 anni) e per il ripristino della terra sono altissimi, molto ma molto superiore all’introito economico ricavato dagli affitti.
6) Per impedire alla vegetazione di crescere avvelenano la terra inquinando le falde acquifere, l’acqua che è il nostro bene più prezioso insieme alla terra ed all’aria!
7) Grandi estensioni di pannelli di silicio concentrate in una stessa area desertificano (TIPO DESERTO DEL SHARA) le campagne un tempo rigogliose;
8) Le grandi estensioni di campi di fotovoltaico impoveriscono economicamente il territorio in quanto sottraggono terra all’agricoltura;
9) Non danno diretti posti di lavoro, ma accrescono il precariato;
10) I miseri benefici che ne derivano alle amministrazioni non sono minimamente comparabili con il sacrificio che subisce la terra e la popolazione.
Il Comitato
ott302010
Il dramma del fotovoltaico selvaggio industriale nei campi agricoli del Salento e l'indignazione di tutti i cittadini è andato in onda sui canali interregionali di TeleNorba News e nazionali e internazionali sui canali di SKY in un approfondimento giornalistico tenuto dalla redazione di TeleNorba news.
apr272016
Non so se piangere o ridere a proposito del novello e, appunto, tragicomico attivismo dei sedicenti politici nostrani (più strani che nostri, per la verità).
In questi giorni ci stanno piovendo addosso comunicati stampa a bizzeffe grandi come goccioloni monsonici (sì, in effetti, è un tempo di merda). Tu li leggi e non puoi fare a meno di esclamare: “Stica!”, rimanendo subito dopo pietrificato manco avessi fissato la Medusa dritto negli occhi per una settimana intera.
Guardate, non è che per forza di cose voglia fare le pulci alla forma e alla sostanza delle comunicazioni politiche locali: è che qui non siamo di fronte a pulci, ma a ben pasciuti ippopotami.
*
Prendiamo in considerazione i due recenti comunicati stampa pubblicati a breve distanza l’uno dall’altro non più tardi di tre o quattro giorni fa. Non si offenda nessuno dei due rispettivi autori se oso accomunarli in due parti di un unico pezzo. Si tratta dei brani di due avvocati di grido, due esponenti di spicco dello stesso partito cosiddetto democratico: l’avvocato Emilio Tempesta, e quella tempesta d’avvocato che risponde al nome di Daniela Sindaco. Si son fatti vivi entrambi in una sorta di gara di solidarietà per Noha provocando, come dire, una tempesta in un bicchier di vave (etim. der. da bave, secrezione viscosa della bocca; in inglese probabilmente waves. Ergo: onde di vave. E a Galatina ne sanno qualcosa).
*
Tempesta, l’Emilio, scrive finalmente a proposito della famigerata cabina elettrica del centro Polivalente di Noha: “…a seguito della predisposizione da parte della Direzione Lavori Pubblici dei necessari atti ed elaborati progettuali, è stato approvato dalla Giunta il progetto esecutivo relativo ai lavori di fornitura ed installazione di una cabina MT/BT prefabbricata della potenza di 50 Kw presso il Centro Polivalente di Noha. Ciò consentirà di dotare la struttura, attualmente servita da un contatore di energia elettrica di 10 Kw, della potenza sufficiente al normale funzionamento degli impianti tecnologici esistenti.[…]”.
“Hai visto, uomo di poca fede?”, mi direbbe il pragmatista di turno.
Ecco, io volevo chiedere umilmente all’assessore ai LL.PP. (Long Playing - i dischi a 33 giri), alla luce di questo comunicato: è proprio certo, caro assessore, che subito dopo l’installazione della potenza ‘sufficiente al normale funzionamento degli impianti tecnologici esistenti’, questi marchingegni probabilmente non collaudati non essendo mai entrati in funzione da ben partiranno da soli? Dico meglio: oltre al semplice allaccio, ci sarà qualche anima pia in grado di mettere in moto queste benedette apparecchiature (ascensore, fotovoltaico in terrazza, riscaldamento e aria condizionata), le quali, ferme come sono ormai da anni, rischiano di essere diventate di fatto simili a dei catorci ignobili difficilmente azionabili? Oppure per il ‘normale funzionamento’ di questi impianti servirebbe l’ennesima ulteriore “delibera di spesa pubblica per la sistemazione delle macchine del Polivalente”, che avverrà, come noto, al tempo delle calende greche e dopo innumerevoli articoli da parte dello scrivente?
Domande, temo, retoriche (guardate che difficilmente sbaglio. Anche quando voglio, soprattutto quando voglio).
*
Gentile assessore, un’ultima cosa: non è che per caso per l’installazione di codesta cabina elettrica si cambieranno i connotati del giardino del centro Polivalente di Noha, facendone uno scempio? Sarà - la cabina, dico - a basso impatto ambientale e visivo, o l’n-esimo pugno nell’occhio, ingombrante, fuori senso e fuori luogo (e, visto lo stato degli impianti, forse fuori tempo massimo)?
Rimango in attesa di una qualche risposta. Che, sono certo, non arriverà mai alla velocità della voce, ma, tanto per cambiare, a quella di un comunicato stampa.
Si chiama arroganza del tacere.
[continua]
Antonio Mellone
mar062014
Leggendo i comunicati stampa stilati dalla Roberta sul tema del compostaggio, il primo dubbio che salta in mente è: ma questa ci è o ci fa? E considerato che i suoi compagni di merende a palazzo Orsini non battono ciglio (e a dire il vero nemmeno i membri mosci della sedicente opposizione) possiamo qui tranquillamente chiederci, includendoli tutti insieme appassionatamente: ma questi ci sono o ci fanno?
In uno dei suoi interventi così scrive la vice-sindachessa sui siti di Galatina e dintorni: “Come annunciato [dalla stessa infallibile papessa, ndr.] il Comune di Galatina ha formalizzato la sua candidatura ad esser sede di un impianto di compostaggio, con lettera del 15.2.2014 inviata al Presidente dell'ATO Lecce, dott. Paolo Perrone [toh guarda, chi non muore si rivede: uno dei più illustri esponenti della famiglia proprietaria della Pantacom srl, quando uno dice il caso]. Con tale comunicazione il Comune [per favore, la prossima volta, dopo la parola Comune aggiungete l’espressione “tranne uno: Antonio Mellone”, che a questo punto sta seriamente pensando di cancellarsi dall’anagrafe cittadina, ndr.], ha espresso, in linea con quanto previsto nel Piano Regionale dei Rifiuti, la volontà di realizzare sul proprio territorio un impianto di compostaggio integrato, che comprenda cioè sia la fase anaerobica che quella aerobica” [ma sì, mettiamo tutto insieme, non facciamoci mancare nulla, se è festa è festa per tutti, ndr.].
Poi uno per farsi un’opinione prova a leggere “il Quotidiano di Lecce”, e si mette l’anima in pace. E sì, perché il lettore, poveretto, in quell’accozzaglia di carta, almeno nella pagina in cui si parla di Galatina, cosa ti trova? Ma ovviamente il riporto del comunicato-stampa della Roberta (con la sua bella foto sorridente - sempre quella) già apparso sui suddetti siti internet. Sì, signora mia, qui pare funzioni così: il giornalista-pubblicista-nostrano, anziché fare il cane da guardia dell’informazione (come richiesto dai manuali), sembra scodinzolare a destra e a manca come un qualsiasi cane da passeggio o da riporto. Con un bel copia-incolla, un po’ di virgolette e qualche frase a casaccio – e, già che c’è, allegando pure l’asserzione di qualche politico della sedicente oppositore - ti confeziona in quattro e quattro otto un bell’articolo-sandwich, pronto per l’uso promiscuo.
Peccato che il malcapitato lettore (ma certe volte uno se le cerca: ma cambi quotidiano, no?) scorrendo quelle locuzioni non ci capisca una beneamata mazza, e soprattutto non sia spinto a chiedersi se tra le righe dei comunicati di volta in volta scodellati urbi et orbi si nasconda qualcosa d’altro, come, per esempio, delle incommensurabili stupidaggini. Ma sai, ci sono giornalisti e “giornalisti”: i primi, senza virgolette, sempre più rari, di inchiesta; gli altri, con le virgolette, da siesta.
Ma se uno si studia ben bene le carte (diciamo che lo dovrebbe fare ogni cittadino degno di questa carica), si documenta, chiede informazioni agli amici, magari tra i ricercatori universitari (nelle facoltà di Chimica, di Agraria, di Ingegneria, per dire), oppure effettua delle ricerche un po’ più oculate in internet, capisce che qui c’è qualcosa che non quadra, e che soprattutto c’è poco da scherzare.
Intanto diciamo che il sistema aerobico e quello anaerobico - per il trattamento della frazione dell’umido dei rifiuti da trasformare eventualmente in fertilizzante - sono due cose diametralmente opposte [ma la Roberta vorrebbe farle tutte e due contemporaneamente, integrandole, ndr].
L’aerobico degrada la sostanza organica in modo, diciamo così, naturale, senza produrre gas combustibili. Questo sistema, se utilizza sostanza organica derivante da raccolta differenziata spinta, fatta per bene, produce fertilizzante ottimo per l’agricoltura, sotto forma di compost di qualità. Ma per questa roba non ci sarebbe il bisogno di creare un mega-impianto da 30.000 tonnellate. Solo i pazzi o i criminali auspicherebbero una cosa del genere [quindi si farà certamente qui da noi, ndr.]. Nei paesi dell’Europa del Nord, per dire, si usa compostare la materia organica a livello micro, di quartiere o al più di comune, e non macro con la creazione di ecomostri inutili, dannosi e costosi, come quello che si vorrebbe impiantare in chissà quale area del Comune di Galatina.
L’anaerobico, invece, agisce per lo più a caldo (azionando delle pompe di calore), e produce metano ed altri gas di scarico (dai quali i nostri amministratori, attraverso cogeneratori, pensano di ottenere energia termica, elettrica e soprattutto “pulita” – come se qui in Puglia non producessimo già quattro volte tanto l’energia di cui necessitiamo, con tutte le centrali elettriche che ci circondano: dal fotovoltaico all’eolico, senza considerare Cerano e compagnia bella. Volete scommettere sul fatto che questi per convincerci ci racconteranno pure la favola della riduzione del costo della bolletta energetica?). E poi con l’anaerobico bisogna per forza ragionare in termini di 30.000 tonnellate di rifiuti. Se fosse inferiore questo tonnellaggio il marchingegno rischierebbe di incepparsi.
Ma l’anaerobico, oltre ai gas, produce anche “percolato” (vocabolo derivante da per-colare, è intuitivo), una porcheria liquida che inquina il suolo e la falda acquifera per molti moltissimi anni.
Ma i danni non finiscono mica qui: il rifiuto esausto dell’anaerobico, poi, si fa finta di “stabilizzarlo” con l’aria (con successivo processo aerobico) al fine di ottenere un prodotto che in maniera truffaldina viene ancora una volta definito “compost”, ma che invece è una roba di infima qualità, o comunque di gran lunga inferiore al compost aerobico. Il più delle volte gli scarti di questo tipo di “compostaggio” sono dei nuovi rifiuti da portare ancora una volta – indovina dove? - in discarica. Si tratta di un materiale che se si utilizzasse nelle campagne provocherebbe la contaminazione del terreno e quindi delle piante, in saecula saeculorum.
Nei prossimi giorni torneremo in argomento: ci sono ancora un sacco di chicche da approfondire e raccontare a chi vuol intendere (agli altri è inutile ca li fischi). E non siamo che all’inizio di questa via crucis.
Ebbene sì, gli esponenti dell’amministrazione Montagna devono sudarselo per davvero questo Oscar per il loro nuovo film dal titolo: “La grande monnezza”.
Antonio Mellone
lug132014
Uno dei meriti di questo sito è quello di richiamare l’attenzione su quello di cui altri cosiddetti mezzi di informazione preferiscono tacere. Vero è che alcune cose sfuggono ai più in quanto impercettibili o trascurabili; ma altre non vengono viste proprio perché enormi.
Così è stato, per dire, al tempo dei cinquanta e passa ettari di pannelli fotovoltaici di contrada Roncella (ma il discorso funzionerebbe anche per tutte le altre “grandi opere”).
Quel campo, che ha la parvenza di un cimitero con tante lapidi in ferro e silicio (i cui loculi non puoi nemmeno prenotare per un domani, come invece pare possa accadere nell’altro camposanto nohano - basta avere le opportune conoscenze sulla Comune) contravviene allegramente, a occhio e croce, a tutti i canoni del buon senso, dell’etica e dell’estetica.
E’ proprio del suddito lobotomizzato non proferir verbo, non batter ciglio, né storcere il muso mentre viene derubato, oltre che del panorama, del paesaggio, della natura e della salute, anche di un bel po’ di quattrini che in maniera diciamo così omeopatica vengono inoculati in bolletta.
Quei soldi, tanto per mettere il dito nella piaga (e come documentato nel nostro articolo “Dai campi di sterminio allo sterminio dei campi”, pubblicato su questo stesso sito il 12 novembre 2013), vanno oggi a finire direttamente, senza nemmeno transitare dalla “tangenziale” di Galatina, nelle tasche di un manipolo di tedeschi (mentre all’inizio, come noto, venivano indirizzati su conti correnti spagnoli: ma italiani mai, ndr).
Un tempo nessuno sembrava accorgersi di nulla, a partire dal sindaco di allora – che pare si spacciasse per un nohano – per finire al codazzo dei cosiddetti consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione, tutti appassionatamente a braccetto nel rito delle larghe scemenze ovvero in nome del patto del Nazareno (iconograficamente, anzi plasticamente rappresentato nel corso delle processioni solenni dal gregge dei nostri rappresentanti piazzato alle spalle della statua del santo di turno). Ma a quanto pare così va la vita, e quella che s’ostinano ancora a chiamare politica - da palazzo Orsini a palazzo Chigi.
Noi parlavamo dello sfacelo del fotovoltaico in tempi non sospetti, quando ancora quella campagna era una campagna, terreno intonso, pseudo-steppa con cozzi, qualche albero qua e là, ed erba per i famosi “greggi”, mentre nessuno dei nostri amministratori pubblici riusciva a formulare una previsione sul danno che ne sarebbe derivato. Anzi sembravano tutti eccitati per la novità, gli investimenti, “le ricadute”, “i volani” e l’“energia a vocazione turistica” [copyright TAP].
I cittadini un po’ più svegli (che si contano tuttavia sulle dita di una mano) hanno potuto informarsi leggendo le nostre catilinarie, quando nessuno osava parlarne (men che meno “il Quotidiano di Lecce”, o addirittura le segreterie dei partiti politici, figuriamoci). Poi con il tempo, folgorati sulla via della Gamascia, ci sono arrivati anche gli altri, ma sempre timidamente e troppe volte in maniera imbarazzante, in qualche caso addirittura encomiasticamente, disconoscendo la realtà dei fatti e la pericolosità della loro dabbenaggine.
Perché, vedete, a parlare di pannelli fotovoltaici (come pure di TAP) quando i pannelli ci sono già (o quando la TAP passerà dal tinello di casa nostra) non serve mica essere un grande giornalista. Questa roba la vedono (o la vedranno) tutti anche senza l’aiuto del “Quotidiano” o della televisione o dei reportage con lacrime di coccodrillo incorporate, prodotti dai giornalisti già scendiletto.
Ma a quel punto, come viene ripetuto da molti, è troppo tardi. E allora tutti a dire: ormai c’è questa cosa e non possiamo farci nulla; per smontare l’intero ambaradan costerebbe tre/quattro volte tanto; e che ci vuoi fare. Nel migliore dei casi qualcuno ammette pure di non essersi reso conto: “…purtroppo allora non comprendevamo, non ci hanno spiegato bene, non s’è inteso, chi avrebbe mai pensato…”. Chi l’avrebbe mai pensato? Noi, e abbiamo cercato di dirvelo in tutte le lingue. Ma voi, nulla: elettroencefalogramma ridotto ad una retta parallela all’asse delle x.
Di questo passo saremo condannati a tenerci in saecula saeculorum pannelli fotovoltaici, TAP, SS 275, pale eoliche, discarica sulla falda acquifera di Corigliano d’Otranto, mega-impianto di compostaggio, tangenziale (che in barba alla matematica non tange, seca), centro commerciale Pantacom, nuova area mercatale C3 (colpita ed affondata), e via snocciolando il rosario delle varie porcate all’ordine del giorno, anche se a sentire i politici (con il senno di poi) nessuno ha (avrà) mai voluto nulla: né una roba né l’altra né l’altra ancora. Come se questi mega crimini si fossero (o si saranno) fatti da sé, a loro insaputa (come direbbe il loro collega Scaiola).
Noi, profeti di sventura, invece, cerchiamo di parlare dei rischi delle grandi schifezze portate in trionfo in nome delle “ricadute occupazionali” e del “volano dello sviluppo” quando si è ancora in tempo per evitare i danni, non quando questi sono ormai stati fatti e a nostre spese. Ci piacerebbe che si parlasse di più di queste spade di Damocle pendenti sulle nostre teste, che se ne discutesse, che ci si informasse una buona volta.
Magari per poter scegliere liberamente, in modo consapevole e informato, senza esser costretti poi a dire candidamente che non avevamo capito una mazza di cosa si stava macchinando alle nostre spalle.
Ecco: vorremmo che si smettesse una buona volta di avere occhi, orecchie, bocca, e qualche altro orifizio, otturati da un bel TAP.
Antonio Mellone
set202010
Questa è la storia di un esproprio.
Una sentenza ingiusta, proclamata da un ignobile giudice, ci ha privato senza alcun preavviso del nostro spazio vitale, costringendoci in pochi, risicati metri quadrati. Chi non fosse a conoscenza dell’accaduto, crederebbe che queste siano le farneticazioni di un piccolo e fragile arbusto. Si sbaglia costui, perché a urlare la sua rabbia è un raggrinzito e incazzato ulivo.
Questa è la storia di un esproprio, dicevamo, ma non pensi il lettore che in codeste note si vadano a esporre le ragioni di una delle parti, quella perdente si intende. Non saremmo in grado di tenere discorsi molto lunghi allo scopo di persuadervi, non conosciamo le leggi dell’ars oratoria, né tantomeno ci intendiamo di diritto agricolo.
Il nostro è un racconto e come tale ha la sacrosanta urgenza di essere raccontato, affinché gli uomini, specie egoista per natura, si sentano in colpa in ogni singolo attimo della loro futura annaspante esistenza.
***
Albeggiava quando giunsero in sella ai loro portentosi e assordanti ronzini. La luce del sole vezzeggiava le nostre foglie argentee e la rugiada ingioiellava la fredda corteccia; una brezza leggera solleticava le nostre fronde e un brivido fulmineo, di risposta, scorreva nella linfa per tutto il tronco, portandosi sino alle radici, per poi perdersi nel terreno.
Credevo che nulla al mondo sarebbe stato in grado di dissuadermi dalla convinzione che ogni mattino è concepito nel silenzio più intimo, incontro tra la nostalgia della notte, sbiadita dalla fioca luce della luna, e la speranza del giorno, che si riflette nel nuovo sole. Quello che vidi però mi fece ricredere: gli uomini avanzavano sicuri, calpestando quella stessa natura che li aveva dato la vita, e si dirigevano proprio verso di noi.
Nel pugno di quella chiassosa offensiva venivano sbriciolate per sempre le mie certezze.
Ci guardavamo intorno, qualcuno continuava ancora a riposare indifferente ai rumori che aumentavano sempre più di intensità sino a trasformarsi in insopportabili stridori. Si fermarono davanti a me; il più anziano del gruppo senza dire una parola in quella contorta e stridula lingua umana, che ha bisogno di cambiar tono per incutere paura, fece un incomprensibile cenno con la testa. Nessuno vacillò di fronte all’incomprensibilità della richiesta: qualcosa doveva essere spostata, lì a lato, proprio accanto alla strada.
Gli ulivi tremavano nel silenzio innaturale di quell’attesa. Un albero non può piangere, bisogna avere un’anima per soffrire, e l’uomo, che il più delle volte agisce cercando di sfuggire al giudizio dei suoi pari, lo sa bene, lo ha imparato a scuola che l’albero è una “cosa”. Nessuno quindi sarà giudicato e poi condannato per aver ammucchiato una cosa.
Da inferiori entità inanimate siamo stati quindi usati, ma non è questo che fa strizzare acre olio dalle mie nere olive ribelli. Voi che ve ne state seduti, tranquilli a leggere questo mio racconto, non potete immaginare la brutalità con cui i denti di quei mastodontici espropriosauri hanno azzannato prima il terreno e poi le radici, recidendone molte, estirpandone non poche. Sentire lo scoppiettare di quelle radici che stremate abbassavano la testa dinanzi alla superiorità del loro avversario, ascoltare il pianto delle fronde degli ulivi issati come animali feriti e gettati agonizzanti in quella fossa comune, non è stata una piacevole esperienza.
Un ulivo non piange, abbiamo già ribadito, solo perché l’immaginario collettivo non glielo ha mai permesso, ma la realtà non è schiava come voi delle convenzioni umane. Poggiate un attimo l’orecchio sulla mia ruvida corteccia e sentirete il mio dolore; fermatevi anche voi a guardare la cornice decorativa di ulivi creata per ingannare voi, ma non me, e capirete la mia rabbia.
Io sono l’ultimo di una secolare famiglia di ulivi, unico superstite alla strage. Ora me ne sto dove sono sempre stato, ai margini di questo feudo, affiancato da ulivi fantocci, con lo sguardo abbassato sulle mie radici per evitare di rianimare quel fuoco che arde in ogni singolo mio vaso, alla vista di quegli stupidi alberi moderni, bassi, neri, brutti e senza frutto, che per ignoti motivi hanno rubato la terra a tanti miei simili in tutto il Salento.
Michele Stursi
lug142019
La lettera riportata sotto è stata inviata al Sindaco di Galatina, Marcello Amante, tramite PEC il 24/04/2019 esattamente 60 gg fa. Finora nessuna risposta ci è stata concessa.
Il nostro ordinamento riconosce e tutela, in capo al cittadino che si rivolga a una pubblica amministrazione, il diritto alla risposta.
Ma anche al di là della legge, riteniamo sia semplicemente vergognoso che il primo cittadino, chiamato a rispondere ad un chiarimento sulla proposta avanzata da mesi dal nostro Partito politico, non ci degni di risposta. La scorrettezza istituzionale del Sindaco Amante ci preoccupa al tal punto che saremo costretti a informare il Prefetto di una totale inerzia del Sindaco che si lamenta in ogni contesto dello sforzo per risanare le casse comunali ma non fa nulla per evitare tale funesta circostanza.
Lo ribadiamo con forza affinché i cittadini possano comprendere fino in fondo il paradossale agire amministrativo del Sindaco e della sua giunta silente.
Circa 300.000 euro sono stati lasciati in eredità dall’Amministrazione Montagna vincolando la cifra al fine di trasferire gli Uffici URBANISTICA (Prestigioso Palazzo detto Casa Paterna situato in via D’Enghien, LAVORI PUBBLICI (Palazzo Situato in via Giuseppina del Ponte), UFFICIO COMMERCIO (situato al Piano Primo in via Principe di Piemonte) UFFICIO ANAGRAFE (situato al Piano terra in via Principe di Piemonte), UFFICIO POLIZIA MUNICIPALE (situato in via Vittorio Emanuele)
I vantaggi del trasferimento degli uffici pubblici sopra menzionati presso il Palazzo dell’ex Tribunale sono molteplici come esplicitato nella lettera ultima inviata al Sindaco. Su tutto un dato molto significativo. NOTEVOLE RISPARMIO di soldi pubblici. Far funzionare bene una struttura pubblica è molto meno oneroso che far funzionare quattro strutture comunali.
Ci sono altri aspetti positivi nel “liberare” quattro immobili pubblici.
Partiamo dagli uffici dell’INPS. L’istituto Nazionale chiede da anni al comune di Galatina una sede dove poter trasferire i propri uffici. E pagare un canone. Questo significa introiti per il Comune.
Ma anche l’Ufficio Territoriale del lavoro potrebbe essere trasferito in una struttura pubblica senza dover pagare un canone mensile ad un privato come adesso avviene.
Per non parlare della vendita di alcuni immobili comunali ai privati per strutture ricettive. Come si fa ora a vendere se gli immobili sono occupati da uffici pubblici?
Sono tanti i vantaggi collegati al trasferimento degli uffici ma questo potrebbe evidentemente toccare alcuni interessi di cui francamente ignoriamo le conseguenze.
Va fatta chiarezza e siamo disposti ad un confronto pubblico con il Sindaco su questa saggia decisione di trasferire degli uffici al tribunale.
Si potrebbe anche efficientare la struttura dell’Ex tribunale con un impianto fotovoltaico e rendere la sua gestione ancora più conveniente. (Il governo ha stanziato dei finanziamenti per gli enti pubblici).
Lamentarsi del bilancio comunale senza fare nulla è il modo peggiore di amministrare una comunità.
A SEGUIRE LA MAIL PEC INVIATA AL SINDACO MARCELLO AMANTE
IL 24 APRILE 2019
All’Attenzione del Sig. Sindaco Marcello Amante
Oggetto: TRASFERIMENTO UFFICI COMUNALI PRESSO L’EX TRIBUNALE
Gentile Sindaco Amante, era il lontano 5 gennaio 2018, più di quindici mesi fa quando con una lettera aperta e indirizzata all’Amministrazione Comunale inviata ai giornali locali, abbiamo chiesto quando gli UFFICI COMUNALI sarebbero stati trasferiti presso l’ex TRIBUNALE.
Abbiamo ricordato anche che l’Assessore ai Lavori Pubblici Sig.ra TUNDO il giorno del suo insediamento ha trovato un dossier completo di progetto e risorse disponibili finalizzate al trasferimento degli uffici Lavori Pubblici, Urbanistica, Ufficio Commercio, Polizia Municipale e Anagrafe.
L’Amministrazione Montagna aveva predisposto il tutto per consentire agli uffici un rapido trasferimento e attraverso la devoluzione dei mutui aveva reso disponibili anche le risorse economiche per rendere operativo il trasferimento e non gravare totalmente sul bilancio corrente.
Facciamo presente che trasferire gli uffici comunali presso l’ex Tribunale è un vantaggio notevole per tutti i cittadini e per le casse comunali per i seguenti motivi:
1. Concentrare tutti gli uffici pubblici in un’unica struttura rende decisamente più agevole il rapporto tra cittadini e la pubblica amministrazione che eroga servizi. Le persone non saranno costrette a girovagare tra uffici pubblici ubicati in posizioni a volte diametralmente opposte all’interno della Città.
2. Nessuna struttura pubblica è accessibile ai disabili. Tutti gli uffici sono posti a piani superiori e non sono forniti di ascensore. Siamo in deroga alle leggi a danno dei cittadini. Solo questo già sarebbe sufficiente ad accelerare l’iter per lo spostamento degli uffici presso l’ex tribunale.
3. Trasferire gli uffici pubblici all’ex tribunale fa risparmiare. E’ abbastanza elementare capire che pagare acqua, gas, energia elettrica e servizi di guardiania e pulizia per un solo edificio è più economico che pagare le forniture e i servizi per cinque. Ed è semplice verificare che i risparmi sono di importi a sei cifre.
4. I vantaggi sono anche per i dipendenti pubblici. Un unico luogo di lavoro favorirebbe la relazione e la collaborazione fra gli stessi e aumenterebbe l’efficienza e la qualità del servizio prestato ai cittadini.
5. Liberare gli edifici pubblici li rende disponibili ad essere messi sul mercato per trarne profitto. E le casse comunali hanno tanto bisogno di entrate per gravare meno sulle tasche dei cittadini.
Come Partito Democratico non siamo in Consiglio Comunale ma, come fatto finora, intendiamo portare avanti un’opposizione costruttiva verso questa Amministrazione, fatta di interventi su contenuti specifici e richiami precisi affinché si svolga un’azione di governo a vantaggio di tutti, nessuno escluso.
Cosa state aspettando per effettuare il trasferimento?
Vi chiediamo, gentile Sindaco, perché non provvedete a trasferire gli uffici pubblici Lavori Pubblici, Urbanistica, Ufficio Commercio, Polizia Municipale e Anagrafe presso la struttura dell’ex Tribunale di via Ugo Lisi angolo Via Monte Bianco?
Cordiali saluti
Andrea Coccioli
Segretario del Circolo PD di Galatina
www.pdgalatina.it
pdgalatina@gmail.com
andrea.coccioli@ingpec.eu
set182013
Chi pensava che gli allevamenti di ovini fossero scomparsi dalla circolazione s’è sbagliato di grosso. Son venuti meno molti di ettari di campagna e di pascolo (causa cemento, asfalto e fotovoltaico), ma le pecore ci son sempre, eccome. Siamo attorniati da centinaia e centinaia di pecore, di tutte le razze, la maggior parte mute, alcune pronte a proferire qualche timido belato, ma così fievole che non disturba. Pecore che non sanno dove andare ed aspettano che le loro guide si decidano a prendere una direzione. Una volta che il pastore ha stabilito la linea le pecore son pronte a seguirlo, condiscendenti, sottomesse come solo le pecore sanno essere: dimesse, credule, quiete, disposte a fare ancora una volta, e come sempre, gregge.
In fila una dietro l’altra, chine, con lo sguardo ed il muso a terra, radunate, ammassate, le pecore rimangono nei ranghi, ordinate e affabili, compatte, indulgenti e unite: certo sono pecore e fanno le pecore.
Sempre obbedienti, ammucchiate, raccolte, arrendevoli, le pecore stanno lì dove le han messe, timide, rassegnate, statiche senza nemmeno sapere il perché. Commoventi e tenere, non c’è che dire.
Quand’è così non si hanno più parole. Sicché tocca al silenzio di diventare l’interlocutore preferito del saggio: le parole servono all’umanità quando ne vale la pena.
Antonio Mellone
ago222010
Eccovi di seguito un articolo di Raimondo Rodia che ci riguarda da vicino, tratto da galatina.blogolandia
Continua ancora la distruzione dell’ambiente e delle campagne galatinesi, dispiace che quello che Antonio Mellone chiama il ” sacco di Noha ” stia avvenendo proprio con un sindaco originario di Noha, eletto dalla frazione con grande giubilo. Tra nuovo comparti artigianali, commerciali e di edilizia civile, riempiremo di cemento le campagne, il resto saranno campi di silicio con il mega fotovoltaico e le pale dell’eolico, come torri di Babele che si stagliano nel cielo del Salento. A questo aggiungiamo nuove fonti di stravolgimento del nostro ambiente, preservato dai nostri antenati e che noi in capo ad un paio di generazioni rischiamo di cancellare definitivamente. Ma torniamo ai nuovi accadimenti e sentiamo le parole di Antonio Mellone. ” Non finiremo mai. Siamo assediati. Ci stanno mettendo nel sacco ancora una volta. Stanno preparando ” il sacco di Noha “. Ebbene non ci crederete ma a Noha abbiamo un’altra emergenza (oltre al fotovoltaico selvaggio in svariati ettari di campagna nohana, oltre all’imminente Comparto 4 e le oltre 50 villette schierate come un plotone d’esecuzione, oltre a tutto il resto). Avete visto il video di Dino Valente su galatina.it a proposito della cava De Pascalis ? Sembra uno spot pubblicitario. L’intervistatore si rammarica pure della burocrazia e dei suoi lacci e lacciuoli, anzichè chiedere regole lacci e lacciuoli anche per il suo bene e la sua salute. Lo sapete che cosa verrà conferito in quella cava, a due passi dall’antica masseria Colabaldi, sito archeologico importantissimo? Di tutto, di più. Leggete l’elenco. Ma andate oltre: dietro quell’elenco c’è un altro elenco invisibile e innominabile, tra l’altro, facilmente immaginabile. Anche se non ce lo dicono ci saranno materiali pericolosi insieme a tutto il resto.Scommettiamo? Pensate che qualche eternit, o qualche altro materiale viscoso “ben chiuso” in qualche bidone, o qualche altra roba da sversare non ci sarà in mezzo alle altre schifezze che verranno portate qui da noi da tutto il Salento ? Suvvia, non cadiamo dalle nuvole da qui a qualche anno con le solite lacrime da coccodrillo. Cerchiamo di anticipare i tempi. E per favore andatevi a vedere il film “Gomorra” (proprio nelle scene delle cave dismesse), se proprio non riuscite a leggere l’omonimo libro di Roberto Saviano. Sappiamo come vanno le cose in Italia e soprattutto qui, nel nostro Sud. Conosciamo bene il senso di responsabilità e la correttezza di molti imprenditori.
E poi perchè tra la roba conferita deve esserci il vetro e la plastica? Non sono, questi ultimi, materiali da riciclare? Andatevi a vedere l’elenco delle cose conferibili (conferibili, ovviamente, a pagamento).
Credono lor signori che noi siamo così fessi da non capire che dietro questa n-esima “scelta ecologica” non ci sia un piano diabolico? Che potrebbe essere questo: guadagnarci ovviamente nell’immediato (i conferimenti da parte delle ditte di tutto il Salento è a pagamento, un tot. di euro a tonnellata). Ma guadagnarci anche e soprattutto nel futuro. Come ? Semplice. Una volta riempita la cava (non ci vorrà mica un secolo, basterebbe un decennio ma anche meno di conferimenti, con la fame di discariche che c’è ) si farà diventare edificabile quella “nuova area”, tra Noha e Galatina. Altro comparto, altra villettopoli. Altro giro altro vincitore, e molti perdenti: noi. Mentre altrove le cave dismesse diventano centri culturali (tipo Le Cave del Duca a Cavallino, sede di concerti e di convegni, o l’area Verdalia a Villa Convento, area di freelosophy, eccetera eccetera), qui da noi diventano l’immondezzaio del Salento. A due passi dalla povera Masseria Colabaldi. Non c’è rispetto nè della storia nè del futuro. Siamo schiavi del presente purtroppo. Manco i barbari permetterebbero certi scempi. Ma noi sì. Bisogna allora avvisare tutti i nohani, ma anche i galatinesi della 167, quelli che abitano nell’intorno della parrocchia di San Rocco, del fatto che anche loro ne sono coinvolti: ne va anche della loro salute. Bisogna far presto. Bisogna far girare queste mail, magari arricchendole con nuove notizie e nuove informazioni. Bisogna far svegliare i nostri rappresentanti (ma dove sono con i loro cervelli in fuga) cercando di far capire loro che con certe scelte e certe decisioni (prese all’oscuro e senza informare preventivamente i cittadini) stiamo andando con gioia verso il disastro. Stavolta annunciato.” Tutto giusto quello che scrive Antonio Mellone nel virgolettato, l’unica cosa da rimproverargli e che questa non è solo la battaglia della gente di Noha e della 167 di Galatina. Questa deve essere la battaglia di ogni cittadino del Salento, che vuole la sua terra ricca e salubre.
Raimondo Rodia
dic102020
Io davvero non trovo requie se penso a quel che mi tocca vedere, sentire, leggere: tutti a chiedere soldi chiamati Ristori a quel povero gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) con tutto il bene che ha già fatto – e soprattutto farà - al Salento, che dico al Salento, al mondo intero e forse pure oltre.
Mi chiedo perché mai andare con il cappello in mano da una multinazionale svizzera che già di sua sponte si è svenata per regalarci “ricadute occupazionali” e “volani per lo sviluppo” à gogo. Volete poi mettere tutti quei miliardi di metri cubi di metano che sono (forse) arrivati o che di sicuro arriveranno direttamente da quella democrazia liberale che è l’Azerbaigian? (Non darete mica retta a quei complottisti di Amnesty International, spero).
Ma soprattutto, ragazzi, che gas: green, rinnovabile, circolare, appena appena fossile, eco-compatibile, trasportato a basse temperature (per dirvi tutta l’attenzione di Tap per il clima), e principalmente a prezzi ir-ri-so-ri. Vedrete, vedrete a breve come ridurranno il peso delle vostre bollette (qualcuna vi arriverà addirittura a credito): più o meno come sperimentato con le fatture Enel grazie a tutte quelle coltivazioni di fotovoltaico a perdita d’occhio che ci avvolgono come in un sol caldo abbraccio.
E vogliamo parlare della Informazione glocale pronta a fare le pulci a questi colossi? Dai non si fa così: sarebbe bastata un po’ di autocensura (questa sconosciuta) e se ne sarebbe uscita con eleganza e senza tanti grattacapi. Oltretutto tra house organ e house orgasm il passo è breve. Invece no: inchieste su inchieste, indagini, dossier, domande scomode ai vertici aziendali, denunce senza tregua sul neocolonialismo di una prepotenza straniera che al contrario somiglia viepiù a una Ong stile Emergency; per non dire delle lenzuolate a favore di quei facinorosi dei No-Tap, anarchici che altro non sono.
E soprattutto mai un euro di pubblicità, mai un logo Tap così verde e solare riportato in alcuna delle sue rubriche, manco per sbaglio, e mai una parola una sulle tante iniziative SO-CIA-LI del Trans Adriatic: né un cenno su “Mena”, che non è voce del verbo da collegare a un manganello, ma il master gratuito in culinaria per studenti e ristoratori locali; né una riga sul camper delle brioches, per dire l’interesse di questi magnati per la storia, specie quella dell’ancien règime di Maria Antonietta; né un riferimento sul salvataggio di tutti quegli ulivi monumentali dall’inesorabile destino del disseccamento, trasportati nei canopy allestiti nella Masseria del Capitano (a questo punto bastava adottare il brevetto Tap, cioè fare del Salento un unico grande canopy, o come cavolo si chiama, e ci saremmo risparmiati anni di Sputacchina, Xylella, Innesti miracolosi, Fs17, e i decretini del ministro unico Martina-Centinaio-Bellanova); né una nota sul “Salento greenway” e sul connesso “bike sharing”, qualunque cosa vogliano dire; né un trafiletto sui corsi di Inglese e sugli altri “piani educativi”, senza dimenticare i “contributi alla ricerca” (anche se non si sa bene di cosa); e nemmeno un video sul coinvolgimento degli studenti delle scuole primarie così carini nelle loro “lezioni interattive e laboratori sull’ambiente marino e sulle minacce che possono causare inquinamento al suo ecosistema”; e, infine (ma solo per questioni di spazio) manco un cenno sull’iniziativa “Libera il mare”, cioè lo studio, la mappatura e la pulizia dai rifiuti dei fondali e di ben 30 chilometri di spiagge (Tap è società seria e non è suo costume prendere gli altri per i fondali).
Insomma, nada de nada. Solo stima e appoggio incondizionato a quei sovversivi dei No-Tap che, pensate, insieme ad alcuni professori dell’Unisalento e a relatori come Josè Alberto Acosta, avevano organizzato in Ateneo niente poco di meno che un Convegno, signora mia, sull’“Uso asimmetrico del diritto nei conflitti ambientali”. Meno male che intervenne prontamente la Digos per far capire a tutti chi comanda.
Ora, pur non trapelando nulla da giornali e tv di stato in luogo, da fonti riservate siam venuti a sapere che il sottosegretario Turco (non bastavano evidentemente quelli del 1480), esponente di quel moVimento diventato partito della Realpolitik, ha intenzione di convincere buona parte dei sindaci salentini dall’occhio vispo e con una bella $ incisa nell’iride che pecunia non olet e che i Ristori profusi a piene mani dalla trattoria Caritas, divisione di Tap, diluiti con Mes, Cis, Recovery fund e altre trovate di finanza creativa, diventano brodo buono per la cura di ogni mal di stomaco.
Bravi, così si fa: un tubo da una parte e una botta dall’altra, e la doppia penetrazione è garantita.
Antonio Mellone
giu192013
Finalmente una bella notizia. Pare che il 28 giugno prossimo o giù di lì ci sarà la seconda inaugurazione della vecchia scuola elementare di Noha ristrutturata un paio d’anni fa. Abbiamo dovuto usare tutto il dubitativo contenuto nel verbo “pare” in quanto ad oggi non c’è ancora nulla di ufficiale. Nemmeno il topico trionfalistico comunicato stampa diramato dagli accoliti dell’assessore di turno.
Dunque non c’è che da supporre che il 28 giugno si taglierà ancora una volta il nastro inaugurale della nostra bella struttura pubblica, anche se ancora non se ne conoscono termini, condizioni, costi, attività, e molto altro ancora.
Non se ne parla sul sito ufficiale del Comune di Galatina, né tantomeno su quelli ufficiosi e amici in quanto magari più indulgenti del nostro.
Sì, qui da noi funziona così: le cose pubbliche sono così intime, riservate, misteriose che al confronto i segreti dei pastorelli di Fatima erano rivelazioni arcinote urbi et orbi, e senza bisogno alcuno di interpretazioni esegetiche.
Nel corso dei comizi i nostri personaggi in cerca di elettore si riempiono le garze (e saturano i sempre più cascanti attributi dei cittadini) di “trasparenza”, di “limpidezza”, di “democrazia partecipativa” e di “palazzi di vetro”.
Orbene, Palazzo Orsini potrebbe pure essere diventato di vetro, ma credo si tratti ormai di un vetro quanto meno fumè, appannato, anzi appositamente oscurato in modo tale che chi stia al di fuori non possa vedere nulla di quel che accade e si decide all’interno; e soprattutto chi ha la ventura di trovarsi all’interno (per la benevolenza o gli errori dell’elettorato) non abbia la più pallida idea di quel che accade fuori.
Ebbene, il 28 giugno a Noha ci sarà questa benedetta inaugurazione 2, probabilmente con tanto di acqua santa e champagne per i gargarismi d’occasione, ma non si sa bene ancora cosa si inaugurerà.
Ora, sapendo sin da subito (anzi dalla storia) che, avendo un rapporto idiosincratico con chi s’azzarda a porre qualche legittima domanda (a meno che non sia il solito “giornalista”, vocabolo fungibile con “zerbino”, “scendiletto”, “copia-incollatore” a causa di servilismi e salamelecchi congeniti), i nostri magnifici rappresentanti faranno finta di non aver sentito e, in questo caso come in molti altri casi, letto; e posto che interessare i consiglieri di “opposizione” “nohana” (le virgolette mi vien di metterle sia al sostantivo che all’attributo) sarebbe del tutto inutile a causa del letargo cronico che sembra averli inesorabilmente colpiti (non hanno, infatti, alzato ciglio nonostante i nostri articoli-assist sul tema e nonostante le prossime venture sfilate primavera-estate da parte della maggioranza); tutto ciò premesso mi rivolgo direttamente ai concittadini responsabili del “condominio Noha” nel quale viviamo e li esorto a farsi diretti latori delle domande, dei dubbi e delle istanze in merito a ciò che avverrà in quella bellissima struttura. Ne hanno il diritto-dovere.
E’ ora che una nuova cittadinanza attiva incontri una nuova politica interattiva. L’indignazione passiva è un lusso che non possiamo più permetterci.
Qualcuno potrebbe obiettarmi: perché non chiedi tu? Ma cara grazia, cosa è che sto facendo ormai da anni con i miei articoli, le inchieste, i video e tutto il cucuzzaro?
E’ che ormai quando sentono il mio nome e cognome corrono tutti a nascondersi nei rispettivi bunker, pronti a difendersi ad oltranza.
Ma non è solo questo: è che il 28 giugno non potrò essere presente alla cerimonia de quo - suppongo (ormai si va avanti a supposte) preparata in gran pompa - in quanto impegnato in quel di Roma in un altro convegno, un matrimonio per la precisione (tranquilli, e soprattutto tranquille: non è il mio, almeno per stavolta).
Una prima cosa che il cittadino degno di questa “carica” dovrebbe chiedere ai suoi rappresentanti comunali sarebbe una rassicurazione in merito almeno alla numerosità delle “ri-aperture al pubblico” proferendo più o meno quanto segue:
“Caro Sindaco, caro assessore, cari consiglieri non è che per caso dopo questa seconda inaugurazione dovremmo aspettarcene una terza, e poi una quarta e via dicendo, manco fossimo al cospetto della Salerno-Reggio Calabria?
Noi nohani non vorremmo che qui accadesse quanto già avvenuto in molte altre parti d’Italia per altrettante opere pubbliche celebrate un numero incommensurabile di volte.
Noi non vorremmo mica che per questa struttura avvenisse quel che è avvenuto, ad esempio, per la fiera di Milano, inaugurata chissà più quante volte dagli amiconi Maroni, Berlusconi, Formigoni: non vorrete mica emulare tutti quelli cogli-oni. Non è proprio cosa. E poi qui non abbiamo tanto tempo da perdere dietro alle vave.
Ma c’è un altro dubbio che ci attanaglia.
Scusate, ma è stato risolto una volta per tutte il problema dell’allaccio all’energia elettrica? Ci avevate detto che bisognava prima di tutto costruire la famosa cabina elettrica di trasformazione per l’altrettanto famoso collegamento dei 50 kwh, altrimenti nisba. Bene, è stata realizzata questa benedetta cabina, magari all’insaputa dell’assessore, o era tutta una bufala per farci perdere tempo e inchiostro virtuale a iosa?
Oppure siamo punto e a capo e stiamo qui convenendo per l’ennesima farsa, cioè l’allaccio provvisorio o “di cantiere” dei 10 kwh che faranno funzionare la struttura ma solo in parte (per esempio non funzionerà l’ascensore e l’impianto fotovoltaico sulla terrazza potrà arrugginire senza aver prodotto un solo chilowattora in vita sua, tanto chi lo vede)?
Oppure ci penserà la nuova cooperativa aggiudicataria a colmare questa deficienza progettuale ed attuativa? Sicché il Comune non sborserà nemmeno una lira?
Non è che ancora una volta stiamo facendo le cose all’italiana, cioè come “pragmatismo” comanda?
E infine, chi sarebbe codesta nuova cooperativa aggiudicataria? Qual è il suo “curriculum vitae”? Da chi è formata, diretta, gestita? Chi sarebbero gli “educatori”, posto che siano previsti? Quale la loro formazione o il loro pedigree? Quali sono le garanzie concesse da questa società al Comune di Galatina?
Ci sono già dei ragazzi del circondario “pronti” per essere ospitati qui a Noha? Si sta facendo davvero tutto a regola d’arte? Quanto costerà tutto questo marchingegno alle casse pubbliche? Per quanto tempo verrà affidata questa struttura all’organizzazione de quo? Cosa ha in mente di realizzare? I cittadini di Noha potranno usufruire dei servizi della struttura?
Cari concittadini queste e molte altre sono le domande da porci. Quindi da indirizzare immediatamente ai nostri rappresentanti comunali.
Se qualcuno per miracolo vi dovesse rispondere andate senza indugio ad accendere un cero alla Madonna per grazia ricevuta.
ott102013
Le chicche contenute nella famosa Convenzione siglata tra il Comune di Galatina e la Pantacom , quella che ha dato il via libera al Mega-porco commerciale in contrada Cascioni, non finiscono mai di stupire per la loro numerosità e per la loro ridicolaggine.
Antonio Mellone
gen272024
Nossignore, nel titolo di questo pezzo non c’è alcun refuso tipografico. La sostituzione di consonante ad “autonomia” che ha poi prodotto “autotomia” (la quale, come noto, è la capacità di alcuni animali di auto-mutilarsi - ma almeno loro lo fanno per scopi di sopravvivenza) è puramente causale, ed è riferita all’ennesimo siluro lanciato fresco fresco ai danni di quella che fu la nostra Carta Costituzionale, questa volta sotto forma di DDL (disegno di legge) che per caso porta il nome dell’odontoiatra bergamasco divenuto inopinatamente - e purtuttavia per la terza fiata nel corso del presente XXI secolo - ministro della Repubblica: a questo giro addirittura “Per gli Affari Regionali e le Autonomie”.
Del noto giureconsulto si ricordano, in ordine sparso, il suo primo matrimonio in rito celtico (immagino con la benedizione di Odino e i brindisi a sidro al posto dello spumante); una legge elettorale poi bocciata in più parti dalla Consulta e guarda un po’ definita Porcellum, chissà quanto in suo onore; la brillante uscita su una ex-ministra di colore (“Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango” [sic]), per dire dell’apertura mentale del personaggio; il famoso lanciafiamme per “incenerire 375 mila leggi inutili” allorché ricopriva il ruolo di ministro “Per la Semplificazione”, a proposito di Numeri Immaginari e di sortite folkloristiche; e numerose ulteriori varie ed eventuali.
Ma stavolta il problema principale non è mica il soggetto, ma l’oggetto. E a onor del vero v’è da aggiungere il fatto che ogni “riforma” che ne abbia rimaneggiato il testo in vigore dal 1948 si è comportata di fatto da proiettile esplosivo in grado di annientarne uno o più principi fondamentali, dico sempre della Costituzione: inclusa per esempio la modifica del suo titolo V avvenuta nel 2001 per le mani – o per i piedi – della sedicente sinistra ovvero diversamente destra allora al governo, poi sigillata dal 64% circa di Sì al referendum costituzionale, al quale, per la cronaca, partecipò più o meno il 34% degli aventi diritto al voto. Non so perché a tal proposito mi viene in mente la monaca di Monza del Manzoni con i suoi ripetuti Sì, e il successivo inesorabile “la sventurata rispose” (ovviamente ancora una volta di Sì), per dire quanto forse sia ormai complicatissimo innescare la retromarcia, e quanto, paradosso per paradosso, sia purtroppo vera l’asserzione secondo la quale chi ora è contro l’Autonomia Differenziata è contro la Costituzione.
È quel “novello” titolo V dunque la vera fonte del diritto del suddetto DDL dedicato all’Autonomia Differenziata, istituto giuridico del tutto ignoto dal punto di vista teorico alla stragrande maggioranza degli italiani e ai loro rappresentanti: i quali tuttavia presto recupereranno lezioni ed esami, imparandone a menadito gli effetti dal punto di vista empirico, vale a dire sulla propria pelle. E non parlo tanto delle continue espropriazioni di ogni genere subite dal meridione del Paese (che notoriamente partono da lontano, come minimo dai tempi della cosiddetta Unità d’Italia, e che continueranno d’ora in poi a ritmi più serrati grazie al minestrone in cottura, sicché i diritti reali dei cittadini varieranno in funzione della residenza anagrafica), quanto piuttosto della mortificazione del ruolo del Parlamento e quindi del dibattito politico, e soprattutto dell’impossibilità pratica di gestire le ventitré materie, e le centinaia di sottocategorie oggetto della prevista “contrattazione tra centro e periferia”: temi che vanno dai rapporti internazionali con l’Unione Europea al commercio con l’estero, dalla tutela e sicurezza del lavoro al governo del territorio, dalla produzione di energia alla salvaguardia della salute, dalla valorizzazione dei beni culturali all’alimentazione, dal sistema tributario all’organizzazione della giustizia di pace, dalle norme per l’istruzione alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali. Il tutto “a invarianza di bilancio”, vale a dire a saldo zero: che tradotto in soldoni significa senza spendere una lira in più rispetto a prima.
Immaginiamo già sin d’ora la gioia delle regioni più povere pronte, come neoliberismo comanda, alla concorrenza con le regioni che han gettiti fiscali tre/quattro volte superiori, e che dunque per rendere “attrattivi e competitivi” i rispettivi territori, o semplicemente per poter racimolare qualche euro in più per la loro stessa (temporanea) sopravvivenza, consentiranno trivelle, pale eoliche e campi di fotovoltaico in terra in mare e in cielo, accoglieranno a braccia aperte le scorie nucleari di vicini e lontani, creeranno Zes (cioè paradisi fiscali) in favore di cani e porci d’oltre confine (regionale). in compenso aumenteranno le tasse agli indigeni, ridurranno a zero le superstiti tutele ai lavoratori locali in uno con l’introduzione delle gabbie salariali, chiuderanno ospedali appellandosi al loro “riordino” e allungheranno le già chilometriche liste d’attesa, sdemanializzeranno quel che resta dei beni pubblici un tempo inalienabili e imprescrittibili, e inviteranno a nozze i novelli colonizzatori da ogni dove.
Quanto ai Lep (livelli essenziali delle prestazioni) e, specie nel campo sanitario, ai Lea (livelli essenziali di assistenza), tranquilli: è tutto studiato a tavolino per l’ottima riuscita della suddetta Autotomia. Ma non specifichiamo di cosa.
[Articolo apparso su: il Galatino, anno LVII, n.2, 26 gennaio 2024]
Antonio Mellone
mar272014
mag272011
L'energia nucleare è presente in natura, Le prime bombe atomiche, del tipo di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, erano basate sul principio della fissione. Si deve notare che in questo contesto il termine atomico è assolutamente inesatto o almeno inappropriato in quanto i processi coinvolti sono viceversa di tipo nucleare, coinvolgendo i nuclei degli atomi e non gli atomi stessi. Secondo gli ultimi dati noti, le centrali nucleari in funzione in tutto il mondo sono 450. In Europa ci sono 195 centrali nucleari. Quelle più vicine al nostro paese, sono
collocate in Francia a 200km.
L'energia nucleare è data dalla fissione o dalla fusione del nucleo di un atomo. La prima persona che intuì la possibilità di ricavare energia dal nucleo dell'atomo fu lo scienziato Albert Einstein nel 1905. Per ricavare energia dal nucleo dell'atomo esistono due procedimenti opposti:
A parte il rischio di incidenti, il maggiore problema ancora insoluto è costituito dalle scorie radioattive, che rimangono pericolose per migliaia se non milioni di anni.
Le preoccupazioni principali dovute all'uso di energia nucleare per la produzione di elettricità riguardano l'impatto sull'ambiente e la sicurezza delle persone. Il più grave incidente, il disastro di ÄŒernobyl', ha ucciso delle persone, provocato feriti e danneggiato e reso inutilizzabili per decenni grandi estensioni di terra. Si teme che possano ripetersi altri incidenti simili, come accaduto recentemente in Giappone con il Disastro di Fukushima Daiichi. Un altro problema è l'elevata quantità di acqua necessaria per il raffreddamento e l'immissione delle acque calde nei sistemi idrici: ciò in alcuni ecosistemi può causare pericoli per la salute delle forme di vita acquatica, rischi di contaminazione radioattiva nelle fasi di estrazione.
le scorie prodotte dai reattori si mantengono radioattive a lungo nel tempo, fino al caso estremo del Cesio 135 (135Cs) che impiega 2,3 milioni di anni per dimezzare la propria radioattività.
Un altro problema di sicurezza riguarda il pericolo di fughe radioattive non derivanti da guasti interni alla centrale, ma da eventi esterni che possono compromettere la tenuta delle strutture. Un evento climatico catastrofico, quale un tornado o un terremoto di particolare intensità, potrebbero distruggere l'edificio di contenimento, se non adeguatamente dimensionato. In Giappone gli impianti della centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, furono danneggiati nel 2007 a seguito di un terremoto di intensità superiore a quello considerato nel progetto e si ebbero rilasci di radioattività nell'ambiente non completamente ed univocamente quantificati (si veda la voce relativa per dettagli).
Le centrali di oggi sono più sicure, è vero, come detto sopra i costi sono aumentati anche per questo. Ma i rischi sono comunque elevatissimi. Non perché sia facile che un incidente catastrofico accada, ma perché ne basta uno per effetti terribili su vaste zone. In Italia come in Giappone la sismicità aumenta i rischi, ma non servono crolli per causare un disastro. In Giappone in questo momento è bastato un malfunzionamento dell'impianto di raffreddamento per provocare il rischio di una fusione del reattore (nuova Chernobil). A volte si sente dire "ma tanto siamo circondati da centrali". E' vero, ma se la centrale di Chernobil fosse esplosa in Italia, gli effetti sul nostro territorio non sarebbero stati uguali. Nelle immediate vicinanze si ha un'area invivibile per generazioni, sulle popolazioni confinanti un aumento esponenziale delle malattie genetiche, di leucemie, tumori... Un incidente in Francia oggi potrebbe anche interessarci, ma gli effetti sul nostro territorio, anche se gravi, non saranno mai come quelli in territorio francese.
Questo discorso vale comunque per incidenti catastrofici. Altra cosa che però in molti non sanno è che gli incidenti meno gravi non sono così rari, ma in giro per il mondo non sono poche le centrali che hanno avuto malfunzionamenti con il conseguente rilascio nell'atmosfera di radiazioni oltre il normale livello di funzionamento.
Sempre in Giappone, a seguito del terremoto di Sendai, nel marzo 2011, una serie di quattro distinti gravi incidenti occorsi presso la centrale nucleare Fukushima I hanno causato il Disastro di Fukushima Daiichi.
L'unico modo per smaltirle ad oggi è interrarle in profondità, ma le aree circostanti avrebbero comunque conseguenze, e non è facile individuare tali luoghi adatti, anche considerato che le scorie devono rimanerci per 1.000.000 di anni... Negli USA ad oggi non hanno costruito neanche un luogo sicuro per confinarle, e attualmente le scorie sono accumulate in decine di stabilimenti sparsi sul territorio nazionale.
I costi privi di una quantificazione monetaria, come ad esempio, i seguenti:
Secondo altri studi l'energia nucleare è economicamente svantaggiosa e gli enormi capitali necessari alla costruzione di un impianto ed alla gestione completa del ciclo del combustibile, non possono mai essere compensati dalla produzione di energia. Il professor Jeffrey R. Paine (Professore di Antropologia presso
l’Università del Massachusetts) ha dichiarato: «L'analisi [...] suggerisce che anche nelle condizioni più ottimistiche (dove i costi sono considerevolmente tagliati ed i redditi salgono notevolmente), le centrali nucleari dell'attuale generazione, nel corso della loro vita, possono arrivare al massimo a coprire i costi». l'impianto raramente funziona a pieno regime, solitamente è sfruttato soltanto in parte (Paine sostiene che il 58% sia la norma) dal momento che alcuni impianti periodicamente devono essere fermati per controlli di sicurezza. Aumentare questa percentuale ci esporrebbe inevitabilmente a un rischio;
la dimostrazione finale e incontestabile della non economicità dell'elettricità da fissione nucleare è che da decenni nessuna azienda privata ha pensato di costruire una nuova centrale, se non dove sussistono ingenti sovvenzioni statali in seguito a una precisa scelta puramente politica (si veda il caso del governo Berlusconi), come per certe fonti rinnovabili (ad esempio il fotovoltaico), che senza contributi statali non avrebbero alcuna convenienza economica.
Nel 2009 si sono avute infatti diverse rinunce da parte di compagnie elettriche: ad esempio, la Mid American Nuclear Energy Co, operante in Idaho, ha rinunciato alla realizzazione dei suoi progetti di espansione del numero di reattori[13]; la AmerenUE, operante in Missouri ed Illinois, ha anch'essa rinunciato alla costruzione di un reattore EPR[14].
Al costo di creazione dell'impianto, manutenzione, produzione elettrica e smantellamento ci sono da aggiungere i costi di smaltimento dei rifiuti. Questi costi sono ancora non chiari visto che non si sono ancora trovate soluzioni definitive operanti per il lungo periodo per le scorie di III categoria (caso differente per quelle di I e II, di cui esistono molti siti di stoccaggio già funzionanti da decenni); infatti sono o in fase di studio o in fase di realizzazione alcuni depositi definitivi, ma nessuno di questi è ancora attivo.
Chiara D'Acquarica
mar232017
Non c’è niente da fare. Qui dalle nostre parti sembra dominare ancora indisturbato il pensiero unico del consenso di massa.
Perdurano graniticamente (e chissà per quanto tempo ancora) il volemose bene, i tarallucci e vino, le pacche sulle spalle, i finti amiconi, la solidarietà di specie (più che di genere), il partito unico della nazione, l’eterna Trattativa, e dunque frotte di censori (che non sanno nemmeno di esserlo).
Conciliaboli di perbenisti, genie di “borghesi” radical chic, gruppetti di maître à penser, squadre di spacciatori di catene per schiavi novelli, circoli di raddrizzatori di elettroencefalogrammi, staff di incravattati dei dì di festa, clan di amici degli amici, cerchie di intellettuali neo-conformisti, élite con la puzza sotto il naso, ordini di giornalisti da riporto, associazioni culturali foraggiate da pOLITICI e un’accozzaglia indefinita di allegre comari: tutti morbosamente suscettibili, pronti a scandalizzarsi, a stracciarsi le vesti, a sentirsi offesi in prima persona se osi scrivere quello che pensi, utilizzando talvolta più che le biro le penne all’arrabbiata.
Prediligono il disarmo del dissenso al dissenso disarmante. Deplorano la contestazione, l’alterità, la critica, la possibilità di pensare, di programmare e sognare eventuali futuri alternativi. Favoriscono più o meno inconsapevolmente la comunicazione tautologica (e alienata), quella in cui tutti pensano e dicono le stesse cose.
Eh, sì, i tuoi toni sono troppo lapidari, accesi, aggressivi, sagaci e mordaci per i loro gusti raffinati. Loro non si sbottonano mai, per prudenza. Per definizione.
Pazienza se poi in privato sull’argomento, sul fatto o sul tizio di cui ti capita di raccontare le gesta eroiche ti confidino indicibili, inaudite, che dico, oscene “mazze e corne”. Ma in pubblico, no. In pubblico devi essere politically correct, assertivo, allineato e possibilmente coperto.
Certi toni, signora mia, è preferibile ammorbidirli. Meglio i semitoni, il bemolle più che il diesis, i guanti di velluto più che la cartavetro, il fioretto più che il machete, la quiete più che la tempesta. E soprattutto MO-DE-RA-ZIO-NE.
Nessuno, tra codesti moderati-in-pubblico/estremisti-in-privato, che si chieda se le cose che dici o scrivi siano vere o false. Niente. Quel che conta è il tono. Pazienza se la casa sta bruciando, l’importante è aver spento la luce del tinello.
Temo che a Galatina e dintorni si sia ormai regrediti a un punto tale che la gente debba addirittura essere rieducata alla libertà del pensiero, di cui la satira (questa sconosciuta) con il suo potere a volte dissacrante è uno degli strumenti didattici più efficaci.
Non ricordo più dove ho letto che l’obiettivo della satira è esprimere un punto di vista in modo divertente. Divertente per chi la fa, s’intende. Ogni risata dell’autore contiene una piccola verità umana (che spesso fa male). Se poi gli altri ridono, tanto di guadagnato, ma non è un criterio per giudicare la satira. Certo, mica la satira può piacere a tutti: i suoi bersagli o gli amici dei bersagli, ad esempio, non ridono affatto.
E poi non è che la satira debba per forza far ridere, perché a volte deve far piangere. Anzi talvolta la satira più riuscita, la più tagliente e corrosiva, è quella che fa scoppiare di rabbia (per la verità soprattutto i bacchettoni), mentre il disagio che aumenta è solo quello dei parrucconi.
Nell’attesa di accettare, anzi di auspicare un po’ più di satira in questo piattume cosmico continuiamo pure a farci del male: applaudendo al neo-feudalesimo atrofizzante, inneggiando agli anestetici sociali contro il dolore da vita vuota, auspicando l’assopimento dei neurociti, minacciando le teste pensanti, sopprimendo la disobbedienza civile, emarginando i ribelli, i resistenti, gli oppositori, e lottando contro tutto ciò che potrebbe mettere in discussione la nostra omologante schiavitù.
*
Qui da noi la casa brucia, la nave affonda, il comune fallisce, il debito avanza, il cemento straripa, l’asfalto corre, la Tap penetra, la stampa disinforma, il popolo dorme, gli attivisti scarseggiano, la Colacem affumica, il cancro dilaga, la gente muore, i poliziotti caricano, la Sarparea incombe, il fotovoltaico devasta, la mafia tratta, la politica latita, le multinazionali occupano, gli ulivi soffrono, l’ambiente detona, il profitto campa e la Costituzione crepa.
In tutto questo l’intellighénzia del pasticciotto (che di questi problemi non ha mai detto mezza parola, probabilmente perché non ne sa nulla o perché più o meno consapevolmente corresponsabile e fautrice) continua invece a parlare di toni, di stile e del solito PD (Pistolotto Domenicale).
Io ho un dubbio atroce, il solito, su chi sia esattamente il soggetto che, mentre indichi la luna, guarda il dito (tra l’altro quello sbagliato).
Sì, signora mia, faccio sempre confusione tra lo stolto e lo stronzo.
Antonio Mellone
gen262015
Non riuscivo a capacitarmi di tanta sfacciataggine, l’altra sera, al convegno double-face (quello sui tumori nel Salento).
Un relatore monopolista della serata, il “giornalista-statistico” che, dopo il suo interminabile profluvio di parole, asserisce che certi interventi, soprattutto quelli degli altri - incluso il discorso a proposito del mega-impianto di compostaggio soletan-galatinese (per la produzione di biogas, non di compost) - sono fuori tema o fuori luogo [ma scusi, signor logorroico conferenziere, stiamo o no parlando di cause dei tumori? E questa forse che non lo sarebbe? Oppure bisogna sempre parlare dei massimi sistemi, o delle discariche di Patù, senza mai scendere nei particolari che ci riguardano più da vicino? ndr], e due Erinni, cioè le onorevoli avvocatesse della maggioranza montuosa che fa finta di governarci, che sbraitano e se la prendono se osi ricordare loro che la giunta di cui sono in qualche modo parte attiva, tra le altre mille schifezze:
1) ha dato l’ultimo ok ad un mega-porco commerciale di 26 ettari da colare nella campagna galatinese;
2) accetta con nonchalance le sponsorizzazioni da parte di Colacem (il giglio di campo di cui si son pure proiettate delle slide a proposito di cause dei tumori), e nulla dice a proposito di quella del TAP per la festa patronale;
3) va avanti come un treno sulla strada del mega-impianto di compostaggio-chiamatemi, quello di 30.000 tonnellate (se gli orrori non sono mega questi non si sporcano mica le mani) che produrrà invece biogas, oltre a tutta una serie di altri, come dire, tumori (stiamone certi);
4) sta per varare, già che si trova, anche la “mega area mercatale”, da definire - con solito eufemismo o meglio esproprio vocabolario - come “parco urbano”; pazienza poi se per questo “parco” si colacementificheranno e s’asfalteranno altri 4 o 5 ettari della “nostra madre terra”;
5) ha in mente e forse realizzerà un mega-parcheggio sotterraneo a ridosso del centro storico (il che è davvero molto coerente con la politica di incentivazione all’uso della bicicletta con cui, nei convegni sulla “mobilità sostenibile”, fa gargarismi e risciacqui orali tre volte al giorno);
6) si munisce di sega per troncare alberi di gelso e/o querce vallonee “che non hanno più di novant’anni d’età” (come se una quercia vallonea di novant’anni avesse meno diritto di esistere di una di trecentocinquanta);
7) non ha mai proferito (in quanto il concetto non sfiora nemmeno di striscio la corteccia cerebrale dei suoi componenti) un salutare “STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO” (rendendosi così oltremodo corresponsabile del cambiamento del clima, in particolare del riscaldamento globale: sì, ogni comportamento, ogni scelta anche locale, anche micro, ha influenze in tal senso);
8) affetta com’è di inaugurite cronica, questa giunta betoniera corre a destra e a manca a tagliar nastri tricolori per varare la “glande opera pubica” di turno, rigorosamente in cemento e/o asfalto, sovente progettata male, costruita peggio e/o quasi mai terminata.
Qualche esempio del genere? Circonvallazione interna (“utilizzata molto dai podisti”, come dice qualcuno: ergo che bisogno c’era di una circonvallazione?) che andrà avanti nel massacro ambientale con ruspe, piastre vibranti, rulli compattatori, bulldozer; centro polifunzionale che però non polifunziona affatto, colato in fondo a viale don Bosco per “riqualificare le periferie” [ma evitar lo scempio, no eh? Ndr]; asilo infantile sempre sullo stesso viale (non ancora inaugurato nonostante la “fine dei lavori” perché qualcuno ha scordato i cessi o qualcosa di simile); palestra-hangar che s’affaccia sulla suddetta circonvallazione interna, inservibile in quanto inutile e soprattutto inutilizzabile per una serie di motivi che sarebbe troppo lungo elencare qui di seguito; vecchia scuola elementare di Noha con allaccio elettrico provvisorio (ma quasi quasi definitivo), che non permette a riscaldamenti/ariacondizionata/fotovoltaico/ascensore di mettersi in moto.
Opere e progetti buoni soltanto ad arricchire furbi e sgorbi, aumentare i tumori (riuscite a coglierne il nesso?), a prendere in giro gli allocchi (in gergo: vucchiperti) di cui Galatina non ha mai avvertito la carenza, e a rovinare ciò che ancora residua di bello.
Non sia mai che i nostri cosiddetti rappresentanti imparino una buona volta la lezione di Renata Fonte, la Donna e il Politico (entrambi con la maiuscola) ucciso dalla mafia perché ha cercato di spiegare a tutti che per preservare la nostra terra (e tutelarci dal cancro) l’unica cosa di buon senso finalmente da fare è: NULLA. O comunque evitare di dar corso alla natura mentulomorfa di certi “progetti”.
Invece no: i nostri governanti nostrani, tutti muniti di cazzuole (ma soprattutto di cazzate), riescono ad aumentare il loro prodotto interno lurido solo con la grande schifezza, facendo finire nei piloni di cemento ciò che residua del buon senso (e chissà cos’altro) e nascondendo la testa sotto la sabbia. Come i calce-struzzi (e qui la prima z potrebbe essere sostituita a piacere da una n).
Antonio Mellone
lug152014
Nei giorni scorsi, su uno dei siti più seguiti di Galatina è apparsa una lettera aperta di Onofrio Introna, ex-socialista ora di SEL (il cui acronimo probabilmente starà per Sinistri, Ecomafìa e Levità), nella quale il presidente del consiglio regionale pugliese cercava di ricondurre a più dorotei consigli l’ing. Marco Potì, sindaco di Melendugno, a proposito del gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline).
L’Introna, continuando mielosamente ad appellare con il nome di battesimo il sindaco, fiero oppositore al TAP (almeno finora), dopo aver fatto una sviolinata ad “una delle più belle spiagge pugliesi, la vostra San Foca”, inizia a farneticare circa il “ruolo strategico dell’approvvigionamento di gas azero per le famiglie, per le imprese e per il Paese”, trattandosi nientepopodimeno che del “passante di un’infrastruttura capace di assicurarci una notevole autonomia energetica, di sdoganarci dall’oligopolio russo-maghrebino e di calmierare i prezzi”. Sì, come no.
Il cosiddetto rappresentante regionale cita poi un articolo di Lino Patruno della Gazzetta del Mezzogiorno, che francamente non m’era proprio saltato in mente di andare a leggere, data la mia idiosincrasia nei confronti di questo tipo di carta stampata (che sembra vada a braccetto con quell’altro morbido foglio a più veli, altrimenti detto “il nuovo Quotidiano di Lecce”, o qualcosa del genere). E avrei fatto comunque bene, pregno com’è, quel pezzo, di una serie di qualunquistiche scemenze, come ad esempio: “Più che gridare all’eresia e alla scomunica, questo dovrebbero fare tutti i comitati del “no”: valutare caso per caso, in modo che l’eventuale “no” non sia ideologico ma motivato. Cioè più fondato” [credo che sia il Patruno a non aver valutato caso per caso; i comitati No-Tap hanno invece da anni valutato, studiato, approfondito e soprattutto capito il progetto TAP più di quanto non si possa immaginare, grazie anche all’intervento di tecnici, ingegneri, geologi, fisici, avvocati, biologi ed altri professionisti, che hanno redatto migliaia di pagine di report senza compromessi e soprattutto sponsor, “con giudizio e senza pregiudizio”, ndr.]. E poi ancora: “In questo conflitto il Sud resta fermo, non sapendo bene cosa è meglio” [invece, caro Patruno, un certo Sud sa bene cosa sia meglio e cosa peggio; forse – ha ragione - magari non proprio tutto il Sud, come quello dei lettori di certi quotidiani, ndr.]. Ed infine: “Ci si chiede come mai ci sono sindaci che si fanno asfaltare da eolico e fotovoltaico selvaggio, accontentandosi in cambio di elemosine buone comunque a vincere le elezioni” [bè, questo francamente ce lo chiediamo anche noi, ndr.].
Ma lasciamo il Patruno alle sue elucubrazioni, e ritorniamo a Introna. Il quale, chiede ancora a Marco Potì di valutare (positivamente obviously) “la chiara disponibilità offerta dall’amministratore delegato della TAP Giampaolo Russo” [non si sa bene a cosa, questa chiara disponibilità, forse a sponsorizzare finalmente anche la festa patronale di Melendugno, o a elargire qualche altra elemosina, ndr.].
Sentite quest’altro stralcio che sembra scritto più con lingua e saliva che con penna e inchiostro: “L’imminente visita del presidente dell’Azerbaijan potrebbe essere una valida occasione per il Comune di Melendugno, per i comuni vicini, per la Regione Puglia e per l’attivismo del Governo Renzi. [slurp, ndr]. Potrebbe dare all’Italia la possibilità di non voltare le spalle ad una fonte di energia pulita, a bassa incidenza sull’ambiente”. Chiaro? Spalanchiamo le porte al presidente Ilham Aliyev [tipico presidente dittatore: eletto per la prima volta nel 2003 ereditando la leadership del suo defunto padre, ndr.], trattiamo con lui e la sua corte, stringiamo pure accordi economici con l’Azerbaijan [un paese che ha infranto tutte le regole sui diritti civili e dove numerosi oppositori sono finiti in carcere, un paese al 160° posto su 180 per le limitazioni alla libertà di stampa; anche se, con questo giornalismo, manco l’Italia sembra scherzare più di tanto, ndr.] che ci fornirà tanta energia pulita [sic!]. E poi vuoi mettere? Approfittiamo dell’“attivismo di Renzi”, l’uomo della Provvidenza2, che con 80 euro ci sta portando fuori dal baratro.
Non è il caso di continuare a chiosare altri frammenti della lettera intronata (se non altro per non stancare anche il più paziente dei nostri 25 lettori, i quali, con banale processo inferenziale, avranno già colto il succo di tutto il resto delle corbellerie presidenziali).
Ma non possiamo omettere, a mo’ di conclusione di queste note, un paio di considerazioni in merito alla pubblicazione di questa lettera da parte del “giornalista” del frequentatissimo sito galatinese con il titolone <<“TAP, un’occasione da non perdere”>>, con tanto di virgolette. Noi (che non siamo giornalisti ma semplici osservatori) ci permettiamo di sollevare qualche perplessità, intanto in merito alla locuzione-titolo, che, salvo errori od omissioni, non abbiamo rinvenuto nel corpo della lettera, e tuttavia riportata in alto e a caratteri cubitali come si trattasse di discorso diretto [Vuoi vedere che il titolo non è tratto da un dispaccio di agenzia ma dalla viva voce dell’Introna – ascoltata magari in un altoparlante telefonico? Sennò cosa c’entrano quelle virgolette? Ndr]. La seconda chicca sta nella foto a corredo dell’articolo pubblicato in onore del presidente del consiglio regionale pugliese, foto che riproduce l’immagine di un mare limpido, incontaminato, calmo, trasparente, di rara bellezza, ed una costa rocciosa intonsa [insomma di eventuali nefasti effetti del TAP nemmeno l’ombra. E’ proprio il caso di dirlo: da quella fotografia non si capisce né si vede un tubo, ndr]. La terza, forse la più importante, è che su quel famoso sito è comparsa la lettera di Onofrio nostro, ma, guarda un po’, non la pronta risposta di Marco Potì [che invece qui potete trovare di seguito in formato pdf].
Del resto cosa c’era da aspettarsi da certi “giornalisti” “indipendenti” (virgolette a sostantivo e attributo) che, a proposito della nota sponsorizzazione della festa dei SS. Pietro e Paolo, avevano blaterato di “tartassato Comitato festa”, di semplice “aiutino della TAP”, e - in merito al flash-mob del 29 giugno scorso, organizzato dai non-sponsor-tap davanti alla chiesetta di San Paolo – di manifestazione “strumentale e tecnicamente fuori luogo e fuori tempo”? [E, di grazia, quando ed eventualmente dove si sarebbe dovuta tenere codesta manifestazione? A San Foca? O direttamente in Azerbaijan, magari in pieno inverno? ndr]
Ragazzi, con certa “informazione” andrà a finire TAP (Tutto A Puttane).
Antonio Mellone
mar252013
L’altro giorno m’è arrivato per posta da parte della Fidas di Noha - tra i cui soci s’annovera ormai da qualche decennio anche il sottoscritto - l’invito graditissimo a partecipare alla festa del trentennale del gemellaggio tra l’associazione dei donatori di sangue Fidas di Vicenza e quella Leccese.
Il calendario dell’iniziativa, che verrà pubblicato anche su questo sito, è ricco di eventi, incontri, momenti formativi e conviviali, donazioni del sangue presso la nostra Casa del donatore di Noha (una delle più attrezzate, accoglienti e confortevoli d’Italia), ed, infine, visite guidate nei centri storici di Galatina, di Gallipoli, e, non ultimo, quello di Noha.
Che bello - ho pensato – trecento amici vicentini verranno nel Salento e addirittura a Noha per godere della nostra ospitalità, del nostro ambiente, delle nostre ricchezze storiche, artistiche, culturali, eno-gastronomiche…
E mentre riflettevo su tutto questo già mi prefiguravo il gruppo di turisti vicentini che passavano dal loro centro storico (che ho più volte visitato tempo addietro) ricco, pulito, intonso (come se il Palladio vivesse ancora), ben illuminato, chiuso al traffico, al nostro, ancor bello, a misura d’uomo, particolare nella sua morfologia e nel suo mistero.
I nostri compagni di avventura potrebbero incominciare il percorso turistico nohano con la visita alla nostra piazza San Michele, il salotto buono, quello sul quale si sporgono da un lato la maestosa facciata della nostra chiesa madre (sul cui fastigio scolpito a tutto tondo in pietra leccese campeggia l’antico stemma di Noha con le tre torri e i due velieri, sormontato dalla corona baronale e abbracciato quasi dai due rami rispettivamente di arancio e di alloro) e dall’altro, di fronte, come se da tempo immemorabile dialogassero del più e del meno, la torre dell’orologio del 1861 (o quel che ne rimane). Potremmo raccontar loro che purtroppo l’orologio è fermo da un quindicennio se non di più, che le campane sono mute, che i loro battagli o martelli sembrano svaniti nel nulla, che però il meccanismo interno dell’antico cronometro a corda è esposto nell’atrio delle scuole di Noha. Arrampicandoci sugli specchi potremmo pure raccontar loro la palla megagalattica secondo cui la torre e il balcone civico verranno restaurate “quanto prima” secondo le intenzioni dell’amministrazione comunale. E che s’è anche pensato di chiudere finalmente al traffico il nostro centro storico, liberandolo una buona volta da auto in transito, parcheggiate, o spesso fermate a casaccio. Mica possiamo dir loro tutto, ma proprio tutto, come per esempio il fatto che i nostri rappresentanti politici, inclusi gli attuali, non ci sentano da un orecchio, e dunque preferiscano costruire circonvallazioni interne e discutere di nuove aree mercatali da cementificare in quattro e quatto otto, ma anche di comparti e di centri commerciali food e non food da far nascere in mezzo alla campagna di Collemeto, sempre in nome delle “ricadute sull’occupazione e lo sviluppo”, il ritornello buono per ogni occasione, ripetuto a mo’ di un salmo responsoriale un po’ da tutti i pecoroni di destra e manca.
Ma ci converrebbe tirare innanzi, senza indugiare più di tanto su certi argomenti: i nostri amici vicentini potrebbero accorgersi del nostro imbarazzo e magari smascherare così su due piedi le nostre magagne comunali.
Potremmo poi condurli in via Pigno per far loro ammirare il nostro orgoglio, la torre medievale nohana - che rispetto a quella di Pisa ha solo il decuplo del rischio crollo - con quel grazioso motivo di archetti e beccatelli quale corona alla sommità, con il ponte levatoio, con le catene tiranti, e con il passaggio segreto. Tutta roba che però i nostri ospiti potranno solo immaginare, senza poter vedere né toccare, perché la torre, il ponte, la vasca ed il passaggio, che stanno in piedi da oltre settecento anni quasi per quotidiano miracolo, sono – oltre che privati - nascosti dietro un alto muro di cinta, il muro di Berlino di Noha mai abbattuto però (arricchito ultimamente anche da un murales policromo). Continuando nella nostra pantomima potremmo insistere nel dire ai vicentini che siamo certi che nei prossimi settecento anni qualcosa si muoverà. Ma non diciamo loro cosa, se la torre, il ponte, il muro dei Galluccio, o finalmente qualche neurone nohano.
Sconsolati appena un po’ potremmo proseguire oltre, portandoli di fronte al palazzo baronale, anzi, forzando un po’ la mano, addirittura prima nell’atrio e poi nel cortile o piazza d’armi del castello. Il che è il massimo che si riuscirebbe ad ammirare di quest’altro bene culturale nostrano: da quando sono state sfrattate le gentili signore che vivevano al piano nobile del palazzo sembra che se la siano svignata anche i fantasmi del passato aggrappati alle sue chianche oltre che alle volte dei secoli, lasciando il posto alle tarme, all’umidità, alle muffe, e a qualche altro verme solitario o in colonia.
Ma poi, lasciandoci alle spalle cotanto oltraggio (e sottacendo accuratamente il fatto che sotto i loro piedi si cela un grande antico frantoio ipogeo visitabile soltanto dagli speleologi coraggiosi, mica dai turisti) potremmo riuscire a riveder le stelle o le stalle conducendoli nei pressi delle famose casiceddhre e raccontare loro la storia dello sciacuddhri. Però, ahimè, anche qui, i nostri poveri viaggiatori, pur a bocca aperta, dovrebbero rimanere a debita distanza da questa meraviglia per il pericolo di caduta massi in testa. Anche qui i nostri amici avrebbero a che fare con rovine e stupidità: ultimamente anche il campanile è crollato, ridotto ad una piccola torre mozza, una montagna spaccata, un rudere, uno sgorbio, mentre il resto delle casiceddhre, ridotte a poco più che macerie allo stato puro, sembrano quelle stesse che ancor oggi si contemplano nel centro storico de L’Aquila, “ricostruito” dal governo del cavaliere mascarato. Soltanto che qui a Noha non c’è stato il terremoto, ma probabilmente qualcosa di peggio.
Poi chiuso questo capitolo, li indirizzeremo da lì ad una cinquantina di metri verso la “casa rossa” (magari nel frattempo li avremo bendati ben bene, come al gioco della mosca cieca, per non fargli scorgere il sito archeo-industriale scoperchiato e diruto del Brandy Galluccio).
Eh già, eh sì, la leggendaria casa rossa, la casa pedreira nohana che sembra disegnata e fatta costruire dall’architetto spagnolo Antoni Gaudì, ricca di cunti e storie, e destinata a diventare poco più o poco meno che la dependance di un paio di casini (in minuscolo, e non nel senso volgare del termine). Ma forse sarebbe meglio stendere un velo pietoso anche su quest’altra roba che non sapremmo più come definire. Meglio non nominarla invano facendo finta di nulla? Come se non esistesse? Forse sì. Se sapessero e vedessero in che stato versa l’interno e l’intorno di quello che un tempo era uno splendore gli amici vicentini potrebbero risponderci con degli insulti se non con degli improperi espressi con altrettante sonore pernacchie.
Non so se sarebbe il caso di andare oltre conducendo il gruppo dei malcapitati nei pressi della masseria Colabaldi ancora una volta messa in vendita dagli acchiappagonzi con tanto di comparto approvato da chissà quale illuminata maggioranza di consiglieri comunali per la costruzione di una ottantina di villette a schiera acquistabili con comode rate cinquantennali. Ma forse no, meglio lasciar perdere anche qui e cambiare itinerario, meglio accompagnare i donatori (di pazienza) nella nostra amena splendida fertile multicolori campagna nohana, per esempio verso lu Runceddhra.
Ma a pensarci bene purtroppo anche là ad attenderci non ci sarebbero che scempio e tristezza, come quei quaranta e passa ettari di impianto fotovoltaico, inutili o di certo non utili alla popolazione o al comune (come invece tanti allocchi - inclusi i nostri rappresentanti politici - credevano dapprincipio o temo credano ancora).
No, no, come non detto, meglio ritornare alla casa del donatore, senza nemmeno dirgli che quell’edificio color rosa antico adiacente è il vecchio cinema paradiso di Noha, il nostro “Cinema dei fiori”, ormai in balia di funghi, muschi e licheni.
Però, se non per rifarci, almeno per darci un tono, potremmo dire che abbiamo oltretutto anche un centro sociale nuovo di zecca, con tanto di funzionalissima sala convegni, come quella della vecchia scuola elementare di piazza Ciro Menotti ristrutturata un paio di anni fa ed inaugurata in pompa magna il primo dicembre scorso. Il fatto che sia ancora chiusa al traffico dei pensieri e delle opere è una quisquilia: manca ancora l’elettricità come Dio comanda, anzi come comanda la legge. Embè? Cosa vuoi che sia. Inezie, dettagli. Prima o poi l’Enel allaccerà ‘sto benedetto cavo e tutto potrà partire secondo i programmi. Quali, non si sa ancora. Ma i nostri rappresentanti “disponibilissimi e preparatissimi” ci hanno assicurato: “tutto secondo i programmi”. Punto.
Forse sarebbe meglio abbassare la cresta e l’enfasi sulle nostre meraviglie: rischieremmo che i nostri ospiti, gli amici donatori di sangue venuti dal nord, turisti per caso o loro malgrado, affranti di fronte a tanta bellezza spriculata, esprimendosi in vicentino stretto, rivolgano a noi queste semplici ma significative parole a mo’ di giusto guiderdone per la nostra responsabilità - fosse anche solo quella di esserci voltati più volte dall’altra parte: “Nohani, cu pozzati buttare lu sangu!”.
feb162011
L'unica vera infrastruttura di cui ha urgentemente bisogno il Grande Salento sono i Grandi Boschi !!!
No ad altro asfalto e cemento:
le infrastrutture vere che più mancano al Grande Salento sono i "Grandi Boschi"!
Mentre alcuni politici parlano nel Grande Salento di altre infrastrutture ridondanti che rischiano di compromettere ancora altro territorio pugliese si leva l'appello preventivo dal mondo ambientalista del Grande Salento per indicare la strada della pacificazione e della crescita vera e virtuosa del territorio!
Contro anche le devastazioni intollerabili degli impianti industriali speculativi d'energia rinnovabile nelle campagne pugliesi: la richiesta perentoria per una mobilitazione e risposta forte dello Stato a repressione e bonifica degli scempi in corso e per la ricostruzione del vitale tessuto connettivo forestale e di naturalità oggi compromesso all’inverosimile e portato al livello massimo storico di degrado, ad un livello tale da costituire un’emergenza nazionale abbisognante del massimo e più urgente intervento risolutore dello Stato!
L'Onu proclama il 2011 Anno internazionale delle foreste: si RIFORESTI LA PUGLIA!
Il Ministro salentino Raffaele Fitto e il presidente Antonio Gabellone della Provincia di Lecce, e quelli delle Province di Brindisi, Massimo Ferrarese, e di Taranto, Gianni Florido, insieme al Presidente Nichi Vendola della Regione Puglia, si preoccupino dei problemi più gravosi e seri, delle vere infrastrutture vitali che mancano da decenni e decenni al Salento: I GRANDI BOSCHI !
Non altre strade e strade in territori vergini o che consumano altro suolo!
Sì, solo ad interventi infrastrutturali che migliorano infrastrutture esistenti!
Ma non si accetterà mai più il consumo di altro suolo integro, naturale e rurale, per nessuna altra infrastruttura fotocopia e ridondante in tutto il Grande Salento!
E' il Grande Salento l’area con la maggiore percentuale di suolo cementificato ed asfaltato d'Italia, la zona dello Stivale, dell'intera Nazione isole incluse, con la minore percentuale di superficie boschiva.
Un territorio, peraltro, a grave rischio di desertificazione naturale, come segnalato dall'ONU, cui si aggiunge oggi quella artificiale, spaventosa, terrificante, del flagello da fotovoltaico nei campi!
Ed il Grande Salento era invece, fino a non molti decenti or sono, terra di boschi e foreste immense e pittoresche, nel leccese, nel tarantino e nel brindisino!
Se oggi ciò non è più così, se il vitale tessuto connettivo forestale di questa terra è stato depauperato all'inverosimile, non si deve ai cosiddetti "cambiamenti climatici" o a qualche altro effetto naturale, ma solo e soltanto all'azione devastatrice dell'uomo, alla barbarie del fuoco doloso e della scure indiscriminata, all' iper-infrastrutturazione, all'iper-sfruttamento del territorio, alle esigenze voraci dell'industria e dell'industrializzazione selvaggia, alla mala politica, alla speculazione, all'avidità di denaro facile, alla colonizzazione e svendita del Salento!
Questa è un EMERGENZA, e deve essere la priorità politico-amministrativa delle tre province! Del Grande Salento!
La vera prioritaria infrastruttura veramente vitale che manca a noi salentini è quella dei vasti boschi pubblici e privati, della riforestazione del Grande Salento!
L'unica sulla quale nessun cittadino in buona fede o sano di mente avrà mai nulla da eccepirvi contro! Un’infrastruttura la cui ricostruzione, attraverso un massiccio intervento statale, costituisce un fattore strategico di sviluppo e di benessere autentico per il sud della Puglia, nonché una notevole occasione di impiego e lavoro per numerosissimi giovani ed imprese locali.
L'assenza dei naturali boschi nel Grande Salento è causa di dissesto idrogeologico, di cambiamenti microclimatici locali, di diminuzione della fertilità dei suoli, di interruzione di una naturale rigenerazione-purificazione dell'aria dall'inquinamento, di diminuzione della piovosità, di impoverimento della biodiversità (cui l' ONU ha dedicato il trascorso anno 2010!), di crisi del settore zootecnico d’eccellenza e qualità, di scomparsa delle produzioni silvicole, ecc. ecc. E' un danno al paesaggio, all'economia e alla salubrità del territorio salentino inimmaginabile ed inquantificato!
Un “imperativo categorico” irrinunciabile e non più procrastinabile del nostro territorio e della sua gestione ed amministrazione, è quello della "Riforestazione" e "Rinaturalizzazione" con essenze autoctone e reintroduzione delle specie botaniche recentemente scomparse, a seconda dei casi previa “Bonifica” dei luoghi! Un imperativo che, come, con stupore, ognuno di noi può notare, è scomparso dall'agenda politica da decenni, mentre in passato era tra le principali priorità politiche della nostra terra; scomparso dall'agenda di tutti i partiti, scomparso dal mondo dell'informazione; scomparso dalla nostra memoria ... ma gli ambientalisti del Grande Salento non se ne sono dimenticati, ed oggi, contro la famelica antropofaga foga speculativa che domina quasi ogni atto amministrativo e ogni trama partitica, vogliono e chiedono, con forza e determinazione, di riportare nella prima pagina dell'agenda di ogni istituzione territoriale e di ogni partito, che voglia ancora sperare nella “credibilità” agli occhi dei cittadini, il più grande dei bisogni di questa terra: i Grandi Boschi pubblici e l'incentivazione massima dei rimboschimenti dei suoli dei privati!
Oreste Caroppo
Hanno già dato loro adesione:
- Forum Ambiente Salute del Salento- Gruppo apartitico d’azione locale a difesa dell’ambiente - sede centrale in Lecce
- Coordinamento Civico per la Tutela del Territorio, della Salute e dei Diritti del Cittadini - sede centrale in Maglie (Le)
- Save Salento - Salviamo il Salento
- Nuova Messapia - sede in Soleto (Le)
- Movimento per La Rinascita del Salento
- Associazione Arneotrek - trekking & outdoor - Salento
- Biomasseria Santa Lucia - Macurano (Lecce)
- I DIALOGHI DI NOHA
nov162013
Ci sarebbe molto da elencare a proposito dei danni derivanti dall’obbrobrio rappresentato dal mega-porco fotovoltaico di contrada Roncella (ma il discorso rimane valido anche per tutti gli altri campi trafitti da queste corone di spine, ferro, silicio, e giacché ci siamo anche cemento, che intasano a chiazze vaste aree del Salento).
Questi mali incommensurabili – elenchiamo a caso - vanno dalle variazioni del microclima all’inquinamento elettromagnetico; dall’energia prodotta in eccesso che si disperde in rete al tema dello smaltimento dei pannelli una volta terminato il loro ciclo “vitale”; dalle famose “ricadute occupazionali” pari a zero ai danni all’immagine di un habitat intonso fino a qualche lustro fa; dagli effetti nefasti provocati sulla salute dei salentini a causa del fatto che queste “energie alternative” non hanno fatto altro che aumentare la produzione di energia da combustibili fossili (vedi Cerano) - grazie alla truffa dei cosiddetti “certificati verdi”, come già spiegato altrove - alla sottrazione di terreni all’agricoltura, finiti per definizione; dal depauperamento economico-finanziario della nostra terra considerata dai conquistadores di tutto il mondo come un bancomat da assaltare al lavoro nero, alle mafie, al riciclaggio di rifiuti nascosti in questi “parchi”, al giro di soldi e mazzette e truffe di vario tipo ai danni dello Stato (che ogni giorno stanno intasando la cronaca nera locale, come se già il resto non bastasse)…
Ci sarebbe in effetti molto altro da dire, argomentare, chiosare sul tema. Ma temiamo che i nostri interlocutori vengano colpiti da ictus cerebrale per troppo stress da concentrazione. E quando diciamo “interlocutori” vogliamo includere oltre all’ex-sindaco di Galatina, anche il suo successore e attuale primo cittadino, con tanto di curie e codazzo al seguito (in effetti non c’è soluzione di continuità tra la padella e la brace), ed una marea di concittadini in pantofole, sedotti e abbandonati su comodi divani & divani.
Tutto questo cercavamo di comunicare ai tempi in cui scendevamo in piazza per spiegare ai cittadini a cosa si andava incontro, per raccoglierne le firme di protesta e proposta, per distribuire sacchettini di terra benedetta (benedetta direttamente da Dio, s’intende)…
Ma in quel tempo tanto le “autorità” civili che quelle religiose, non solo mostravano orecchio da mercante non solidarizzando con te e la tua lotta contro gli inganni travestiti da “energie alternative”, ma facevano a gara per far fare il turno di riposo alle rispettive intelligenze. Sicché l’una ti dava della “vittima della calura estiva”; l’altra del “profeta di sventura”. E tu a continuare a combattere contro il vero micidiale spread che purtroppo continuerà ad assillarci per un bel po’: quello culturale.
Panorami di ferro e silicio. Distese enormi di pannelli fotovoltaici entrati per sempre nei paesaggi delle nostre campagne, come novelle cartoline da inviare ai tour-operator del resto del mondo. Specchi riflettenti che affiancano ulivi e fichi d’india, e spesso si sostituiscono ad essi, mangiandosi la terra rossa e l’orizzonte. E noi altri, nel mentre ammiriamo queste prospettive, dobbiamo pure ricordarci ogni bimestre di pagare la bolletta, il dazio ai signori dell’“energia alternativa” che vengono da lontano.
Salento, mare, sole e vento sono ormai una leggenda, una fola, un luogo comune, una corbelleria. E solo chi credeva nelle favole poteva pensare che questa fosse la realtà.
La verità, invece, brilla della sua stessa perspicuità. Sicché il resto della storia è oggi espresso da un altro slogan un po’ meno ipocrita e più empirico: Salento, male, fole e cemento. Il tutto avvolto dalla tormenta infinita (come quella del V canto dell’Inferno dantesco) prodotta stavolta dal vento sinistro degli insipienti e degli ottusi.
nov122014
Abbiamo già appurato quanto l’assessore Coccioli e quasi tutti gli inquilini dell’ovile Orsini (con rispetto parlando) siano interessati alle sorti del bene comune - in particolare della vecchia scuola elementare di Noha, ristrutturata con appena 1.300.000 euro di debito pubblico, ma carente di un allaccio Enel per la fornitura dei 50 kw necessari e sufficienti per far funzionare, nell’ordine, l’impianto di climatizzazione, il fotovoltaico istallato sul tetto e il primo ascensore (che, come noto, non si scorda mai).
Come già dimostrato nelle precedenti stazioni di codesta Via Crucis, il presunto assessore ai lavori pubblici di Galatina sembra essersela svignata (tipico esempio di cervello in fuga) dopo aver proclamato con tanto di comunicato stampa su questo sito che la cabina elettrica necessaria per risolvere i problemi creati non si sa da chi stava per essere costruita in men che non si dica, manco il tempo di sbandierarlo ai quattro venti, vale a dire: “tra giugno e settembre 2014”. E comunque il Tizio non s’è più fatto vivo per renderci edotti sullo stato dell’arte (chiamiamola così) di questa roba che ormai sembra materia per un novello “The Truman Show”.
Come detto, il personaggio de Coccioli non è il solo a fare lo gnorri su codesta vexata quaestio: al suo capezzale sono accorsi, probabilmente a loro insaputa, moltissimi altri suoi compagni di merendine, di maggioranza e/o di opposizione: le cosiddette larghe intese (o larghe spese).
L’“opposizione nostrana” (le virgolette son d’obbligo), che notoriamente è di bocca buona, manda giù di tutto, e non c’è pericolo alcuno che venga colta da nausea o vomito e tantomeno da quella punta di acidità allo stomaco che contraddistinguerebbe un cittadino normale da un’ameba. Ma tant’è.
Addirittura i cosiddetti consiglieri di minoranza sembra non si interessino punto di codeste inezie, quanto invece del più grande problema della nostra terra, la piaga che ci diffama agli occhi del mondo (“lei ha già capito, è inutile che io jelo dica, mi veggogno a dillo” – direbbe in siciliano stretto Paolo Bonacelli, il presunto zio di Johnny Stecchino); vale a dire del tormento che ci impedisce di vivere, dell’assillo che ci fa nemici, dell’inquietudine folle e tutta galatinese che mette famiglia contro famiglia. In buona sostanza: il traffico. Che ovviamente maggioranza e minoranza delle larghe pretese (il cosiddetto “patto del Lazzarone”) vogliono risolvere, tra gli altri, con un bel parcheggione sotterraneo nelle immediate adiacenze del centro storico (tanto quanto a circonvallazioni interne, hanno già dato).
Ma di questo parleremo la prossima volta.
Per ora ci interessa rintracciare il noto ministro senza portafoglio dei lavori pubblici galatinesi. Per questo non sappiamo se rivolgerci a “Chi l’ha visto?” o a chi l’ha morto.
nov142013
A proposito di campi di concentramento di impianti fotovoltaici nohani volevo cogliere l’occasione per ricordare, nel loro terzo anniversario, le storiche parole dell’ex-sindaco di Galatina Giancarlo Coluccia pronunciate nel corso di un intervista apparsa on-line anche su questo sito il 2 settembre 2010, conversazione davanti a telecamera e microfono, condotta dal bravo Tommaso Moscara. Che davvero non so come faccia a non scoppiare in fragorose risate in faccia all’interlocutore di turno, rimanendo invece imperturbabile di fronte alle scemenze propinategli dai politici di ieri e di oggi, inclusi gli americani e i Russi. Ma questa è un’altra storia.
Il per fortuna ex-sindaco di Galatina, a proposito del fotovoltaico, riuscì in quell’intervista da manuale a concentrare in poche ma sintatticamente malferme parole un incredibile numero di baggianate.
Dopo aver premesso che probabilmente la calura estiva poteva aver annebbiato la mente a qualcuno (inclusa certamente anche quella del sottoscritto) che s’era permesso addirittura di lottare insieme ad altri contro l’invasione dei pannelli in mezzo alla campagna, dopo essersi retoricamente chiesto se noi fossimo o meno per le energie alternative, e dopo aver aggiunto che comunque la sua amministrazione non aveva alcuna responsabilità in merito al fotovoltaico, il Giancarlo nostrano si è esibito in sperticati numeri da trapezista che neanche al circo Orfei. Se si fosse fermato alle prime elucubrazioni forse avrebbe fatto miglior figura. Ma i salti mortali evidentemente provocano in certi folkloristici personaggi una qualche forma, come dire, di ebbrezza.
Così continuava a blaterare il nostro pervicace e per grazia di Dio ex-sindaco: “…Se andiamo a vedere quei terreni, sono terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi. Non sono terreni effettivamente dalla grande produzione agricola. Fermo restando che dovranno essere come da statuto piantumati nel loro perimetro in maniera da risultare quanto meno impattanti”. E così via di questo passo.
Chiaro? Il sindaco e la sua giunta non ne erano i responsabili. Ma se dobbiamo dirla tutta, di fatto, almeno politicamente un pizzico lo erano, eccome. Questo si evince dagli atteggiamenti e dalle parole. Il sindaco sembrava quasi rammaricarsi per non essere stato lui, ma altri, a dare l’imprimatur a codesto impianto di “energia alternativa”. Del resto nessun esponente dell’allora maggioranza (e a dire il vero anche della sedicente opposizione) sembrava non dico avversare ma almeno batter ciglio contro lo scempio dei nostri campi occupati dall’invasore. Anzi! Visto che i “terreni sono impervi” e non “dalla grande produzione agricola” tutto sommato – così si arguisce – si poteva pure fare il megaparco di pannelli in contrada Roncella. E così sia.
Chi va a dire al poveretto che anche “i terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi” sono fondamentali per la biodiversità vegetale ed animale? Che la fotosintesi clorofilliana non è solo quella delle “grandi produzioni agricole” ma anche quella delle erbe spontanee, molte delle quali edule, e dei “pascoli per i greggi”? Che per quanto si possa “piantumare” con siepi perimetrali un parco fotovoltaico di quella estensione, il disastro rimane nei secoli dei secoli? E che eventuali siepi anche fitte sarebbero niente altro che il classico tappeto sotto il quale nascondere la polvere? E che la siepe del parco nohano, fatta tra l’altro con alcuni ulivi già secchi, è semplicemente ridicola?
Chi va a spiegare a questi mostri di intelligenza che per un piatto di lenticchie anzi di briciole, oltretutto una tantum, gentilmente concesse dai nostri conquistadores, non si può svendere la nostra primogenitura e che, dunque, non sono sufficienti “la ristrutturazione del canile di Galatina” ed “il rifacimento della villetta Fedele in via Soleto” per indennizzarci della perdita del panorama, del futuro, della faccia, della dignità, della bellezza e, non ultimo, dei soldi (che tra l’altro, a quanto pare, imboccano la strada per la Germania direttamente da contrada Roncella senza manco transitare da Galatina)?
Chi va a spiegare a chi si rifiuta di capire persino l’ovvio che questa non è assolutamente “energia alternativa”?
E’ “alternativa” (oltre che rinnovabile) quell’energia che compensa la minor produzione di corrente elettrica prodotta ad esempio da fonti fossili come petrolio, gas e carbone. Il che non è. Abbiamo cercato di dire, ridire e ricordare minuziosamente almeno un milione di volte che questi impianti fotovoltaici danno ai titolari il diritto di ottenere i cosiddetti “certificati verdi”. Cosa sono? Ma sicuramente l’ennesima truffa, in quanto si tratta di veri e propri permessi di inquinare, liberamente negoziabili a prezzi di mercato. I suddetti attestati, dunque, vengono venduti, tra gli altri, anche e soprattutto alle centrali di produzione di energia tradizionale, che a loro volta, grazie a questi permessi di inquinare, possono addirittura aumentare e non ridurre la produzione di corrente da fonti non rinnovabili. Altro che “energia alternativa”.
La centrale di Cerano, per dire, nonostante la Puglia sia ormai completamente ricoperta da pannelli fotovoltaici (e tra poco anche da pale eoliche: non ci facciamo mancare niente) non ha ridotto di un solo kw la sua produzione, anzi l’ha addirittura aumentata. Con quali conseguenze? Ma ovviamente con maggiori emissioni di fumi, anidride carbonica, gas di scarico ed altre schifezze che arrivano anche da noi grazie a quel “gasdotto” naturale che è la tramontana. A questo si aggiungano le autoproduzioni salentine di diossina e miasmi ed esalazioni varie provenienti dai camini di certi altiforni svettanti intorno a noi come la torre Eiffel ed il quadro è completo.
Poi uno si chiede come mai nel leccese, e a Galatina e dintorni in particolare, si muore molto di più che in altri luoghi per neoplasie, mesoteliomi, e cancro all’apparato respiratorio.
Infine, come far comprendere a questi signori, per i quali sembra che la logica sia un’allergia, il concetto basilare per cui non serve una centrale da un milione di kw ma un milione di utenti che mettono in rete un kw ciascuno? Dunque l’energia solare va benissimo, ci mancherebbe altro; ma in impianti di micro-generazione energetica e non in mega-impianti in mezzo alla campagna, anche se piena di cozzi, impervia, o morfologicamente assimilabile ad una pseudo-steppa. E’ così difficile da comprendere questa roba? Questi signori hanno mai preso in mano un libro, che so io, di un Jeremy Rifkin, ammesso che conoscano il professore e le sue ricerche scientifiche?
Anzi, formuliamo meglio: hanno mai preso in mano un libro (che non sia, per favore, il tomo-panettone di Bruno Vespa)?
ott192014
Gentile Assessore Andrea Coccioli, permette una domanda?
Cosa voleva dire esattamente con le seguenti parole apparse in un comunicato a sua firma pubblicato su questo sito il 23 marzo 2014: “Si prevede l’esecuzione dell’intervento di realizzazione della cabina così come sopra detto necessaria ad Enel per fornire i 50 KW richiesti attivando quindi i suddetti impianti tra giugno e settembre 2014 e comunque non appena approvato il Bilancio di Previsione 2014”?
Scusi se osiamo ancora una volta scomodarla per chiederle, appunto, lumi sull’argomento. Ma sa, siccome “tra giugno e settembre 2014”, e giacché ci siamo anche ottobre inoltrato, della famosa luce non s’è vista nemmeno l’ombra, sarebbe appena il caso che ci desse qualche ragguaglio in merito ad eventuali ritardi o ripensamenti (questo, s’intende, a condizione che nel frattempo la famosa cabina elettrica non sia stata realizzata a nostra insaputa).
Per chi si fosse sintonizzato solo oggi su questo canale o dovesse essergli sfuggita questa inezia, volevo ricordare che a Noha esattamente da s’è festeggiata la fine dei lavori di ristrutturazione della vecchia scuola elementare di Noha ubicata in piazza Ciro Menotti, scordandosi però - come richiesto (purtroppo non dai progettisti) - l’allaccio alla rete elettrica sufficiente a far funzionare gli apparati acquistati e montati nell’edificio, come ad esempio l’impianto di riscaldamento e climatizzazione, l’ascensore, e, tanto per aggiungere danno al peccato originale, anche l’impianto di pannelli fotovoltaici montato sulla terrazza della scuola per la produzione di energia elettrica. Sembra che manchi una cabina elettrica in muratura, funzionale al richiesto collegamento - che probabilmente non rientrava nel budget dei famosi 1.300.000 euro di soldi pubblici (bazzecole) così pragmaticamente spesi.
Ancora oggi – salvo errori od omissioni - la struttura nohana, a cantieri ormai chiusi, dispone dunque di un “allaccio di cantiere” idoneo appena appena ad evitare ai poveri fruitori di quei locali di dovervi accedere a lume di candela o con l’ausilio di una lanterna a petrolio, come quelle che ormai si trovano solo nei mercatini dell’antiquariato.
Più volte su questo sito abbiamo ricordato l’annoso problema di quel sito scolastico, così come abbiamo chiesto informazioni, rivolto istanze, formulato domande (anche se non in carta da bollo) che l’assessore Coccioli s’è guardato bene dal leggere (o almeno dal far finta di). Tanto è vero che, non so se per compassione o per abrasione, s’è messo a stilare in politichese puro uno dei classici comunicati-stampa palazzorsiniani, che tutto riportava men che le risposte ai nostri interrogativi. A noi non rimaneva che prenderne atto e soprattutto per buona l’unica promessa formulata con le parole: “attivando i suddetti impianti tra giugno e settembre 2014”, con la speranza che non si trattasse di annuncite cronica, di cui purtroppo (o per fortuna) sono affetti troppi cosiddetti governanti italioti.
Forse l’assessore sperava che noi altri, in tutt’altre faccende affaccendati, ci scordassimo delle sue promesse. Invece no. Siamo qui imperterriti a chiedergliene conto.
Gentile Assessore, nel suo comunicato in conclusione scriveva ancora: “Infine, in merito alla richiesta su impianto fotovoltaico e precisamente se sia stato previsto il ristoro dell’energia prodotta, si comunica che a seguito dell’allacciamento definitivo alla rete elettrica si usufruirà del cosiddetto meccanismo dello scambio sul posto che porterà benefici economici per un periodo di 30 anni”.
Bene Assessore, saprebbe dirci precisamente a partire da quando si potrà usufruire di codesti benefici economici? Cioè a partire da quale giorno inizieranno a decorrere questi (ulteriori) 30 anni?
Però per favore, almeno stavolta, ce lo scriva in maniera chiara, senza tanti arzigogoli, circonlocuzioni, perifrasi politiche, e soprattutto senza l’utilizzo del topico linguaggio torbido, viscido, untuoso. Siamo su Noha.it, mica su gelatina.it.
ott282013
Se diamo uno sguardo ai beni culturali di Noha, e se dimostriamo appena un pizzico di sensibilità nei confronti del nostro patrimonio storico-artistico, non possiamo evitare di chiederci perché mai la sublime eredità che ci è stata consegnata dalla storia è costretta a fare l’ingloriosa fine che è sotto gli occhi di tutti (inclusi i ciechi, gli orbi ed i bendati).
Non è un mistero doloroso il fatto che la torre con ponte levatoio, sì, quella medievale vecchia di sette secoli, si mantenga in piedi ormai quasi per quotidiano miracolo (ed i miracoli, si sa, non si ripetono all’infinito); che il palazzo baronale, meglio noto come il castello, ormai senza più anima viva al suo interno dopo la dipartita degli ultimi inquilini, stia andando incontro al suo inesorabile accartocciamento post-muffa; che il frantoio ipogeo ridotto a poco più che una cloaca a cielo chiuso verrà a breve attraversato da un bel canalone della fognatura bianca (una in più o una in meno, cosa cambia); che l’orologio svettante nella pubblica piazza è da quasi un decennio il più fermo del mondo in assoluto (roba da guiness dei primati: dove per primati stavolta bisogna intendere le scimmie); che le casiceddhre che ormai in tanti vengono a vedere anche da fuori paese (invece chi del posto dovrebbe appena alzare lo sguardo sembra affetto o da cataratta cronica o da cefalea letargica, nonostante la possibilità di accedere a prezzo di costo a numerosi antidoti farmacologici) si sta sfarinando per colpa del cancro della pietra leccese (e soprattutto per colpa di quello culturale che distrugge i residui neuroni degli umanoidi nostrani), mentre il grazioso campanile in miniatura è già venuto a mancare all’affetto dei suoi cari appena qualche mese addietro; che l’affascinante misteriosa casa rossa, la casa pedreira nohana, ha finalmente un motivo di attrazione in più dato alla luce di recente da una betoniera trovatasi per caso nelle sue immediate adiacenze: una neonata altèra casa bianca presidenziale.
Antonio Mellone
mag062017
In effetti questa storia del “voto Tizio perché è una brava persona” provoca anche a me una forma di evirazione per forza di gravità: ovvero, come potrebbe più prosaicamente dirsi, mi fa cascare le palle.
Nel mese di aprile su galatina.it Lorenzo Candido, un ragazzo di Galatina ora studente di Giurisprudenza in quel di Roma, con una lettera aperta di alto profilo chiedeva alla comunità tutta un pizzico “di passione incondizionata verso la Politica”.
Così continuava Lorenzo nella sua missiva: “Abbiamo bisogno di dire che la nostra città va difesa ad ogni costo. La nostra città deve essere protetta da ogni abuso, da ogni sberla, anche da quella più velata. Abbiamo bisogno di urlare che lo stupro di questa terra è un crimine. Abbiamo il dovere di combattere la mentalità, fin troppo radicata, del culto della persona. […] Bisogna guardarsi allo specchio e dire: sì, la mafia esiste e ora la distruggiamo”. E infine: “Galatina deve vedere, deve sentire, deve parlare. L’omertà e la passività declinate in ogni ambito ammaccano la democrazia”. Insomma, un vero e proprio programma politico.
Uno pensava (sperava) di poter leggere con la medesima evidenza sullo stesso sito una valanga di lettere in risposta ai temi trattati dal Lorenzo, un dibattito pubblico di un livello finalmente un po’ più elevato rispetto a quello dei calzini corti, e soprattutto degli interventi importanti da parte di “qualcuno che si candida” piuttosto che di qualcuno “che è stato candidato”.
Invece, niente. A Galatina non c’è proprio trippa per gatti (solo truppe di fatti, anzi di strafatti riempiliste).
Sicché ci siam dovuti accontentare di un paio di contributi un po’ così: tipo quello della Roberta Forte, che è partita bene per perdersi subito dopo nel traffico del centro storico di Galatina, il quale, secondo lei, sarebbe da chiudere sì, ma a dosi omeopatiche [cosa c’entra il centro, Roberta: Lorenzo aveva chiesto ben altro, ndr.]; e quello di tal Claudio Bello, che elenca i motivi per cui ha l’Amante, e cioè: 1) perché “non ha simboli di partito alle spalle” [huahahahaha: per la cronaca, il Tipo ha avuto alle spalle qualche fiamma più o meno tricolore, ndr.]; 2) perché sostanzialmente è una “brava persona” (e ridaje); 3) per “non vedere sempre le stesse facce” (come se Amante fosse nuovo di zecca e non un usato sicuro), e soprattutto – ipse dixit - quelle “facce che nelle precedenti tornate elettorali se le son dette, senza mezzi termini, offendendosi vicendevolmente e gridando al pubblico (anche social ma non solo) il proprio disappunto nei confronti dell’antagonista politico”. Ma che film ha visto, Bello? Quando mai se le son dette di santa ragione? Forse quando hanno fatto le peggiori porcate tutti insieme appassionatamente, maggioranza e finta opposizione, come nel caso del mega-porco commerciale di Collemeto? Il problema di Galatina non è affatto l’antagonismo – magari ce ne fosse un po’ – ma il consociativismo, il volemose bene, la Trattativa, il partito trasversale, i tarallucci & vino, la mano che lava l’altra, i finti amiconi, e la cosiddetta mo-de-ra-zio-ne.
Lorenzo avrebbe voluto leggere qualcosa di diverso, di nuovo, magari non necessariamente di inedito, ma non queste coglionate, fritte e rifritte, calzanti con gli argomenti trattati come la Nutella sui cavoli stufati a merenda.
Sono certo che Lorenzo Candido (ma, per la verità, anche il sottoscritto) avrebbe voluto sentire da qualche concittadino che a Galatina finalmente la Politica dice una volta per tutte “Stop al consumo del territorio comunale” (nel senso che è giunto il tempo di pensare alla razionalizzazione degli spazi già edificati, al recupero delle aree dismesse, e al risparmio di ogni metro anzi di ogni centimetro quadrato di terreno agricolo).
Che d’ora in poi si punterà all’efficientamento energetico, alla riduzione dei consumi per esempio della pubblica illuminazione (pensate, ci è arrivato persino Coccioli) e che si impedirà una buona volta che il paesaggio comunale venga devastato in nome della produzione di energia mascherata come pulita (ergo, divieto assoluto a nuove pale eoliche di massa, al fotovoltaico in mezzo alla campagna e alla produzione di biogas da mega-centrali di compostaggio “ana[l]erobico”).
Che la Politica darà per prima l’esempio di un nuovo stile di vita incentrato sulla mobilità sostenibile, sul bike-sharing, sul pedibus, sul trasporto pubblico integrato, sull’autobus a chiamata eventualmente, e soprattutto sull’utilizzo dei mezzi di locomozione comunale francescana, cioè i piedi (che oggi, a Galatina, sembrano invece tutti affetti da calli, alluci valghi, acidi urici, fasciti plantari, metatarsalgia, occhi di pesce e neuroma di Morton, sicché si arriva ad utilizzare l’auto finanche per un giro di villa).
Che verranno incoraggiate le attività di allevamento domestico degli animali (certamente non negli appartamenti dei “grattacieli” cittadini), caratteristica del nostro piccolo mondo antico. Che si continuerà con la raccolta differenziata porta a porta, portandola a percentuali di eccellenza, promuovendo la strategia dei rifiuti zero e, al contempo, anche il compostaggio domestico. Che si cercherà con le buone ma anche con le cattive di combattere la ludopatia (tragedia che sta portando alla rovina famiglie intere).
Che considereremo i ragazzi migranti come una risorsa preziosa del territorio, prima di tutto culturale, da conoscere meglio e integrare nella comunità, anche ai fini di un reciproco arricchimento. Che, per esempio, si incentiverà sempre più la popolazione a scelte quotidiane sobrie e sostenibili. Che si disincentiverà invece la grossa industria del commercio (il mega-porco, per dire, dovrebbe essere bandito dai confini comunali soprattutto grazie alla domanda, voglio dire alle scelte consapevoli dei consumatori) anche al fine di favorire il piccolo commercio (meglio se equo, solidale e di qualità).
Che ci sarà tolleranza zero - pena la chiusura immediata e la richiesta di risarcimento danni - nei confronti delle aziende che inquineranno l’aria, l’acqua e il suolo comunali (nonostante le loro generose offerte di sponsorizzazione). Che verrà incoraggiato in agricoltura lo scambio dei semi tra i cittadini, e che verrà impedito l’utilizzo di diserbanti e pesticidi chimico-industriali in tutto il territorio galatinese (finora qui s’è bandita invece l’agricoltura e tutti i suoi prodotti, “dalle cicorie alle patate di Galatina” che, nonostante la denominazione, debbono ormai essere prodotte fuori dai confini municipali).
Che si impegna nel restauro paesaggistico e dei beni culturali nel principio del dove erano e come erano, facendo tesoro degli elementi tipici del mosaico del “Genius loci”. E che si cercherà in tutti i modi di debellare la mafia in me, prima che la mafia in sé (sì, qui da noi, soprattutto nei metodi – anche nella richiesta telefonica di una firma per la convalida delle proprie liste elettorali – spesso ci si comporta, più o meno a propria insaputa, secondo il manuale del perfetto mafioso).
Ecco. Cose del genere, avrebbe voluto leggere Lorenzo (ma anche lo scrivente) in risposta alla sua missiva, non le minchiate di cui stanno riempiendo manifesti, social-network, e il nostro ruzzolante binomio anatomico meno oblungo e più sferico, onde la libido per queste elezioni risulta in forte calo.
Lorenzo, studia, ‘manisciate’ e torna a casa. Così da Candido potrai diventare pure candidato.
Il tuo primo voto sarà il mio.
Antonio Mellone
feb162012
Dopo aver detto la vostra su questi o su altri eventuali punti interrogativi (che vi vengono in mente), siete pregati di scrivere di seguito le vostre idee per l'utilizzo proficuo (e continuo) di questo rinato bellissimo complesso - che, speriamo, non diventi mai (più) una cattedrale nel deserto.
I documenti del bando di gara per l'appalto dei lavori di ristrutturazione della vecchia scuola elementare presenti sul sito del Comune di Galatina.
Di seguito tutta la documentazione.
ott292014
Fino a pochi decenni addietro, privi ancora del nostro beato progresso, si viaggiava a “basse velocità”. Pochi erano gli utenti dell’auto, ci si spostava con mezzi di fortuna: treno, autobus, vespe e motorini, biciclette e solo pochi fortunati con l’automobile. Una delle gite più diffuse era quella alla volta di Santa Maria di Leuca, de finibus terrae, ultimo scoglio, approdo di paradiso e orizzonte di misteri. Si andava a far visita al Santuario Mariano: la gita era un pellegrinaggio. Per raggiungerlo si percorrevano stradine poco larghe e spesso interrotte da incroci con tratturi di campagna e paesini di un fascino unico. Ognuno lasciava un ricordo indelebile nella nostra memoria. Si apprezza meglio la storia, come la vita, se assaporata a piccole dosi.
Si partiva all’alba, debitamente attrezzati di cibarie come se si dovesse attraversare l’oceano Atlantico. Pioggia o sole, il divertimento e la gioia erano assicurati e soprattutto contemplati, perché l’isterico viaggiare dei nostri giorni, con la brama di arrivare subito e ovunque, non aveva ancora visto la luce. Ma questa è “nostalgia del passato”, “i tempi sono cambiati” e il “progresso ha reso più rapidi gli spostamenti” da un luogo a un altro.
E poi ancora: “al progresso non ci si può opporre, si perderebbero i finanziamenti perché dirottati altrove, si perderebbe l’unica concreta possibilità di sviluppo che abbiamo, l’unica occasione della vita per avere la ‘Strada Maestra’” (cfr. http://www.galatina.it/inizino-i-lavori-della-statale-275).
E dulcis in fundo un’altra chicca di saggezza: “saranno accese tantissime fiaccole, per ogni decesso avvenuto nel corso degli ultimi anni”. Come se la causa dei decessi sulle nostre strade dipendesse dalle strade stesse e non dall’alta velocità, o dalla guida in stato di ebbrezza, o dall’uso di droghe, o dall’inosservanza della distanza di sicurezza, o dall’uso del cellulare, o dai sorpassi pericolosi, o dai cambi repentini di corsia…
Come se sulle strade ad alta velocità gli incidenti mortali fossero impediti.
E’ inutile che proponga qui elenchi di statistiche: quello che risulta incontrovertibile è che più si va veloci e più aumenta il rischio e la gravità degli incidenti.
Ma nonostante tutto nel Salento si continuano a costruire strade, grandi strade simili a piste di aeroporti, come il nuovo tracciato Maglie-Otranto (causa tra l’altro dell’ennesimo scempio di ulivi secolari). E’ vero che accorcia vertiginosamente il tratto che separa le due città, peccato che ci si ritrova bloccati e imbottigliati a pochi chilometri dalla destinazione.
Quindi a che serve “perdere tempo” per attraversare una terra radiosa, costellata di bianche case e di distese di ulivi. A che serve “perdere tempo” attraversando piazze assolate, teatri aperti, facciate di antiche chiese e borghi intrisi di storia. A che serve ammirare gradualmente su questo percorso la presenza di una Natura ancora intonsa e risparmiata dal cemento. A che serve un pellegrinaggio lento e meditato se a sbattere il naso davanti al Santuario Mariano ci finiscono migliaia di frettolosi e ignari turisti, raggirati da una subdola pubblicità che il Salento è più bello se (s)tracciato da diaboliche piste di atterraggio per il tanto decantato progresso.
Infine c’è la favola del “lavoro” della costruzione della “strada maestra” che permetterebbe a qualcuno di stare tranquillo per un po’ di tempo, con uno stipendio garantito per qualche tempo, magari un anno o due. Con la speranza che questi lavoratori non facciano la fine di tanti operai dei campi di fotovoltaico nostrano, che hanno lavorato di notte e di giorno per far lucrare i soliti furbetti del quartierino straniero, e poi son rimasti senza lavoro e soprattutto senza il becco di un quattrino.
Ma vuoi mettere? Con la SS. 275, con annesso Autogrill, avremo una marea di turisti in più che, dopo aver goduto dello scempio cementifero, e dopo essersi spiaccicati come insetti sulle nostre scogliere, torneranno sui loro passi per non fare mai più ritorno nella nostra terra, perdendo così il ricordo di un’antica “Strada Maestra” persa per sempre.
Marcello D’Acquarica
mar302015
Ho notato una cosa: quando sulla carta stampata (un esempio per tutti il Quotidiano: ma quand’è che s’inizia a boicottarlo, come giustamente suggerisce Ivano Gioffreda, smettendo di buttar via i soldi per il suo acquisto?) o su altri giornali on-line scritti diretti e interpretati da “giornalisti” dotati di prolifiche ghiandole salivari si parla di Tap o di Tav, di strada statale 275 o di circonvallazioni interne, di Regionale 8 o dell’altra inutile Maglie-Otranto [per la cronaca il Salento ha il primato mondiale di strade per chilometro quadrato, quindi ne stiamo mettendo in cantiere delle altre, ndr], di Mega-porco Pantacom o di Mega-impianto di compostaggio [le cazzate o sono mega o niente anche qui da noi, ndr], di Colacem o di altri simili gigli di camposanto, di Xylella fastidiosa o di discarica a Corigliano, di trivellazioni petrolifere in mare o di inceneritori, di centrale a carbone di Cerano o di Ilva di Taranto, di fotovoltaico selvaggio in mezzo alle campagne o di impianti a biogas, di zone industrial-artigianali o di aree mercatali [l’ultima in ordine di tempo, se non già fatto, sta per essere varata a Galatina dall’attuale giunta diserbante, ndr], dicevo, quando sui cosiddetti mezzi di informazione leggiamo di tutta questa roba ci imbattiamo sovente in termini del tipo: posti di lavoro, sviluppo, ricadute occupazionali, volani per l’economia, disoccupazione, Pil, partito del no, milioni di euro, commissario straordinario, risarcimenti, emergenza, aumento della cubatura, grandi opere, suolo edificabile, fondi europei, consumi, crisi, attrattività, produzione, interesse locale, ricchezza, raccolta di firme, insediamenti produttivi, velocità di comunicazione, maggioranza allargata, conferenze dei servizi, fideiussioni, protocolli d’intesa, inizio dei lavori, tensioni politiche, assessori, tavoli tecnici, concorrenza, grandi opere.
Sono questi, a quanto pare, gli argomenti che devono essere portati all’attenzione dell’opinione pubblica.
Non leggeremo di certo parole come: malattie, fumi, diossina, cementificazione, cancro, malformazioni genetiche, registro dei tumori, percolato, pesticidi, esalazioni pericolose, patologie neonatali, decessi, viaggi della speranza, cellule tumorali, partito del cemento, surriscaldamento climatico, inquinamento della falda acquifera, morte dell’agricoltura, multinazionali voraci, interessi privati, discariche abusive, cure sanitarie, infortuni, distruzione dell’habitat naturale, consumo di territorio, restauri, scempio ambientale, mattanza di ulivi, corruzione, mafia, tangenti, bronchite cronica, mortalità infantile, deformazioni fetali, latte materno contaminato, ricatto occupazionale, mistificazione della realtà, responsabilità, dignità, paesaggio, buone pratiche agricole, piccole opere, sicurezza, alternative, risorse, investimenti, futuro.
Questi ultimi evidentemente sono vocaboli o locuzioni che evocano argomenti di secondo ordine, di allarme sociale: tutta roba da omettere.
Aveva proprio ragione Leo Longanesi (1905 – 1957) quando affermava che non c’è carenza di libertà, ma di uomini liberi. Non parliamo poi dei politici (rigorosamente con la minuscola) con i quali certi scrivani non possono che fare un bell’ambo.
* * *
P.S. A proposito: se qualcuno di voi dovesse per puro caso avvistare in giro per Noha l’assessore alle papere pubbliche, vale a dire l’ing. Coccioli [ma sarebbe come rintracciare un pinguino all’equatore o una mangusta della savana al polo nord, ndr] potrebbe gentilmente ricordargli che nella locale vecchia scuola elementare ristrutturata a mo’ di centro polifunzionale, a causa di una cabina elettrica scordata da chissà chi, non funzionano ancora, in ordine sparso: ascensore, impianto fotovoltaico e riscaldamenti (sicché in inverno gli avventori son costretti ad accedervi muniti di caldi piumini d’oca)?
Antonio Mellone
set232010
In merito al precedente articolo con il quale si chiedevano delle delucidazioni, ecco i documenti del bando di gara per l'appalto dei lavori di ristrutturazione della vecchia scuola elementare presenti sul sito del Comune di Galatina.
Di seguito tutta la documentazione che abbiamo ricevuto dell'ex consigliere comunale Giovanni De Benedetto a cui va il nostro grazie.
Dalla documentazione (Tav. - Relazione illustrativa pag. 10) si evince che sarà installato un impianto fotovoltaico della potenza nominale di 22,77 kWp sulla copertura dello stabile, di certo per questo impianto non ci saranno delle battaglie o raccolte firme per bloccarlo.
La gara di appalto è stata vinta dalla ditta "ATI EDILELE PELLE' LUIGI SURL".
feb102014
Ragazzi, lo confesso, è dura. E’ quasi impossibile star dietro a quella macchina da guerra che è l’amministrazione Montagna (che non fa proprio rima con campagna), composta da un bel gruppo di novelli Attila, i quali ce la stanno mettendo tutta (riuscendoci benissimo) per passare alla storia come i nuovi flagelli del bio.
L’ultima boutade (da tradurre con buttanata) di sindaco Cosimino e assessora Roberta, che hanno pure fatto finta di azzuffarsi nel pollaio con il consigliere regionale Galati(nese), riguarda il nuovo impianto di compostaggio “in conformità a quanto previsto nel Piano Regionale dei Rifiuti, che la individua (Galatina, ndr.) come uno dei tre siti necessari per il conferimento della frazione organica e congeniali per situazione geografica e bacino di utenza”.
Capito? Galatina e Frazioni (a questo punto umide) sono congeniali (mentre sindaco e assessora semplicemente geniali, oltreché necessari al futuro del comune). I nostri pollitici, con l’evidente “obiettivo di rendere inutili tanto le discariche quanto gli inceneritori” stanno, povere stelle, “dimostrano la concreta volontà di arrivare in tempi brevi alla chiusura ottimale del cerchio del riciclo dei rifiuti anche attraverso la realizzazione di un impianto di compostaggio, che garantirebbe una riduzione dei costi per il cittadino dovuta all’abbattimento dei costi del trasporto e peggio ancora a quelli di conferimento in discarica di un materiale prezioso per la nostra stessa agricoltura ed economia”. Roba che lascia senza fiato, vista anche la punteggiatura oltre che il resto della sintassi del carme, anzi del poema, del componimento-stampa pubblicato sui siti degli amici.
Ma davvero questi ecologistipercaso pensano che tutti se la bevano? Davvero la popolazione di Galatina e dintorni non vede l’ora di ospitare, seppur extra-moenia, “in prossimità della tangenziale Est” (ma dove di preciso?), l’ennesimo mega-impianto credendo alla favola per cui poi pagherà meno tasse sui rifiuti? Sì, come no. I cittadini non ci stanno nella pelle, non vedono l’ora, non credono ai loro occhi, alle loro orecchie, e tra un po’ al loro naso.
E, a proposito, quanto suolo dovrebbe consumare o assorbire quest’ennesimo mega-porco in nome dell’ecologia e della popolazione virtuosa che fa la differenziata? Uno, tre, cinque, quindici ettari? E codesto mega-impianto dovrebbe poi accogliere, oltre al nostro prodotto interno lurdo, anche frazioni organiche provenienti da fuori comune e, ove necessario, anche da fuori regione? E, di grazia, chi sarebbe preposto alla gestione di questo avveniristico impianto virtuoso? Una nuova o una già esistente società mista pubblico-privato (da leggere: idrovora in grado di ingoiare quantità enormi e non ben precisate di fondi pubblici, di cui s’è già avuta esperienza, e proprio a Galatina)?
Ma certo che il sindaco non vede l’ora di incentivare l’agricoltura fornendo quintali e quintali di prezioso humus a chilometri zero ai poderi galatinesi. Però, non si è ben capito per quali - ce lo spiegherà nel prossimo comunicato-stampa -, se per le centinaia di ettari di campi di fotovoltaico che ci attorniano, oppure per i 26 ettari di contrada Cascioni in Pantacom, oppure per quelli che coprirà la nuova erigenda tangenziale, o per i terreni da adibire a nuovi comparti di villette bi-familiari, o per i suoli della nuova area mercatale da spianare quanto prima, come auspicano i consumatori (in tutti i sensi), o per le nuove aree artigianali richieste a gran voce dagli artigiani.
A proposito di artigiani e del loro nuovo comunicato-stampa, in cui, a fianco a richieste ragionevoli, si ritorna a blaterare di nuove aree artigianali, c’è da chiedersi: ma come si fa a non vedere oggi, nelle zone industriali ed artigianali di tutto il Salento, ma anche del resto d’Italia, le decine di capannoni in vendita che, lungo le strade, sembrano attendere un fantomatico compratore, come tante prostitute ormai troppo vecchie? Come si fa a pensare ancora di cementificare il nostro già martoriato territorio con novelle volumetrie? E con quali soldi, poi?
Signori, questo è il livello del dibattito politico in Galatina, la bella addormentata nel losco. Nessuno che dica nulla. Nessuno che ribadisca il fatto che il famoso compost si dovrebbe fare a livello micro, cioè di famiglia, o di condominio, o al più di quartiere, e non con la creazione dell’ennesima discarica o mega-impianto fuori porta (ché di questo si tratta).
E le cosiddette opposizioni? A convegno, a palazzo della cultura (quella roba, la cultura, con la quale, secondo alcuni alti, pardon, bassi capi proprio di quelle fazioni, non si mangia). Sì, pare che gli amici della rediviva Forza Italia si siano ritrovati domenica scorsa a dibattere di un tema che è tutto un programma: “Il ritorno al futuro”.
O forse al tugurio. Di questo passo, e con questi personaggi di destra e di manca (manca, voce del verbo), le due cose coincideranno.
set102015
Continuiamo con queste note (invero un po’lunghe, ma a puntate) a commento dell’enciclica di papa Francesco, la prima nella storia della chiesa scritta e presentata in italiano (o comunque non in latino), e forse proprio per questo negletta dalla gran massa degli italiani impegnati ad applaudire (come, per esempio, i ciellini a Rimini) ogni tribuno - specie se della compagine governativa - pronto a vendere speranze manco fossero pentole antiaderenti.
“Alcuni progetti, non supportati da un’analisi accurata, possono intaccare profondamente la qualità della vita di un luogo per questioni molto diverse tra loro, come ad esempio, un inquinamento acustico non previsto, la riduzione dell’ampiezza visuale, la perdita di valori culturali, gli effetti dell’uso dell’energia nucleare. La cultura consumistica che dà priorità al breve termine e all’interesse privato, può favorire pratiche troppo rapide o consentire l’occultamento dell’informazione” (tratto dal punto 184, pagg. 152 – 153, “Laudato sì’” di papa Francesco, Ancora, Milano, 2015; la sottolineatura è nostra).
Sembrano parole scritte dal Forum Ambiente & Salute, o dai Sognatori Resistenti, o da Ivano Gioffreda, o da Marcello D’Acquarica, o dall’Anita Rossetti, o da Tonino Baldari & Co. Invece – chi l’avrebbe mai detto – si tratta delle parole di un papa, vergate nero su bianco, su di una circolare inviata urbi et orbi (speriamo non troppi orbi).
Assunti che abbiamo espresso infinite volte allorché abbiamo avuto a che fare con il mega-porco Pantacom, il fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna, la S.S. 275 che vogliono far giungere fino a Santa Maria de finibus terrae (ormai nomen omen), la statale 8, il gasdotto Tap, la Xylella vantaggiosa (ai soliti noti), il porto turistico di Otranto, le grandi navi nella laguna di San Marco, e, ultimamente, le trivellazioni in mare, magari a poche miglia dalla battigia: in una parola contro la mafia.
Sì, non c’è niente da fare: là dove si devasta l’ambiente, si deturpa il paesaggio, si mortificano i beni culturali, lì c’è mafia. La mafia non è (più) quella della lupara e della coppola (oddio, qualche pirla così conciato c’è ancora in giro, eccome, anche da noi, e non solo a Palermo o a Roma). La mafia più pericolosa è invece quella del sacco di Palermo (come di Galatina, del Salento, dell’Adriatico…), quella dello scempio ambientale presentato come “sviluppo”, “ricadute occupazionali” e “progresso” (sì, signora mia, saccheggiano anche il vocabolario della lingua italiana, e chiamano “progresso” la barbarie: la solita Itaglia alla cazzo-di-cane). Ma perché la mafia esista e prosperi c’è bisogno di quella zona grigia che è la trattativa stato-mafia: senza trattativa, infatti, non c’è mafia, la quale sta alla trattativa come l’automobile alla benzina: sicché l’una diventa il bene complementare dell’altra, come la scarpa destra e la scarpa sinistra.
“In ogni discussione riguardante un’iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande per poter discernere se porterà ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà?” (punto 185, pag. 153, ibidem). Qui invece chi pone delle domande è il solito disfattista, un “ecologista” (come se il lemma fosse una bestemmia), uno poco pragmatico, e soprattutto un rompicoglioni, un gufo per giunta “rosicone”. Come se la situazione politica, sociale e culturale che stiamo drammaticamente vivendo non fosse frutto appunto di una carenza di democrazia, a sua volta derivante dalla scomparsa del senso critico, che invece è cultura, senso civico tout court.
“L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente. Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. E’ realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni? [See, campa cavallo, ndr.] All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall’intervento umano” (tratto dal punto 191, pagg. 156 -157, ibidem – la sottolineatura è nostra). Più chiaro di così si muore.
“Quando si pongono tali questioni, alcuni reagiscono accusando gli altri di pretendere di fermare irrazionalmente il progresso e lo sviluppo umano. Ma dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo. […] Si tratta di aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo” (tratto dal punto 191, pag. 157, ibidem). Ritorna il concetto della decrescita felice, di un altro paradigma, di un’altra economia, a cui fa più volte esplicito riferimento questo papa “qui sibi nomen imposuit Franciscum” (e modestamente anche chi scrive).
Arrivederci al prossimo e ultimo appuntamento con la “Laudato sì”. Oggi e sempre sia laudato.
Antonio Mellone
ott032015
Caro sindaco Mimino Montagna,
anche se non sembra….. sono la sottoscritta tua delegata per la frazione di Noha. Premetto subito che… devo evitare di mettere tutti questi…..puntini di sospensione sennò quel saputello nonché…. rompicoglioni di Antonio Mellone mi prende per il….. LOCULO da qui all’eternità!!!!!!!
Non mi è facile, proverò in tutti i modi a ridurli ai minimi termini, questi puntini, anzi ai Mimini termini, hahahahahaha.
Tu sai che io quando mi ci metto faccio le cose con il cuore (anche se il Mellons’ di cui sopra, quando gli prudono le mani, scrive che utilizzo un altro organo posto un po’ più in basso, e che inizia sempre con CU. Ma, sai, lui è fatto così, non è cattivo: è solo che ha il brutto vizio di canzonare il POTERE: e io, modestamente, può). E poi, detto tra noi, quella che lui pensa sia satira (che a me non piace, anzi non mi fa per niente ridere) altro non è che…….tutta pubblicità per me. Tiè!!!!
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Stavolta cercherò di essere, come dire, alquanto stitica, evitando di produrre le….. sette cartelle (cliniche) dell’altra volta. Come, non ti ricordi più? Dai, quelle di autodifesa dalle accuse (INFONDATE!!!!) da parte della direttrice della scuola di Noha per via della transumanza di due sedie volanti da un plesso ad un complesso scolastico. Non le avessi mai scritte quelle pagine: ancora mi stanno prendendo in giro per via del fatto che, stanca morta com’ero, non mi andò manco di rileggere e quindi correggere qualche piccolissimo, invisibile, IRRILEVANTE….. strafalcione scritto in fretta e furia. A dirla tutta….. pensavo che non leggesse nessuno quella roba lì, tranne te ovviamente (che, come noto, sei di bocca buona, tanto è vero che te ne uscisti con una baggianata delle tue, ché ancora la gente sta ridendo). Poi capitarono nelle mani del nostro amico che si crede uno scrittore (quando non è nemmeno uno scrivente), e…. apriti cielo!!!!
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Ma bando alle chianche, e veniamo a noi, anzi a Noha. Caro Mimino, voglio dirti sempre in premessa che finché scrive Antonio Mellone non ce ne può fregar de meno: è da anni che scrive (non letto e non ascoltato da nessuno) e figurati poi se noi altri facciamo finta di dargli retta: ma manco per l’anticamera del cervelletto. Ma se si mettono a scriverti lettere aperte anche i ragazzi delle scuole medie siamo fritti, finiti, cassati.
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Oh, Mimino, ma che figura mi fai fare?????
Mi dice l’uccellino che ci sono in palio da parte della regione Puglia ben 17.000.000 di euro (DICO: DI-CI-AS-SE-TT-EM-IL-IO-NI-DI-EU-RO) per raddrizzare i BENI CULTURALI e noi non presentiamo nemmeno un progetto uno per la mia Noha????
E’ vero che potrebbe esserti sfuggito, ma santo cielo, per Noha, nonostante i libri, i convegni, le istanze e gli articoli sui beni culturali, non possiamo non avere uno straccio di disegno da farci finanziare!!!! Dai, sindaco mio, com’è possibile? Non dirmi che per Noha non c’è uno sputo di progetto da presentare, sennò m’incavolo come una iena.
E’ vero anche che è da un bel po’ che non ti fai vivo a Noha.
L’altra sera, per dire, dopo tanti anni di assenza, sei apparso nel centro della frazione per la nostra festa patronale come il Risorto doveva essere apparso a San Tommaso: un sacco di nohani, infatti, non credevano ai propri occhi, e come l’Apostolo incredulo volevano metterti le dita da qualche parte (per esempio negli occhi) per potersene convincere. Però almeno l’altra sera, per una sera, mi hai evitato l’onere di girarmi la processione, come in genere sono costretta a fare, da sola e con tanto di fascia tricolore (UNA FATICACCIA CHE NON TI DICO!!!!).
Te lo chiedo per favore, ogni tanto, e non solo ogni dimissioni di papa, fatti un giro in questa novella Pompei salentina dove tutti i beni culturali comunali, come per esempio la torre dell’orologio ubicata in piazza (non sullu Piezzu!!!!!!!), stanno in piedi tienime ca mo’ casciu.
Caro Mimino, riusciamo magari PRIMA delle prossime elezioni non dico a fare o dire qualcosa di sinistra, seeee, ma almeno qualcosa di meno sinistrato rispetto a quello che abbiamo fatto finora, o meglio non fatto?? Sennò il piccolo scrivano nohano mi combina a dick-dick [che non è il famoso complesso degli anni ’70 – quelli, come ben sai, erano i Dik-Dik - ma il soprannome di una storica famiglia di macellai di Noha, che in italiano suonerebbe più o meno così: “pene-pene”, vabbè te lo dico in indialetto così ci intendiamo meglio: “pica-pica”].
Io vorrei una volta, una soltanto, rispondere NON ad Antonio Mellone [che detto tra noi non è NESSUNO: infatti mi sono ripromessa di non rispondere MAI PIU’ AI SUOI ARTICOLI: SE VUOLE MI FA UN’INTERVISTA con i controcazzi, sennò andasse al diavolo, lui e tutti quelli che gli mettono mi piace su feisbuk!!!!!], ma alla popolazione tutta E CON I FATTI. Perché DANIELA SINDACO RISPONDE CON I FATTI E NON CON LE CHIACCHIERE. E non voglio che nessuno un domani mi possa dire: DA QUALE PURPU VIENE LA PREDICA.
Io sto dando tutta me stessa per Noha, sto addirittura trascurando il mio lavoro (E LA MIA DICHIARAZIONE DEI REDDITI LO CERTIFICA DAL PRIMO FINO ALL’ULTIMO CENTESIMO), sto cercando di portare in alto il nome del mio paese, organizzo da non so più quanti anni i moto-raduni di agosto (vabbè fanno tutto loro, ma io ci metto la faccia), sono presente ad ogni funerale con tanto di manifesto che sembra più grande il mio nome che quello del morto, sto facendo un sacco di altre belle iniziative che per la verità non mi ricordo manco più quali siano, e qual’è il risultato? (cara prof. Daniela Vantaggiato, hai visto che ce l’ho messo l’apostrofo e come sono migliorata da quando vengo a ripetizione da te?) E – dicevo - qual’è il risultato? Quello di essere presa in giro perché a Noha non stiamo facendo nulla? No, Mimino Montagna, a queste condizioni io non ci sto.
Io sono pronta a votarti in Consiglio tutte le schifezze della tua giunta (tipo il Mega-porco commerciale o l’Area Mercatale, e altri scempi simili), però non voglio passare alla storia di Noha solo per un paio di sedie da asporto come le pizze.
A proposito di “Buona Scuola”, nel complesso scolastico di Noha abbiamo un’aula con tante postazioni-computer bellissima, ma (INCREDIBBILE MA VERO) senza linea Internet, e dunque di fatto inutilizzabile da circa un paio d’anni. Come mai? A Noha è vietato connettersi? Non è che quando si parla di BANDA LARGA qui bisogna sempre intendere le solite Bande note alla cronaca nera? Non dirmi, ti prego, che la legge di cui sopra, anche per Noha, si è trasformata nel decretino della “Buona Sòla”?
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Non voglio dire niente altro per l’amor di Dio sull’allaccio Enel del centro Polivalente. Dico solo che non c’è la faccio più!!!!! Ma lo sai che l’altro giorno – robba de pacci, Mimino – ‘stu benedetto centro si è trovato al buio mentre noi altri eravamo all’oscuro di tutto.
Tra l’altro la sfiga ha voluto che proprio all’indomani ci fosse la Festa dei Lettori (dove doveva partecipare anche ‘stu rompipalle di Antonio Mellone, che invece di chiamarmi al telefono per avvisarmi, si è messo a scrivere il solito articolo sarcastico e così tutti o quasi hanno saputo della cosa…..).
Insomma, Mimino mio, hanno portato via puru dhru stozzu de “contatore di cantiere” che permetteva almeno di accendere le lampadine dei cessi di ‘sto cavolo di centro-periferico (ma, tranquillo, non sufficiente per far funzionare ascensore, aria condizionata, riscaldamento e fotovoltaico). Del resto non saprei più da dove partire e soprattutto dove arrivare con questa via-crucis-tragicomica, con questa telenovela nohan-messicana. Vedi, per favore te lo chiedo, di dare una voce tu a Mr. Coccioli, il nostro assessore ai lavori pubici, affinché in qualche modo ci illumini di incenso.
Su dai, Mimino, (anzi sudai, e molto!) diamoci una mossa e facciamo meno mosse. Ad oggi, mentre ti scrivo, sempre se non sbaglio (ma è difficile che io sbaglio!!!!), l’unica luce che c’è è quella diurna del pozzo luce.
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Ancora una cosa. Si spendono dei SOLDI PUBBLICI, pare 26.000 euro per l’estate galatinese e altri 16.000 euro per la festa patronale di san Pietro. Va bene tutto, ma perché questo Bancomat (che sarebbe il Comune) funziona solo…… per certe aree geografiche, tipo la capitale galatinese, e non per altre (come Noha, i cui abitanti comunque – SALVO I SOLITI CASI DI EVASIONE FISCALE - pagano le tasse con le stesse percentuali)? Perché, per dire, per la festa di San Pietro, come mi dicono, sono stati stanziati 2.000 euro in più, espropriati paro paro dalla festa di San Michele Arcangelo, sicché il contributo per San Pietro è passato da 14.000 a 16.000 mentre quello per San Michele da 4.000 a 2.000? Al paese mio si dice: quandu lu poveru dè allu riccu lu diavulu sotto li piedi de san Micheli si la ride. E mo’ che cosa possiamo inventarci per buttare un altro po’ di fumo negli occhi dei nohani, soprattutto di quelli – e sono tanti grazie a Dio - che si bevono di tutto e di più, e quindi imperterriti continuano a votarci?
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Giorni fa, nella seconda fetta di Mellone 2015 (secondo il detto nohano: QUANDU RRIVA LA FICA LU MALONE VE E SE ‘MPICA - e speriamo cu rriva ‘mprima ‘sta benedetta fica), il suddetto Mellone mi ha inviato una lettera (veramente l’ha indirizzata anche agli altri tre moschettieri delegati di Noha, anzi tre mosche – ma figurati se quelli prendono carta e penna e si mettono a rispondere, ma io, Daniela Sindaco sottoscritta, ho una dignità da difendere, mentre loro, cioè gli amici LULO, ANPE, e GICO, non hanno le palle per ribattere - ma come quelle che dico io). Ebbene, dicevo, di loro non m’importa nulla, ma io la risposta vorrei darla, come detto sopra, NON con le lettere (che poi mi vengono come vengono) ma CON I FATTI CONCRETI.
Caro Mimino, penso di essere stata chiara e circoncisa come sempre. Ti dico solo, in conclusione, che se non vi darete una mossa lì a Palazzo Orsini, la sottoscritta Daniela Sindaco sarà costretta a trasformarsi in quattro e quattro otto in una ostinata e implacabile DANIELLA FASTIDIOSA.
E sappi che per estirparla non c’è sega che tenga.
Cordialmente tua e sottoscritta,
avv. Daniela Sindaco
ott012014
E’ mai possibile che in questo comune fuori dal comune si dia il via libera ad un mega-impianto di compostaggio aerobico e giacché ci siamo anche ana(l)erobico, e nessuno, tranne il sottoscritto (che conta come il due di picche) e il povero Raimondo Rodia di Galatinablogolandia, osi alzare ciglio o storcere il muso o postillare qualcosa soprattutto in merito al fatto che il tutto si decida sempre sulla testa del cittadino, senza nemmeno sognarsi non dico di interpellarlo preventivamente ma quantomeno di informarlo su quello che gli capiterà a breve?
Certo, non mi riferisco qui ai sedicenti giornalisti copia-incollatori del “Quotidiano” ed alla loro opinione (semmai ne avessero una), né al noto redattore capo di sgualdrina.it (con rispetto parlando), ma alle teste pensanti galatinesi (posto che ne fosse rimasta qualcuna in giro), ai residui blogger non allineati e soprattutto non coperti, agli studenti non addormentati, ai comitati spontanei di cittadini, agli spiriti liberi superstiti e in grado di pronunciare il loro “invece”.
Nei giorni scorsi, come forse avrete avuto modo di leggere, è apparso un comunicato-stampa a siti unificati e a firme congiunte di tal Angelo Tondo (presidente ASI – l’acronimo starà probabilmente per Azienda Scempio Infinito o Agenzia Speculazione Immondizia), di Graziano Vantaggiato, sindaco del comune di Soleto, e, last and least, dell’ineffabile Cosimo Montagna (poteva mai mancare il nostro Mimino? Certo che no: quando si tratta di colpi di grazia lui è sempre il primo cittadino).
In codesto comunicato si legge che “finalmente” proprio all’ingresso di Galatina, provenendo da Lecce, in una traversa della SP 362, però in territorio di Soleto a “4 – 5 chilometri da tutti i centri urbani intorno” (nemmeno tanto distante in linea d’aria anzi di biogas dalla zona dove su 26 ettari quadrati verrà spalmato il Mega-Porco commerciale in Pantacom: se disastro deve essere sia completo), verrà piazzato un bell’impianto “anaerobico ed aerobico con produzione di compost di qualità [sic] da utilizzare nelle nostre campagne [sic], senza alcuna immissione di fumi nell'ambiente [sic]. Si tratterà quindi di un impianto all'avanguardia a servizio dei Comuni dell'ex ATO Le2, che ne trarranno immediato beneficio economico sulla tariffa [sic] e risolveranno finalmente l'annoso problema del conferimento della frazione organica dei rifiuti. La realizzazione degli impianti di compostaggio infatti ci libererà dalla schiavitù e dal disastro ambientale delle discariche [sic] dal rischio ambientale che ne deriva e dai cattivi odori [sic]”. Come si possa riuscire a concentrare in così poche righe un così alto numero di baggianate bisognerebbe chiederlo alla suddetta trinità firmataria, la quale probabilmente o non sa quello che dice e fa, oppure dice e purtroppo fa quello che noi ancora non sappiamo. Vediamo perché.
Intanto questa storia del mega-impianto aerobico e anaerobico.
E’ l’uno o l’altro? Perché entrambi? E come si deciderà quale frazione di rifiuti indirizzare alla prima e quale alla seconda linea? Forse che le bucce di banana saranno destinate al compostaggio anaerobico mentre gli scarti dell’industria casearia, per dire, a quello aerobico? Non è che saremo costretti a fare una differenziata nella differenziata (cioè una differenziata al quadrato)? Oppure la frazione umida proveniente dal Salento sarà digerita anaerobicamente mentre quella che acquisteremo dal resto d’Italia (necessaria al raggiungimento del quantitativo minimo per giustificare un impianto di quella portata) verrà sottoposta alla danza aerobica?
E’ stato detto per caso agli ignari cittadini che il gas derivante da una fermentazione anaerobica è un metano impuro (infatti solo il 50% è metano)? E che per un impianto, diciamo, da 1MW si hanno circa 30 milioni di mc di fumi prodotti all'anno, che equivalgono a tonnellate di gas nocivi (tra cui anche l'azoto ammoniacale)? Che la digestione della biomassa in assenza d’aria, fondamentale per la produzione del cosiddetto biogas, impone temperature medio-alte (in media 55°C) - con conseguenze anche sul microclima locale - per effetto delle quali si verifica una selezione batterica a favore di gruppi termofili, alcuni dei quali pericolosi per via della produzione di neurotossine mortali? Qualcuno ha mai fatto capire alla popolazione che il nostro territorio - tra centrali a carbone, fotovoltaico a iosa, pale eoliche, eccetera - è uno dei poli energetici più grandi d’Italia, tanto che buona parte dell’energia ivi prodotta viene letteralmente buttata via, e che dunque non vi è necessità alcuna di aumentare ulteriormente la produzione di KW con un altro impianto (stavolta a “biogas”)?
Lo sanno i vostri elettori che la FORSU (frazione organica dei rifiuti solidi urbani) destinata all’anaerobico deve essere trattata preventivamente con flocculanti e stabilizzanti chimici e che lo stabilizzato che fuoriesce dai digestori, il FOS, per quanto lo si integri con ammendante controllato (residui verdi) è a tutti gli effetti un rifiuto speciale inutilizzabile come compost in quanto dannosissimo all’agricoltura, e pertanto da trattare in discariche speciali? E che, a proposito di “benefici sulle tariffe” il prezzo per tonnellata del trattamento di questo rifiuto è doppio rispetto a quello pagato per gli altri RSU (residui solidi urbani)?
Ed infine, sempre a proposito di domande da porci, è questa la democrazia partecipativa per cui Roberta & Co. si son sempre battuti nella loro precedente vita?
Si attendono le solite risposte, cioè quelle che non arriveranno mai.
Ragazzi, questi personaggi da trinità dei morti son riusciti in men che non si dica a trasformare la terra dei fichi in una novella terra dei fuochi.
Questi sono proprio fuori. Come un bidone della spazzatura.
Antonio Mellone
feb082016
Ogni tanto vengo colto da attacchi di masochismo. Stavolta per soddisfare questo compulsivo ma per fortuna sporadico bisogno di farmi del male sono andato a spulciare l’ultimo bilancio approvato dalla “Fotowatio Italia Galatina srl”, che, per chi non lo sapesse, è la proprietaria del mega-impianto di pannelli fotovoltaici che ha fatto sparire, con il silenzio-assenso dei politici che ci ritroviamo tra i piedi, una quarantina di ettari di contrada Roncella, feudo di Noha, sufficienti per una potenza di 9,7 MW.
Perché 9,7 e non 10 MW o qualcosina in più? Semplice: per evitare la V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale). Troppo rischiosa. Meglio costruire tanti impianti di potenza inferiore al limite dei 10 MW, anche confinanti, ma apparentemente di proprietà di diversi soggetti economici, per aggirare l’ostacolo imposto da quelle rompiscatole delle norme di legge (mica al tempo c’era lo “Sblocca Italia” di Renzi come ora). Solo con questo imbroglio l’apocalisse dei campi di sterminio (ovvero lo sterminio dei campi) si trasforma in una bella prateria sconfinata che manco un video del National Geographic.
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L’impianto di Noha, allacciato alla rete nazionale nel dicembre del 2010, mentre i lavori di completamento si sono conclusi nel 2011 [sic!], ha accesso alle tariffe incentivanti previste dal D.M. del 19 febbraio 2007 (2° Conto Energia), che ha stabilito una tariffa costante per la produzione energetica dalla data di entrata in funzione dell’impianto per una durata di 20 anni. Sì, il progetto si fonda su un business plan che copre il periodo 2011-2030. Cosa succederà alla fine del piano? Chi vivrà vedrà: voglio dire che vedrà le sequenze di The day after 2.
Orbene, ritornando al conto economico della società a responsabilità limitata (in tutti i sensi), osserviamo che i ricavi registrati nel corso del 2014 (ultimi dati di bilancio disponibili) sono pari a 5.829.522,00 euro (quelli dell’anno precedente erano 6.121.552 euro - vuoi vedere che l’impianto inizia a dare i primi segnali di invecchiamento?), mentre l’utile “pulito”, cioè al netto di costi, spese, tasse, eccetera, è pari a 1.346.141,00 euro. L’assemblea dei soci ha deciso di distribuire al socio unico un dividendo dell’importo di 1.100.000,00 euro e di accantonare a riserva di capitale la differenza pari a 246.141,00 euro.
Chi è il socio unico che si pappa ogni anno tutti questi soldi nostri? Tal MR Rent Investment Gmbh con sede a Monaco di Baviera (Koeniginstrasse 107), mentre gli amministratori sono i signori Robert Pottman e Stefan Schweikart, mica Rocco, Gino o Oronza. A sua volta (anzi a sua Volt) la MR Rent Investment Gmbh è posseduta al 100% da un altro giglio di campo (di concentramento): la Munchener Ruckversicherungs-Gesellschaft AG (Munich Re). Punto.
Volete sapere le novità dell’ultim’ora? Da una recente visura della Camera di Commercio risulta che la Fotowatio Italia Galatina srl, non è più di Galatina (veramente manco d’Italia), in quanto la ditta è “cessata” in data 5 agosto 2015 per trasferimento in un’altra provincia. Tiè.
Sicché, noi continueremo ad avere tra le scatole tutti quei pannelli in mezzo alla campagna e a fare da bancomat a questa azienda che non figurerà più nemmeno tra quelle “locali” iscritte alla Camera di Commercio di Lecce (del resto, di fatto, non lo è mai stata, essendo passata, come scritto altrove, dalla dominazione degli spagnoli a quella dei tedeschi), con tutto quello che ne consegue anche a livello di tributi locali.
E a noi cosa entra più che in tasca in qualche altro, come dire, vaso indebito? Presto detto: oltre all’aumento delle bollette Enel (sennò ogni anno come facciamo a pagare circa sei milioni di euro ai nostri conquistadores tedeschi?), un bel po’ di altre cosette carinissime, della serie: inquinamento elettromagnetico generato dalle cabine di trasformazione, dai cavidotti e dagli elettrodotti; dispersione di sostanze nocive (per esempio cadmio) contenute nei pannelli; inquinamento causato dai diserbanti irrorati a terra; variazioni microclimatiche; danno all’ecosistema; gravi impatti visivi al panorama; abbagliamenti (di giorno, ma anche di sera per via di un paio di fari chissà perché puntati sulla circonvallazione di Noha, la Sp. 352, in direzione Collepasso); e, tanto per non farci mancare nulla, una manciata di neoplasie, e danni a questo o quell’apparato del corpo umano.
Più che energie, allergie alternative.
Volendo farmi del male fino in fondo, oltre alla visura camerale e al Bilancio della Fotowatio Galatina srl, sempre sul tema del fotovoltaico, sono andato a rivedere i video con gli interventi di due cosiddetti amministratori locali, due cime, due mostri di intelligenza noti ormai a tutti per la loro perspicacia, che rispondono ai nomi di Giancarlo Coluccia, ex-sindaco di Galatina, e di Daniela Sindaco-in-carica (santa subito, anzi Santanché, c’est plus facile), esponenti rispettivamente del centrodestra e del centrosinistra, vale a dire del Partito Unico della Frazione. Nell’ascoltare i loro storici interventi sembra che l’unico elemento superstite in grado di differenziarli era il baffetto.
Infatti, mentre l’uno – scordando il concetto di biodiversità oltre all’elementare principio di precauzione - continuava a blaterare di “terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi”, e che “non sono terreni effettivamente dalla grande produzione agricola” e “fermo restando che dovranno essere come da statuto piantumati nel loro perimetro in maniera da risultare quanto meno impattanti” (s’è visto poi come sono stati piantumati, anti piantonati); l’altra, sulla stessa falsariga, parlando tanto per dar fiato alla bocca, imbrogliando le carte come sovente usano fare i politici locali, e ribadendo tutto e il contrario di tutto in un intervento sul fotovoltaico pertinente come il pecorino sulle ostriche, confermava che “ambiente è un conto, urbanizzare un altro [e meno male, ndr.]”, e che “quei terreni sono morti, non cresce nulla, non c’è pascolo” [e daie, ndr.], che “Noha si è “espasa” [sic]”, che quei “terreni non si prestano per l’agricoltura” [a ridaie, ndr.] e che “dove ci sono cozzi non cresce nulla”, e mille altre elucubrazioni dello stesso tenore (anzi dello stesso orrore: è uguale).
Ma l’acme (e pure l’acne) della serata s’è toccato quando Michele Stursi chiede d’emblée alla nostra beniamina e coram populo: “Ma voi che idea di ambiente avete?”.
E qui casca l’asino, con la Daniela nostra che, con sguardo smarrito, sudorazione a mille e salivazione azzerata, ripete più volte: “Non riesco a comprendere”, e ancora: “Non ho capito davvero cosa vuoi dire” [e soprattutto: dove vuoi andare a parare, ndr.].
*
Dai, Michele, pure tu che ti metti a parlare in ostrogoto proferendo una sequela di non uno ma addirittura due fonemi che più ostici non si può, irreperibili sul vocabolario dei sinonimi (ma solo su quello dei contrari) dei nostri rappresentanti al comune di Galatina. Mi riferisco ai due lemmi impronunciabili: “ambiente” e soprattutto “idea”.
Antonio Mellone
mar282014
Ho letto con interesse l’intervento di Lino Mariano pubblicato qualche giorno fa su questo sito dal titolo: “Un solo comune ed una sola giunta”. E devo dire che stavolta sono d’accordo con lui.
Non fosse altro che per il fatto che questi concetti, più o meno, li avevo più volte già espressi anch’io sull’Osservatore Nohano.
Per esempio, sull’O.N. n. 2, anno V, 9 marzo 2011, in occasione della recensione del libro dal titolo “Governare la dimensione metropolitana” (Franco Angeli, Milano, 2011), scritto dalla nohana Carmen Mariano (che tra l’altro ha vergato un commento circostanziato alle note di Lino), ribadivo infatti quanto segue: “[…] In questo libro, a pensarci bene, si parla anche (e soprattutto) di Salento, pur non essendovi, quest’ultimo, espressamente menzionato (ma un libro serve anche a questo).
In maniera indiretta, cioè, ci viene suggerito che è giunto il momento di porre termine alla lotta campanilistica portata avanti dal centinaio di comuni leccesi con l’acqua alla gola (e non solo dal punto di vista della finanza pubblica ma anche delle idee); così come è davvero senza senso quell’altra grandissima corbelleria che è la proposta dell’istituzione della “Regione Salento”, la stupidaggine del secolo, cioè la creazione dell’n-esima sovrastruttura (che pagheremmo sempre noi cittadini) sbandierata da quattro disperati con voglia di protagonismo permanente effettivo e molto probabilmente con velleità (o brama) di stipendi da consigliere-regionale-a-due-passi-da-casa.
L’idea innovativa sarebbe invece la nascita di un governo metropolitano salentino, attraverso quella scelta obbligata che è l’associazionismo intercomunale, il quale dovrebbe andare a braccetto con il riordino territoriale. Le strade da percorrere sono le convenzioni o i consorzi tra comuni. Ma meglio sarebbe raggiungere un grado di maturità più alto e pensare addirittura alla forma più radicale (e forse più efficiente) di legame: l’Unione dei Comuni.
Queste scelte strategiche porterebbero finalmente ad una riduzione del numero dei comuni del Salento. Noha – lo diciamo per inciso – ha già dato in questo senso, ed è a tutti gli effetti un’antesignana di questa strategia, attuata già a partire dal 1811, epoca della fusione con il comune di Galatina: fusione che però non ha funzionato alla perfezione a causa di una classe politica nohana “subalterna” da molti punti di vista (ma dagli errori - che si chiamano lezioni – bisognerebbe pur imparare qualcosa).
Ma ritorniamo al Salento, ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato. Con le fusioni tra comuni, dicevamo, non si avrebbero più cento sindaci (anzi cento sindaci disperati), cento consigli comunali, cento presidenti del consiglio, cento segretari comunali, cento assessori all’urbanistica, ed altri cento alle politiche giovanili ed altrettanti alla cultura, e poi altri cento geometri/ingegneri comunali, insomma cento per cento di tutto di più. Con l’integrazione vera si otterrebbero: pianificazione territoriale metropolitana, reti di infrastrutture e di servizi non frammentati, piani di traffico intercomunali, tutela e valorizzazione dell’ambiente, interventi di difesa del suolo in maniera strutturata, raccolta e distribuzione delle acque, protezione civile, sicurezza e finalmente valorizzazione dei beni storici, artistici e culturali, il tutto in maniera organica e sulla scorta non del ghiribizzo dell’assessore comunale di turno ma sulla base di progetti seri e di interesse generale […]. Chiedo venia per la lunga autocitazione.
Ma dopo il commento “tecnico” e molto pertinente di Carmen Mariano, ho letto di seguito anche un altro appunto icastico nonché caustico di Michele D’Acquarica che suona così: “Per un popolo che prende a sassate un pullman per un rigore negato e vende il suo voto per un pieno di carburante, tutto è (im)possibile.”
Come non convenire anche con Michele.
Anzi, se è per questo, io rincarerei un po’ la dose, aggiungendo che tutto è (im)possibile per un popolo che non batte ciglio se gli cementificano 26 ettari di terreno per costruire l’ennesimo centro commerciale con la favola delle “ricadute”, dello “sviluppo” e di altre simil-minchiate; tutto è (im)possibile per un popolo lobotomizzato che non muove un muscolo facciale se si sperperano soldi pubblici (circa 1.300.000 euro) per la ristrutturazione di una vecchia scuola elementare che poi, poveretta, non può funzionare a dovere in quanto non si sa quale ingegnere ha scordato di pensare a priori e non invece a posteriori (a posteriori, in tutti i sensi) ad una cabina di collegamento con la rete elettrica; tutto è (im)possibile per un popolo che sta morendo di cancro ma che non riesce a capirne la causa - da ricercare invece nell’avvelenamento sistematico e cosciente di aria, acqua, terra con il ricatto di quattro posti di lavoro, portato avanti, questo avvelenamento, da imprenditori arricchiti ma pur sempre con le pezze al culo; tutto è (im)possibile per un popolo che ti considera “profeta di sventura” quando cerchi di spiegare che no, il fotovoltaico non è proprio un buon affare per tutti ma per i soliti quattro furbetti (stavolta nemmeno italiani) che non solo sfruttano il nostro territorio uccidendolo con milioni di pannelli in mezzo alla campagna, ma che si beccano pure la polpa di succulenti incentivi pagati in bolletta dai soliti polli (cioè noi stessi medesimi); tutto è (im)possibile per un popolo che non ribatte con argomentazioni serie ed approfondite ai cosiddetti progetti per il mega-impianto di compostaggio (che compostaggio non è: ci hanno derubato anche del vocabolario) in nome della chiusura trionfalistica del ciclo dei rifiuti e del risparmio delle tasse sulla spazzatura (campa cavallo); tutto è (im)possibile per un popolo che sta mandando in rovina la sua storia ed i suoi beni culturali…
Ma questo intervento di Lino Mariano mi fa ben sperare nel ritorno ad un dibattito franco e serio su questi e su molti altri temi che - auguriamoci tutti - inizino ad interessare sempre più il nostro popolo. Un popolo che finalmente la smetta di far rima con ridicolo.
lug032024
Michele Scalese è un ragazzo nohano, vabbè un neo-trentenne, molto coraggioso. E non tanto per certe sue plateali dichiarazioni che avrebbe potuto tranquillamente tenere per sé ma che invece ha ritenuto opportuno rendere pubbliche (si chiama maieutica ed è un’arte), dichiarazioni oltretutto rivoluzionarie entrate ormai nelle pagine più belle della Storia di Noha, sicché finalmente questa frazione di mondo non è più da considerarsi un Jurassic Park; e nemmeno per la denuncia del vile episodio di qualche settimana fa compiuto ai danni della sede del Partito (di cui Michele è segretario politico) da parte del balordo di turno affetto evidentemente da omofobia con numerosi sintomi di ergofobia e l’aggravante dell’epistemofobia, dico di turbe psichiatrico-compulsive che, a richiesta, il nostro Michele potrebbe curare benissimo in una manciata di sedute (visto il suo lavoro di psicologo e psicoterapeuta); coraggioso, dunque, non solo per quanto precede, ma perché gli è venuto il ghiribizzo di invitare il sottoscritto a un convegno organizzato nella storica sezione downtown-Noha dei democratici sul tema dell’AutoTomia Differenziata (scusate, ma non riesco proprio a sostituire la seconda t con la n, ché “autotomia”, vale a dire la capacità di alcuni animali di auto-mutilarsi, rende meglio l’idea alla base di codesta iattura chiamata legge, approvata con atti di bullismo politico in piena notte dalla maggioranza legaiol-destronza in vena di scambio di favori: “Tu approvi l’Autotomia a me, io poi ratifico il Premierato a te e insieme distruggiamo quel che resta della magistratura”).
Dicevo del coraggio di Michele di convocare perfino me, così inviso a quasi tutti i partiti dell’arco costituzionale e a buona parte dei gruppi extraparlamentari, per aver servito loro nel corso del tempo più di un piatto di penna all’arrabbiata, con spruzzata di inchiostro niente affatto simpatico. E fosse soltanto questo: è che, mannaggia, nel corso della mia “carriera” ho portato avanti un sacco di battaglie afferenti la Pòlis - perdendole (quasi) tutte. Sì certo ho stravinto quelle in tribunale, ma non si tratta di battaglie, bensì di corsi di recupero in diritto e buona creanza impartiti a qualche caricatura della politica locale in commercio d’amorosi sensi con le intimidazioni a mezzo querele penose più che penali.
Devo dirla tutta: Michele non ha coinvolto soltanto me, ma anche un bel po’ di belle persone con storie, sensibilità ed estrazioni le più disparate, costituite in Unità Differenziata, pronte a dialogare sull’argomento di cui sopra.
Sarebbe bello che la novella agorà si aprisse ad altre questioni di impellente attualità come la pace (ancor oggi lemma-tabù in certi ambientini), l’escalation militare verso la guerra nucleare, i genocidi ai danni di popolazioni inermi con il silenzio assenso delle “democrazie” occidentali, la libertà condizionata di stampa, la nostra terra ridotta a un hub di rifiuti, cemento, veleni, campi di fotovoltaico e pale eoliche, e, ultimo ma non meno importante, i diritti civili da non slegare mai dai sociali. Dibattiti per molti, s’intende, non per tutti: i camerati nostalgici di saluti romani, per esempio, quelli degli inni e canti sciolti al loro duce con tanto di urlo finale “Presente!”, o peggio mi sento “Sieg Heil!”, potrebbero non esserne punto interessati, attesa la prematura scomparsa dal monitor di ogni segnale di relativa attività cerebrale.
Non so da chi abbia preso Michele, magari da nonna Saia (quando parla di lei mi fa piangere), perché lu vagnone oltre che coraggioso è anche capace di sopportazione e ascolto: una volta per istrada, eravamo in via Trisciolo, gli attaccai un bottone di dieci interminabili minuti sul concetto di lotta orizzontale tra servi, precari, sfruttati, vinti, ultimi e penultimi (in sintesi plastica i capponi di Renzo Tramaglino), che purtroppo in quest’era post-ideologica sembra aver preso il posto dell’antica lotta verticale, quella contro l’oppressore, il neoliberismo illiberale, le angherie più insostenibili, il mercato deregolamentato, l’ingiustizia promossa a sistema, e i padroni del pensiero: “Non esistono poteri buoni”, chiosai, citando De André. Mi rispose con un “grazie”, e non fu per svignarsela.
Chiudo qua. Non vorrei che, dopo aver letto queste righe, Michele Scalese mi convocasse per cantarmene quattro: ché il ragazzo, per chi ancora non lo sapesse, è anche un ottimo tenore, oltre che un eccellente organista.
Che invidia.
Antonio Mellone
ott312016
A volte penso quanto nell’affaire Xylella si mescolino la tragedia e il ridicolo. Vediamo un po’ come sono andati realmente i fatti.
Qualche giorno fa un paio di “scienziati” (di quelli con tanto di virgolette) percorrendo la SS. 379 Brindisi-Bari (gli scienziati-con-le-virgolette sono sempre in strada, specie sul marciapiede) decidono di fare una sosta per un caffè lungo alla stazione di servizio Q8 di Ostuni (sennò come ti passano le ore lavorative).
Ad un certo punto, i nostri avventori vedono all’ingresso del bar un albero di ulivo maestoso, di quelli plurisecolari, con un tronco che sembra un’opera d’arte e una chioma rigogliosissima senza neppure una foglia secca. Ma sulle prime non ci fanno caso. Nel mentre, esce dal medesimo bar un camionista corpulento anzichenò che, incallito tabagista più pluriennale del nostro sfigatissimo albero, sostando in quei paraggi, tra una sigaretta e l’altra, inizia, come suole, a scatarrare a più non posso. In uno dei suoi lanci magistrali e lungimiranti colpisce il tronco del povero ulivo.
Lo scienziato nota la scena, segue la traiettoria di quel muco espettorato, dà un’occhiata d’intesa al fido Igor, il suo assistente (gli scienziati-con-le-virgolette, come i carabinieri della barzelletta, vanno sempre in due: uno sa leggere, l’altro raggranellare avvisi di indagine da parte di qualche procura) e – per dare un senso al suo lavoro, ma di più alla sua vita – con fare solenne sentenzia: “Quello è un ulivo; e questa è sputacchina. Ora, siccome due più due fa cinque siamo in presenza di Xylella fastidiosa. Qui ci vuole subito una sega”.
Igor, l’attendente con l’occhio che uccide, va a prendere subito una busta di plastica (una di quelle dell’Ipercoop) dalla tasca del cruscotto della macchina di servizio e insieme al suo collega luminare iniziano a raccogliere qua e là dei rametti di tutto ciò che capita a tiro: ulivo, rosmarino, pino silvestre, oleandro, persino lo stelo di un fiore artificiale da un bouquet di vetro e un Arbre Magique ancora incellofanato. Il tutto vien portato a Bari in un laboratorio di analisi cliniche, ma soprattutto psichiatriche, al fine unico di ottenere la conferma del teorema all’ordine del giorno: “Xylella fastidiosa”. Ovviamente nessuno conoscerà mai l’esito delle suddette analisi coperte da segreto allucinatorio, come manco il quarto segreto di Fatima.
Da lì a poco è tutto un susseguirsi concitato di parole, opere, omissioni e ovviamente nessun pensiero.
Non si sa come, forse da face-book, lo viene a sapere anche la Stampa (meglio nota come Stampella fastidiosa), vale a dire l’Ansa da prestazione, il solito Quotidiano cantagironeo, la Mezza Calzetta del mezzogiorno di fuoco, e, ovviamente, Enzo Macifà direttore del TG Orba: insomma le arcinote armi di distruzione di massa critica, che stanno ai fatti e alle notizie come Rocco Siffredi alla castità.
Poteva mancare in questo bailamme la Regione Puglia prima di tutto, la cui classe digerente e politica sta all’attenzione al territorio come un bradipo alla prontezza di riflessi? Certo che no.
Con un bel fax all’Europa (non si sa bene se alla cortese attenzione della Merkel, di Martin Schulz, di Juncker o della Federica Mogherini), miss Puglia si fa bella comunicando gongolante che il male è stato accerchiato, e di lì a qualche ora il problema risolto.
Così, tra il serio e il grottesco, il povero ulivo viene circondato, messo in sicurezza (contro chissà chi), imbacuccato, incappucciato come reclusi di Guantanamo e i condannati a morte senza processo (poi dicono dell’Isis) con una serie di teloni in plastica grigia/lattice di marca (di marca Hatù, per la precisione: avranno sbagliato tronchetto della felicità, ovvero albero della cuccagna).
Pensavano di potersene disfare così, per asfissia (le piante muoiono per asfissia se private della luce), invece son dovuti intervenire per abbatterlo. Di notte. Come i ladri.
Ora. Siccome il protocollo prevede anche l’eliminazione degli altri vegetali nel raggio di 100 metri e visto che l’area di un cerchio è pari a raggio al quadrato moltiplicato per π (pi greco), significa che il deserto da creare intorno ad un albero ritenuto infetto è di 31.415,93 mq, dunque 3 ettari e passa di terreno. Fatevi un po’ di conti sull’Oliocausto in corso inventato dagli scienziati-con-le-virgolette al fine dichiarato “di salvare gli ulivi”.
Il fine recondito, invece, rimane sempre quello della prova di forza del chi sono io e di chi siete voi “quattro comitatini”, condizione necessaria per trasformare la nostra terra in un luna park diuturno con tanto di villaggi turistici briatoregni da un lato, e in una riserva indiana per pale eoliche, Tap, fotovoltaico, trivelle, strade e rotonde e centri commerciali e discariche, dall’altro.
Alla Q8 di Ostuni, lo sterminator segaiolo notturno, dopo l’albero di ulivo (che non è stato eradicato, ma appunto soltanto segato) in mancanza d’altro, ha rischiato di far fuori (sempre però nel raggio di 100 metri) anche un paio di oleandri, il prato inglese, un ficus benjamin, la colonnina del distributore (ma solo quella della benzina verde) e il barista.
Ragazzi, siamo in buone mani.
Certo, rimane il dubbio su chi sia il parassita più pericoloso, chi il più fastidioso, chi i vettori del contagio, chi meriterebbe per primo il prossimo abbattimento. E le palle di chi si stiano sempre più disseccando, sbriciolando, cascando. Le mie di sicuro.
Antonio Mellone
ago082023
Ai sensi dell'art. 20 dello Statuto Comunale e dell'art. 29 del Regolamento del C.C., il Consiglio Comunale è convocato in seduta ordinaria di 1^ convocazione per il giorno giovedì 10 agosto 2023 alle ore 09:00 con continuazione e, occorrendo, in 2^ convocazione per il giorno venerdì 11 agosto 2023 alle ore 10:00 con continuazione, per trattare i seguenti argomenti:
Il Presidente del Consiglio Comunale
Dott. Francesco Sabato
mar142023
Ai sensi dell'art. 20 dello Statuto Comunale e dell'art. 29 del Regolamento del C.C., il Consiglio Comunale è convocato in seduta ordinaria di 1^ convocazione per il giorno martedì 21 marzo 2023 alle ore 10:30 con continuazione e, occorrendo, in 2^ convocazione per il giorno mercoledì 22 marzo 2023 alle ore 11:00 con continuazione, per trattare i seguenti argomenti:
1) INTERROGAZIONI
2) APPROVAZIONE VERBALI SEDUTA PRECEDENTE
3) ESECUZIONE SENTENZA N. 712/2022 DEL TAR PER LA PUGLIA – SEZIONE DI LECCE, RESA NEL GIUDIZIO R.G. N. 1088/2016 - RICONOSCIMENTO DELLA LEGITTIMITÀ DEL DEBITO PORTATO DALLA SENTENZA, AI SENSI DELL’ART. 194, COMMA 1, LETT. A) DEL D. LGS. N. 267/2000.
4) ESECUZIONE SENTENZA N. 3111/2022 DEL TRIBUNALE DI LECCE, RESA NEL GIUDIZIO R.G. N. 6111/2021 - RICONOSCIMENTO DELLA LEGITTIMITÀ DEL DEBITO PORTATO DALLA SENTENZA, AI SENSI DELL’ART. 194, COMMA 1, LETT. A) DEL D. LGS. N. 267/2000.
5) AMBITO TERRITORIALE DI GALATINA - APPROVAZIONE DEL PIANO SOCIALE DI ZONA 2022 – 2024 DI CUI ALL’ART. 10 DELLA L.R. N. 19/2006 E D.G.R. N. 353 DEL 14-03-2022 DI APPROVAZIONE DEL V PIANO REGIONALE DELLE POLITICHE SOCIALI DELLA REGIONE PUGLIA PER IL TRIENNIO 2022- 2024.
6) ISTITUZIONE DELLA COMMISSIONE TECNICA DELLE ATTIVITÀ ESTRATTIVE DI CUI ALL’ART. 5 DELLA LEGGE REGIONALE N. 22 DEL 05 LUGLIO 2019 ED APPROVAZIONE DEL REGOLAMENTO PER IL SUO FUNZIONAMENTO
7) APPROVAZIONE REGOLAMENTO EDILIZIO COMUNALE ADEGUATO ALLO SCHEMA DI REGOLAMENTO EDILIZIO TIPO (RET) DI CUI ALL'ACCORDO CONFERENZA UNIFICATA DEL 20/10/2016, N.125CU, COME RECEPITO DALLA REGIONE PUGLIA CON D.G.R.n.554/2017, D.G.R. n. 648/2017, D.G.R. n. 2250/2017, L.R.n.11/2017 E L.R.n.46/2017
8) ADEMPIMENTI DI CUI ALLA LEGGE REGIONALE PUGLIA N. 20/2022 (PIANO CASA)
9) APPROVAZIONE SCHEMA DI CONVENZIONE REGOLANTE I RAPPORTI TRA IL COMUNE DI GALATINA E LA SOCIETA' NEW SOLAR WHITE S.R.L., PER LA COMPENSAZIONE E IL RIEQUILIBRIO AMBIENTALE A FRONTE DELLA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO AGRO-fotovoltaico PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTE RINNOVABILE IN LOCALITA’ “MOLINARI” NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI GALATINA.
10) APPROVAZIONE SCHEMA DI CONVENZIONE REGOLANTE I RAPPORTI TRA IL COMUNE DI GALATINA E LA SOCIETA' LECCE 1 PV S.R.L., PER LA COMPENSAZIONE E IL RIEQUILIBRIO AMBIENTALE A FRONTE DELLA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO AGRO-fotovoltaico PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTE RINNOVABILE IN LOCALITA’ “TORRE PINTA” NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI GALATINA.
11) AGGIORNAMENTO DIRITTI DI SEGRETERIA E FISSAZIONE DIRITTI DI ISTRUTTORIA DELLE DIREZIONI “URBANISTICA E ATTIVITÀ PRODUTTIVE” E “PROGRAMMAZIONE STRATEGICA E LAVORI PUBBLICI”
Il Presidente del Consiglio Comunale
Francesco Sabato
mar302016
Domani, Giovedì 31 marzo, alle ore 18:30, il Sindaco Cosimo Montagna inaugurerà la nuova sede dell’asilo nido comunale in viale Don Bosco e afferma “Nutro grande soddisfazione nel consegnare alla Città questa struttura destinata ad Asilo. La ritengo uno strumento importante di legalità e socialità al servizio di un intero quartiere e di una intera Città”.
“Verrà così messa al servizio della Città una importante struttura – dice Emilio Tempesta, assessore ai lavori pubblici- che già da venerdì prossimo ospiterà i suoi piccoli utenti in un ambiente educativo e ricreativo moderno e confortevole.
L’edificio, infatti, della superficie coperta di circa 600 mq., è dotato di quattro aule, ciascuna con annesso bagno con lavatoio, di una hall per le attività collettive, di refettorio, sala medica, direzione, cucina, lavanderia, spogliatoi e bagni per il personale. L'asilo è provvisto di impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica, di impianto solare termico per acqua calda sanitaria e di impianto termico a pavimento per il riscaldamento degli ambienti.
L'area scoperta, attualmente di circa 2.500 mq ed interamente recintata, a breve sarà oggetto di un intervento di ampliamento che vedrà la realizzazione, nell'adiacente terreno di circa 1.500 mq., di un parco giochi”.
La realizzazione della infrastruttura è stata resa possibile grazie ai fondi reperiti dalla Amministrazione ANTONICAche ha creduto fortemente alla riqualificazione della Città partendo dalle periferie, aderendo al Programma PIRP - Piano Integrato Riqualificazione delle Periferie.
Finalmente i bimbi di Galatina e le loro famiglie tornano ad essere accolti in una struttura nuova pensata e nata come Asilo Nido Comunale.
“E’ un momento che rincorro dall’inizio del mio mandato – afferma Daniela Vantaggiato Assessore alle Politiche Sociali ed all’Istruzione - perché la bella e nuova struttura, apparentemente pronta agli occhi dei tanti passanti, ha manifestato da subito criticità che era necessario superare. La situazione è stata recuperata e di questo ringrazio gli Assessori Andrea Coccioli ed Emilio Tempesta che hanno profuso attenzione ed impegno e con loro ringrazio gli uffici! Non solo consegniamo oggi alla Città una sede degna ma i fondi sociali del Ministero dell’Interno del Piano di Azione e Coesione per i Minori ci consentiranno di attrezzare a breve lo spazio esterno con un parco giochi. E sempre attingendo ai fondi del P.A.C. Minori per il prossimo anno l’offerta del nido comunale vedrà il raddoppio dei bimbi accolti e il prolungamento dell’orario giornaliero per adeguarsi alle necessità delle mamme lavoratrici.
E’ un bel traguardo anche per tutto il personale del nido a partire dalle educatrici che in questi giorni hanno con entusiasmo collaborato all’allestimento degli spazi colorati ed accoglienti grazie ai nuovi arredi.
A questo luogo ritrovato abbiamo voluto dare il nome del grande Gianni Rodari la cui Filastrocca solitaria campeggerà sul muro dell’aula delle attività comuni così tutti potranno dire insieme “… Le cose brutte non possono entrare…” ma soprattutto la creatività, l’allegria, la bellezza, la cura pedagogica di Rodari saranno le note che accompagneranno ogni giorno i nostri bimbi, nostro presente e nostro futuro.”
PD Circolo di Galatina
mag042021
Abbiamo fatto un conto approssimativo, tanto per avere un’idea di quanti ettari di verde ci sono stati sottratti dagli impianti fotovoltaici galatinesi, quelli che hanno infranto il “REGOLAMENTO COMUNALE RECANTE NORME PER LA REALIZZAZIONE DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI NEL TERRITORIO DI GALATINA REVISIONE X-2010”, fruibile in rete:
https://www.comune.galatina.le.it/documenti/delibere_consiglio/REGOLAMENTOPIANOENERGETICO.pdf
Il suddetto regolamento prevede che gli impianti in aperta campagna siano protetti da recinzioni “leggere” e che queste siano a loro volta coperte visivamente da essenze arboree, quindi obbliga i costruttrori di impianti fotovoltaici a predisporre sostanzialmente delle siepi (vere) intorno all’area occupata dai pannelli per tutto il perimetro.
Abbiamo cercato un campo fotovoltaico dappertutto intorno a Galatina, non se ne trova nemmeno uno che abbia una essenza arborea intorno, che non sia qualche filo d’erba spontaneo. Più che essenza avranno capito assenza? Insomma fatta la legge trovato l’inganno.
Contando gli impianti esistenti su Galatina e i 100 ettari su Noha, considerando una media di 750 metri lineari di perimetro per ogni impianto (si può fare semplicemente con le opzioni di Google, non ci vuole mica la bacchetta magica), si direbbe che siano stati oltre 32 i chilometri di essenza arborea “sfilati” al patrimonio arboreo di Galatina e frazioni. Se teniamo conto che la città di Galatina si sviluppa su una superfice rettangolare con all’incirca 2500 metri lineari per 1500, ai relativi lati, immaginando di mettere 15 file di piante (una ogni cento metri) lunghe 2500 metri lineari cadauna, avremmo un bosco grande quanto tutta la superficie urbana. Un bosco perso grazie al mancato rispetto della legge.
In tempi come quelli che stiamo vivendo, di emergenza climatica e di lotta contro l’inquinamento (Covid e Xylella compresi), è necessario cambiare stile di pensiero nei confronti delle piante. Dobbiamo renderci conto che sono l’unica strada concreta per tentare quantomeno di ridurre i danni all’ambiente e salvaguardare quindi il futuro, che non è solo nostro.
Quindi, quanto facciano bene le piante lo dice la scienza e lo dicono anche i nostri polmoni. E purtroppo lo dice anche il rapporto di salute della provincia di Lecce, RePol 2020, in cui Galatina risulta in testa alla classifica, insieme ad altri 15 comuni limitrofi, con il più alto tasso di tumori ai polmoni.
In conclusione chiediamo a questa Amministrazione, e ovviamente alle future, di tutelare al meglio la salute del nostro Ambiente, facendo rispettare legge e regolamenti ove previsto a suon di multe, e chiedendo il ripristino immediato del parco di essenze arboree mancante all’appello.
Il Direttivo di NoiAmbiente e Beni Culturali
SCHEDA TECNICA |
Nella mappa sopra, sono rappresentati tutti gli impianti fotovoltaici presenti e in richiesta di allestimento sul territorio comunale di Galatina. I quattro indicati con i numeri: 1; 2; 3 e 4 sono stati presi a campione come dimostrazione (vedi foto) che nessun impianto è in regola, in quanto sprovvisto di recinzione arborea come previsto dal Regolamento Comunale citato.
Nell’immagine sotto un esempio di rilevamento dei metri lineari effettuato con google maps del perimetro di un impianto (nello specifico quello di Contrada Roncella a Noha). Avendoli misurati tutti con questo metodo, ovviamente molto indicativo, risulterebbero ben km 32,500. Una fila di alberi da Galatina fino a Punta della Palacia sull’Adriatico
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Volendo distribuire equamente i 32 chilometri e mezzo di essenze arboree, concentrati nell’abitato di Galatina, giusto per capire il polmone di verde che è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari, e soprattutto ai nostri polmoni, abbiamo immaginato di mettere 15 filari di piante lunghi km 2,5 alla distanza di circa 100 metri l’una dall’altra: ebbene, risulterebbe coperta dal verde tutta la superficie urbana del nostro Comune. Con il deserto che avanza nelle nostre campagne, ci manca proprio
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Di seguito la segnalazione protocollata il 13 aprile 2021:
nov222020
Mi verrebbe quasi voglia di fidarmi degli addetti ai lavori che si occupano dei beni comuni, tipo l’aria, l’acqua e la terra, e quindi di lasciar perdere tutto quello che mi passa per la mente e che vedo in giro. In fondo, penso, come si usa dire: “andrà tutto bene”. Così chiudo i pensieri per una frazione di secondo. Ma poi certe immagini mi ritornano davanti con prepotenza, e con esse le parole dette, insieme a tutti quei dati e a quelle tabelle che ho letto nel Report dei tumori nella nostra provincia aggiornato al 2020.
E allora non posso fare finta di niente. Le immagini sono anche quelle degli impianti di pannelli fotovoltaici tra le Contrade Roncella e Scorpio che, ora che hanno perso i ripari (ulivi martiri) dietro cui parevano nascondersi, manifestano tutta la loro sfacciataggine. Non ci sono parole, gli alberi d’ulivo, quelli scampati agli incendi, rimangono lì come testimoni muti della (voluta?) mancanza di cure. Invece la distesa infinita di pannelli luccicanti come l’oro sembra non fare una piega.
Inutile farvi leggere per l’ennesima volta la sfilza di controindicazioni che generano le devastazioni della campagna: desertificazione del suolo, impoverimenti della biodiversità, scarsa generazione di ossigeno nell’aria, danni idrogeologici, cambiamenti microclimatici, ecc.
Tant’è che si sono studiate norme altamente specifiche che dovrebbero tutelare tutto il sistema ambientale, paesaggistico ed economico. Si tratterebbe soltanto di farle rispettare se non avessero purtroppo la stessa efficacia delle grida di manzoniana memoria .
Nonostante l’impegno – eravamo quattro gatti spelacchiati - non riuscimmo a evitare i danni del 2010 (quelle devastazioni sono sotto gli occhi di tutti, tranne dei ciechi), ma pensavamo che questo maledetto discorso si fosse chiuso definitivamente là, con i danni a noi e i milioni di euro alle società a responsabilità limitata, che oltretutto sono pure di fuori regione, se non spagnole (prima) e tedesche (poi).
Nel 2010, forse presi dalla smania degli incentivi elargiti dallo Stato (cioè da noi stessi, altro che energia gratuita) e dai baratti per la sistemazione di un canile, l’allora amministrazione comunale non fiatò nemmeno per denunciare l’invasione degli alieni, sicché Noha subì un tremendo taglio di parco naturale (zona Roncella e Scorpio), e fu risparmiata chissà per quale miracolo da un altro impianto di pannelli di vetro, ferro e silicio, proprio dirimpetto alle case del nascente (e per fortuna poi morto nella culla) comparto 4, quello che prevedeva a nord di Noha una cosa come una ottantina di villette a schiera.
Ma tranquilli, i comparti non muoiono mai del tutto, e i progetti di impianti fotovoltaici neanche.
Ed eccolo qui, a poche decine di metri dalla Masseria Colabaldi, dunque a ridosso delle case della 167 di via Lago di Garda, a due passi dalla Chiesa di San Rocco: dieci ettari di ferraglia che chiamano “parco”, pronti a sovrastare la collinetta da Via Dalla Chiesa a via delle Tre Masserie. Chissà questa volta chi parerà il sacco a questi novelli “investitori”, chissà quale conferenza dei servizi, quale legge o regolamento, quale dirigente-impiegato-funzionario-burocrate.
Il fotovoltaico è cosa buona e giusta, ma non in mezzo alle campagne, di cui dovremmo ormai tutelare ogni centimetro quadrato di terreno (chissà quando riusciremo a capire quanto la terra valga più dell’oro, più di un conto in banca con tanti zeri), ma sulle parti ormai morte dei territori, cioè quelle già cementificate o asfaltate, quelle dei tetti delle costruzioni civili o dei capannoni artigianali e industriali, quelle dei parcheggi, e quelle delle cave dismesse e, perché no, dei cimiteri. Prima che si ripeta una nuova Roncella, i cittadini dovrebbero poter partecipare a decisioni così impattanti: in fondo siamo né più e né meno che un grande condominio e le decisioni straordinarie, quelle che riguardano la salute di “tutti”, dovrebbero essere condivise con “tutti”. Così almeno se si scegliesse di farne un’ecatombe saremmo “tutti” più o meno direttamente responsabili. L’ Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Marcello Amante, in accordo con la Sovrintendenza dei Beni culturali della Provincia di Lecce e Taranto, con delibera n. 223 del 16 ottobre scorso, ha già bocciato mediante notifica di svariate incongruenze ambientali e normative altri tre progetti in zona Collemeto, per un totale di circa 21 ettari di suolo vergine. Ma questo non ci lascia mica tranquilli per il futuro. Ci sarebbe bisogno, crediamo, di più informazione preventiva, più partecipazione, ma soprattutto di più buon senso.
Marcello D’Acquarica
feb102022
nov252020
Il conseguimento della “grid parity” nella produzione di energia elettrica con la tecnologia fotovoltaica, che rende gli investimenti convenienti anche in assenza di incentivi specifici, insieme alla sostanziale rinuncia degli organi centrali e periferici dello Stato a svolgere il loro compito istituzionale di salvaguardia del bene comune, sta scatenando nel Salento una seconda ondata di progetti di impianti fotovoltaici di grande taglia in aree agricole.
Si tratta di operazioni puramente speculative, non rispondenti ad esigenze di coperture dei consumi, avendo la Puglia un esubero rispetto ai suoi fabbisogni di circa l’80%, rispondenti esclusivamente agli interessi degli investitori, che talvolta nascondono – come hanno rivelato inchieste giornalistiche e procedimenti giudiziari - operazioni di riciclaggio di denaro di dubbia provenienza.
Nel Salento questo deleterio fenomeno sta assumendo le proporzioni di un vero e proprio assalto distruttivo al territorio rurale, con proposte di generatori per centinaia di ettari.
Le peculiarità salentine agevolano questo approccio neo-colonialistico di sfruttamento del territorio: l’andamento generalmente pianeggiante del terreno, le favorevoli condizioni meteo-climatiche, la drammatica criticità causata dai fenomeni di disseccamenti dell’olivo (Co.Di.R.O.), il conseguente crollo del prezzo di mercato dei terreni agricoli e del reddito da agricoltura. In questo contesto già preoccupante, è poi clamorosamente e colpevolmente mancata una strategia di rigenerazione agri-ecologica del territorio, che consentisse un’uscita dalla crisi.
Il rischio di uno stravolgimento pesante ed irreversibile nel breve-medio periodo delle peculiarità culturali, paesaggistiche, ambientali e socio-economiche del nostro territorio è quanto mai attuale e drammatico, con una situazione già oggi fuori controllo e che potrebbe diventare presto dilagante.
Molte delle valutazioni qui esposte possono essere trasferite con i dovuti distinguo ai mega-impianti eolici.
Un intervento di governo del fenomeno è quanto mai necessario ed urgente per varie ragioni:
Occorre sfruttare tuttavia al meglio le disposizioni (art. 7 D.Lgs. 387/2003 citato) che tutelano le “tradizioni agroalimentari di qualità”, così come il “patrimonio culturale e del paesaggio rurale”. In ciò soccorrono le prescrizioni piuttosto stringenti del Piano Paesaggistico Regionale, che tra l’altro introducono l’obbligo di concentrare le attività produttive in APPEA (Aree Produttive Paesaggisticamente ed Ecologicamente Attrezzate). Ma possono anche risultare utili quei fattori legati ad una effettiva qualità agroalimentare o paesaggistica del contesto: produzioni biologiche o biodinamiche, consorzi di tutela, marchi di qualità DOC; DOP; IGT e altri. Sotto tale profilo si noti come il Piano Paesaggistico pugliese (PPTR), pur non essendo propriamente un Piano Energetico, fornisce tuttora, in assenza di altri strumenti più efficaci, i vincoli più stringenti in merito agli insediamenti energetici. Vedasi in proposito le Linee Guida 4.4, parte prima, “Linee guida sulla progettazione e localizzazione di impianti di energia rinnovabile” e parte seconda “Componenti di paesaggio e impianti di energie rinnovabili” con Tavole allegate, come quella relativa alle “Aree sensibili per impianti di media e grande taglia” per gli impianti eolici e quella delle “Discariche e cave abbandonate e con decreto scaduto” per il fotovoltaico, che forniscono indicazioni preziose per la localizzazione degli impianti in aree meno delicate e con minimi impatti ambientali.
È comunque indispensabile ed urgente una forte azione di pressione politica da parte delle istituzioni locali (Regioni, Provincie, Comuni) sul Parlamento e sul Governo nazionali per l’abrogazione delle penalizzanti sciagurate disposizioni di legge. Le istituzioni locali sono quelle più immediatamente a contatto con i cittadini, con i loro reali bisogni ed interessi, e possono e devono intervenire prima di altri per difendere tali interessi.
La difesa più efficace tuttavia, per quanto generalmente sottovalutata più o meno consapevolmente dai decisori politici, resta il completamento del quadro di pianificazione energetica locale. Tale tutela risulta tanto più valida in quanto manca un Piano Energetico Nazionale, mentre il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR), ormai inefficace ed a maglie troppo larghe, è soggetto da tempo ad una estenuante revisione.
In tal senso si riporta l’art. 31 del D.Lgs n. 112/98, che recita:
“31. Conferimento di funzioni agli enti locali
1. Sono attribuite agli enti locali, in conformità a quanto disposto dalle norme sul principio di adeguatezza, le funzioni amministrative in materia di controllo sul risparmio energetico e l'uso razionale dell'energia e le altre funzioni che siano previste dalla legislazione regionale.
2. Sono attribuite in particolare alle province, nell'ambito delle linee di indirizzo e di coordinamento previste dai piani energetici regionali, le seguenti funzioni:
a) la redazione e l'adozione dei programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico;
b) l'autorizzazione alla installazione ed all'esercizio degli impianti di produzione di energia”.
Scaturisce da qui la proposta, da perseguire con fermezza, di riprendere ed aggiornare con urgenza, alla luce del PEAR approvato e del suo aggiornamento, il “Programma di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico”, approvato con Deliberazione di Consiglio Provinciale di Lecce n. 36 del 23.04.2004. Detto Programma potrà raccogliere e aggiornare le stime sulla potenza fotovoltaica potenzialmente installabile sulle coperture esistenti (residenziali, industriali, commerciali, del terziario ecc.), in grado secondo qualificati dati preliminari di coprire ampiamente il fabbisogno elettrico dell’intera Provincia senza intaccare nuovo suolo agricolo.
Anche i Comuni con una popolazione superiore a 50.000 abitanti (come Lecce) sono obbligati a approvare un Piano Energetico Comunale, da integrare nel Piano Regolatore Generale (art. 5 Legge n. 10/91).
Gli strumenti indicati sono fondamentali per dare indicazioni di dettaglio degli interventi insediativi, tuttora vaghe e limitate per esclusione dalle “aree non idonee” nel quadro normativo attuale, ma che lasciano piena discrezione al proponente di individuare il sito di installazione.
Una corretta pianificazione saprà inoltre indicare le potenzialità degli impianti da collocare sulle coperture di edifici esistenti, potenzialità questa sistematicamente trascurata e sottovalutata.
Il completamento di un corretto quadro di pianificazione energetica locale (regionale, provinciale e comunale) rappresenta un significativo indice della volontà politica di contrastare il fenomeno in atto, piuttosto che limitarsi a generici proclami di facciata, o affidarsi alle pastoie del procedimento amministrativo, o nella migliore delle ipotesi a “regolamenti” locali, armi spuntate rispetto alle sovraordinate norme nazionali.
Un nuovo quadro di programmazione non può tuttavia prescindere dalla considerazione della taglia, della finalità, delle modalità installative, dell’impianto proposto. In tal senso occorre distinguere, ad esempio, i grandi impianti in pura cessione alla rete, con fini marcatamente speculativi, dalle piccole installazioni al servizio di utenze locali, su coperture esistenti, il cui iter procedurale dovrebbe essere al contrario agevolato e snellito.
È necessario uscire dalla logica della produzione di energia elettrica come merce soggetta alle sole leggi del libero mercato: l’energia elettrica è da considerare un “bene comune” alla stessa stregua dell’acqua e dell’aria, da produrre non per intenti speculativi, ma per soddisfare ben precise esigenze di copertura dei consumi.
Sono necessari atti d’indirizzo, norme e incentivi a livello nazionale e locale per passare con decisione ad un nuovo modello energetico decentrato, con impianti di piccole-medie dimensioni ubicati su coperture esistenti o in zone residuali, collegati in rete, con l’obiettivo dell’autonomia energetica delle comunità locali, svincolate così da monopòli e caste energetiche.
Occorre poi ricordare che le fonti energetiche più pulite e convenienti restano il risparmio, l’efficienza e l’uso appropriato dell’energia.
Lecce, 24 novembre 2020
RETE AMBIENTE E SALUTE SALENTO
apr292010
La Cgil contro l’impianto fotovoltaico - ANTONIO LIGUORI
• G A L AT I N A .
“Bisogna evitare che il nostro territorio diventi unalanda sterminata di specchi di silicio”.
Dissenso alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico in località Roncella, fra Galatina e Noha, dallaMacroarea Cgil di Galatina, Maglie e Nardò. Il responsabile territoriale Nicola De Prezzo invita il sindaco Giancarlo Coluccia a verificare “i tempi e leprocedure esperite dal Comune nella valutazione del progetto.
La costruzione diun impianto fotovoltaico in località Roncella - prosegue De Prezzo - suscitaperplessità sia per le modalità che per i tempi, a pochi giorni dal voto per ilrinnovo del consiglio comunale. Vengono al pettine i nodi della lunga gestionecommissariale e il mancato controllo democratico. Il progetto della Società Fotowatio Italia Galatina srl, che a pieno regime avrà una potenza di circa 10megawatt, dovrà sorgere in un territorio a vocazione agricola, e si aggiunge ad altri già realizzati nell’agro galatinese.
La Cgil – prosegue De Prezzo chiede alla giunta regionale e alla Provincia, i cui presidenti in campagna elettorale si sono espressi contro la realizzazione di impianti di energiaalternativa fuori da qualsiasi strategia e per la salvaguardia dell’ambiente,di intervenire bloccando i lavori e predisporre un progetto territoriale programmato per impianti di questa portata. Il neo sindaco Coluccia ha l’obbligo, essendo espressione dei cittadini nohani, di verificare i tempi e le procedure, di invitare la Fotowatio a soprassedere in attesa che il consiglio comunale riesamini la vicenda, riveda i progetti già presentati e in via diautorizzazione, approvi le linee generali di indirizzo per l’installazione diimpianti di energia rinnovabile che la scadenza anticipata impedì al vecchio Consiglio di deliberare”.
FONTE: Gazzetta del mezzogiorno, 29 Aprile 2010
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GALATINA UNA DETERMINA DEL SERVIZIO ENERGIA SBLOCCA L’ITER PER LAREALIZZAZIONE
• G A L AT I N A .
Via libera della Regione alla realizzazione di unimpianto di produzione di energia elettrica fotovoltaica in contrada «Roncella».
L’autorizzazione, che sblocca definitivamente l’iter per la realizzazionedi una struttura produttiva che avrà una potenza pari a 9,69 megawatt, è giuntonei giorni scorsi con la pubblicazione nel bollettino ufficiale della RegionePuglia di una determinazione del dirigente del servizio di Energia, Reti edInfrastrutture materiali per lo sviluppo. L’impianto, denominato “Ganascia 1” sarà realizzato nel territoriocomunale, dalla Società Fotowatio Italia Galatina srl e sarà attuato in unaampia area un tempo a destinazione agricola che si trova nella periferiacittadina. La struttura, che fin dalla presentazione del progetto a Palazzo Orsini èstata accompagnata da numerose polemiche e da molte perplessità espressesoprattutto da associazioni ambientaliste, ha ottenuto lo scorso marzo l’autorizzazione unica da parte della Regione Puglia dopo un lungo iter che hacoinvolto non solo il Comune di Galatina ma anche numerosi altri entiinteressati. Le maggiori critiche vennero espresse non solo sull’entità del progettoma anche sull’individuazione dell’area per tale realizzazione. La prima conferenza dei servizi venne convocata lo scorso ottobre ottenendoil pa rere favorevole dei ministeri competenti, della Regione Puglia, dell’Autorità di bacino della Puglia, dell’Agenzia regionale per la prevenzione e laprotezione dell’ambiente, che condizionò il suo via libera ad alcune procedurelegate alla salvaguardia del territorio, dalla Provincia di Lecce, dal Comunedi Galatina, dalla Asl e da altre autorità territoriali interessate all’impattodi tale progetto. In precedenza la stessa Fotowatio srl aveva rinunciato ad una analogarichiesta di autorizzazione unica per la costruzione ed esercizio di unimpianto denominato “Ganascia 2” della potenza di 4,68 megawatt. Lo scorso 18 febbraio, è stato sottoscritto l’atto di im pegno e laconvenzione che in pratica sblocca l’iter amministrativo dando il via liberaalla realizzazione dell’impianto. L’accordo è stato siglato dalla RegionePuglia, la società Fotowatio Italia Galatina srl ed il Comune di Galatina. L’autorizzazione unica costituisce autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto in conformità al progetto approvato.
FONTE: Gazzetta del Mezzogiorno, 27 Aprile 2010
Michele Stursi
gen212012
Premesso che:
Gentilissima dottoressa Pirreira, tutto ciò premesso, la preghiamo di adoperarsi nel verificare le motivazioni per le quali i lavori sono attualmente in una fase di stallo. Ci risulta che sono più di sei mesi che è stata presentata domanda di allaccio alla rete idrica e in particolare alla rete elettrica. Ma a tutt'oggi non c'è stata risposta. Riteniamo questa attesa pericolosa per la struttura visti i precedenti. Allo stesso modo le chiediamo di verificare se è stato espletato il bando di gara per gli arredi e le suppellettili che a noi - da quello che ci è dato di sapere - non risulta ancora espletato.
La ringraziamo per l'attenzione che ella ci presta e ci mettiamo a sua completa disposizione per ogni eventuale ulteriore approfondimento. Certi di un suo sollecito riscontro le porgiamo distinti saluti.
set072010
mag282010
La frase del titolo è un’esclamazione di Lorenzo Tomatis, uno dei maggiori oncologi del dopoguerra morto nel 2007.
crf “Così ci uccidono”, Emiliano Fittipaldi, Rizzoli, Milano, 2010.
Vogliamo un paese produttore di energie e quindi quasi certamente di rifiuti tossici o un bel paese?
La salvaguardia della natura va fatta a prescindere dal colore politico. Le amministrazioni pubbliche hanno il dovere di fare il bene per il popolo in maniera democratica. I cambiamenti di simpatia da un partito all’altro non devono influire sulle scelte guidate dalla ragione. La mia osservazione in merito a contrada Roncella, è volta alla difesa di quel territorio, che altrimenti verrebbe devastato dall’ennesimo impianto fotovoltaico. Oggi è una superstite area naturale, ancora incontaminata da prodotti di scarto dell’uomo. E non può essere paragonata a nessuna distesa di pannelli, nemmeno se sopra vi si dipingessero diecimila ulivi secolari o prati di papaveri rossi. Se ognuno di noi avesse più cura del proprio spazio, saremmo un paese civile. Purtroppo non è così.
Non è necessario essere professori o geni dell’economia per chiedersi da che parte sta la verità. Sarebbe sufficiente confrontarsi democraticamente (e lottare per mantenere questo diritto), informarsi ed avere un briciolo di attenzione per il mondo che ci circonda, comprese le attività di alcuni furbi rivolte esclusivamente al proprio lucro. Il territorio in quanto ambiente di vita per tutta la natura, fatta di flora e fauna e non di cemento e immondezzai, non ci appartiene. Lo abbiamo ereditato dai nostri predecessori, e siamo altresì obbligati a lasciarlo ai nostri successori indenne il più possibile da inquinamenti di ogni sorta.
Oppure pensiamo davvero di essere eterni o di poter arraffare tutto per portarcelo all’altro mondo?
I pannelli fotovoltaici di per sé inquinano, e non solo per le parti in plastica o derivati usate nella struttura o per i cablaggi vari, ma per il fatto stesso che per costruirle si inquina ma soprattutto un terreno ancora allo stato naturale si riempie di carcasse di alluminio, ferro e silicio. Ma visto che è proprio necessario procedere al fotovoltaico sarebbe bene utilizzare gli spazi già occupati da case, palazzi e capannoni (ce ne stanno a bizzeffe) prima di ricoprire i residui centimetri quadrati di terra a nostra disposizione.
Il problema allora non sta nella scelta del fotovoltaico, ma nel fatto che si finisce sempre per esagerare. Gli utili diretti spesso vanno a quei pochi che sfruttano il meccanismo degli incentivi, ribaltando sui poveri cittadini il costo sociale. A questi ultimi restano le briciole, le macerie da smaltire a fine ciclo degli impianti, i problemi ecologici derivanti dallo scempio ambientale, oltre che il costo degli incentivi (che di fatto sono pagati da tutti i contribuenti).
Oramai dovremmo sapere tutti che una richiesta maggiore di energia da parte del mercato serve solo a produrre ulteriori forme di inquinamento, sia nella fase di produzione dell’energia stessa (vedi scorie e rifiuti tossici vari) che nelle migliaia di oggetti usa e getta di cui stiamo riempiendo la terra. Senza accorgercene stiamo chiedendo di avere ulteriori “beni” spargi veleni: altre televisioni, altre luci da accendere, altre auto da rottamare, altri viaggi low-cost, altre inutili autostrade, altre TAV, altre piattaforme petrolifere, altre antenne per la telefonia, altri ponti sugli stretti…
Più questo trend cresce e più aumentano le aree pericolose per la salute pubblica, compresi i depositi tossici per decenni, secoli e millenni.
I turisti non verranno nel Salento, a Galatina, a Noha o in qualche altro paese intorno a noi per vedere distese di fotovoltaici o foreste di pale eoliche o, peggio ancora, coste ricoperte di colate di cemento sottoforma di ville, alberghi, capannoni o villaggi turistici. Gli spot pubblicitari sul nostro Salento ci parlano di mare, di coste naturali e di un territorio ancora indenne da segnali di inquinamento e di stupidità umana. Facciamo in modo che questa volta non si tratti della solita propaganda ingannevole.
La difesa di questo patrimonio di benessere dal vandalismo consumistico o dalle paventate sedi di nuove Cernobil, con connessi depositi di scorie radioattive, dovrebbe essere per ognuno di noi il primo obiettivo da raggiungere.
L’energia è necessaria, ma la terra è indispensabile. Non ne abbiamo altre sulle quali poter vivere.
Marcello D’Acquarica
set062010
Tira una brutta aria eolica, per le ninfe e i fanciulli che da millenni vivono tra gli ulivi secolari del meraviglioso colle San Giovanni a Giuggianello: non hanno i timbri in regola. C' è chi dirà: ma se ne hanno scritto Nicandro e Ovidio e probabilmente pure Aristotele! Fa niente: non hanno i timbri in regola. Lo dice una sentenza del Consiglio di Stato. Secondo il quale un posto può anche essere la culla della memoria magica di un popolo ma se non ha le carte in regola, cioè un timbro della sovrintendenza che dice che effettivamente è la culla della memoria magica di un popolo, non ha diritto a tutele. Testuale: «A prescindere dal fatto che tali miti e leggende non risultano essere stati individuati da un provvedimento legislativo, non si vede come l' impianto degli aerogeneratori possa interferire su tale patrimonio culturale». Appunto: «non si vede». Nel senso che i giudici non hanno «visto» l' area in cui dovrebbero sorgere le immense pale eoliche se non sulla carta. Perché certo non avrebbero mai potuto scrivere una cosa simile se fossero saliti su queste colline dolci che hanno incantato nei secoli i viaggiatori. Se avessero visto, scavata nella viva roccia, l' antica e commovente chiesetta rupestre di San Giovanni. Se si fossero fermati davanti a questi massi enormi dalle forme incredibili che scatenarono le fantasie e la devozione dei nostri avi. Se avessero camminato all' ombra di questi ulivi grandiosi. Come può un paradiso bucolico come questo non essere devastato da 12 pale eoliche alte 80 metri cioè quanto 12 palazzine di 25 piani? Eppure questo, salvo miracoli, è il destino della Collina dei Fanciulli e delle Ninfe a Giuggianello, pochi chilometri a sud della strada che da Maglie porta a Otranto, nel Salento. Non è un punto qualunque sulla carta geografica, questa collina. Come spiega l' ambientalista Oreste Caroppo in un delizioso saggio, è conosciuto «l' Acropoli della civiltà messapico-salentina antica». Qui sono ambientate da migliaia di anni leggende riprese da Nicandro di Colofone: «Si favoleggia dunque che nel paese dei Messapi presso le cosiddette "Rocce Sacre" fossero apparse un giorno delle ninfe che danzavano, e che i figli dei Messapi, abbandonate le loro greggi per andare a guardare, avessero detto che essi sapevano danzare meglio. Queste parole punsero sul vivo le ninfe e si fece una gara per stabilire chi sapesse meglio danzare. I fanciulli, non rendendosi conto di gareggiare con esseri divini, danzarono come se stessero misurandosi con delle coetanee di stirpe mortale; e il loro modo di danzare era quello, rozzo, proprio dei pastori; quello delle ninfe, invece, fu di una bellezza suprema. Esse trionfarono dunque sui fanciulli nella danza e rivolte ad essi dissero: "Giovani dissennati, avete voluto gareggiare con le ninfe e ora che siete stati vinti ne pagherete il fio". E i fanciulli si trasformarono in alberi, nel luogo stesso in cui stavano, presso il santuario delle ninfe. E ancora oggi, la notte, si sente uscire dai tronchi una voce, come di gente che geme; e il luogo viene chiamato "Delle Ninfe e dei Fanciulli"». Un mito rilanciato, come dicevamo, da Publio Ovidio Nasone. E trattato anche nel Corpus Aristotelico dove si accenna al salentino Sasso di Eracle: «Presso il Capo Iapigio vi è anche una pietra enorme, che dicono venne da Eracle sollevata e spostata, addirittura con un sol dito». E coltivato dai contadini della zona che raccomandavano ai figlioletti di non andare a giocare alle rocce del «Letto della vecchia», del «Sasso di Eracle» e del «Piede di Ercole», spiega Caroppo, perché potevano «apparire loro le fate» e chissà quale incantesimo erano capaci di fare. Leggende. Ma nessuno, un tempo, avrebbe osato profanare un sacrario della memoria antica come questo. Così come nessuno avrebbe osato abbattere migliaia di ulivi stuprando quella che da secoli è l' immagine stessa del Salento. Marcello Seclì, presidente della sezione salentina di Italia Nostra, non si dà pace mentre ci trascina tra i viottoli delle campagne tra Parabita e Gallipoli e poi a Scorrano e a sud di Maglie e mostra come intere colline siano state tappezzate da quell' altra forma di violenza alla natura che possono essere le distese sterminate di pannelli fotovoltaici. Pannelli bruttissimi. Giganteschi. Tirati su senza rispetto per la natura. Per la fatica dei nostri nonni che piantarono gli ulivi sradicati. Per la vocazione turistica dell' area. Fa impressione rileggere oggi quel che mezzo secolo fa scriveva sul «Corriere» Alberto Cavallari parlando del Salento come del «più bel paesaggio d' Italia»: «Sorgono nel leccese i paesi più affascinanti del Sud, come Nardò, o la città morta di Otranto. Restano infatti i borghi civili, asciugati dal mare e dal vento, nitidi come la loro povertà. Le coste, spesso frastagliate nello scoglio, non sono ancora deturpate: sono piene di grotte, leggendarie e favolose, mentre lontano si vedono le "pagliare" dei pastori, e i riverberi, i luccichii dei due mari (come una volta scrisse Piovene) "sembrano quasi incontrarsi a mezz' aria" nel punto in cui l' Italia finisce, o meglio sfinisce, dentro l' atmosfera di un miraggio». Non aveva dubbi, Cavallari: «Difendere questa provincia e conservarla è così certo l' unico modo di fare della buona economia». Questo doveva fare, il Salento: puntare su «un turismo di classe, come quello che si svolge in Grecia, redditizio e ricco, e certo meglio di un' industrializzazione assurda e asfittica». I dati di questi giorni dicono che il turismo è davvero la chiave della ricchezza salentina. L' Apt gongola sventolando un aumento del 5%, che in questi tempi di magra vale doppio. E contribuisce a «collocare il Salento ai vertici della classifica nazionale». Italiani, soprattutto. Ma anche tanti stranieri. In testa tedeschi, francesi e inglesi. Vengono per vedere la cattedrale di Otranto e inginocchiarsi davanti alle reliquie dei morti nella strage del 1480 ed emozionarsi nel leggere che il corpo senza testa di Antonio Pezzulla detto il Primaldo, il primo degli ottocento martiri di Otranto a venire decapitato per ordine del Gran Visir Achmet «lo Sdentato», «si alzò e restò in piedi fino al termine della strage e non ci fu forza che valesse ad atterrarlo». E poi vengono per le orecchiette e i turcinieddhri e le ' ncarteddhrate e tutte le altre leccornie della formidabile cucina salentina e il suo olio e il suo vino. E vengono per la notte della Taranta, quando a fine agosto accorrono in decine di migliaia a Melpignano per ballare e ballare fino a uscir di senno con la «pizzica pizzica». Ma verrebbero ancora, se il Salento fosse definitivamente stravolto da una edilizia aggressiva che ha già deturpato parte delle sue coste come a Porto Cesareo, San Cataldo o Ugento? Se le distese di ulivi che costituiscono la sua essenza fossero sistematicamente rase al suolo? Se questo panorama che trae la sua bellezza non dalla vertigine delle vette dolomitiche ma dalla dolcezza delle distese appena ondulate venisse trafitto da centinaia e centinaia di pale eoliche? «Lecce, città dell' arte, / se ne infischia / di chi arriva e di chi parte», dice un vecchio ritornello usato dagli antifascisti il giorno in cui Achille Starace, il braccio destro di Mussolini che era nato a Sannicola, tornò in pompa magna della terra natia. E per certi versi la città è rimasta così come la vide Cavallari. Una città «aristocratica, spagnolesca, narcisista». In qualche modo «tagliata fuori dalla Puglia dinamica». Dove, nonostante l' orrore di certi quartieri residenziali e la bruttura della ragnatela di cavi neri che dovrebbe servire la metropolitana di superficie incompiuta da un mucchio di anni, è ancora emozionante camminare tra pietre e chiese di rara eleganza. Il problema di chi arriverà ancora e di chi se ne andrà, però, esiste. E dipende dal rischio di un' accentuazione del degrado paesaggistico. Cinquantuno anni dopo, il reportage a puntate lungo le coste scritto da Pier Paolo Pasolini per la rivista «Successo» e riproposto nella versione integrale con il titolo «La lunga strada di sabbia» da Contrasto, va riletto: «In quello slanciato ammasso di case bianche, inanellato da lungomari e da moli, la gente vive una vita autonoma, quasi ricca, si direbbe, quasi non ci fosse soluzione di continuità con qualche periodo della storia antica, che io non so, né faccio in tempo a capire: il demone del viaggio mi sospinge giù, verso la punta estrema. Ci si arriva lentamente, mentre intorno la regione si trasforma, si muove in piccole ondulazioni, si ricopre d' ulivi. Santa Maria di Leuca si stende lungo il mare con una fila di villini liberty, lussuosi, rosei e bianchi, incrostati d' ornamenti, circondati da giardinetti...» Fece una gran fatica, PPP, «nel sole feroce» ad arrivare fino alla punta estrema del tacco d' Italia, fino a questo splendido promontorio dove, come ha scritto Giuseppe Salvaggiulo nel libro collettivo «La colata» scritto con Andrea Garibaldi, Antonio Massari, Marco Preve e Ferruccio Sansa, «sei ancora sulla terra, ma ti senti già in mare». E forse proprio per questo tanti viaggiatori ci vengono ancora: perché non è alla portata di tutti, appena fuori da uno svincolo autostradale come tanti vacanzifici traboccanti di discoteche, bazar e McDonald. Perché arrivarci costa fatica. E questa fatica appare loro in qualche modo obbligata per assaporare il gran premio finale: la vista su un mare di una bellezza che ti mozza il fiato. Diceva il poeta e saggista Franco Antonicelli, in occasione di un lontano viaggio con Italo Calvino: «Anche Reggio Calabria è alla fine della penisola, ma subito dopo c' è l' isola e subito dopo l' Africa; non c' e tempo di perdersi. Ma a Leuca sì...» Di là del promontorio c' è il mare. Solo il mare. «Uffa!», sbottano gli «sviluppisti». E dicono che no, anche il luogo più lontano d' Italia, quello che partecipò al processo unitario solo con Liborio Romano, di cui parla Nico Perrone, deve essere collegato al resto del mondo con una superstrada. Un' arteria che dovrebbe partire da Maglie e scendere giù per 40 chilometri, con le sue 4 corsie per 22 metri complessivi e un viadotto di 500 metri su 26 piloni di cemento fino a una mastodontica rotonda del diametro di 450 metri, lunga un chilometro e mezzo, che intrappola un' area estesa quanto 23 campi di calcio. Una mostruosità, dicono gli ambientalisti. Che stanno dando battaglia a colpi di ricorsi un po' a tutto. Alla superstrada voluta da Raffaele Fitto, il giovane ministro amatissimo da Berlusconi e figlio di quella Maglie che in passato aveva dato all' Italia uomini della statura di Aldo Moro. A ulteriori cementificazioni di coste già abbruttite da lottizzazioni selvagge. Al progetto spropositato di quadruplicare il santuario di Santa Maria de Finibus Terrae svettante su Santa Maria di Leuca e farne un edificio (citiamo ancora «La colata») di «ventiduemila metri cubi eretti su una superficie grande la metà di un campo di calcio per ospitare otto celebrazioni giornaliere, presbiterio con annesso palco per quaranta sacerdoti concelebranti, penitenzieria con almeno dieci postazioni confessionali, aule per catechesi e attività connesse».. Battaglie difficili. Segnate a volte da sconfitte sconcertanti. Come quella della sentenza sulla Collina delle ninfe che ribaltava il verdetto del Tar che aveva accolto in pieno la tesi dell' avvocato Valeria Pellegrino spiegando che l' impianto eolico andava bloccato perché quei miti e quelle leggende millenarie avevano determinato «un legame tra le popolazioni che ruotano attorno all' area de qua che va ben oltre la percezione visiva e dunque fisica dei luoghi». O come un altro verdetto del Consiglio di Stato che, anche qui ribaltando il precedente giudizio del Tar che dava ragione all' avvocato di Italia Nostra Donato Saracino, ha accolto le tesi della società tedesca Schuco International. La quale aveva comprato terreni a Scorrano per metterci un mare di pannelli fotovoltaici per un totale di una quindicina di megawatt. Un impianto enorme. Frazionato in quattro pezzi diversi, con una furbizia «all' italiana», per stare al di sotto di certi limiti ed evitare la grana della Via, la valutazione dell' impatto ambientale. Vi chiederete: come mai anche i tedeschi vengono a investire nel Salento? Perché nel nostro Paese del Sole, dove fino al 2006 si produceva con i pannelli 70 volte meno che nella «grigia» Germania, è stata fatta una scoperta: il «solare» può essere una manna. I dati dicono che nel 2009 l' elettricità da fonti rinnovabili è aumentata del 13%. Ma se l' eolico ha avuto una crescita del 35%, il fotovoltaico ha registrato in dodici mesi un boom: + 418%. Tredici volte di più. Sia chiaro: come per le pale eoliche, anche per il fotovoltaico vale lo stesso discorso. C' è modo e modo, c' è luogo e luogo. Gli incentivi, qui, sono faraonici. Come in nessun Paese al mondo. In base alle regole introdotte nel 2007, per esempio, si prendono i soldi per l' elettricità prodotta anche per impianti microscopici. E tutto si scarica sulle tariffe: più energia rinnovabile viene prodotta, più le bollette sono care. La progressione è geometrica. Nel 2008 gli incentivi fotovoltaici hanno pesato sugli utenti per 110 milioni di euro? L' anno seguente sono triplicati: 344. Ovvero un sesto di quanto abbiamo speso per incentivare le fonti rinnovabili: oltre 2 miliardi di euro. Conto salito nel 2010 a 3 miliardi. «Quasi il 10% - ha detto il presidente dell' Autorità per l' Energia Alessandro Ortis -, dell' intero costo del sistema elettrico» nazionale perché «l' incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell' energia prodotta. Così paghiamo l' energia incentivata 3 volte quella convenzionale». E questo in un Paese dove già prima dell' esplosione di questo business le bollette erano le più care d' Europa. Ma è niente, rispetto alle previsioni dell' authority. La quale ipotizza, nel caso di raggiungimento degli obiettivi assegnati per il 2020 da Bruxelles ai vari Stati europei, una spesa aggiuntiva astronomica a carico di chi paga la bolletta: cinque miliardi l' anno per il 2015, sette per il 2020. Dei quali metà per i soli pannelli fotovoltaici. E questo, dice l' Autorità per l' energia, anche nel caso in cui gli incentivi vengano ridotti via via al 50%. Il guaio supplementare è che in un territorio urbanizzato come quello italiano, i pannelli finiscono per rubare terreni all' agricoltura. Alla faccia dei dubbi che già negli anni Novanta aveva manifestato Carlo Rubbia secondo il quale «per soddisfare la metà del nostro futuro fabbisogno elettrico con l' energia solare servirebbero circa 22.000 chilometri quadrati di pannelli, un' area grande più o meno quanto tutta la Sardegna». Ma sapete com' è fatta l' Italia: o tutto o niente. Così, dal totale disinteresse per le fonti rinnovabili, si è passati a un eccesso di incentivi. Mettetevi nei panni di un agricoltore: perché dovrebbe arare, seminare e trebbiare quando è molto meno faticoso e più redditizio riempire un campo di pannelli? E rieccoci in Puglia e nel Salento. Dove a chi installa meno d' un megawatt è sufficiente presentare, come abbiamo visto, una semplice Dia. Se la regione con più impianti fotovoltaici è la Lombardia (13.617), seguita da Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, la Puglia è quella che produce di più: 295 megawatt, dei quali 239 prodotti da 497 impianti collocati su terreni agricoli, per una superficie di 358 ettari. Viene dalla Puglia il 20% circa di tutta l' energia solare italiana, pari a 1.509 megawatt: potenza che richiede oltre 2.250 ettari di pannelli. Il Salento contribuisce alla produzione pugliese col 30%: vale a dire 87,6 megawatt, dei quali ben 76,6 su 115 ettari «rubati» all' agricoltura. Ma sono dati ufficiali che per Marcello Seclì sono già sfigurati dai nuovi impianti: «Il boom è nella seconda metà del 2009. In provincia di Lecce, secondo noi, sono già stati impegnati 2000 ettari, per la maggior parte non ancora collegati». E potete scommettere che la corsa non cesserà molto presto. I nuovi incentivi stabiliti dal ministero per lo Sviluppo economico da mesi occupato ad interim da Berlusconi, variano da un minimo di 28 a un massimo di 44 centesimi di euro al chilovattora. Da quattro a sei volte più del prezzo medio (7 centesimi) dell' energia elettrica prodotta con sistemi tradizionali. Avanti così, perché un contadino dovrebbe piegare la schiena sulla terra?
fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2010/agosto/28/
Pannelli_solari_pale_tra_gli_co_9_100828006.shtml
RIZZO SERGIO, STELLA GIAN ANTONIO
Dopo breve inesorabile malattia, si è spento prematuramente a Noha il carissimo Gino Serra, bravo ragazzo e bravo lavoratore alle dipendenze del Supermac.
La redazione di questo sito porge sentite condoglianze al papà, alle sorelle, ai cognati e ai suoi nipoti.
Riposa in pace, Gino.
E scusaci se la nostra vita, qui nel Salento ma anche altrove in Italia, è diventata un terno al lotto. Scusaci se ci ricordiamo di parlare dei mali incurabili di questa terra martoriata quando è sempre troppo tardi. Scusaci se chiamiamo “progresso” l’asfalto e il cemento; “occupazione” i fumi delle ciminiere e le polveri sottili. Scusaci se chiamiamo “Pil (prodotto interno lordo)” la spazzatura abbandonata ovunque; “energia” il fotovoltaico selvaggio in mezzo alle campagne; “divertimento” la nostra stupida vanità; “risparmi” i tagli alla Sanità, quelli che ci fanno attendere sulle barelle per giorni, quelli dei viaggi della speranza nel nord della penisola, quelli degli esami che arrivano dopo che non ci siamo più, quelli del giro d’affari di medici che pensano solo al portafoglio e non alla salute dei malcapitati.
Scusaci tanto. Gino.
La redazione di Noha
gen102015
Sorpresi durante un furto di pannelli fotovoltaici, hanno dapprima tentato di speronare la pattuglia delle guardie giurate, per poi dileguarsi lungo il canale del fiume Asso. Ma dopo qualche un po’ il loro fuoristrada si è impantanato ed i malviventi sono stati costretti ad uscire dai finestrini, per poi darsi alla fuga.
È accaduto nella serata di ieri a Noha, dove quattro individui incappucciati hanno tentato il furto di lastre in silicio da un impianto fotovoltaico che sorge in contrada “Gamascia”.
Tutto ha avuto inizio intorno alle 21.30, quando la centrale operativa della “Fidelpol”, grazie all’impianto di videosorveglianza, ha notato quattro persone all’interno dell’impianto. Subito è stata inviata sul posto una pattuglia, che ha costretto i malviventi a dileguarsi. Ne è nato un inseguimento, durante il quale i banditi hanno tentato di speronare l’auto delle guardie giurate, non riuscendoci.
La fuga dei ladri è proseguita nelle campagne circostanti, finché il loro fuoristrada Toyota (risultato rubato, così come le sue targhe) è entrato nel canale del fiume Asso, proseguendo la sua corsa. Tuttavia, dopo qualche minuto il mezzo si è impantanato ed i malviventi sono stati costretti ad uscire dai finestrini, per potersi allontanare, evitando così di finire nei guai.
Sul posto sono poi intervenuti i carabinieri, che hanno avviato le ricerche dei fuggitivi ed eseguito un sopralluogo all’interno della struttura per la produzione di energia alternativa, all’interno della quale si erano introdotti, dopo avere praticato un buco nella recinzione metallica: i ladri, fortunatamente, non sono riusciti a rubare nulla. Le indagini sono affidate ai carabinieri della locale stazione, dipendenti dalla Compagnia di Gallipoli, che hanno provveduto a sequestrare il fuoristrada.
fonte:www.corrieresalentino.it
lug262011
Perché sia imposta una moratoria urgente per tutte le miriadi di impianti eolici e fotovoltaici industriali in progetto nel paesaggio del Bel Paese, l’ Italia, e che comporterebbero se realizzati la cancellazione totale di tutto ciò che significa “Italia” nel mondo, nonché gravi problemi di disagio e mobilitazione sociale a difesa del vitale spazio vitale e del territorio! Fatta l’Italia, fatti gli italiani, dopo 150° anni di speculazioni crescenti, ed impennatesi esponenzialmente oggi nella grave aberrante iper-speculazione della mala della Green Economy Industriale, ora abbiamo bisogno di rifare il paesaggio identitario, rurale, storico e naturale, d’Italia, e di farlo risorgere e restaurarlo a 360°!
Il gruppo, dall’eloquentissimo nome “Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi”, nato su facebook (http://www.facebook.com/groups/192311587488270), ma già attivo anche nella realtà delle relazioni umane e sul territorio, ha ormai raggiunto e ampiamente superato la simbolica soglia “dei 1000” iscritti, nonostante si sia costituito solo da pochissimi giorni! Vi è un malumore dilagante, enorme, in tutta la Nazione, da un capo all’altro della penisola e sulle sue isole, che sta trovando così sfogo e forme di coordinamento ed organizzazione, attraverso il canale iniziale del social network di internet facebook, per reagire contro la mala della Green Economy Industriale, che tiene quasi del tutto in mano l’informazione di molte tv nazionali, e ha creato una macchina di controllo mediatico fittissima, atta a non dare voce, e a gettare fango su chi sta cercando di fare emergere tutta la Verità relativa al sistema di fondamentalismo fanatico interessato falso-verde, neo-industrialista, mistificatorio, e iper-speculativo, cresciuto sul tema, strumentalizzato oltre ogni immaginazione, dei cambiamenti climatici causati dall’uomo.
Una macchina impressionante della menzogna che ha trasformato immoralmente le energie rinnovabili, che con forme virtuose di utilizzo dovevano negli intenti iniziali, salvare il nostro Pianeta, nel più grande e devastante per lo stesso Pianeta, business fraudolento di inizio millennio! La gravità di quanto avvenuto, se da un lato distrugge l’ambiente ed il paesaggio in ogni dove ed in ogni direzione con impianti di dimensioni mastodontiche a fini puramente economici, dall’altro sta erodendo democrazia e libertà, oltre che calpestando diritti fondamentali dei cittadini. Il gruppo pertanto indirettamente persegue anche l’obiettivo, altra faccia della stessa medaglia della protezione del paesaggio, di salvare anche la stessa “filosofia buona di fondo” delle energie rinnovabili, da queste aberrazioni mostruose industriali ed oligopolistiche che le stanno snaturando profondamente, e rubando di fatto ai cittadini medesimi!
La forza del vasto crescente gruppo sta anche nella sua costitutiva apartiticità ed al contempo apertura a tutti senza distinzioni alcune a tutti coloro che stanno percependo in tempo tutta la gravità della catastrofe falso-verde in corso! Anche da diverse associazioni nazionali, ormai nella sostanza del tutto pseudo-ambientaliste, scivolate nella macchina speculativa della Green Economy, numerosi sono coloro che stanno prendendo le distante dai loro direttivi degenerati, e stanno sostenendo queste nuove realtà organizzative espressione della necessità di reagire e di salvare la vera “ecologia”, dall’ ecologia malata e strumentalizzata che oggi l’ Italia subisce come un flagello! Il Gruppo è totalmente aperto a chiunque sia contrario e sensibile alla devastazione del paesaggio da impianti industriali fotovoltaici ed eolico sulle aree verdi.
In quasi tutto il territorio nazionale è in scandaloso corso una installazione selvaggia di impianti industriali fotovoltaici a terra in zone agricole e naturali e sui laghi, e di eolico, con torri di media e mega altezza (fin anche oltre 100 m ,e anche 150 m), tanto in mare quanto sulla terraferma, spesso anche senza alcuna informazione del cittadino. Viene calpestata il più delle volte ogni buona norma per la distanza degli impianti da abitazioni e presenze umane. Chi ne viene danneggiato, case sparse ed agriturismi, non è giusto che debba subire i danni materiali da deprezzamento dell’immobile oltre le spese per difendere i propri beni da tali scempi, e danni morali e psico-somatici da impatto ambientale (acustici, visivi, elettromagnetici) per 20 anni fino a dismissione dell’impianto. Inoltre essendo autorizzazioni “rinnovabili” è probabile che avendo già una predisposizione possano rimanere per sempre operanti in loco. Quindi dobbiamo batterci sia per noi stessi che per le bellezze naturali d’Italia, prima vanto e attrazione turistica, ora deturpate da questi mostri che dovrebbero produrre energie “pulite” alternative e non distruttive del territorio, che pertanto pulite non sono. Siamo favorevoli alle energie alternative, ma sui tetti e tettoie di tutti gli edifici recenti, per l’autoconsumo, sopra i capannoni industriali, nei parcheggi, autostrade ecc., purché si eviti di sottrarre i terreni all’agricoltura e ai paesaggi ricchi di verde della nostra nazione.
Siamo stati tutti in prima linea nella lotta contro la “Pazzia del Nucleare”, e lo abbiamo fatto perché credevamo e crediamo davvero nella possibilità di produrre energia pulita per rispettare ambiente e paesaggio insieme, attraverso il fotovoltaico ubicato sui tantissimi tetti inutilizzati degli edifici recenti, ed è per questo che affermiamo che sarebbe un crimine continuare ad appioppare il falso nome di “energie pulite” al mega e medio eolico e al fotovoltaico nei campi e sui laghi con cui si vuole oggi distruggere la nostra nazione, l’Italia, il giardino bello del Mediterraneo con la cornice del suo incantevole mare, la più bella nazione del mondo culla di cultura e vita, da millenni! I principi fondanti delle richieste di questo gruppo: sono sintetizzati nel nome del gruppo stesso "Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi", e, alla luce dell'attuale tecnologia eolica falcidia uccelli e paesaggio, si aggiunga "e nel mare"; Pertanto:
-) Sì solo al fotovoltaico sui tetti di tutti gli edifici recenti – e sottolineiamo “recenti” per evitare di dare lo spiraglio ad altri disastri della Nazione da iper-sfavorire, dei suoi centri, palazzi e luoghi storici;
-) No al mega e medio eolico ovunque per il suo danno paesaggistico di portata chilometrica.
Il principio forte e nuovo, e più onnicomprensivo, che viene lanciato da questo comitato, è la “DECEMENTIFICAZIONE”, che noi chiediamo per la nostra Nazione, la sua bonifica dal cemento, di cui questa mala della Green Economy Industriale è figlia (vedi basamenti di cemento di torri eoliche e pannelli nei campi), e quindi la sua rinaturalizzazione, in cui crediamo, e che vogliamo e che sappiamo, in coscienza e scienza, essere davvero fattore strategico per la nostra vita e crescita culturale umana ed economica! Di fronte alla noncuranza con cui taluni difendono il fotovoltaico industriale a terra, sebbene quasi tutti, sono persone più o meno direttamente collegate al nero business sottostante, ci chiediamo retoricamente “quanti hanno un’idea di come viene prodotto il cibo che tutti noi consumiamo”!? Solarizziamo pertanto tutti tetti gli sconfinati tetti degli edifici recenti, e solo dopo averlo fatto valutiamo cosa serve ancora all' Italia davvero, e vediamo un po' intorno a noi, solo allora, cosa offrono i vari “pifferai magici” per poi decidere con saggezza; la stessa saggezza di chi dirà si oggi solo al fotovoltaico sui tetti per salvare campi, mare e cielo, vita, nerezza paesaggio! Sui tetti delle brutture della modernità del cemento i pannelli fotovoltaici non possano peggiorare in alcun modo tali orrori, al più su questi edifici recenti i pannelli possono dare un tocco di estetica! Tutt'altro il discorso per edifici storici e centri storici dove ai normali pannelli occorre sostituire e pensare, se proprio anche lì dei privati vogliano ubicarvi impiantini solari, a soluzioni iper-integrate, innovative e di zero impatto estetico!
Alcune associazioni falso-ambientaliste stanno tentando di favorire soluzioni miste tra fotovoltaico ed agricoltura, con serre fotovoltaiche, panelli sospesi ecc. che comunque sottraggono la risorsa “Sole”, al mondo vegetale e pertanto di dubbia efficacia e di conclamata dannosità paesaggistica, pur di favorire ancora la fotovoltaicizzazione ed iperelettrificazione speculativa dei campi, sulla cui nocività per innumerevoli fattori (dall’ uso dei diserbanti, ai campi elettromagnetiche, ai componenti nocivi dei pannelli, come per il Tellururo di Cadmio, l’Arseniuro di Gallio, ecc.) oggi colpevolmente da parte delle autorità pubbliche preposte (Asl, ARPA, ecc.) ancora non si indaga adeguatamente, con il grave rischio di avere tra qualche anno un’emergenza del tipo di quella “amianto” causata da una eccessiva superficialità iniziale!
Le stesse associazioni, mere scatole svuotate degli originari valori statutari ecologisti, si dicono, strumentalmente, “favorevoli all’ubicazione dei pannelli fotovoltaici in zone agricole”, che essi definiscono “degradate”! “Degradate” !? Ma non si deve assolutamente introdurre in queste logiche il concetto stesso di zone degradate!!! Sarebbe iper-sbagliato! Nelle cave, ad esempio, si facciano laghi, si piantino piante, si coltivi! Nelle aree degradate agricole, inquinate, cementificate, le si de-cementifichi, le si bonifichi dagli inquinanti e le si ri-naturalizzi! Le si rimboschisca, se si ha davvero a cuore i clima del globo, e soprattutto il microclima e la biodiversità! Le si facciano tornare campi e pascoli fertili e produttivi!
Le aree degradare dall'uomo ad hoc esistono già e si chiamano "zone industriali" preesistenti, e tante con tanti lotti inutilizzati ancora, o dismessi, e son pure già urbanisticamente infrastrutturate ad hoc per la sicurezza, e programmate non certo per viverci! I pannelli fotovoltaici vadano su tetti di tutti gli edifici recenti, migliaia di ettari inutilizzati e biologicamente morti, di nullo valore estetico! Solo dopo averli occupati ci metteremo a tavolino e decideremo cosa altro ci serve in termini energetici! E faremo eventualmente altre concessioni, come sistema Italia, ma intanto anche la tecnologia delle rinnovabili sarà avanzata, più efficiente e di minore impatto, rispetto a quella attuale di eolico e fotovoltaico, tecnologicamente disponibile sul mercato, e che siamo costretti ad affrontare! Il concetto di area degradata pro-fotovoltaico è pericoloso, pericolosissimo, si presta a mille invenzioni diaboliche da parte delle male lobbies di speculatori politico-imprenditoriali, scoraggia ogni futuro intervento di restauro paesaggistico, di cura del paesaggio che deve partire proprio dalle aree degradate e che deve essere il contributo che da noi tutti più deve giungere alla cultura amministrativa italiana, dove deve divenire pratica prioritaria!
Ed inoltre in un circolo vizioso, tale concetto porta a degradare strumentalmente aree oggi non tali, al fine di favorirvi la speculazione, quasi fisiologicamente “mafiosa”, della Green Economy Industriale, fisiologicamente tale poiché fondata non sui doni della terra o del sole e del vento, ma sui nostri incentivi pubblici, e poiché depreda noi tutti non solo dei nostri denari, ma anche del nostro vitale habitat e del nostro paesaggio, il libro aperto al cielo della nostra storia ed identità, la scenografia della piacevolezza della nostra esistenza! Paesaggio che questa estesa mala distrugge incostituzionalmente ed immoralmente come nulla mai sin ad oggi nella storia umana, con rapidità ed estensità inaudite! Si deduce oggi dalle ultime normative che: sono utilizzabili terreni da almeno 5 anni non coltivati per l’ubicazione dei pannelli nei campi per impianti industriali, cioè volti alla vendita dell’ energia”! Ma che significa?! Sono follie! Si vuole far passare per degradati terreni non coltivati da 5 anni almeno? Ma son proprio quelli i terreni più naturalmente fertili!! Ma si è smarrito ogni rapporto con la natura, con la scienza millenaria dell’agricoltura: sono i terreni a riposo, quelli più arricchiti di humus, quelli a più alto potenziale di fertilità! Si è dimenticato, nella pazzia speculativa dell’industrializzazione chimica dell’agricoltura che fa oggi massiccio uso di abbondanti, e anche nocivi, fertilizzanti chimici, concetti come il “riposo dei terreni”, le “rotazioni delle colture”, il “maggese”! I terreni "degradati" non esistono! E se esistono non devono esistere più!
Tutta la degenerazione del tessuto socio-politico ambientalista italiano si evince nella delittuosa scomparsa di qualsiasi politica di rimboschimento, e di riforestazione vera, estesa, partecipata e razionale dell’Italia, che dovrebbe essere la priorità di ogni impegno in favore del clima e del microclima e non solo, del suolo, della salubrità dell’ambiente, della biodiversità, del paesaggio e dell’economia silvo-agro-pastorale. Invece si concedono finanziamenti pubblici fortissimi per una speculazione, quella industrializzante del fotovoltaico a terra che desertifica artificialmente vetrificando migliaia di ettari ed ettari di territorio, depauperandone l’ humus vitale, cancellandone la biodiversità, ed estirpandone ogni cultura, anche persino della vite e dell’ olivo, delle blasfemie, in nome di politiche di facciata contro i cosiddetti “surriscaldamenti climatici” ed il conseguente rischio di naturale desertificazione cui ampie zone dell’ Italia e del Mediterraneo sono sottoposte, come dichiarato dall’ Organizzazione delle Nazioni Unite-ONU (si pensi solo ad esempio alla Puglia). Siamo al paradosso più totale ed umanamente intollerabile! Ed è questa una denuncia forte che il comitato lancia affinché il mondo politico-amministrativo italiano ripercorra con decisone la strada dei rimboschimenti, come stanno facendo numerosi paesi europei e del mondo, dall’ Inghilterra alla Cina, abbandonando la mala strada innaturale e esecrabile della industrializzazione all’energia delle campagne!
Urge una rievangelizzazione alla cultura dell’ elementarità della natura della nostra società e di tutta la nostra presente e futura classe dirigente! Quella odierna, di destra sinistra e centro, ha fallito non solo davanti al popolo italiano, davanti alla costituzione che calpesta! Ha fallito il suo ruolo storico davanti alla Natura, e questo è gravissimo! Anche questa è una missione culturale, tra le missioni politiche-ambientaliste fondanti! Un impegno per la vita e per la bellezza della nostra sacra nazione Italia! le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolari.le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolariDa tutta Italia, come prima iniziativa del comitato, di fatto spontaneamente costituitosi intorno a questo gravissima deriva della nostra democrazia che la Green Economy Industriale odierna fortemente rappresenta, con il grave logorarsi conseguente ed il venir meno anche delle più elementari garanzie e del rispetto dei diritti dei cittadini e dei principi sanciti dalla Costituzione italiana, Si leva un appello forte al Governo e al Parlamento tutto perché intervengano facendo rispettare la nostra Costituzione ed i diritti dei cittadini frodati, ingannati e danneggiati da questa maxi-speculazione della Green Economy Industriale in atto, ed un appello ogni uomo politico italiano, di qualsiasi schieramento, perché si abroghino d’urgenza gli immorali ed esosissimi incentivi pagati da tutti i cittadini a queste implementazioni industriali per la vendita delle energie rinnovabili, che come tali, per il loro elevatissimo impatto ambientale, non sono più energie “pulite” !!!
Chiediamo il taglio in maniera retroattiva di tutti gli incentivi pubblici per tutti gli impianti eolici e fotovoltaici già realizzati, di qualsiasi potenza, industriali, cioè destinati alla produzione di energia prioritariamente per la vendita e non per l’autoconsumo, e l’azzeramento del meccanismo mistificatorio e falso-ecologista dei “certificati verdi”, ma una tassazione permanente per tutti questi impianti per il danno immane che arrecano al Paese e alla qualità della vita dei cittadini, ovunque in rivolta contro questi orrori industriali ubicati sulle campagne, in mare e persino sui laghi! Una “tassa sul brutto” che scoraggi definitivamente e che renda economicamente del tutto sconvenienti ulteriori simili sfregi e tentativi speculativi ai danni del paesaggio italiano! In tutto il percorso autorizzativo degli impianti industriali da rinnovabili i cittadini, scientemente, nella maggior parte dei casi, non sono stati messi adeguatamente a conoscenza degli iter autorizzativi, né tantomeno dei progetti, della loro entità e dell’impatto sui luoghi e sulle economie locali. La mancanza di rispetto del diritto dei cittadini locali da parte delle amministrazioni, nel coinvolgimento e nell’informazione, previsti a norma di legge per queste tipologie d’industrie, è vergognosa, soprattutto alla luce dei fatti ormai noti di errori grossolani di progettazione, falsità e di anomale omissioni e dimenticanze. Si tagli il finanziamento statale a questa frode assurda della Green Economy Industriale, che, strumentalizzando e calpestando al contempo l’ “ecologia”, grava pesantemente sui cittadini e sulle casse dello Stato, con bilanci da intere finanziarie, senza alcun beneficio per l’ambiente, ma anzi con innumerevoli danni ad esso ed al paesaggio italiano tutelato dalla Costituzione italiana, art. 9, tra i principi fondamentali. Un danno incalcolabile all’economia del Bel Paese fondata sul paesaggio attraverso il turismo! Una speculazione che inoltre disperde le ricchezze finanziarie statali, le volatilizza, poiché gran parte dei guadagni finiscono all’estero attraverso il coinvolgimento nelle proprietà di questi impianti di istituti bancari stranieri e ditte estere, con sistemi di scatole cinesi, che portano talvolta, o meglio spesso, a società off-shore con sede nei paradisi fiscali! Anche ed ancor più all’indomani del referendum contro il nucleare, con il quale gli italiani hanno espresso la volontà di favorire forme di produzione dell’energia davvero ecocompatibili e pulite, il fotovoltaico industriale che vetrifica e desertifica i campi, sottraendo spazio alle colture, ai pascoli e alla vita selvatica, ed il mega e medio eolico che falcidia i volatili e sfigura catastroficamente il paesaggio quotidiano di ognuno di noi, devono essere fermati, e sostituiti da una politica volta a favorire le produzioni di energia rinnovabile in forme davvero pulite, eticamente parlando ed ecologisticamente, che sostituiscano le forme industriali sopra accennate fisiologicamente di grave impatto ambientale: occorre favorire pertanto l’autoproduzione di energia del sole con pannelli fotovoltaici ubicati sui tetti degli edifici recenti, superfici queste biologicamente morte, inutilizzate, estesissime per centinai e centinaia di ettari; le ubicazioni su di esse dei pannelli capta sole hanno pertanto un impatto nullo ambientale ed estetico, con azzeramento del consumo di vivo suolo, e massimo rispetto del paesaggio e degli edifici, luoghi e centri storici. Si pensi alle enormi superfici dei capannoni industriali, di scuole, altri istituti, ospedali, caserme, uffici pubblici, condomini, civili abitazioni di epoca recente, parcheggi coperti, stazioni ecc. ecc. Non solo, in tal modo si aiutano direttamente i privati che installando i pannelli sui tetti di loro proprietà ne conseguono immediati sgravi in bolletta, senza più alcuna speculazione ai loro danni e ai danni delle casse dello Stato intero! Prima si inizi, con la politica dei piccoli passi, a solarizzare i tetti degli edifici recenti, all’indomani del recente referendum, rimandando alla fine di tale operazione, la valutazione di ulteriori strategie energetiche, dopo aver ponderato i virtuosi risultati così ottenuti dal paese in termini energetici!
Inoltre un appello a tutti gli enti preposti ai controlli sulle autorizzazioni rilasciate, a tappeto, si laddove per situazioni omertose o altro non vi siano esposti, sia laddove ci siano già esposti alla Magistratura per irregolarità, falsità ed omissioni! Autorizzazioni che devono essere revocate in autotutela a difesa dei cittadini vittime di tali soprusi e vengano riconosciuti i danni morali e materiali subiti. Si chiede al Governo una moratoria urgente per gli impianti industriali fotovoltaici a terra ed eolici, considerata la necessità di verificare le procedure adottate da Comuni e Province che in molti casi risulterebbero difformi e irregolari, e soprattutto al fine di impedire la catastrofica e generalizzata devastazione che la loro realizzazione comporterebbe per grandissime aree dell’intero paese, che verrebbero stuprate profondamente e snaturate senza neppure poter trovare precedenti storici oggi, per descriverne sensitivamente l’ immane portata! L’appello ad un impegno politico-trasversale forte per salvare, con l’economia di questo nostro Paese, forse per la prima volta nella sua storia, anche il paesaggio e la natura, che questi impianti falso-ecologisti, e dalle falsissime e artatamente gonfiate ricadute occupazionali, di eolico e fotovoltaico industriali, distruggono ignominiosamente! La crescente rete di persone incontratasi su facebook costituirà un Comitato Nazionale legalmente riconosciuto che sia anche portavoce e cassa di risonanza forte di tutti e possa presentare delle mozioni ai responsabili dell’ambiente! Un comitato che nasce già dalla confluenza di tantissime realtà associative, e comitati locali e nazionali e di tantissimi cittadini italiani e non amanti del paese più bello del mondo! Vogliamo essere quanto più apartitici possibile, o pan-partitici, la lotta per la difesa del territorio è appena iniziata e chi condivide questo nostro approccio alla soluzione dei problemi di tipo ambientale è invitato ad iscriversi su facebook al link: “Comitato nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi” link: http://www.facebook.com/groups/192311587488270
Coordinamento Civico apartitico per la Tutela del Territorio, della Salute e dei Diritti del Cittadino
Forum Ambiente e Salute del Grande Salento – Rete Apartitica
ago242010
set142010
nov142020
Un crescente numero di galatinesi è in lutto. Altri – presi, per esempio, dalle partite su Sky, dalle uscite al centro commerciale (specie la domenica, quando potevano), e dalle gozzoviglie con gli amici da postare su face-book - non lo saranno punto, in quanto “ogni danno, ogni stento, ogni estremo timor subito scordano”, ché “la miseria loro, credo, non sanno” (grazie, Giacomino Leopardi mio). I primi, invece, compulsando il sito della provincia di Lecce, hanno scoperto di recente che le superstiti campagne intorno alla loro Città d’Arte stanno per essere ricoperte ancora una volta da decine e decine di ettari di pannelli fotovoltaici.
Evidentemente non sarà bastata la prima ondata pandemica di una dozzina di anni fa che vide soccombere sotto lastre di vetro, ferro e silicio centinaia di fertilissimi campi salentini in nome dell’“energia pulita” - del resto un’epidemia che si rispetti ne annovera almeno una seconda, di ondata: come quella in corso.
A proposito di storia, chi non ricorda le imbarazzanti figuracce di certi nostri amministratori pubblici dell’epoca nel discettare (o scettare), con la solita morfosintassi sconquassata, di codesti mega-impianti. Oltretutto, al tempo, cogliere qualche differenza di posizione “politica” tra la componente diciamo moderata e quella diciamo progressista degli schieramenti era come trovare un ago nel pagliaio. Anzi nel pagliaccio. Non che i rappresentanti in carica – a meno di generiche ancorché “commosse” adesioni alle giornate mondiali per questo o quel creato - brillino per prese di posizione, dichiarazioni d’intenti, o delibere definitive contro il consumo di suolo: ma ripensare a taluni ex symbol della politica nostrana a ogni livello è come ritrovarsi d’amblée sul set di un film con Antonio Albanese nei panni di Cetto.
Ma lasciamo che i morti seppelliscano i morti e torniamo ai giorni nostri.
Insomma, oltre ai 22 ettari di terreno agricolo da trafiggere nelle immediate adiacenze della Masseria del Duca (come da richiesta inoltrata da una srl padana nel corso del primo lockdown), proprio nei primi giorni di novembre (ottavario dei morti), in questa bella regione arancione tendente al rosso, altre due imprese, una di Milano e un’altra di Trento, hanno presentato domanda di autorizzazione per altrettanti grossi apparati industriali di produzione di energia elettrica, rispettivamente di 18 ettari in contrada Spagheto e di 12 in area Torre Pinta, per un totale di ulteriori 30 ettari tondi tondi di terreno vergine nel solo comune di Galatina. Se a questi aggiungiamo i “parchi” previsti negli agri di Galatone, e poi ancora in quelli di Cavallino, Soleto, Campi e Surbo, e in quel che resta di Lecce siamo ormai di fronte a circa 300 ettari di un novello tsunami di ferraglia e cavidotti in arrivo. A questo punto sembra quasi che gli amministratori delegati di siffatte imprese neocoloniali (a proposito, quella interessata al nostro capoluogo si chiama Lecce srl e la sede legale è addirittura in quel di Bolzano: non si può certo dire che non abbiano senso dell’umorismo certi investitori), vengano a dirci: “Cucù, ci avete svenduto o affittato per un piatto di lenticchie un altro po’ di terreni che i saggi avrebbero, con un pizzico di lungimiranza, risparmiato per l’agricoltura. Ma siete proprio dei pirla neh. Ma davvero i vostri due neuroni attivi non riescono a cogliere il fatto che questo territorio che era l’El Dorado sta per diventare l’El Degrado? Eh sì, è proprio un brutto scherzo del Padreterno dare i biscotti a chi non ha la dentiera”.
Ecco perché un bel po’ di galatinesi sono in lutto: perché hanno iniziato a nutrire qualche dubbio su “ricadute occupazionali”, “volani per la crescita”, “attrattività per gli investimenti” e altre simili pigliate per fessi, e più di una certezza sul fatto che gli impianti che a breve si troveranno sotto il culo sono dei bancomat per i promotori, e sudditanza monetaria, ambientale e perfino energetica per tutti gli altri.
Ebbene sì, come dicevo all’inizio, alcuni galatinesi sono in lutto. Molti altri ancora al (libero) rutto.
Antonio Mellone
gen142011
Una petizione contro i megaimpianti fotovoltaici industriali e sperimentali sul territorio agricolo del comune di Cutrofiano, dove si sta realizzando, con il parere favorevole di Legambiente nazionale, l’impianto di Exalto s.r.l. su 26 ettari. Partiti, movimenti, liste e gruppi politici locali, associazioni, comitati e tutti gli altri organismi sociali presenti e operanti sul territorio comunale, rivolgono al sindaco ed al consiglio comunale di Cutrofiano una petizione promossa dal comitato “Forum Amici del Territorio”, in cui si dichiara la netta contrarietà agli impianti che s’intendono porre in essere.
Considerando che con le diffuse attività estrattive attraverso la coltivazione di cave a cielo aperto ed ipogee, il comune di Cutrofiano è già stato irrimediabilmente deturpato, i sottoscrittori della petizione denunciano l’abnorme proliferazione su tutto il territorio comunale di progetti riguardanti insediamenti produttivi di energia elettrica aventi carattere industriale altamente invasivi, quali impianti di centrali elettriche fotovoltaiche di media e grande estensione.
La realizzazione indiscriminata di tali impianti porterebbe, secondo il fronte del no, allo stravolgimento del territorio agricolo, alla devastazione del paesaggio tipico salentino, alla svalutazione economica di immobili limitrofi agli impianti, allo scoraggiamento di investimenti per attività agro-turistiche nuove ed esistenti, “vero motore economico nel futuro della comunità cutrofianese”: “La smisurata incentivazione del Conto Energia italiano, la più alta al mondo – si legge nel testo -, su sistemi industriali di energie rinnovabili tecnologicamente poco efficienti, con produzioni discontinue e costosi per l’utenza finale, sommata a scelte energetiche errate, coronate dal Piano energetico ambientale regionale pugliese (Pear), hanno prima favorito e successivamente avallato, con un tardivo ed ambiguo intervento di parziale limitazione, una logica basata sull’insediamento selvaggio di impianti energetici da fonti rinnovabili di media e grande potenza, autorizzati spesso solo con la denuncia di inizio attività o con un’autorizzazione regionale che comunque offende la partecipazione e la decisionalità democratiche e la corretta pianificazione territoriale”.
Le recenti linee guida della Regione Puglia del 30 dicembre 2010, in vigore dall’inizio dell’anno 2011, “non apportano efficaci strumenti di tutela del territorio agricolo, ma sottolineano la sempre più discussa discrezionalità degli organismi preposti all’autorizzazioni degli impianti”. Per questo, i sottoscritti evidenziano che la “solidarietà energetica” con altre regioni non possa diventare “il pretesto per avallare una incontrollata proliferazione di progetti energetici sul territorio comunale e pugliese, per produrre energia notevolmente sovradimensionata rispetto ai consumi che, peraltro, determina gravi sprechi nelle linee di trasmissione”.
“Si rileva altresì – si legge ancora - come grandi holding straniere, del nord e centro Italia, hanno intrapreso un’azione di ‘colonizzazione energetica’ ai nostri danni, utilizzando mediatori locali, associazioni ambientaliste compiacenti e appoggi politici trasversali”. Per quanto esposto, i sottoscriventi chiedono che il consiglio comunale di Cutrofiano, in linea con gli orientamenti già espressi, “deliberi una posizione di contrarietà a qualsiasi impianto fotovoltaico di tipo industriale e/o sperimentale, sia tradizionale e/o a concentrazione sui terreni agricoli nel Comune di Cutrofiano, favorendo gli impianti di autoconsumo privati e pubblici e indicando una limitata e selettiva scelta di pochi siti in aree industriali ed artigianali per i primi”.
Inoltre che il Consiglio comunale di Cutrofiano, la Commissione urbanistica e l’Ufficio tecnico predispongano ed approvino “un regolamento sulle energie a fonti rinnovabili per la salvaguardia e tutela del territorio comunale, integrando quanto previsto dal precedente punto al fine d’impedire la sfrenata ed incentivata corsa alla speculazione nella produzione elettrica, a discapito della salute e dell’ambiente”; che l’assise “faccia proprie tutte le direttive e le indicazioni previste” dagli appositi documenti regionali e provinciali, “individuando esattamente le zone di interesse ambientale come il ‘Parco dei Paduli’”.
“E’ opportuno ricordare inoltre – spiegano - quanto sancito dalla Costituzione Italiana, ossia che ‘La Repubblica … tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione’ (art. 9), e quanto contenuto nell’articolo 2 dello Statuto della Regione Puglia, dove si chiarisce che ‘il territorio della Regione Puglia è un bene da proteggere e valorizzare in ciascuna delle sue componenti ambientale, paesaggistica, architettonica, storico-culturale e naturale’”. In virtù di questi principi i sottoscriventi ribadiscono come il “territorio non possa diventare la ‘colonia energetica’ figlia di una bolla speculativa dell’economia italiana ed europea”. La petizione ha già avuto due sottoscrizioni politiche dai circoli locali di Italia dei Valori e del Movimento “Io Sud”.
“La petizione – spiega il Geom. Gianfranco Pellegrino - mira a dare chiarezza sulle posizioni fino adesso ambigue dei vari gruppi politici locali; inoltre con la stessa il Forum preme sul Consiglio comunale al che lo stesso faccia quanto necessario a contrastare tali progetti. Il Consiglio Comunale di Cutrofiano può ancora fare molto, se attuasse le richieste indicate nella petizione renderebbe l'autorizzazione degli impianti molto complicata”.
fonte:www.comunedicutrofiano.com
ago202010
nov302014
Giorni fa è apparso su questo sito un laconico comunicato-stampa da parte del nostro amatissimo assessore con delega ai contorsionismi, ing. Andrea Coccioli, già noto ai nohani come il promotore finanziario delle loro sepolture.
Nella prima parte del pezzo l’assessore - che a quanto pare ha preso a cuore la storia della vecchia-e-a-tratti-ristrutturata scuola elementare di Noha (ma così a cuore che gli dispiace evidentemente di liberarsene risolvendo una buona volta i problemi creati da chi sa chi) - ha ribadito che quel centro polivalente è collaudato ed agibile (chi mai avrebbe osato dire che non lo fosse rimane un mistero) e che è affidato al Cesfet (cioè a quei ragazzi-eroi che, nonostante tutto, cercano di far funzionare al meglio quella struttura).
Se il suddetto assessore ai lavori cubici si fosse limitato a puntualizzare l’ovvio ed il già noto di cui sopra noi non avremmo osato batter ciglio, né storcere il muso. E’ che purtroppo per lui, ma soprattutto per noi, si è dilungato sciorinando in politichese stretto delle ossimoriche incommensurabili corbellerie, tipo che “la struttura assegnata al consorzio C.E.S.F.eT. è perfettamente funzionante con l’allaccio elettrico provvisorio sufficiente per un suo efficace utilizzo”, e che “E’ tuttavia necessario ampliare la potenza elettrica come previsto”.
Di grazia, se la struttura è “perfettamente funzionante” perché mai “è necessario ampliare la potenza elettrica come previsto”? E in quel “perfettamente funzionante” - chiediamo - sono per caso inclusi anche l’impianto di riscaldamento, l’ascensore e il fotovoltaico installato in terrazza? In caso contrario, cosa intende il nostro arrampicatore sugli specchi pubblici per “perfettamente funzionante”?
Pensando ancora di prenderci per il loculo, l’assessore continua imperterrito nelle sue iperboliche castronerie affermando che “non è stato possibile dar corso al completamento in quanto non erano disponibili le somme necessarie alla costruzione della cabina elettrica propedeutica ad un aumento di potenza”. Al poveretto sfugge forse che per la ristrutturazione della vecchia scuola elementare di Noha furono stanziati e spesi all’incirca 1.300.000 euro di soldi nostri; che quella cifra non proprio modestissima comprendeva la consegna della struttura “chiavi in mano”, cioè funzionante di tutto (non tutto tranne qualcosa come attualmente purtroppo ancora è); e che il lemma “propedeuticità” connesso alla cabina elettrica avrebbe dovuto assumere un significato letterale e non letterario, vale a dire che qualcuno avrebbe dovuto pensare ad una cabina elettrica un po’ prima di inaugurare quel centro polivalente, e non invece accorgersi, a scoppio ritardato, che qualcosa non andava per il verso giusto.
Poi finalmente il nostro assessore del fare (giri di parole) chiude il suo tractatus con il più classico dei giuramenti politici (altro ossimoro), da proferire solennemente con la mano sul cuore: “L’attenzione sul tema non è mai calata [chissà se grazie anche alla trentina di nostri articoli sul tema, ndr] tanto che ora sono state individuate le risorse economiche [ah sì? Bene, bene. E a quanto ammonterebbero queste “individuate risorse economiche”? Si potrebbe venire a saperlo o questi numeri rientrano nel quinto mistero di Fatima, anzi di Galatina? Ndr] e quindi l’ufficio lavori pubblici provvederà [si ha per caso un’idea dei tempi? Diciamo tra giugno e settembre 2015? Ndr] di concerto con Enel [i famosi concerti del mostro, ndr] ad effettuare i lavori [stavolta, speriamo non pubici, ndr].
Qui è come se un collaudatore di biciclette (posto che questi, nonostante i convegni sul tema, sappiano cosa sia una bicicletta) avesse voluto rifilarcene una senza sella per la modica cifra di 1.300.000 euro, cercando di vendercela come “collaudata ed agibile” ovvero “perfettamente funzionante”, e con la pretesa di vederci addirittura contenti e soddisfatti, come tanti lecculi.
Antonio Mellone
set032016
Mio papà Giovanni la pensa diversamente.
A 93 anni suonati continua a coltivare la sua terra. Non ha mai saputo che la sua è agricoltura biologica, o che l’agricoltura richiedesse aggettivi. I piccoli appezzamenti di terreno di sua proprietà non hanno recinti, e non capisce perché gli altri erigano degli alti muri di cinta per chiudervisi dentro.
I suoi ulivi sono sani perché non li ha mai abbandonati. Quando gli chiedo come mai certi ulivi del Salento stanno seccando, mi risponde che gli ulivi sono come le persone: soffrono la solitudine, e a volte se lasciati soli si deprimono così tanto che alcuni arrivano fino al suicidio.
Quando gli capita di vedere in giro grandi rotatorie e strade a quattro corsie esclama: “Dove andremo a finire quando l’ultimo ettaro di terra verrà asfaltato”. Meno male che non ha visto la nuova Maglie-Otranto, la Regionale 8, o il “progetto” della SS. 275, e gli altri “piani stradali in nome della sicurezza”, sennò penserebbe che ci siamo tutti bevuti il cervello.
Ogni volta che vede i terreni trafitti dagli enormi impianti di fotovoltaico mio padre dice sottovoce: “Hanno piantato tutta questa roba, ma poi che cosa mangeranno?”. Secondo me, mio padre a 93 anni riesce a guardare più avanti di chi ne ha ancora la sua permutazione: 39.
Fosse per lui e per il suo stile di vita non esisterebbero i rifiuti. Mio padre mangia poco, non spreca nulla, non beve l’acqua imbottigliata nella plastica ma quella del pozzo che lui stesso ha scavato con zappa e pala settanta anni fa, risuola più volte le scarpe, riutilizza le camicie che dismetto, perché afferma: “Sono ancora buone, basta che siano pulite e stirate”.
Dice che prima non avevamo tutta questa immondizia, e che uno spazzino che oggi si chiama operatore ecologico bastava per tutto il paese: “perché un tempo non compravamo tutta la spazzatura che invece compriamo oggi”. E quando gli racconto, a proposito, che nei centri commerciali c’è tutto quello di cui si possa aver bisogno, mio padre risponde: “Sarà pure che in un centro commerciale c’è tutto, ma io non ho bisogno di nulla”.
Mio padre non possiede un telefonino, e fino a poco tempo fa non sapeva nemmeno che con l’aggeggio con cui sto scrivendo io gli faccio le foto, come quelle a corredo di questo pezzo. Ovviamente non utilizza nemmeno Internet, “ché non ho tutto questo tempo da perdere, io”. Quando gli ho riferito che oggi con il telefonino molte persone vanno in cerca di Pokemon, mi ha replicato che sarebbe meglio che andassero a cercare lumache o ‘zanguni’ (che almeno sono commestibili).
Non va al mare, mio padre, perché preferisce la terraferma, e soprattutto – celia - “per non sporcarlo”. Non frequenta le discoteche, in quanto: “la notte penso a dormire”. Ai cocktail di tendenza nei baretti sulla spiaggia privilegia un bicchiere del suo vino durante i pasti. Non parlategli degli apericena al risto-pub con cibi-cineserie, cioè d’importazione, perché per mio padre non c’è niente di meglio dei prodotti del suo orto, e il vero ‘happy hour’ è il pane e pomodoro che mangia a casa sua.
Mio padre davanti alla televisione si addormenta subito. Dice che con tutto quello che trasmette è la cosa più intelligente da fare. E comunque la mattina si alza presto, molto presto, perché è tempo sprecato rimanere a letto dopo il sorgere del sole, “ché si rischia di diventare come tanti ‘baccalà’”.
Mio padre pensa che si è giovani ad ogni età quando la somma delle energie consumate è maggiore o tutt’al più uguale a quella delle energie assimilate con l’alimentazione (sicché l’invecchiamento inizia quando l’accumulo di calorie supera il loro utilizzo). E soprattutto che non si muore mai fino a quando si ama di più di quanto non si sia a propria volta riamati.
Il segreto di una vita lunga, per mio padre, non è la serenità o la pace dei sensi, ma la lotta continua; e quello della felicità, trovare davanti a sé un ostacolo e mettercela tutta per superarlo a prescindere dal risultato finale. Mio padre è un sognatore resistente.
Quando raccoglie i prodotti dei suoi terreni, mio padre non li tiene quasi mai tutti per sé: il più delle volte se ne priva sparpagliandoli ad amici e conoscenti. Dice che se mangi da solo rischi di affogarti. A proposito di pasti, mio padre è convinto che ci si stanchi di più a pasteggiare che a lavorare, infatti: “puoi lavorare anche fino a dieci ore di seguito, ma puoi stare seduto a tavola a mangiare al massimo per un’ora e mezza, per esagerare due; dopo non ce la fai più”.
Mio padre parla poco, pochissimo, quasi mai, ma certi silenzi sono più eloquenti e istruttivi di una lezione impartita da una cattedra universitaria.
Mio papà Giovanni in questi giorni sta leggendo un libro sulla nostra Carta Costituzionale nata dalla Resistenza (e lui, rinchiuso per due anni nel lager nazista di Berlino-Spandau, ne sa qualcosa). Siccome detesta gli stermini chiamati “riforme” si sta preparando così al referendum costituzionale, se e quando ci sarà.
Mio padre m’ha già detto che voterà NO allo scempio della sua Costituzione.
Antonio Mellone
set112021
Fervono le polemiche diciamo politiche in vista delle prossime (eventuali) elezioni comunali galatinesi. Lo vedi dal fatto che insomma tutti i partiti si stanno aspramente dividendo in merito all’erba. Voi penserete che l’acceso dibattito verta viepiù sul tema spinoso della legalizzazione della marijuana (per gli amici Maria). Invece no, volano gli stracci tra i contendenti, dalla destra al centro-destra (la sinistra vorrebbe far vedere che esiste sguainando la falce senza il martello, ma niente), intorno alle povere erbe spontanee che periodicamente, e sotto qualsiasi amministrazione, fanno finalmente capolino ai bordi delle strade.
Poi, tanto per mantenere la diatriba al livello del marciapiede, si buttano nelle buche (purtroppo solo metaforicamente). Anche qui il riferimento non è esattamente ai pertugi endemici del bilancio comunale, ma alle crepe dell’asfalto, magari studiato apposta perché dopo un tot di anni se non di mesi (si chiama obsolescenza programmata) si ritorni a metter mani nelle tasche di Pantalone a favore dei soliti padroni dei caterpillar. Ma si sa, le strade devono essere efficienti se no il traffico (precipuo problema di Galatina, più o meno come di Palermo) impazzisce.
Non vi dico le battute di spirito sprecate in queste belle contese che il Leopardi (non vorrei scomodare Omero) definirebbe batracomiomachie: e vai con “polmoni verdi”, “erbalife”, “green pass”, e via di seguito, a proposito del manto erboso; mentre “pozzi artesiani”, “forum” e “aviaria” abbondano al riguardo di buchi e altre superficialità appunto viarie.
E sarebbe del tutto inutile ricordare ai concorrenti che gli orifizi stradali si riproporrebbero incessantemente anche se il sindaco fosse, poniamo, il titolare effettivo di un’azienda di asfalti, e che il fenomeno, già incancrenito dalla crescita esponenziale dei comparti abitativi (speculazione edilizia sarebbe locuzione più appropriata), e quindi dello stradario, presenta ad oggi soluzioni leggermente più ardue di quelle che ci si aspetterebbe dalle equazioni di Navier-Stokes. Ma vivaddio - come insegna la stampa locale in estasi - quel che conta è il filo d’erba (altrimenti detto pagliuzza), mica le travi di colacemento.
Ma cosa pretendevate: che partiti e liste cosiddette civiche si stracciassero le vesti come Caifa per la quarantina di maestosi alberi di pino di viale don Bosco [bosco: che ironia, la sorte, ndr.] tranciati alla radice e poi trinciati perché, signora mia, davano fastidio al manto di catrame? E secondo voi ci farebbero divertire così tanto maggioranza e opposizione-chiamatemi se i rispettivi esponenti consultassero ogni tanto non dico il registro dei tumori del nostro distretto, ma almeno, che so io, i siti istituzionali di Regione e Provincia, nelle sezioni dei PAUR (nomen omen) dove quotidianamente grandinano richieste da parte delle più disparate società a responsabilità delimitata, anzi ristretta proprio, tutte volte all’imbagascimento diuturno di questa terra grazie a mega-porci commerciali, mega-parchi di fotovoltaico campestre, mega-impianti di compostaggio anaerobico o meglio analerobico (qui le oscenità o sono mega o non se ne fa niente), l’ultimo dei quali solo di qualche giorno fa relativo al trattamento di circa 80.000 tonnellate annue di rifiuti organici da trasformare in scorie speciali e percolato e gas di scarico (anzi biogas: è più carino) in un sito a qualche migliaio di metri dal centro città. Macché, meglio che a occuparsene siano i soliti “ambientalisti oltranzisti e radical chic” (copyright del ministro dei Migliori, tal Cingolani), se no come fai a far divertire il popolo con l’erba voglio.
Chissà se da qui a breve avremo il piacere di godere ancora degli esilaranti spettacoli caratteristici della precedente tornata elettorale, tipo quelli delle squadre di volontari (quasi tutti candidati al seggio) con tanto di decespugliatore in mano, visiera, guanti e scarpe antinfortunistiche pronti a sfalciare ogni filo d’erba da rotonde, banchine, marciapiedi, ville e giardini pubblici, blanditi folkloristicamente (trad: populisticamente) dal palco dei comizi dai nostri ineffabili Cetti e soprattutto Cette Laqualunque.
Non deludeteci, ragazzi: le premesse ci sono tutte.
Antonio Mellone
mar242019
Ad un certo punto alcuni amici ti fanno notare dei comunicati allarmistici vergati qua e là più che con la penna con il decespugliatore: pare che erbe infestanti, piante carnivore, le liane di Tarzan e la venefica Cicuta stiano per invadere Galatina e frazioni, roba che al confronto la foresta amazzonica sarebbe un prato inglese.
Alcuni relitti della politica (ma come diavolo si chiamavano: boh? Prima o poi mi verranno in mente), sembrano terrorizzati da questo e dalle connesse novelle piaghe d’Egitto a chilometro zero, vale a dire l’assalto delle rane, l’avanzata delle cavallette, l’invasione delle mosche e quindi le scorrerie dei ratti (probabilmente quelli del Pifferaio di Hamelin).
Idiosincratici agli orti (ma soprattutto all’ortografia), i diversamente politici dal pollice verso più che verde son capaci di crearti dal nulla l’ennesima emergenza, celando così quanto probabilmente il vero allarme sanitario sia la natura delle loro elucubrazioni scarsamente eco e punto logiche.
In primavera la natura (matrigna che altro non è) rinasce di fuori da ogni controllo, freno, limite, mattone o ringhiera. I vegetali spontanei, clandestini, imprevisti, non coltivati, e soprattutto non “curati” fanno finalmente capolino, incursione, e vivaddio irruzione. Si affacciano senza chiedere il permesso, ti affiancano per istrada in silenzio, arrivano come l’inaspettato, l’estraneo, il migrante senza frontiere; e se sei prigioniero dello schema mentale delle madamine pro-Tav e, secondo alcuni anche pro-Pil, anziché goderne, li aborri, ne hai paura, te ne difendi, li denunci pure definendoli “erbacce”. Ora vai a spiegare al digiuno di queste cose che le erbacce non esistono, e che quella roba lì si chiama biodiversità, ma anche armonia, se non proprio libertà.
Male-Detta-Primavera stornellava quella, profetizzando in anticipo l’ermetico acrostico degli ossimori della sinistra odierna, tutti falce e carrello all’ipermercato, terrorizzati da una realtà vegetale estranea al loro particolare concetto di “sviluppo” costellato invece di mega-porci commerciali, lidi briatoregni, villaggi turistici, aree mercatali, autostrade a più corsie fino a Finibus Terrae, campi di sterminio fotovoltaico, decretini pro-eradicazione ulivi, ciminiere, nuovi comparti edilizi, e Grandi Opere sine fine dicentes.
Un’idea nuova neanche a pregare in ginocchio, indossare un cilicio, compiere scalzi il cammino di Santiago de Compostela. Questi personaggi in cerca di elettore, ormai con il cercapersone della Beghelli, stanno alla Politica come Attila doveva stare ai pascoli.
Incapaci di concepire l’unico grande organismo che ci avvolge di sobria bellezza, il Genius Loci, la vita, e il verde che s’infiltra procede e vince, vorrebbero una città magari blindata dietro le sbarre, e perché no, riempita di telecamere, diserbata a dovere, e soprattutto “pulita” sotto una coltre glabra di cemento o in alternativa di asfalto.
Ma esisterebbe almeno una cosa in comune tra gli scritti di questi esponenti di partito preso e gli infusi di Menta, Cumino, Frangola o Tarassaco selvatici: si tratta sostanzialmente dell’effetto purga.
Mo’, per favore, non chiedetemi se in senso letterale o in quello di regime.
Antonio Mellone
lug152010
Uno slogan pieno di grandi significati. E' il titolo del programma amministrativo presentato dal nostro neo-eletto Sindaco, dott. Giancarlo Coluccia. Lo si può leggere nel Galatino n. 10 del 28 Maggio scorso. Gli impegni dichiarati riguardano soprattutto l'ambiente. Il nostro Sindaco promette il mantenimento delle bellezze paesaggistiche, compreso il centro storico di Galatina (noi speriamo anche delle frazioni), del basolato, delle piste ciclabili dentro la città e nei percorsi di congiungimento con le frazioni, della viabilità. A proposito dell'ambiente, il nostro Sindaco, si sofferma molto sul tema dell'energia: …uno dei settori strategici per un futuro eco-efficiente e ambientalmente compatibile;… installare su tutti gli edifici pubblici impianti fotovoltaici;…ridurre i costi energetici della pubblica illuminazione con impianti ad energia solare; dotare i cimiteri di Galatina e delle frazioni di impianti fotovoltaici… L'articolo prosegue considerando nuove soluzioni al problema del randagismo, dell'approvvigionamento dell'acqua potabile, di una migliore ripartizione della tassa sui rifiuti premiando chi ne produce meno, ecc. Grandi idee e ottimi propositi! Ma, ahimè, appena eletto il nostro Sindaco si ritrova a dover rispondere di decisioni prese dai suoi predecessori, e confermate dal Commissario Prefettizio, sul fenomeno del fotovoltaico per piccole e grandi estensioni. La richiesta fattagli da un numeroso gruppo di cittadini è quella di fermare lo scempio di quasi 100 ettari di campagna ricoperta da pannelli fotovoltaici, in zona Roncella, Vernaglione e Gamascia. Un'area equivalente a circa una novantina di campi da calcio. Dalla mappa territoriale si evince chiaramente l'enorme estensione delle aree prestabilite dal P.E.C. (Piano Energetico Comunale) e l'eccezionale vicinanza all'abitato, anche se spezzettate in piccoli appezzamenti. Inoltre le case di molte vie a nord di Noha: v.Tito Lucrezio, v. Giovenale, v. Q. Ennio, v. Catullo, ecc., avranno le finestre con vista panoramica direttamente sul campo n. 037 di circa 25 ettari di fotovoltaico. Il panorama si avrà ancora più diretto sulle case del comparto 4 appena questo verrà realizzato. Sia il Consiglio Provinciale di Lecce che il nuovo Piano Paesaggistico Regionale (Deliberazione G.R. 20,10, 2009 n. 1947) denunciano il divieto di localizzazione su suolo di impianti fotovoltaici in aree tipicizzate come agricole, e cioè di campi agricoli, pascoli, aree rocciose e di naturalità, vigneti, uliveti, ecc. Le nostre aree sono tutto questo: campi agricoli, pascoli, aree rocciose e di naturalità! Le due linee guida dicono anche che l'area riservata all'impianto deve risultare un terzo della proprietà mentre i restanti due terzi devono continuare a rimanere di uso agricolo. L'art. 41 della Costituzione sancisce che l'iniziativa economica privata è libera, ma che tuttavia non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (quanto a sicurezza, vista la presenza di molte abitazioni nel raggio di poche decine di metri, le aree in questione non sono, forse, conformi). La fine dei combustibili fossili, petrolio in testa, sarà una grande conquista. Ma questo non vuol dire tappezzare la terra di pannelli fotovoltaici, pale eoliche, trasmettitori di telefonia e televisione, pubblica o privata che sia, se non regolati e disciplinati con sobrietà e onestà. Il fotovoltaico è nato per salvare il territorio e non per distruggerlo. Gli impianti vanno fatti su aree già deturpate, tipo capannoni, zone industriali, cave, depositi di rifiuti su cui tanto non si potrebbe fare altro, sui tetti delle case, sulle aree cimiteriali, ecc. Mai sulla campagna ancora in uso! Sui due appezzamenti attigui tra loro, quelli più grandi, pari a circa 60 ettari in totale e indicati in mappa con le sigle 035 e 027, mentre ci raccontiamo di giustizia e ripartizione equa dei beni comuni (e il territorio è un bene comune), le ruspe e gli operai delle imprese costruttrici, con il benestare del Commissario Prefettizio, dott. Capuano (vedi Atto n. 78 del 16-02-2010 fruibile sul sito del Comune di Galatina), stanno dando inizio al sacrificio della nostra terra. Di questo sacrificio non sappiamo quanto sarà il bene restituito ai cittadini residenti, ad esclusione di particolari "convenzioni" con l'impresa costruttrice, come per esempio quella per la ristrutturazione del canile in forma appunto di donazione di una cifra pari a 192.000 euro e degli utili che serviranno a rimpinguare le casse del Comune. Da una ricerca di mercato il costo dell'impianto di un MW su grandi estensioni pare equivalga a 4 milioni di euro, se moltiplichiamo la cifra per i cento MW previsti capiamo di che cosa si sta parlando. Di certo sappiamo che, secondo il progetto, impregneranno l'area della nostre contrade di veleni affinché non crescano più alcun tipo di piante, con un forte rischio per le falde sotterrane. Di certo sappiamo che saremo privati di una natura meravigliosa e offesi dalla vista di 60 ettari di iniezioni di cemento e stagnola riflettente. E' certo che non siamo sicuri di essere esenti da nuove forme di tumori causate dai campi magnetici prodotti dai due mega impianti. La Sezione Salentina di "Italia Nostra", che difende il territorio da questo scempio anti-amore per la natura, sostiene che ci sono forti rischi per l'equilibrio del micro clima e la fauna. Per certo nessun turista verrà nel nostro Salento a portare lavoro per i nostri figli e ancor meno per visitare distese interminabili di ferraglia e silicio. Dopo aver risparmiato, volenti o dolenti, la nostra terra dallo scempio dell'industrializzazione (tranne, per fortuna, poche realtà, come l'Ilva di Taranto, l'Enichem di Brindisi, Colacem di Galatina, ecc.), con gli stenti e le fatiche di generazioni intere di emigranti, roviniamo l'attimo di magia che il Salento sta vivendo come fonte di turismo e di lavoro, colmandolo di pannelli fotovoltaici, biomasse e pali di ogni tipo!? Ma la cosa che più crea allarme nella gente è la quasi totale assenza di informazione sulla straordinarietà di tale evento. Visto che il P.E.C. è già stato preparato, ed anche attuato, sarebbe corretto e doveroso da parte dell'A.C. renderlo pubblico. Condividerlo non solo tramite i meandri contorti del net work Galatinese, che forse pochi praticano, ma con un semplicissimo manifesto di carta, magari riciclata, esposto nella bacheca in piazza, la stessa dove vengono affisse lusinghe e promesse dei candidati al tempo delle elezioni, con spreco di costi altissimi. Se non conosciamo i propositi programmati dai nostri geniali delegati e tecnici per la cura del nostro territorio, è lecito l'allarmismo di chi come noi, semplici cittadini e popolo sovrano, è continuamente bombardato dalla comunicazione (e speriamo che duri e non venga imbavagliata) che denuncia raggiri, speculazioni, e sprechi provenienti dalle personalità più insospettabili e insite a tutti i livelli, sia locali che nazionali. Se la corsa all'abbruttimento del territorio e della salute pubblica non viene regolata con determinazione e coraggio continueremo a piangere ogni giorno i tanti morti di tumore del nostro territorio, in quello che invece dovrebbe essere il cuore palpitante e salubre dell'intero Salento. Non ci appelliamo solo alle regole, che ci sono e andrebbero rispettate e non raggirate, ma soprattutto al buon senso dei nostri amministratori e degli addetti ai lavori.
Marcello D'Acquarica
dic272019
Se l’Informazione padronale smettesse di corredarsi di aggettivi (tipo padronale) e si dotasse di attributi (lungi da me il maschilismo, è un modo di dire), e dunque guarisse dall’ecolalia compulsiva che la prende e non le dà un minuto di tregua, nel senso della ripetizione copia-incollata del diciamo pensiero delle bellenove di turno, come pure delle cosiddette associazioni di categoria, o degl’imprenditori briatoregni, o dei cazzari e per parità di genere cazzare centrali e locali altrimenti detti politici, che vorrebbero per esempio abolire la parola Sovrintendenza dal dizionario di Italiano, e se iniziasse a nutrire qualche dubbio sul verbo incarnato della Scienza (sostantivo quest’ultimo da proferire con ieratica solennità), e si ponesse qualche domanda sul mondo di sottosopra nel quale ci troviamo a vivere, forse non saremmo arrivati a questo punto. E cioè, per esempio, a ripetere quasi tutti a pappagallo le parole di un Cariddi qualsiasi (o era Scilla?) riportate su quei morbidi veli senza fare una piega, tipo: Porto Turistico Di Otranto Occasione Unica. E ancora quelle topiche dello sviluppismo in servizio permanente effettivo: Importante Intercettare Le Navi Da Crociera (ma certo, come fai a non Intercettare le grandi navi di ritorno dagli speronamenti in quel di Venezia); di più: Il Progetto È Considerato Importante E Strategico (e la famosa Destagionalizzazione dove la mettiamo?).
Per non parlare delle altre belle pagine di letteratura ggiornalistica che inneggiano al Rilancio Dell’economia E Dell’Edilizia con il Via Ai Cantieri Della 275 (avranno scordato di citare la Sicurezza, signora mia: sarà per la prossima volta) e la tanta voglia di Va-lo-riz-za-re Otranto e i suoi martiri lasciando i pontili a destagionalizzare (a proposito di destagionalizzazione), mica come pretende la Sovrintendenza, pardon: la Mala Burocrazia, che s’è intestardita a voler far rispettare la legge.
Forse per non urtare i promessi sponsor si è arrivati a non dire quasi nulla contro i mega-impianti di fotovoltaico nei novelli campi di sterminio, a considerare la Sputacchina e la Xylella (spesso intercambiabili) come l’unica causa del disseccamento degli ulivi, e dunque l’abbattimento loro e di ogni altro essere vivente con sega e veleni nel raggio di 100 metri (oggi ridottisi a 10 metri, mannaggia) come la panacea della desertificazione [sic] e, giacché si trovano, anche a sciogliere inni e canti alla trasformazione dei connotati dell’olivicoltura salentina in qualcosa d’altro grazie ai favolosi filari di Favolosa (scusate l’allitterazione intensiva). Salvo errori e omissioni, mancherebbero giusto gli alberi generosamente offerti e fatti piantare dal cementificio a chilometro zero a dispetto di quegli ingrati di Complottisti, Negazionisti, Professoroni, Disfattisti e pure Ambientalisti che altro non sono, che parlano e soprattutto Scrivono Puttanate [sic], mentre gli altri fanno i fatti rimboschendo il Salento, smacchiandolo nelle famose giornate dedicate alla pulizia del mondo, e progettando per il suo bene Grandi Opere per Sviluppo (dopo Tap - per la gioia di Greta - anche il Poesidon, per dire), Ricadute Occupazionali a iosa, Turismo sine fine dicentes, e non ultimo Attrattività per gli Investimenti, qualunque cosa voglia dire.
Solidarietà davvero a tutti quei Giornalisti che si fanno un mazzo così da mane a notte, magari pure per quattro soldi, agli eterni precari della categoria, a chi trema per il futuro della propria testata, a coloro i quali, per fare il loro dovere, vengono minacciati quando non molestati a suon di querele temerarie o di esposti ai consigli di disciplina dell’ordine, e anche a chi, per tirare a campare, deve sottostare alle famose linee editoriali. Sono questi la vera forza ancora in grado di salvare categoria, territorio e ideali di libertà.
Gli altri, purtroppo, il loro tallone da killer.
Antonio Mellone
giu302019
Avrei voluto raccontarvi della mia recente vacanza palermitana. Invece no: mi tocca aprire le Fette di Mellone Estate 2019 parlando di una cosa nostra, non meno grave di quell’altra.
Qualche giorno fa, un politico locale di gran calibro - quello che poverino si sacrifica per noi in Parlamento come nessuno mai – verga su Fb un commovente comunicato stampa, poi condiviso in un gruppo galatinese, in cui scopre l’aria calda nella vecchia scuola elementare di Noha.
Planando dal pero, il cittadino onorevole viene a scoprire con sette o otto anni di ritardo che il suddetto complesso scolastico, riconvertito nel frattempo in Centro Polivalente, fu ristrutturato con quella parte anatomica che nonostante la credenza tutto porta men che fortuna, a suon di milioni di euro di debito pubblico. Ma si trattò di una “ristrutturazione” (con le virgolette), giacché l’allaccio elettrico rimase così provvisorio che ai condizionatori non ha mai fatto né caldo né freddo, l’ascensore è ancora incellofanato, e l’impianto fotovoltaico in terrazza sembra abbia la protezione 100 della Vichy.
Ma il problema non è mica questo. E nemmeno il fatto che il cosiddetto portavoce del popolo abbia dato la sua solidarietà all’associazione benemerita che utilizza quel complesso double-face, cioè forno crematorio d’estate/igloo d’inverno, con mille difficoltà - come se non bastassero tutti gli altri disagi.
Dicevo che il problema non è codesta presa d’atto, né l’impegno generico o la promessa con la mano sul cuore da parte del deputato nostrano “di sentire il sindaco e gli uffici preposti per cercare di trovare insieme una soluzione”: ci sta tutto, potremmo pure dire che certi post fanno parte della propaganda, o se proprio volete populismo, di cui nessun partito sulla faccia della terra è immune. Il guaio serio è invece quel che ne è seguito.
Vale a dire un messaggio, che dico, un vero e proprio avvertimento da parte di un sedicente avvocato difensore dell’onorevole (sedicente nel senso di difensore di parte, non di avvocato) contro chiunque osi storcere il muso, alzare ciglio, rivolgere qualche critica anticonformista e, dio non voglia, azzardare pure un po’ di satira iconoclasta. Insomma, ecco la frase di rito postata tra le altre carinerie dall’avvocato del portavoce del popolo: “[…] Da questo momento, qualora un commento sarà considerato offensivo e oltre ogni lecito limite [chissà quale sarà mai codesto “lecito limite”: vuoi vedere che magari lo deciderà di volta in volta Rocco Casalino? ndr.], darò seguito al mandato ricevuto e agirò presso le opportune sedi giudiziarie a tutela dei diritti ed interessi del mio assistito (ma, soprattutto, amico), eccetera, eccetera”.
Scusate: ma questa roba non vi pare una specie di intimidazione a mezzo social? Non vi suona come una censura o una forma di intolleranza verso il dissenso? Magari colpendone uno per edulcorarne cento? Chiedo eh.
È seguito un silenzio tra il surreale e il grottesco che dura tuttora, e non invece un mandato a quel paese da parte del mandante rivolto al suo legale, una smentita urbi et orbi, un “dai che scherzavo”, ovvero “no, vi prego, non dategli retta, fate pure delle vignette caricaturali sul sottoscritto, scrivete sul mio conto articoli caustici e commenti sferzanti, e mi raccomando siate sarcastici, taglienti, corrosivi, se no qui io rischio veramente l’irrilevanza politica. Anzi la scomparsa nel nulla, come è capitato a tanti altri diciamo politici locali allergici all’intelligenza”. Invece nulla di nulla.
Probabilmente nessuno ha ancora detto al cittadino portavoce (e al portavoce del portavoce) che il politico che minaccia o addirittura arriva a querelare la critica o la satira, tutelate oltretutto dalla Costituzione, è un politico al crepuscolo da un pezzo; che una democrazia è tanto più sana quanto più feroce e graffiante è il giudizio (il contrario si chiamerebbe fascismo); e che l’avversario per definizione sta sempre lì, controlla quel che fai o dici o scrivi, evidenzia i tuoi strafalcioni, e ti costringe a essere all’altezza dei tuoi proclami.
E pensare che eravamo tutti Charlie.
Quanto a me, che continuo a segnalare che il re è nudo ma fa cagare anche in cappa magna ed ermellino, per precauzione tengo sempre pronto un borsone con pigiama, ciabatte, spazzolino e altre cose utili in caso di blitz. Non si sa mai.
Nel frattempo nessuno può impedirmi di continuare a osservare certi pOLITICI e la loro invidiabile capacità di guardarsi allo specchio (o nei Selfie) senza riuscire a mandarsi a fanculo.
Antonio Mellone
set022010
set212014
Un tizio che sarebbe troppo definire mio amico mi fa: “Ma tu che te la prendi tanto con la TAP, non usi forse il gas a casa tua?”. Me ne ricorda un altro (sempre di “amico”) che quando lottavo contro lo scempio del fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna di Noha formulava la solita stucchevole domanda retorica, e cioè se per caso non utilizzassi io l’energia elettrica per gli scopi più disparati e dunque non fossi rimasto alla candela o ad altra strumentazione del giurassico.
Come facevo a far capire al tizio che, sì, utilizzavo (ed utilizzo ancora) l’energia elettrica, ma quel modo di produrla è il più stupido, dannoso, costoso che si potesse mai immaginare e purtroppo realizzare?
Così, a proposito di TAP, mi chiedo come faccio a far capire agli “amici” che dire di NO al TAP non significa rinunciare al gas, ma capire che questa è l’ennesima truffa perpetrata ai danni di molti per il beneficio di pochi.
In Italia, per dire, esiste una rete di allacci internazionali con una portata pari a 120 miliardi di metri cubi di gas annui. Sapete quanti ne consumiamo in tutto? Un po’ meno di 70, ed il trend di decrescita sembra non arrestarsi qui.
Ma lo sapete che i restanti 50 miliardi di metri cubi non utilizzati vengono comunque pagati alle multinazionali (come TAP) titolari di queste “grandi opere” infrastrutturali, anche se questo gas non viene venduto? E secondo voi nelle bollette di chi viene caricato questo costo?
Sapete cosa sono i contratti “take or pay” di fornitura del gas? A beneficio di chi non ne avesse mai sentito parlare, diciamo che si tratta di accordi capestro, spesso di durata pluriennale (in genere 25 anni) secondo i quali l’offerta garantisce quantità e prezzo, mentre la domanda dovrebbe assicurare il ritiro del prodotto e il suo pagamento. Nel caso in cui il gas per qualsiasi motivo non dovesse (più) servire, i “consumatori” son tenuti lo stesso a pagarne il conto per il quantitativo massimo pattuito.
Inoltre se si è sottoscritto un contratto “take or pay” si è costretti a prendere il gas al prezzo prefissato (che si è obbligati a pagare comunque), anche se il prezzo di mercato fosse più basso.
In Italia, per la cronaca, abbiamo sette punti di accesso. Ma lo sapete voi che ne abbiamo tre completamente fermi (ma che continuiamo a pagare per il meccanismo sopra descritto), mentre gli altri sono utilizzati all’incirca al 50% della loro capacità?
Ora mi spiegate a cosa cavolo serve questa ennesima “grande opera” che ci sta portando tutti alla canna del gas?
Ovviamente queste mie sono “posizioni politico-ideologiche che portano a poco”, mentre invece quelle della TAP e lo “studio”, commissionato dalla medesima TAP, all’“indipendente” Renato Mannheimer “verifiche scientifiche”. Forse perché presentate con le slide che oggi vanno tanto di moda.
Nemmeno stavolta son d’accordo con il redattore di turno del sito di Galatina (a quanto pare pro-Tap, pro-Colacem, pro-Pantacom, insomma propenso a tutto) a proposito della partecipazione della nostra Amministrazione Comunale all’ExpoITM (ad eccezione del cosiddetto assessore Coccioli. E te pareva).
Io penso che stavolta abbiano fatto bene il sindaco e (quasi) tutto il suo cucuzzaro a prendere le distanze e a non partecipare al supposto workshop sull’ossimoro “Tap e turismo”. Per una serie di motivi: primo, perché con certi soggetti non bisogna aver nulla da spartire, manco il saluto; secondo, perché gli enti pubblici territoriali non sono dei tour operator e tanto meno dei papponi il cui oggetto sociale è la svendita del territorio alla prima orda di turisti che capita. Se vogliamo goderne ancora, noi indigeni, dovremmo capire una buona volta che scopo di un’amministrazione territoriale è la salvaguardia, la tutela e la valorizzazione delle sue bellezze storiche, artistiche e naturali. Non la loro prostituzione.
Antonio Mellone
ago072010
La sera appena trascorsa del 6 Agosto, a Noha in piazza San Michele, un gruppo di cittadini ha partecipato con grande interesse all’incontro informativo sulle problematiche create dal nuovo fenomeno degli impianti di pannelli fotovoltaici. L’incontro è stato organizzato dall’associazione Nohana, “I dialoghi di Noha”.
Siamo di fronte all’ennesimo raggiro di accordi coperti dalla legalità ed a favore del bene terra, che invece, pochi spregiudicati faccendieri, a servizio delle grandi società produttrici di energia, “combinando” affari con proprietari terrieri ignari e male informati e amministratori locali sprovveduti, trasformano in distruzione irreversibile il più indispensabile bene della vita: la terra!
Hanno partecipato alla serata, oltre agli organizzatori dei Dialoghi di Noha, alcuni illustri ospiti di Nuova Messapia, Italia Nostra Sud e Forum Ambiente e Sviluppo di Lecce.
I tecnici di Italia Nostra, hanno dimostrato alle persone presenti all’incontro, con dati e conti alla mano, che dalla promozione della cosiddetta “energia pulita” trapela molto chiaramente l’inesistenza di alcun beneficio per la popolazione ma solo danni irreparabili per il territorio.
I rappresentanti di Nuova Messapia e Forum Ambiente, hanno insistito molto sulla scarsa informazione e conoscenza dell’argomento sia da parte dei tecnici delle amministrazioni pubbliche che dei politici eletti dal popolo. Insomma siamo nelle mani di pochi “arraffa distruggi e fuggi”. Un chiaro esempio dello stile fallimentare di questo esasperante consumismo, rovina per le nuove generazioni.
La serata, iniziata alle 19,30 si è conclusa intorno alle 22,00 con grande soddisfazione da parte dei cittadini che ignoravano quasi del tutto i rovesci della medaglia di questo nuovo fenomeno che sta devastando gran parte del nostro Salento.
I cittadini, sorpresi dalle notizie avute e allarmati per la totale mancanza di informazione, hanno richiesto con sollecitudine nuovi incontri informativi.
Marcello D’Acquarica
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(Servizio fotografico di Paola Rizzo)
giu202020
Cari concittadini, inauguro il decennale della mia rubrica Fette di Mellone con questa ennesima lettera aperta, ben sapendo, dalle precedenti, quanto le sue parole siano scritte sul bagnasciuga.
Non so se sapete che mentre voi altri eravate tappati in casa per via del virus, - e per ammazzare il tempo qualcuno scriveva “Ce la faremo” (con la variante poetica “C’è la faremo”), o imbrattava lenzuola con l’arcobaleno “Andrà tutto bene”, quando non si metteva a cantare l’Inno balconato -, ecco proprio in quel periodo là c’è chi ce l’ha fatta davvero (sotto il naso), gli è andato tutto bene veramente, e oggi può zufolare l’Inno nazionale alla faccia nostra.
Mi riferisco a una bella società milanese nuova di zecca, tale Byopro Dev 2 srl (che evoca tanto il Bio, peccato per quella y), costituta ad aprile 2019 e pronta a impiantare a nord di Galatina, a un fischio da Collemeto, un altro bel porco (ché “parco” nella lingua mia ha un’altra accezione) di 22 ettari di pannelli fotovoltaici su di un terreno che per la verità sarebbe per costituzione destinato all’agricoltura. No, tranquilli, non è in contrada Cascioni, è un po’ più in là, zona Masseria del Duca: e chi ve la tocca la Pantacomica del centro commerciale su altri 26 ettari di campagna, visto che la pietra tombale su quel diciamo progetto tarda ad arrivare, atteso che a Galatina e dintorni su certi argomenti il concetto di decadenza dei termini si misura con l’elastico.
Per informazioni più dettagliate, e per rimanere in tema, potete rinvenire il pacchetto (pacco, sarebbe lemma più appropriato), a partire dall’11 maggio 2020 sul sito della Provincia di Lecce. Ma mica riuscirete a visualizzarlo con dei semplici click. Nossignore: per aprire tutti gli allegati di questo, come dire, schizzo programmatico di centinaia di pagine dovreste assoldare se non un hacker almeno un perito informatico (quando si dice la trasparenza della pubblica amministrazione). Una volta riusciti nell’ardua impresa vi si aprirà un mondo. Il solito. Quello fatto di tante belle parole, di attenzione all’ambiente, di relazione paesaggistica, di cronoprogramma, di riduzione ai minimi termini delle emissioni di CO2, di benessere agronomico, di immagini simulate che manco le foto del National Geographic, addirittura di tutela di storia e beni culturali, insomma di impatto ambientale che ovviamente per i proponenti (e per chi crede ai quadrupedi da soma volanti) è sostanzialmente pari a zero; ma soprattutto, signore e signori, di Ricadute Occupazionali (poteva mai mancare il prezzemolo delle Ricadute e del sottinteso Sviluppo? No): in sintesi quei documenti contengono la Giornata mondiale dell’Albero, quella della Terra, quella della Custodia del Creato, quella dell’Habitat, e poi ancora, la Giornata mondiale del Suolo, la Giornata della Diversità Biologica, quella dei Beni Comuni e infine la Giornata mondiale della Lotta alla Desertificazione, da festeggiare tutte insieme il Primo Maggio.
Mo’ vai a spiegare ai digerenti (che stomaco, eh) del nostro comune che la società richiedente ha un capitale sociale pari a 10.000 euro (non male per un investimento di una ventina e passa di milioni di euro); che è inattiva (“Embè – ti risponderanno in coro –, ormai siamo abituati a trattare con le apparizioni di Fatima, anzi di Galatina.”); che a sua volta la srl è posseduta da un’altra srl, la Byopro srl, con un capitale sociale, guarda un po’, di 10.000 euro, la quale a sua volta è partecipata… vabbè, in Cina le chiamerebbero scatole; che, ehm, impiantare un campo di sterminio su suolo agricolo è qualcosa di leggermente diverso del concetto di Green New Deal; che in Puglia si produce già più del doppio del fabbisogno energetico regionale, e che il fotovoltaico da scampagnata non ha ridotto di un microgrammo le emissioni per esempio della centrale di Cerano, anzi con la storia dei Certificati Verdi le ha probabilmente addirittura aumentate; che il nostro territorio già di per sé fragile ha già dato in termini di consumo di suolo, cioè sterminio dei campi (grazie anche ai politici zombie momentaneamente trapassati); che “scavi e sbancamento del terreno” per 1.198.267,15 euro, iva esclusa (quando si dice la precisione), non sono proprio una passeggiata ecologica in quell’area; che i profitti saranno tutti da una parte (indovinate quale) e le perdite tutte dall’altra (indovinato?); che la previsione di 1.400.813,51 euro per “parziale dismissione e ripristino” (cioè smantellamento dell’impianto, demolizione delle opere, conferimento in discarica, e recupero di quel campo profanato) alla fine della fiera, cioè tra 25/30 anni, dovrebbe far saltare tutti sulla sedia, e far nascere un punto interrogativo grande quanto la stessa piantagione di pannelli, ovvero: “E chi cazzo ci dà la garanzia che tra trent’anni una società con 10.000 euro di capitale sociale, posto che esista ancora, non se la svignerà abbandonando in loco tutto l’ambaradan, onde i cocci (cocci per non ripetere la trivialità di prima), saranno tutti nostri?”.
Non so voi, ma io ho il fotovoltastomaco.
Antonio Mellone
ago052014
Nel cortiletto della mia vecchia casa c’è una cisterna per la raccolta delle acque piovane. Venne scavata nella pietra viva a suon di piccone all’incirca tre secoli fa. Tutti ci si pregiava di quell’opera d’arte che, come si soleva dire, e tutt’oggi è così, se ci butti dentro un bicchiere d’acqua, tanto sono compatte e impermeabili le pareti, ne raccogli due. Non si perde niente.
Come complemento infrastrutturale ai servizi, a lato della cisterna, c’è (in questo caso è meglio dire “c’era”) anche una vecchia pilozza, di pietra anch’essa. Sapete, quelle scavate in un blocco unico che adesso sono abbandonate nei giardini di molte case o “ville” di campagna, con dentro ninfee e girini colorati, tanto le attività per cui sono state inventate vengono svolte da modernissime lavatrici e lavatoi di cui riempiamo ad ogni piè sospinto le discariche di mezzo mondo. E’ rialzata da terra (la pilozza) per mezzo di due grossi conci di pietra, in alto quanto basta, affinché la schiena non debba curvarsi troppo nel rimestare l’acqua fresca tirata su dalla cisterna. Al centro, nello spazio a giorno, trova riparo il gatto che là ottempera pacificamente ai suoi sogni e bisogni. C’è pure una scatola di cartone e dentro, i pupi del presepe, fatti a mano con la creta -che si trova ancora in strada - e poi seccati al sole. Benché abbiano le facce rosicchiate dal tempo si contraddistinguono ancora ruoli e competenze di ogni personaggio. L’umido dell’anfratto e la peluria verdastra di cui è ricoperta, ne camuffa la forma fino a sembrare una chiazza nerastra e arsiccia. Nel raggio di tre metri s’espande l’odore di solfiti e ammoniaca e certe volte anche solo un breve fiato di vento annichilisce l’aria dell’intero antro. Mai, dico mai, che batta un colpo di sole.
Allora m’è balzato in mente quel fatto sgradevole e avvilente del colpo di sole dell’estate del 2010. Che se fosse stato vero noi ci saremmo sbagliati e il pupo, allora incredibilmente sindaco di Galatina, avrebbe invece avuto ragione del fatto che quattro spelacchiati ulivi - strappati chissà dove – sarebbero diventati presto folte siepi da sembrar foreste. Il colpo di sole lo hanno preso (oltre che il per fortuna ormai ex-sindaco) i poveri ulivi, i quali avevano il compito di nasconderci le brutture segnate dalla distesa di pannelli di silicio di contrada Roncella.
E’ di questi giorni la notizia che la maggior parte dei pannelli di silicio montati in Puglia provengono dalla Cina, e quindi chi li ha fatti installare, non avrebbe potuto beneficiare degli incentivi statali (leggi: soldi nostri).
Adesso non entriamo nel merito della provenienza di questa distesa di macerie tecnologiche che fra pochi anni saranno rifiuti da smaltire (e non si sa bene da chi, dove, come e a quali costi, che saranno probabilmente superiori ai ricavi sicché a nessuno converrà farlo e tutto rimarrà sedotto e abbandonato), ma consideriamola pure un’altra anomalia di questa mega-opera fatta in nome dell’ennesima ricaduta occupazionale, così come il faro che lo illumina a giorno, notte compresa.
A fare luce sulla scena purtroppo poco natalizia, a mo’ di stella di natale c’è un faro che spara e acceca, alla faccia della crisi energetica, viandanti e automobilisti in transito sulla S.P.n.352. Così il presepe prende forma e i nostri pupi l’arricchiscono di steccati in arte povera che bruciano e (per fortuna) svaniscono come fumo lasciandoci solo innocui monconi e chiodi arrugginiti; di cave che si riempiono nottetempo di materiali sconosciuti; di antiche masserie, case baronali, case rosse fagocitate da case biache; casiceddhre che si sgretolano a vista d’occhio; riesumazioni di cavallini bianchi e nuovi re-magi sponsorizzati da Tap che apportano fiumi di incensi e mirra a onorar i nostri multi nazareni; e per finire in gloria, il giornale metropolitano portato avanti da “giornalisti indipendenti” annuncia che con gli orologi rotti si può rimediare guardandone le spoglie sgretolarsi e meditando con il buon S. Agostino: …Non è dunque lungo il futuro, che non esiste ancora, ma il lungo futuro è la lunga attesa del futuro; non è lungo il passato, che non esiste più, ma il passato lungo è la lunga memoria del passato”.
Questo passa il commento del nostro giornalista, che, invero, non chiedeva sciorinate filosofiche sul tempo, bensì dello stato di degrado di un ben preciso monumento. Ma tant’è, per dirla sempre con San Agostino: Errare è umano ma perseverare è diabolico.
Con questi pupi – rappresentanti comunali e lecca-lecca di complemento - il presepe non cambierà mai.
ago102013
C’è una parola sconosciuta ai più, ma soprattutto ai politici. Questa parola è parresìa. La parresìa è il coraggio della verità di colui il quale parla assumendosi il rischio anche di un’eventuale reazione negativa da parte dell’interlocutore.
Purtroppo sembra che la verità debba essere tenuta ben nascosta ai cittadini. Non bisogna raccontarla, neanche per sbaglio. Così continuano a prenderci in giro, ad ingannarci come se il futuro possa costruirsi sull’inganno. Manca il coraggio della verità, sia al vertice e sia alla base della nostra comunità. E questo è ormai assodato.
Io, però, non me ne capacito ancora. Non riesco proprio a capire come sia stato possibile che consigliera, sindaco ed ineffabile assessora, nel corso del convegno di presentazione del “Nuovo Centro Aperto Polivalente per Minori”, siano riusciti a dire tante cose senza dir nulla (e senza sganasciarsi dalle risate), e soprattutto ad essere applauditi dalla platea.
Mi chiedo davvero come si possa avere la faccia tosta di dire sempre (ed anche in maniera prolissa: cfr. i video su questo sito) che tutto va ben madamalamarchesa.
Ma cosa costa ai suddetti sindaco, consigliera delegata, e assessora presenzialista proferire per una sola volta, dico una, la verità così com’è, nuda e cruda, senza la pantomima del trionfalismo cui non crede (o non dovrebbe credere) più nessuno?
Quanto sarebbe stato meglio se, provando a guardare in faccia alla realtà, i nostri rappresentanti comunali avessero detto papale papale quanto segue:
“Cari concittadini di Noha, stiamo inaugurando una bellissima struttura per la quale è stata fatta una grandissima cazzata. E’ inutile che vi diciamo (perché certamente lo sapete già, se avete avuto modo di consultare Noha.it) che l’allaccio elettrico che ci permette in questo momento per esempio di usare questi microfoni non è quello definitivo, ma quello provvisorio. Purtroppo si tratta di una provvisorietà che durerà un bel po’, eh, eh, eh [risata con ammiccamento, ndr].
Non sappiamo a chi imputare la colpa di tutto questo. Anzi, a dirla tutta, lo sappiamo benissimo, ma dobbiamo far finta di non sapere. Dobbiamo far finta che tutto fili a gonfie vele, e a noi [soprattutto dal punto di vista politico – con la p minuscola ovviamente, ndr] conviene continuare nell’arte nella quale siamo dei maestri insuperabili: lo scaricabarili.
Cari Nohani, mettetevi l’anima in pace: questo problema dei 50 kwh non si risolverà né oggi né mai. Dobbiamo, anzi dovete arrangiarvi, nonostante 1.300.000 euro di soldi pubblici spesi senza troppi problemi (infatti mica erano i nostri).
Detto questo vorremmo aggiungere una preghiera: per favore, ora non venite a romperci con questa storia della cabina elettrica. Nelle casse comunali non c’è il becco di un quattrino. Quindi, amici di Noha e dintorni, non veniteci a fracassare timpani e scatole, ché noi non sapremmo manco da dove iniziare. Tenetevi dunque ‘sta benedetta scuola così com’è, senza ascensore, senza impianto fotovoltaico funzionante, senza aria condizionata (che come ben sapete fa male alla cervicale). Vi basti per ora la nostra aria fritta: tanto ci siete abituati. Soffrite in silenzio, come avete saputo fare fino ad oggi e come, di questo passo, continuerete a fare nei futuri secoli dei secoli, amen.
Ci dispiace per questi poveri ragazzi della cooperativa aggiudicataria [ai quali va tutta la nostra solidarietà, ndr] che dovranno arrabattarsi tra mille difficoltà: noi abbiamo fatto quel che potevamo, cioè vendergli questa struttura come se fosse l’oro del mondo. Poveretti, ci sono cascati e se la sono bevuta. Ed ora saranno cavoli loro, mica nostri.
Farà caldo negli ambienti? Farà freddo nelle aule? Non funzionerà l’ascensore in questa scuola? Pazienza, fatevene una ragione tutti quanti, cittadini, utenti, e soprattutto gestori di questa bellissima “Ferrari” - come l’ha definita qualcuno - ma senza possibilità di far funzionare il motore in quanto hanno scordato di fare al serbatoio il buco in cui introdurre la pompa della benzina.
Suvvia, non fate quella faccia e cogliete il lato positivo della cosa. Qui i ragazzi potranno sviluppare una mentalità nuova per affrontare le emergenze o gli imprevisti, qui impareranno il coordinamento motorio e soprattutto tecniche e capacità di adattamento: insomma questa sarà una vera e propria scuola di sopravvivenza. Che altro volete da noi? Una puccia con le olive?
Grazie per l’attenzione”.
Ecco, se ci fosse stato un discorso sulla falsariga di questo, probabilmente i cittadini di Noha avrebbero pure ingoiato il rospo (non è il primo e non sarà nemmeno l’ultimo), ma di fronte alla sfacciataggine di questi personaggi e all’ostentazione di un ottimismo fuori luogo e fuori tempo massimo, ti vien proprio voglia di far aprire un bel fascicolo di indagini al Giudice preposto (abbiamo ormai materiale a sufficienza da inviare al magistrato) in modo tale che si accerti una volta per tutte la verità, e soprattutto si individui il responsabile di questo scandalo, chiedendogliene in qualche modo conto.
Ecco perché quel contatore continuerà a campeggiare sulla home page di questo sito misurando il tempo, in mesi, anni, e forse anche in ere geologiche.
Se noi non interveniamo in qualche modo quel contatore non la smetterà mai di segnare il tempo.
Non so se tra qualche secolo qualche scienziato studierà l’epoca attuale, la nostra civiltà, il nostro modo di pensare e di agire come cittadini. In caso positivo gli studiosi che potrebbero occuparsene sarebbero pur sempre gli archeologi. Ma con l’imprescindibile ausilio degli psichiatri.
P.S.
Purtroppo tutto questo è il risultato, oltre a tutto il resto, anche del pragmatismo di maniera del Pd (pragmatico devoto) di turno.
E a proposito di pragmatismo proprio in questi giorni vado a leggere da qualche parte, tra le altre, anche questa frase: “… anche i sacerdoti hanno bisogno di andare contro la corrente dell’efficientismo e del pragmatismo”.
Uno pensa che queste parole siano state scritte plagiando quello scomunicato del sottoscritto. Invece sono state proferite, e con enfasi, guarda un po’, proprio da papa Francesco in persona, nel corso della GMG che ha avuto luogo giorni fa in Brasile.
Vuoi vedere che prima di essere un osservatore nohano e dunque un osservato speciale lo scrivente è (sempre stato) un cattolico osservante?
Roba da Pd (pragmatiche delusioni).
Antonio Mellone
ago082015
Continuando nella disamina di alcuni punti della “Laudato sì’”, la recente bella enciclica del papa venuto dalla fine del mondo, leggiamo: “Ci si ammala, per esempio, a causa di inalazioni di elevate quantità di fumo prodotto dai combustibili utilizzati per cucinare o riscaldarsi. A questo si aggiunge l’inquinamento che colpisce tutti, causato dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti, pesticidi tossici in generale”. E poi ancora: “[…] L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono e lo accentuano” (tratto dal punto 20, pag. 23 e segg, della nostra edizione, Ancora, 2015). Come non essere d’accordo con questo papa? (cfr. anche il nostro “Cultura fumogena”, del 12/9/2013 pubblicato su questo sito).
Date un’occhiata a quest’altro brano: “Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi […]” (tratto dal punto 26, pag. 28, ibidem). Ovviamente abbiamo provato a dirlo anche noi nei nostri modesti articoli, ma figurarsi se qualcuna delle autorità civili e religiose in loco ha mai fatto finta non dico di darci retta, ma almeno di leggerci di sfuggita, impegnate come sono “a mascherare i problemi o a nasconderne i sintomi”. Del resto trattandosi di “autorità”, dunque detentori del loro “potere”, e dunque accoliti di pesci un po’ più grandi di loro, cosa potevamo aspettarci di più da codesta fauna?
Coraggio, leggete quest’altro pezzo: “Per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi. […] Molti uccelli e insetti che si estinguono a motivo dei pesticidi tossici creati dalla tecnologia sono utili alla stessa agricoltura, e la loro scomparsa dovrà essere compensata con un altro intervento tecnologico che probabilmente porterà nuovi effetti nocivi” (tratto dal punto 34, pag. 33, ibidem). Caro papa, per favore, riferiscilo anche al commissario Silletti, al presidente del consiglio che somiglia sempre più ad una caricatura, al ministro dell’agricoltura Martina, ai politici regionali, ai grandi prenditori agricoli e agli estensori della “Carta – igienica – di Stupidina”, così osannata anche da sgualdrina.it, (“Carta igienica” di cui purtroppo abbiam dovuto occuparci in un altro nostro scritto non più tardi del 13/7/2015), che vogliono uccidere il Salento con i “trattamenti” chimici. Il loro cervelletto non ha ancora messo a fuoco il fatto che per sconfiggere la Xylella fastidiosa, secondo il loro “metodo”, di fatto si arriverà ad annientare la biodiversità superstite in Puglia, dandole il definitivo colpo di mannaia.
Un tempo, per dire, anche noi ci battemmo (perdendo come al solito la battaglia) contro il fotovoltaico selvaggio issato come una corona di spine in mezzo alla nostra campagna. I politici locali del tempo (che poi sostanzialmente coincidono con gli attuali) ed i loro accoliti parlavano a vanvera di campagna “piena di cozzi o cuti”, e dunque “perfettamente inutile” e dunque “utilizzabile per questa forma di energia alternativa [sic]” (alternativa alla ragione, s’intende). Noi cercavamo di spiegare che non si trattava soltanto dello scempio di una visuale dell’orizzonte, ma anche di un colpo di grazia inferto al microclima, alla biodiversità vegetale e animale presente nella terra incolta, anche e soprattutto quella piena di cuti. Secondo voi qualcuno dei suddetti personaggi riuscì mai a cogliere il nesso, intuirne i collegamenti, immaginarne i legami? (cfr. anche il nostro “Il Mega-porco fotovoltaico e i permessi sindacali”, pubblicato su Noha.it il 14/11/2013).
Altro punto fondamentale dell’enciclica: “E’ lodevole l’impegno di organismi internazionali e di organizzazioni della società civile che sensibilizzano le popolazioni e cooperano in modo critico, anche utilizzando legittimi meccanismi di pressione, affinché ogni governo adempia il proprio e non delegabile dovere di preservare l’ambiente e le risorse naturali del proprio Paese, senza vendersi ad ambigui interessi locali o internazionali (tratto dal punto 38, pag. 36, ibidem, la sottolineatura è nostra). Invece qui i comitati spontanei di cittadini vengono snobbati dalle “autorità” impettite e sussiegose, tronfie del loro misero potere.
Caro Francesco, e ora chi glielo va a dire a quei preti che non disdegnano (o almeno non hanno disdegnato fino all’altro ieri) il contributo economico sotto forma di sponsorizzazione da parte di Tap o Colacem (per esempio a Galatina per la festa patronale), o dell’Ilva (a Taranto), “vendendosi ad ambigui interessi locali o internazionali”, e macchiandosi di fatto del peccato di simonia? (cfr. a proposito anche il nostro “No-tap, no party”, pubblicato su questo sito il 26/6/2014).
[continua]
Antonio Mellone
feb212024
Costruzione ed esercizio di un impianto fotovoltaico BYOPRO DEV2 e opere connesse - Potenza impianto 31,91 MWp - Comune di Galatina (LE)
Venghino, signori, venghino, ché qui è tutta pianura, i terreni te li regalano (o al massimo te li danno per due soldi), le istituzioni non proferiscono verbo, i padroni del vapore comandano, la propaganda green fa il resto, e il gregge fa il gregge bevendosi di tutto, muto e rassegnato come sempre.
L’impianto, della potenzialità di picco di 31,9116 Megawatt (MW), sarà da realizzarsi nell’area ubicata nel comune di Galatina, in provincia di Lecce, località Collemeto e proposto dalla BYOPRO DEV2 S.r.l., società corrente in Milano, alla Via A. Manzoni n. 41. Quando si dice “a chilometro zero”.
L’area prevista per quest’ennesimo impianto di pannelli fotovoltaici resta nelle vicinanze di quell’altra zona per il Comparto D4. Si tratta di un’area di oltre 10 ettari a ridosso della S.S.101 Lecce-Gallipoli. La finalità del pianificatore era quella di allocare, di fronte al polo commerciale (o forse pollo commerciale), costituito dalla D7, una area-vetrina che desse risalto e sviluppo alle realtà produttive locali di Collemeto.
Ecco quanto emerge dalla relazione tecnica disponibile sull’albo pretorio della Provincia per l’ennesimo consumo di suolo:
“…A seguito dell’emergere di vincoli di natura urbanistico-edilizio, segnalati dai referenti del Comune di Galatina nel corso della Conferenza di Servizi, si è reso necessario stralciare una porzione dell’impianto, per cui la superficie complessiva occupata dall’impianto ha subito una riduzione di circa 23.800 mq. La potenza complessiva del generatore fotovoltaico passerà di conseguenza da 31,9116 a 30,0252 MWp.”
Apposto. Problemi risolti. In poche parole su 40 ettari sono stati tolti 2 per via di “vincoli di natura urbanistico-edilizia” e il mondo (e Collemeto e pure Santa Barbara) sono salvi.
Tanto poi per farci stare ancor più tranquilli basterà la promessa di qualche “ristoro”, che ovviamente arriverà con calma, cioè al tempo delle calende greche. Nel frattempo, in mancanza d’altro, mai sia che ci facciano un parco alberato, per evitare di agonizzare sotto il caldo tropicale tipico delle ultime stagioni, potremo rinfrescarci le idee comodamente sdraitai in salotto, sotto i nostri eco-climatizzatori corredati di pompe di calore, ovviamente green, come le bollette.
Galatina, avanti così. Mica possiamo fermarci ad appena il 5 % del nostro territorio ricoperto da una spessa coltre di pannelli, pale eoliche, e altre trovate del genere. Urge arrivare presto e senza indugio al 95% del suolo, ma direi anche al 100%. Se no come faremo a completare la famosa transizione ecologica con una bella centrale nucleare a km0?
Marcello D’Acquarica
(NoiAmbiente e Beni Culturali di Noha e Galatina)
mag172018
Ma cosa s’erano messi in testa quei rompicoglioni di alberi di pino marittimo? Di continuare a rimaner colà per anni, come se nulla fosse, quasi per diritto acquisito, grazia divina o usucapione centenaria?
Pensavano di esser meglio dei loro cugini di campagna, vale a dire gli ulivi, destinati a scomparire dalla faccia del Salento per decreto ministeriale?
Nossignore. Qui a Galatina e frazioni siamo così solerti nell’applicare le disposizioni di fra’ Martina ministro, che sindaco e giunta sfornano ordinanze di abbattimento alberi (e, giacché all’opera, anche colate di comparti edilizi, circonvallazioni, aree mercatali e centri commerciali) manco fossero i pasticciotti dell’Ascalone la domenica mattina.
E niente, dice che dobbiamo farcene una ragione.
Pensavamo (sbagliando anche stavolta) che la sega comunale si fermasse al primo bellissimo pino punito con la pena capitale (il famoso Pino Insegno) nel mese di settembre 2017 per aver osato intralciare la corsa di un camion, o cosa diavolo fosse, andato a impigliarvisi con tutte le corna; invece è andata oltre programmando lo sterminio di tutto il viale alberato di via Castello perché d’intralcio a traffico, asfalto, cemento, mattoni, portoni d’ingresso, muri, cessi, case, autotreni, auto, moto e forse pure aerei di passaggio.
Insomma, qui tagliano alberi come fossero nastri inaugurali.
A proposito di democrazia partecipativa, la popolazione di Noha non ne sapeva niente o punto. Ma tanto, se pur l’avesse saputo, difficilmente avrebbe mosso il culo dal divano e più di un neurone alla volta per storcere il muso, alzare ciglio o proferir verbo contro un’altra decisione, l’ennesima, che sta trasformando la nostra terra nel Deserto del Sacara [sic].
Signora mia, in questo mondo di sottosopra potrebbero devastare la campagna con il fotovoltaico, impiantare un centro commerciale nei pressi di Collemeto, varare una centrale nucleare in piazza San Michele, fare la Tap a Melendugno e altre amenità del genere, con le mani in tasca e fischiettando. Tanto i diretti disinteressati ti risponderebbero con il solito onomatopeico “embè?”.
Non so voi, ma io, visto l’inquietante tasso di infiltrazione politica sto pensando seriamente di trasferirmi a Casal di Principe.
Antonio Mellone
ago192024
Parchi eolici, fotovoltaici e altro ancora. Il loro prodotto non è l'ossigeno e gli scarti non sono legna, foglie, frutti, fiori, humus e boschi. No.
Quindi vanno chiamati col nome giusto, e cioè industrie produttrici anche di energia ma soprattutto di profitti a terzi.
È così evidente l'inganno insito nel nome, che sicuramente i fautori di questa roba sono convinti che noi altri del popolo siamo una massa di cretini.
A detta del MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica - https://va.mite.gov.it/it-IT/Procedure/ViaElenco/27/14) in mezza Italia stanno per essere impiantati migliaia, ma che dico: milioni di parchi.
Secondo il GSE (Gestore dei Servizi Energetici https://atla.gse.it/atlaimpianti/project/Atlaimpianti_Internet.html), la provincia di Lecce si è aggiudicata il secondo posto dopo Brescia come area con il maggior numero di impianti fotovoltaici, e ora a quanto pare vogliono primeggiare altrettanto con l'eolico e i rifiuti pericolosi.
Infatti, il nostro territorio, dico soprattutto le campagne di Galatina in cui risiede una delle molteplici teste del mostro, sarà straziato dalle “linee di congiunzione” di cavi che partiranno (o arriveranno) alla centrale Terna, per un “Parco Eolico off-shore Odra” a 12 km dalla costa. Il parco eolico interessa un’area pari a circa 162 kmq (1KM PARI A 100 Ha) e sarà composto da 90 aerogeneratori. Così dopo la terra potremo dire addio anche al mare.
E così la nostra bella Gggalatina, primeggerà nel groviglio disarticolato di recinti e reticolati senza l'ombra di uno sputo verde che sia un cespuglio, una scrascia, una finta siepe di plastica, come vorrebbe il regolamento comunale, per nascondere alla vista dei malcapitati abitanti avvezzi al villeggiar nei campi, la devastazione che si trova all'interno dei sopradetti “parchi”.
Certamente ne hanno di fantasia, o se vogliamo essere più realisti, la fantasia somiglia più che altro ad una P.P.I.C. (Presa Per Il Chiul), per chiamare “Parchi” le “Industrie” e denominarli utilizzando i nomi delle nostre antiche masserie. Così, giusto per fare qualche esempio, un parco che nasce intorno a Torre Pinta, storica masseria galatinese che ha visto più saraceni che F35 da combattimento, come lo vuoi chiamare? Ma certo: Impianto solare fotovoltaico denominato "Pinta".
O quell'altro della masseria “Giumente”, giusto per ricordare ai posteri che una volta le femmine dei cavalli non erano fatte di ferraglia e silicio. O ancora “La Lama”, “San Vito”, “Santa Barbara”, povera Santa Barbara nostra, che il Sindaco Vergine, suo fedele difensore contro quell’altro acronimo ENTOSAL (SAL ENTO abbia pietà di noi).
Ora che finalmente Galatina, così come Nardò, Gallipoli, Cutrofiano, Soleto, Corigliano, insomma ogni Comune del leccese finalmente, avrà il suo ennesimo parco, alla faccia di tutti quegli illusi ambientalisti che rompono le scatole con questi cacchio di alberi che al primo calore bruciano, uffa… e poi se sopravvivono mettono radici e spaccano il cemento, sporcano, danneggiano il traffico e chissà poi se non ci consumano pure l'acqua di falda. Meno male che ora potremo tranquillamente ammirare i Parchi in diretta stando comodamente stravaccati sul divano con tanto di pompa refrigerante, in gloria di quel che fu il “PARCO MAI NATO”.
Direttamente dal sito del MASE:
LA LAMA 12 Ha; SANTA BARBARA 34 Ha; MASS. GIUMENTE 40 Ha; SAN Vito 20 Ha; GUIDANO FLYNIS PV S.R.L.34 Ha; Soleto New Solar Blue S.r.l 46 Ha ; Pinta 20 Ha; Whysol-E Copertino Sviluppo S.r.l. 103 ha; Nardò SOLARANTO S.r.l.62 ha; Corigliano ARNG SOLAR XI S.R.L 72 Ha;
Senza contare il famigerato 4% del totale di 8193 ettari già coperto con i soliti parchi nel 2010, PER UN TOTALE DI CIRCA 443 ETTARI di campagna immersa nei territori di antiche masserie, coltivate e coltivabili a grano, vigneti, uliveti, ortaggi, e ogni altro ben che fu di Dio.
Marcello D’Acquarica
ago092010
Non finiremo mai. Siamo come assediati. Ci stanno mettendo nel sacco ancora una volta.
Stanno preparando "il sacco di Noha".
Ebbene non ci crederete ma a Noha abbiamo un'altra emergenza (oltre al fotovoltaico selvaggio in svariati ettari di campagna nohana, oltre all'imminente Comparto 4 e le oltre 50 villette schierate come un plotone d'esecuzione, oltre a tutto il resto).
Avete visto il video di Dino Valente su galatina.it a proposito della cava De Pascalis? Sembra uno spot pubblicitario.
L'intervistatore si rammarica pure della burocrazia e dei suoi lacci e lacciuoli, anzichè chiedere regole lacci e lacciuoli anche per il suo bene e la sua salute.
(fonte Galatina.it)
Lo sapete che cosa verrà conferito in quella cava, a due passi dall'antica masseria Colabaldi, sito storico e archeologico importantissimo? Di tutto, di più. Leggete l'elenco. Ma andate oltre: dietro quell'elenco c'è un altro elenco invisibile e innominabile, tra l'altro, facilmente immaginabile.
Anche se non ce lo dicono ci saranno materiali pericolosi insieme a tutto il resto. Scommettiamo? Pensate che qualche eternit, o qualche altro materiale viscoso "ben chiuso" in qualche bidone, o qualche altra roba da sversare non ci sarà in mezzo alle altre schifezze che verranno portate qui da noi da tutto il Salento? Suvvia, non cadiamo dalle nuvole con le solite lacrime da coccodrillo che verseremo da qui a qualche anno. Cerchiamo di anticipare i tempi. E per favore andatevi a vedere il film "Gomorra" (proprio nelle scene delle cave dismesse), se proprio non riuscite a leggere l'omonimo libro di Roberto Saviano.
Sappiamo come vanno le cose in Italia e soprattutto qui, nel nostro Sud. Conosciamo bene il senso di responsabilità e la correttezza di molti imprenditori (spesso prenditori e basta).
E poi perchè tra la roba conferita deve esserci pure il vetro e la plastica? Non sono, questi ultimi, materiali da riciclare? Andatevi a vedere l'elenco delle cose conferibili (conferibili, ovviamente, a pagamento) e troverete anche plastica e vetro. Perchè buttarli in discarica?
Credono lor signori che noi siamo così fessi da non capire che dietro questa n-esima "scelta ecologica" non ci sia un piano diabolico? Che potrebbe essere questo: guadagnarci ovviamente nell'immediato (i conferimenti da parte delle ditte di tutto il Salento è a pagamento, un tot. di euro a tonnellata). Ma guadagnarci anche e soprattutto nel futuro. Come? Semplice. Una volta riempita la cava (non ci vorrà mica un secolo, basterebbe un decennio ma anche meno di conferimenti, con la fame di discariche che c'è) si farà diventare edificabile quella "nuova area", tra Noha e Galatina. Altro comparto, altra villettopoli. Altro giro altro vincitore, e molti perdenti: noi.
Mentre altrove le cave dismesse diventano centri culturali (tipo Le Cave del Duca a Cavallino, sede di concerti e di convegni, o l'area Verdalia a Villa Convento, area di freelosophy, eccetera eccetera), qui da noi diventano l'immondezzaio del Salento. A due passi dalla povera Masseria Colabaldi. Non c'è rispetto nè della storia nè del futuro. Siamo schiavi del presente purtroppo.
Manco i barbari permetterebbero certi scempi. Ma noi sì.
Bisogna allora avvisare tutti i nohani, ma anche i galatinesi della 167, quelli che abitano nell'intorno della parrocchia di San Rocco, i vicini ed i lontani, del fatto che anche loro ne sono coinvolti: ne va anche della loro salute. Bisogna far presto. Bisogna far girare queste informazioni, magari arricchendole con nuove notizie e nuovi dati.
Bisogna far svegliare i nostri rappresentanti (ma dove sono con i loro cervelli in fuga) cercando di far capire loro che con certe scelte e certe decisioni (prese all'oscuro e senza informare preventivamente i cittadini) stiamo andando con gioia verso il disastro. Stavolta annunciato.
Antonio Mellone
giu082021
Il 23 aprile 2021 è stato pubblicato sull'albo on-line della Provincia di Lecce l'ultimo mega progetto di fotovoltaico a terra.
Un impiantino industriale di fotovoltaico a terra per un'estensione di 103 ettari, pari alla grandezza di una città di 10.000 abitanti.
La capacità di produzione è di 60 Megawatt. La fantasia contorta è quella di spacciarlo per "impianto agro-ovi-fotovoltaico e biomonitoraggio ambientale" (è più facile colpire con il vocabolario: basta aggiungerci agro, bio, eco, green e altri detersivi del genere), ma nulla viene detto su 103 ettari di territorio agricolo e paesaggio naturale e storico trasformati di fatto in zona industriale. Con buona pace dell'articolo 9 della Costituzione Italiana, pensato dai nostri padri costituenti per difendere il paesaggio della Repubblica, un Bene Pubblico.
Per non farci mancare nulla, accanto all'impianto di 103 ettari citato, si unisce un altro che ospiterà pannelli in silicio per la produzione di 4 megawatt in territorio di Nardò. E poi ancora su Galatina, Lecce, Carmiano, Porto Cesareo, Copertino e via discorrendo.
Ormai abbiamo quasi perso il conto del numero di codesti “parchi” e la loro estensione totale, che un popolo sano di mente avrebbe chiamato “Consumo di Suolo vergine e naturale”.
Sono altre centinaia di ettari di terra bellissima, ancora tutta da scoprire nelle sue testimonianze storico culturali e archeologiche, migliaia di muretti a secco e centinaia di antiche ville, chiese rurali e masserie, veri tesori in completo abbandono. Beni unici al mondo che vengono continuamente tagliati fuori da ogni percorso se non addirittura fagocitati da "impianti agro-ovi-fotovoltaico e biomonitoraggio ambientale".
Chiediamo agli amministratori del territorio, e nello specifico al nostro sindaco Marcello Amante:
Il Direttivo di NoiAmbente e Beni Culturali
ott072010
Raimondo Rodia
fonte:galatina.blogolandia.it
ott142014
Non augurerei la lettura del famoso “Decreto Sblocca-Italia” nemmeno ai miei peggiori nemici (che in questo periodo a quanto pare s’annoverano a bizzeffe). Questo non solo nella speranza di indirizzarli a più amene o più colte e raffinate pagine di letteratura (figurarsi) ma perché codesto decreto - redatto da qualche burocrate e sicuramente non letto nemmeno da presidente e ministri firmatari - è orripilante, non solo nella forma ma anche e direi soprattutto nella sostanza.
Cosa stabilisce questo decre(pi)to che, già efficace, attende di essere convertito in legge dal fu Parlamento? Ovviamente una serie infinita di cosiddette “libertà”.
Per esempio già al primo articolo prevede che l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato sia nominato commissario per la realizzazione degli assi ferroviari Bari-Napoli e Palermo-Messina-Catania. Dunque, essendo “commissario” questo signore avrebbe un potere tale da considerarsi alla pari delle altre amministrazioni, anzi di più. Può decidere, per dire, se tenere o meno in conto eventuali pareri avversi da parte degli enti territoriali. In sostanza un potere privo di freni. Se, poniamo, si decidesse di sventrare un’altura, magari piena di amianto, o demolire un centro storico, nessuno potrà osare respingere il progetto per incompatibilità con la tutela del territorio.
Ma questo è il minimo. Tra le altre decretinate c’è anche quella che accorcia, anzi dimezza i tempi con i quali valutare la pericolosità degli inceneritori (alla Colacem ne gongolerebbero); e poi quella che sancisce la fine dell’“archeologia preventiva” (d’ora in poi, cioè, in caso di ritrovamenti archeologici, anche importanti, le Soprintendenze non potranno più indicare agli interessati come tutelare e valorizzare le scoperte, ma saranno costrette ad accettare le soluzioni proposte dalle ditte, che di fatto vengono abilitate a prendere “in consegna” gli eventuali reperti. Sarebbe come chiedere al lupo come desideri proteggere il gregge di pecore. Roba da manicomio criminale); c’è anche la chicca del silenzio-assenso. Come funziona quest’amenità? E’ presto detto: se nei famosi 60 giorni la Soprintendenza non riesce a esaminare un’autorizzazione paesaggistica – per la costruzione, dico a caso, di un Mega-Impianto di compostaggio da 30.000 tonnellate annue - il silenzio viene interpretato come assenso.
Con il silenzio-assenso ogni richiesta si intende accolta, anche se comporta la distruzione di un’area archeologica, lo sventramento di un palazzo barocco, la riconversione di una chiesa in una discoteca, l’edificazione di un condominio sulla spiaggia, la costruzione di un Mega-Porco in contrada Cascioni a Collemeto (anche se, a dire il vero, in questo caso c’è stato solo l’assenso: il silenzio è solo quello degli incoscienti).
Pazienza se poi una Soprintendenza non possa esprimere il suo parere entro i termini prestabiliti in quanto (dolosamente?) depotenziata grazie ai famosi tagli alla spesa pubblica. Come fa, infatti, un povero Soprintendente, che spesso deve lavorare con l’aiuto del bidello o della custode, a fronteggiare l’assedio di orde di impresari e costruttori assistiti da agguerritissimi studi associati di ingegneri, architetti, geometri, legulei e altri guastatori?
Ma non finisce qui. C’è un’altra disposizione che (obviously) liberalizza in modo selvaggio le torri eoliche e gli impianti fotovoltaici e a biomasse, per i quali di fatto non sarà più necessaria alcuna autorizzazione paesaggistica (già quella di prima valeva come il due di coppe con briscola a bastoni: basta vedere in che condizioni siamo nel Salento, anzi, senza andare tanto lontano, a Noha, con l’accerchiamento del fotovoltaico – che come dimostrato nel mio “Dai campi di sterminio allo sterminio dei campi” di circa un anno fa produce milioni di euro all’anno per una società a proprietà tedesca).
Che dire infine della libertà delle trivelle in mare, in terra, in cielo e in ogni luogo? Nulla altro, davvero, se non che questo decreto “Sciocca Italia” consegna il nostro Paese già devastato ai devastatori, traveste i costruttori in commissari delle cosiddette grandi opere, elimina nella sostanza ogni forma di controllo pubblico.
Mi chiedo con quale faccia chi approverà la legge di conversione di questo decretino andrà ai funerali delle vittime delle alluvioni causate dallo stupro edilizio del territorio nelle tante prossime venture Genova.
A fronte delle mille ragionevoli preoccupazioni per questo decreto (anzi secreto, come un muco) c’è invece chi si esalta, eccome. Già me li vedo i protagonisti delle larghe intese di Palazzo Orsini fregarsi le mani per questa ennesima Montagna spianata.
Antonio Mellone
ott142010
Il comitato di Cutrofiano (Forum Amici del Territorio) smentisce la sottoscrizione al comunicato divulgato da "Italia Nostra" e "Forum Ambiente e Salute" su Legambiente
Il "Forum Amici del Territorio", un comitato di cittadini di Cutrofiano, rappresentato dal Presidente Gianfranco Pellegrino, in merito all'articolo "Legambiente coinvolta nel business del fotovoltaico. Le associazioni denunciano", scritto in data 14 ottobre 2010, smentisce categoricamente la sottoscrizione al comunicato stampa divulgato dalle associazioni "Italia Nostra" e "Forum Ambiente e Salute" e prende le distanze sulle considerazioni ritenute personali rivolte all'associazione Legambiente stessa.
Si rende noto che il comitato, non ha ancora preso posizione sulla proposta del nuovo impianto fotovoltaico di 26 ettari a Cutrofiano, promossa da Legambiente tramite AzzeroCO2; si riserva inoltre di comunicare la propria posizione dopo aver visionato il progetto e averlo discusso nell'Assemblea dei Soci.
dic102010
Con una lettera raccomandata inviata in data 30 novembre 2010 che aveva come oggetto ” istanza di intervento tecnico per il controllo dei progetti denominati "Gamascia1- Società Fotowatio Italia Galatina S.r.l. " e "Galatina – Società SunRay Italy S.r.l." indirizzata al sindaco e per conoscenza all’assessore al ramo Carmine Spoti, ed inoltre a Maria Grazia Sederino Consigliere Comunale con delega all'Energia da fonti rinnovabili, il comitato ” I dialoghi di Noha ” a contestato la scelta di invadere il territorio con campi sterminati di silicio. Ma ecco il testo della missiva ” Gentilissimo Signor Sindaco e gentilissimi arch.tto Maria Grazia Sederino e avv. Carmine Spoti, con la presente, il Comitato "I Dialoghi di Noha", con i suoi degni rappresentanti Marcello D'Acquarica, Antonio Mellone, che supportati da oltre 350 cittadini che ne hanno condiviso le battaglie, lottando contro le facili concessioni volte a distruggere centinaia di ettari di campagna ( come per esempio le ben 11 concessioni "furbescamente" attigue in Contrada Roncella ), si appellano alle Vostre Autorità affinché vengano autorizzati ed eseguiti in tempi brevi, da parte degli enti tecnici competenti, come già avvenuto per la concessione in area Duca, i controlli dei progetti in oggetto, come prescritto nelle norme di sicurezza delle Autorizzazioni Uniche pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 90 del 20.05.2010 di SunRay S.r.l. e n. 148 del 23.09.2010 di Fotowatio S.r.l. Fra le condizioni poste sui Bollettini indicati, è spesso presente il diniego dell'uso del cemento (vedi per es. al punto 15 di pag. 14665 del B.U.R.P. n. 90), cosa che contrasta fortemente con la probabile costruzione di una mega centrale elettrica su piattaforma in cemento armato volturata dalle due società suddette in favore di TERNA – Rete Elettrica Nazionale S.p.A. Sono tante le potenziali incongruenze da verificarsi in corso d'opera.
A titolo esemplificativo si citano alcune: i possibili ritrovamenti archeologici; la corrispondenza ai dettami che riguardano il divieto dell'uso di prodotti chimici; l'autorizzazione allo scavo di pozzi per l'utilizzazione delle acque sotterranee; il controllo delle piantumazioni perimetrali; le distanze dal ciglio strada e dalle abitazioni; la recinzione, che deve essere realizzata lasciando ogni 10 metri varchi delle dimensioni di 40×40 cm, o in alternativa la rete deve essere posta ad un'altezza di 30 cm dal suolo, al fine di consentire il passaggio di animali selvatici; la costruzione delle piste provvisorie all'interno dell'area, che invece sembrano essere state fatte in modo definitivo; i termini di inizio, completamento e collaudi; le eventuali depressioni morfologiche soggette a fenomeni alluvionali; gli scavi dei cavi-dotti di attraversamento delle S.P. 41 e 47; l'autorizzazione per gli eventuali tagli di piante di origine naturale e non, e la salvaguardia dei muretti a secco presenti sul confine delle aree delle società interessate. In riferimento all'articolo 9 del Bollettino n. 90, che dice:
…il controllo e le verifiche sono demandate al Comune, la Regione Puglia Servizio Energia, Reti e Infrastrutture materiali per lo sviluppo si riserva ogni successivo ulteriore accertamento…, chiediamo, quindi, che siano monitorate, mediante l'Ufficio Tecnico e la vigilanza edilizia, le attività degli impianti relativi alle Autorizzazioni Uniche rilasciate alle Società SunRay Italy S.r.l. ed alla Società Fotowatio Italia Galatina S.r.l. “.
Pare che in risposta alla lettera proprio oggi a detta del consigliere comunale Pepe si svolgeranno i controlli, da parte delle autorità comunali preposte, calendarizzati e programmati per venerdì 10 dicembre. Vi terremo sicuramente informati sui risvolti e controlli e sopratutto sulle scelte finali dell’amministrazione comunale Coluccia riguardo l’impianti in questione, ricordando, come già l’attuale amministrazione si sia spesa in favore di questi progetti, in cambio di ammodernamenti e costruzioni di nuovi canili comunali, oppure la manuntenzione delle villette cittadine S. Francesco in centro e Giovanni Fedele nel rione Italia.
Raimondo Rodia
http://galatina.blogolandia.it/
mar072021
Insomma qui non vogliamo essere secondi a nessuno. A Palermo nasce Addio Pizzo (movimento contro le estorsioni), e diciassette anni dopo a Galatina e dintorni diamo vita ad Addio Pino (contro le torsioni. Dei tronchi).
Sì, perché come abbiamo già avuto modo di discettare, nella nostra città sembra siano stati banditi gli alberi di pino, tipo quelli mietuti in viale don Bosco, il quale - povero martire - per l’occasione ha dovuto cambiar nome, se non proprio sbattezzarsi.
Ma mica ci limitiamo ai soli pini: a noi fanno specie molte altre specie.
E qui scatta il governo di unità comunale, che dico, di solidarietà nazionale, che vede conflati insieme il PD (Partito Decespugliatore), il Movimento 5 Seghe (soprattutto mentali), l’Udc (Unione dei Calcestrunzi), Italia chi t’ha Viva, e il resto dei partiti usi intonare all’unisono Accetta Nera, senza scordare il rosario di Liste Ciniche (o forse erano cliniche), con l’appoggio esterno del comitato Amici del Massetto, cui aderisce la maggioranza qualificata della popolazione (ma con esclusione perentoria del reprobo di turno che ha il brutto vizio di canzonarne i soci onorari).
Voglio dire che codeste larghe intese sono ormai così conquistate dalla svolta green, dalla transizione ecologica, per non parlare di sostenibilità e resilienza, che ormai se non risolvono il problema alla radice si mettono a reciderne le chiome.
E dovreste sentirli nei loro dibattiti tra il serio e il lecceto: ma come si permettono questi fusti, anzi bellimbusti di creare dossi naturali (il dramma risiede in quel Naturali), di sporcare quel capolavoro di asfalto con tutti quegli aghi (non sia mai che superino, in numerosità, quelli delle siringhe), di insidiare la “bratella” che collegherà il centro al secondo tronco (tronco di circonvallazione, s’intende). E se poi questi alberi infiniti decidessero di cadere come tanti pali della luce, come la mettiamo?
In estrema sintesi, questi vegetali sono PE-RI-CO-LO-SI a prescindere. Quasi tutti eh, ché qui non siamo mica razzisti per fare dei distinguo. Sicché meglio prevenire.
E così, basta un’ordinanza sindacale per affidare l’appalto alla Attila & Figli srl e il problema è bello che risolto, con quelle potature che hanno l’ambizione di somigliare a delle sevizie, capitozzature da far invidia ai barbieri di una volta (quelli “spicozzavano” zazzere per paura dei pidocchi, questi le fronde per paura della processionaria), e amputazioni in grado di trasformare un albero in un attaccapanni.
Ma che ne capite voi altri? Siete degli agronomi? (Qui si potrebbe aggiungere tranquillamente “da tastiera”, togliendo il punto interrogativo).
Nel frattempo, per la serie Economia Circolare (o meglio circondariale), l’11 febbraio 2021, sul sito della Provincia è stato pubblicato il “Provvedimento autorizzatorio” [sic] per un’altra ventina di ettari di terreno, anche questi in agro Masseria del Duca di Galatina, da ricoprire con l’n-esimo mega-impianto fotovoltaico: le famose energie alternative (altrimenti dette allergie), a proposito di “sostenibilità”.
E non dite che i proponenti non abbiano uno spiccato senso dell’umorismo nel parlare della pecora moscia leccese, pubblicando sul loro personalissimo studio di impatto ambientale immagini più eloquenti di una vignetta (come quella a corredo di questo intervento) e denominando tutto il complesso - sentite un po’ - “Galatina fedele”.
Ebbene sì: nei secoli Fedelcementi.
Antonio Mellone
lug242015
Gentile assessore Coccioli,
ti scrivo con la consapevolezza che, come al tuo solito, farai finta di non aver letto questo pezzo (non è la prima, né sarà l’ultima volta).
Il problema, do you remember?, è sempre quello della vecchia scuola elementare di Noha, quasi del tutto ristrutturata ma, appunto, rimasta in mezzo al guado per via di una cabina elettrica dimenticata nella penna di chissà quale ingegnere progettista lautamente retribuito, onde, con il solo allaccio di cantiere (ma quanto durano ‘sti benedetti cantieri a Galatina e dintorni?), in quella scuola diventata nel frattempo Centro (quasi) Polivalente, non funzionano ancora - sebbene installati e nuovi di zecca - né l’ascensore, né l’impianto fotovoltaico, né l’impianto di condizionamento dell’aria.
Abbiamo già sperimentato quanto i nostri politici di Palazzo Orsini siano di fatto tutti chiacchiere e sedativo, ovvero portatori sani di sorrisi ma soprattutto di promesse per allocchi [l’ultima cocciolata, per dire, suonava più o meno così: “Si prevede l’esecuzione dell’intervento di realizzazione della cabina così come sopra detto necessaria ad Enel per fornire i 50 KW richiesti attivando i suddetti impianti tra giugno e settembre 2014”. - Chissà che, parlando di 2014, l’assessore più “promettente” della storia locale non ipotizzasse a suo tempo la reincarnazione, o la vita del mondo che verrà, amen, ndr]; così come non c’è da aspettarsi nulla da certi cittadini affetti da pragmatismo cronico che non considerano codesto scempio di pubblico denaro come un qualcosa di insopportabile, ma come una normale prassi su cui non vale la pena poi di soffermarsi più di tanto (e ripetono con salmodiante democristiano acume: “U fattu è fattu e l’arciprevate è mortu” – da qualche mese ormai in tutti i sensi).
*
Gentile assessore Coccioli, come ben saprai, dal 13 luglio scorso e fino al 13 agosto prossimo, il Cesfet con la collaborazione di alcune associazioni di Noha, ha organizzato “DoppiamentEstate”, un campo scuola pomeridiano per i bambini ed i ragazzi della scuola elementare e media di Noha e paraggi. Orbene, visto il caldo di questi giorni, quel campus si è trasformato in una vera e propria scuola di sopravvivenza in pieno deserto subsahariano: in mancanza di aria condizionata, infatti, le aule del primo piano hanno una temperatura media vicina a quella descritta nell’Inferno dantesco dal sesto girone e fino all’ottavo [in inverno, al contrario, la temperatura scende per assestarsi intorno alla condizione termica del nono cerchio, nelle immediate adiacenze del lago di Cocito, ndr].
Caro assessore, prova un po’ tu a svolgere i compiti o a fare i laboratori previsti dal programma in quelle aule scolastiche in questo periodo buone solo per infornare il pane, e poi ne parliamo.
*
Gentile ingegnere, concludo.
Sappi che probabilmente per molti galatinesi e altrettanti nohani, belli addormentati sul divano - usi a scrivere scemenze su face-book, oltretutto sgrammaticate – il problema del Centro Polifunzionale di Noha non esiste. Invece i ragazzi del campus di Noha, di gran lunga più svegli dei cosiddetti adulti, hanno capito tutto, e hanno colto immediatamente che, così a mezz’aria, senza cabina elettrica in grado di far funzionare gli impianti, quell’immobile pubblico di piazza Ciro Menotti è un’opera non solo priva di senso ma soprattutto offensiva per i soldi che ha succhiato (stiamo parlando di 1.300.000,00 euro per pronta cassa: bruscolini).
Un’ultima cosa, signor Coccioli, vorrei dirti. Ed è questa: tu puoi provare a prendere in giro tutti, ma con i bambini sei capitato male.
I nostri ragazzi, infatti, hanno capito benissimo che la cialtroneria, che per definizione ha le gambe corte, sovente ha nome e cognome: connotati che spesso combaciano con quelli di numerosi esponenti di una classe dirigente e politica locale dalla fedina penale probabilmente ancora pulita, ma dalla coscienza (penosa) certamente sporca.
Con la stima di sempre.
Antonio Mellone
nov242010
Di seguito il comunicato stampa del comitato di Cutrofiano che annuncia la loro prima battaglia vinta contro la guerra del fotovoltaico agricolo che sta distruggendo il nostro territorio.
PRIMA VITTORIA DEL COMITATO NELLA LOTTA CONTRO IL fotovoltaico SU SUOLO AGRICOLO
Il “Forum Amici del Territorio” è lieto di comunicare a tutta la cittadinanza, che in data 23 novembre 2010, la società Fotowatio presente nei tre mega impianti fotovoltaici di 108 ettari, rinuncia alla realizzazione del suo progetto di 32 ettari.
Per questo primo successo si ringraziano:
- gli oltre 1.300 Cittadini, che hanno sottoscritto la petizione popolare proposta dal Comitato;
- il Consiglio Comunale che ad unanimità ha espresso parere negativo alla realizzazione degli impianti industriali fotovoltaici;
- le associazioni “Italia Nostra”, “Forum Ambiente e Salute”, “Save Salento”, e “Comitato di Noha ”, per il loro sostegno.
Il Forum, soddisfatto di questo importantissimo risultato, rimarrà vigile e continuerà la sua azione di contrasto a tutti i progetti di impianti industriali fotovoltaici su suolo agricolo.
Il Presidente
Gianfranco Pellegrino
Ecco invece il comunicato con il quale la Fotowatio rinuncia ufficialmente alla realizzazione del parco fotovoltaico a Cutrofiano
ago022023
Ho letto con attenzione la lettera aperta rivoltami dal Direttivo di Noiambiente e Beni Culturali di Noha e Galatina. Probabilmente è opportuno dare delle risposte alle garbate domande poste.
Innanzitutto continuo ad annunciare il bisogno di pazienza da parte dei cittadini per i lavori che sono partiti, stanno partendo e continueranno a partire nei prossimi mesi.
Abbiamo visto alcuni cantieri già aperti in luglio come i lavori stradali nella contrada Guidano o il cantiere appena consegnato alla ditta appaltatrice per l’ecocentro.
Abbiamo già i primi confronti, a tratti anche complicati, per i lavori in partenza come quelli del plesso scolastico del 3 Polo dove è necessario organizzare lo spostamento dei giovani studenti per realizzare i lavori. Non ci sfugge quindi che i lavori previsti in piazza Alighieri, in piazza stazione, il corso Re D’Italia, ecc… richiederanno grande pazienza nei cittadini e capacità di gestione da parte nostra.
Una cosa voglio chiarirLa: è chiaro da tempo che nel 2021 e nel 2022 l’Europa ha chiesto che si procedesse velocemente all’impegno delle risorse del PNRR motivo per cui molte idee progettuali sono state finanziate sulla base di progetti di massima.
Ed è chiaro a noi, che amministriamo oggi, che far diventare quei progetti di massima, dei progetti reali, delle gare d’appalto, dei cantieri e infine delle opere pubbliche è un’azione amministrativa unica per comunità piccole come la nostra. Rivoluzionaria direi.
A noi la responsabilità di tutto questo, con buona pace di parte dell’opposizione che ironizza e cavilla, intendendo a modo suo il proprio mandato, che dovrebbe essere sempre finalizzato al bene comune e non ad un gioco stucchevole delle parti e che, soprattutto, ha spesso praticato lentezza richiedendo oggi una velocità incompatibile con i tempi che richiede il buon lavoro degli uffici.
Passando al successivo punto richiamato tengo a chiarire che la ZES non è una piattaforma on line (la piattaforma è solo uno strumento digitale) e non è un progetto legato al T.U. delle leggi sanitarie Regio Decreto 1265/1934.
Le Z.E.S. sono Zone Economiche Speciali collocate in alcune zone industriali esistenti, che godono di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative. Sono rette da un Commissari del Governo e sono state istituite con una serie di decreti a partire dal 2017.
In questi mesi stanno divenendo pienamente operative e affinché ciò accasa è necessario che vengano adottati degli atti da parte delle amministrazioni locali. Noi siamo stati i primi perché crediamo nel bisogno dello sviluppo economico e nella necessità che la nostra zona industriale sia attrattiva.
Tutti gli argomenti utilizzati nella vostra comunicazione colpiscono la sensibilità di moltissimi di noi e sono attuali se pensiamo alla recente modifica dell’articolo 41 della nostra Costituzione che declama che “l'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”
Nessuno vuole agire all’infuori del dettato Costituzionale. Credo che il futuro sia proprio questo: conciliare sviluppo e benessere economico con il grande faro che ha acceso Agenda 2030.
Andando avanti, non entrerò in polemica sulla Zona Fiera in cui si parla di realizzazione di un parco urbano complesso e di opere sportive, espositive e culturali oltre che di ampi spazi verdi
(compreso un orto botanico) che recupera e rende fruibile una intera area oggi non a disposizione della comunità. Non si tratta solo di “Imponenti cubature” e presto speriamo di dimostrarlo.
Chiudo rispondendo in merito alle Comunità energetiche. Saremmo tutti felici se potessimo con un colpo di bacchetta, rinunciare all’energia o al gas o ai manufatti. Purtroppo non è così. La politica e l’amministrazione è l’arte del possibile e noi a quello dobbiamo tendere. Realizzeremo la produzione di fotovoltaico sui tetti dei palazzi comunali e creeremo una comunità energetica per massimizzarne l’utilizzo. Siamo convinti che sia una cosa giusta da fare. Sostenibile.
Spero di incontrarvi presto e di potervi ascoltare sui tanti temi affrontati oggi e su altri che potremo trovare insieme.
Grazie.
Sindaco Fabio Vergine
dic082024
Non c’è mai un’ultima volta per chi come noi ama condividere le idee, qualsiasi esse siano, purché riguardino il bene e la ricerca del giusto. È bastato incontrarsi un po’ di volte, e senza il bisogno di tante parole, bastava uno sguardo, e l’idea, il pensiero, la lotta, il sogno, tutto prendeva una sola piega.
Continueremo così, incontrandoci per le vie di Noha, e per quelle delle campagne, quanto meno le tue che hai coltivato con amore, come si fa con la vita. Senza fare rumore, per continuare all’infinito quello che è stato, e che sarà.
Tante sono state le nostre presenze collegate fra loro dal tempo, almeno quel poco o tanto, tant’è relativo, che mi ha visto qui in questo nostro paese, e per citarne alcune fra le ultime condivise ma non meno importanti, gli incontri nella piazza di Noha, davanti al Bar Settebello, nell’estate del 2010 per l’inizio di quel calvario che sta diventando sempre più grave, che ci vide insieme nella lotta contro il fotovoltaico selvaggio, quello che aggredisce la terra in modo irreversibile e senza tener conto della giusta misura.
E poi ancora, l’incontro del 2013 con “I Dialoghi di Noha”, un gruppo di amici e concittadini che io stesso in quel momento mi onoravo di rappresentare, nel tuo negozio di alimentari per la consegna del titolo onorario di socio della nostra associazione.
E non per ultimo, nel 2015, durante la festa di chiusura dell’anno scolastico presso il Polivalente di Noha con tantissima comunità, a parlare di rispetto per il prossimo, di impegno nel fare ognuno il proprio dovere, per rendere migliore questo mondo in civiltà.
Grazie Michele per tutto quanto è stato possibile fare.
Marcello D'Acquarica
apr202012
Per riprendere il discorso iniziato con l’articolo a mia firma dal titolo “Il candidato” apparso recentemente su questo sito, vi racconto un aneddoto realmente accaduto.
Qualche giorno addietro, m’incontra per caso a Noha un signore di mia conoscenza (non ne dirò ovviamente il nome) che dall’interno della sua macchina, abbassando il finestrino mi fa: “Allora ti stai cimentando!?”
Non ci voleva mica una laurea alla Bocconi per capire subito due cose: la prima, che alludesse ad una mia candidatura alle imminenti amministrative per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale di Galatina (a ridaje!) e la seconda, strettamente connessa alla prima, che avesse letto il mio succitato articolo (o che quanto meno avesse visto la vignetta satirica di Marcello a corredo di quell’articolo).
Insomma, si vedeva da mille miglia di distanza quanto il mio interlocutore giocasse in qualche modo a fare lo gnorri.
Dico subito che il suo tentativo di sfottò (?) fu stroncato da una mia battuta spontanea e fulminea che giocando con l’assonanza - e non con l’etimologia del gerundio che aveva utilizzato l’astante - fu la seguente: “Ormai lo dovresti sapere a memoria che sono contrario al cemento!”. E gli ribadivo anche che quell’Antonio Mellone, candidato, non era il sottoscritto (che invece è candido, vale a dire senza macchia di tessere partitiche).
E’ stata sufficiente questa risposta lapidaria per lasciare a bocca asciutta l’amico che in una manciata di nanosecondi se la svignava scomparendo dalla mia vista...
Avrei potuto aggiungere, se ne avessi avuto l’opportunità e il tempo (chiedo venia per il pleonasmo), che la democrazia può essere: a) rappresentativa; b) diretta; c) partecipativa, e che senza la compresenza di questi tre pilastri armoniosamente combinati tra loro vani sarebbero tutti gli sforzi per stabilire modelli di governo che prevedano la partecipazione dei cittadini. Da Wikipedia si legge che la democrazia rappresentativa “è una forma di governo nella quale gli aventi diritto eleggono dei rappresentanti per essere governati”; nella democrazia diretta, invece,“i cittadini in quanto popolo sovrano non sono soltanto elettori che delegano il proprio potere politico ai rappresentanti ma sono anche legislatori e amministratori della cosa pubblica” (un esempio tipico di democrazia diretta è l’istituto del referendum). Infine c’è la democrazia partecipativa che “lavora per creare le condizioni per cui tutti i membri di un corpo politico possano portare contributi significativi ai processi di decisione”.
Mi piacerebbe che fosse chiaro una buona volta che non si fa Politica soltanto se ci si candida alle elezioni, o se si stampa la propria faccia su di un manifesto con tanto di slogan pacchiano o su di un santino (per poi sparire dalla circolazione fino alla successiva tornata elettorale). La Politica vera (notare la maiuscola) si esprime in mille modi, tutti parimenti importanti e degni di rispetto.
Ci sono anche a Noha persone che non rinunciano all’impegno, alla passione civile, alla razionalità critica, alla partecipazione e non hanno intenzione di dimettersi né oggi né mai dalla cittadinanza attiva. C’è gente che non ha voglia di mollare, e che vuol fare Politica anche senza avere i posti d’onore nelle processioni solenni dietro la statua del santo di turno.
E fanno e sono Politica tutte quelle voci libere che sovente sono stecca nel coro belante del pensiero unico dominante.
Si è già dimostrato mille volte, anche qui da noi, che quando pezzi importanti della cosiddetta “società civile” trovano un canale per manifestare visibilmente il proprio malcontento, lorsignori-politici sono costretti a tenerne conto, anche se dispongono della più bulgara maggioranza politica, culturale o mediatica in seno ai consigli o ai parlamenti.
Davanti alla democrazia partecipativa e finalmente matura nulla è più ineluttabile, nemmeno di fronte ai luoghi comuni più strutturati, anzi più incarniti a mo’ di sacro totem nella nostra mente. Tutto si può dunque ridiscutere e nulla più può esserci imposto dall’alto.
Per far questo va coltivato il terreno di coltura che è composto da tante cose: dalla rete di lotte diffuse, dalle iniziative individuali, dalle rivendicazioni locali, e - perché no - anche dalla satira corrosiva e graffiante (che fa irritare soprattutto chi ha la coda di paglia), dalla redazione di un giornalino libero (senza padroni e senza padrini, in cui possano esprimersi liberamente tutti), da un appello contro l’indecenza, dall’esercizio della critica e della solidarietà sul territorio e sul web, dal combinato disposto di questi e altri fattori. E siamo noi e la nostra inventiva civica a creare quotidianamente l’humus per questo terreno di coltura.
Avrei voluto dire al mio (ormai malcapitato) interlocutore tutte queste cose; invece gli ho risposto con una battuta delle mie.
Ma poi a pensarci bene, quel gioco di parole dette così a mo’ di celia, quasi a freddo, condensava in una sorta di sintesi epesegetica tutto il lavoro di democrazia partecipativa che da qualche lustro cerco di portare avanti, bene o male, insieme agli altri amici di questo blog. A questo servono gli articoli, i libri, gli interventi su questo sito, le trasmissioni televisive, i video di denuncia e mai di rinuncia, il nostro giornalino L’Osservatore Nohano (che, tranne per i ciechi e per i sordi, oggi è più vivo e attuale che mai), la raccolta di firme (a favore dei beni culturali, dell’acqua pubblica, della felicità bene comune, dell’aria pulita, della legalità, dei rifiuti zero, ecc.) e le svariate battaglie (contro il CDR, contro il fotovoltaico delinquente in mezzo alla campagna, contro il cemento, contro la mafia, contro la stupidità masochista che ci sta portando alla tomba…).
Questa è Politica; questa è democrazia. Forse molto più attiva di quella che si esercita stando assisi su di un seggio, o su di una poltrona, o su di una sdraio, o distesi su di un lettino (c’è chi trascorre la sua vita da addormentato) anche in seno ad un’assemblea di politici di professione.
apr222016
Certo, Tempesta (l’assessore) non poteva far rima con “foresta”, altrimenti non sarebbe stato risucchiato nella giunta Montagna che, come noto, da Pantacom in poi, ma anche prima, non fa rima con “campagna”: infatti, quelle quattro superstiti a disposizione del patrimonio comunale le ha pure messe all’asta (sicché l’unica campagna nota a Mimino & co., come ormai sanno cani e megaporci, è quella elettorale).
Non pensavo, me tapino, che nel rimario assessorile non fosse contemplato nemmeno il lemma “risposta” (vale a dire risposta alle lettere aperte dei cittadini, come la mia) ma solo accozzaglie di locuzioni chiamate “comunicati stampa”. Che, come noto, molti giornali (si fa per dire) e gggiornalisti di complemento pubblicano senza fare un plissé.
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A proposito, c’è addirittura chi se li va a cercare, i comunicati stampa, dico, ne sente la mancanza, non vede l’ora di pubblicarli sul proprio sito. Tipo l’ultimo annuntio vobis del TAP di qualche giorno fa, completo perfino di alcuni link diretti alla sezione on-line dedicata alla costruzione di questo Trapanamento Assurdo Pericolosissimo, ovvero Trivellamento Assoluto (di) Palle.
In effetti morivamo tutti dalla voglia di sapere quanti contratti ha stipulato TAP con Saipem, e quante valvole a sfera o chilometri di tubi sono necessari al gasdotto per penetrare ben bene il Salento. Signori, è inutile dirvi che trovate tutto in dettaglio su tappina.it.
Si spera almeno che i multinazionali padroni del mondo paghino profumatamente la cosiddetta “informazione indipendente”, altrimenti dovremmo supporre che certi siti internet locali si stiano sputtanando per puro piacere sadomasochistico.
Vero è che chi non ha una reputazione non teme nemmeno di perderla, e chi ha già più volte perso la faccia è in una botte di ferro, però, vivaddio, certe servitù volontarie uno dovrebbe risparmiarsele se non altro per un barlume residuo di amor proprio.
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Ma ritorniamo al Tempesta e ai suoi comunicati stampa: l’uno gongolante per la vendita dei terreni di Noha (che ci vuoi fare, signora mia, pensano di risanare così il bilancio comunale); l’altro trionfante per l’inaugurazione dell’asilo nido di viale don Bosco – unico bosco superstite in loco - (vedremo se questa sarà o meno come tutte le altre inaugurazioni delle “grandi opere locali”); un altro promettente il rifacimento di alcuni marciapiedi del centro città (poi vai a scoprire che si tratta di un rifacimento ex-novo di marciapiedi appena ultimati, in quanto la Soprintendenza avrebbe stabilito che certi materiali utilizzati fanno cagare. Nel frattempo, a Noha, per dire, i marciapiedi dei dintorni del centro Polivalente continuano a rimanere come quelli di Bagdad subito dopo i bombardamenti di Bush figlio); un altro ancora, diciamo così, scioccante a proposito di un defibrillatore per un centro sportivo (a quando un defibrillatore di neuroni per la stragrande maggioranza dei nohan-galatinesi addormentati sui divani?); un altro infine inneggiante al nuovo prato inglese nell’area prospiciente l’ex-convitto Colonna (come si fa a far capire a questi s’ignori che i prati inglesi nel Salento sono come il pecorino sulle ostriche? Che vanno bene in Gran Bretagna, appunto, mentre qui da noi sono un crimine contro natura, per via delle tonnellate d’acqua dolce da utilizzare quasi quotidianamente per la loro oltretutto costosa manutenzione?).
Insomma, come potete notare, un comunicato stampa per ogni starnuto, un colpo di tosse, una scemenza inenarrabile da parte di questa cosiddetta amministrazione comunale. In perfetto stile regime in corso.
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Ovviamente nei comunicati stampa tempestosi nemmeno un cenno di sfuggita a Noha, dimenticata dai politici di Galatina dai tempi della guerra di Crimea, o alla cabina elettrica del famoso centro Polivalente, attesa da, o dell’orologio pubblico di piazza San Michele fermo dai tempi della caduta del fascismo (anche se, viste certe facce e certi mentulomorfi pensieri, qualche dubbio sull’effettiva caduta di quel regime rimane tuttora), o della Trozza diroccata dai tempi dei vandali (i vandali dei giorni nostri, s’intende).
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Pare che la ricostruzione del PD (Partito Demagogico) di Galatina e dintorni sia partita addirittura da Noha dove di recente si è pure svolto un congresso a tarallucci e Mimino, guarda un po’, nella sala convegni del suddetto Polivante. Chissà se qualcuno dei delegati, nel parlare delle magnifiche sorti e progressive del partito (“partito”, probabilmente voce del verbo), s’è ricordato per caso che in quelle botteghe oscure de noantri non funziona né l’ascensore, né il riscaldamento, né l’aria condizionata, né ovviamente l’impianto di fotovoltaico installato sulla terrazza (ergo chissà se c’è l’agibilità).
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Poi uno dice che parlano male dei nostri politici. Certo, quando paragoni le promesse dei candidati al consiglio comunale durante le elezioni amministrative ai risultati effettivamente conseguiti al netto delle vave non puoi fare a meno di respirare profondamente e di contare fino a dieci, anzi fino a cento, onde evitare offese ai diretti interessati e ai loro avi (che, in fondo, proprio immuni da colpe non sono).
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A proposito: una volta mi trovavo a Galatina nel Bar delle Rose a prendere un caffè in compagnia di una gentile ragazza. Ad un certo punto entra un tizio che si mette a sbraitare davanti a tutti: “Tutti i politici galatinesi sono degli stronzi!”.
Al che, con fare contrariato, risentito, direi anche decisamente irritato gli ribatto aspramente: “Scusi, lei, ma come si permette?”. E lui, esterrefatto, mi guarda e mi fa: “Perché, lei è un politico galatinese?”. Ed io: “No, sono uno stronzo”.
Antonio Mellone
set102010
apr232011
Anche quest’anno, come da sempre avviene, il lunedì in albis si trascorre a Noha, città dei cavalli. Dalle prime ore dell’alba e fino a mezzogiorno, nelle vicinanze della cappellina della Madonna delle Cuddhrure sul grande prato ancora (e speriamo per sempre) libero da centri commerciali, si daranno appuntamento tutti i cavalli del Salento per galoppare, sfilare, trottare e pavoneggiarsi.
Sfileranno anche i traìni variopinti, i birocci austeri, i carretti e i mezzi di trasporto di un pungo di decenni fa, sostituiti, oggi, dal traffico infingardo ad ogni ora del giorno e della notte.
Alla fiera di Noha c’è anche il mercatino (senza pulci!) dei prodotti dell’agricoltura, dei piccoli animali da cortile, delle utensilerie per l’allevamento e per i lavori in campagna.
Allora, venite a Noha il giorno di pasquetta. Tornerete nelle vostre case arricchiti del messaggio forte e saggio che i cavalli del Salento hanno da trasmetterci: basta con le nuove villettopoli da strapazzo, basta con le nuove zone artigianali piene di capannoni vuoti, no al fotovoltaico senza senso in mezzo ai campi, no all’utilizzo del CDR “per rendere più competitivo il cemento”… Insomma: “Stop al consumo del territorio e della vita!”.
Antonio Mellone
TRAFILETTO APPARSO SU “QUI SALENTO” DI APRILE 2011
dic172011
Non è solo l'occasione per un ampio e approfondito momento di riflessione interna, sul piano associativo, dal momento che si procederà all'elezione delle nuove cariche sociali.
Il congresso, infatti, è inteso come un ulteriore momento di collegamento e di confronto con le altre presenze organizzate sul territorio, in primo luogo associazioni e comitati. Sarà infatti l'occasione per discutere delle importanti battaglie condotte in questo anno e mezzo e individuare le nuove emergenze, i nuovi temi e le nuove sensibilità che dovranno entrare nella nuovo documento congressuale.
In questo anno e mezzo Save Salento non ha mancato di affiancare, con interventi ad adiuvandum presso le sedi giurisdizionali del TAR e del Consiglio di Stato, il Comitato 275 nella delicata questione della statale 275 e l'amministrazione comunale di Veglie contro la costruzione di un megasansificio, letale per la salute dei cittadini.
Ma la funzione di presidio territoriale e di sentinella democratica è stata svolta soprattutto nella complessa e ambigua vicenda del comparto 13 di Santa Cesarea, dove un'intera porzione di costone, tra i più belli della Puglia, rischiava di essere inghiottito dal cemento e da piani di lottizzazione la cui validità è apparsa da subito dubbia.
Anche nel campo energetico, Save Salento non ha mancato, in questo anno e mezzo, di segnalare da una parte le contraddizioni di un processo di riconversione delle fonti energetiche da fossili a rinnovabili che, a fronte della devastazione dell'ambiente e del paesaggio portata dal fotovoltaico e dall'eolico, non è stato in grado di liberarci da presenze quali le centrali elettriche di Brindisi. I casi del fotovoltaico proposto a Cutrofiano da Legambiente o dell'eolico di Vernole e Castrì, testimonia dell'impegno dell'associazione.
Al congresso interverranno anche i radicali Sergio D'Elia ed Elisabetta Zamparutti, quest'ultima membro della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, che, attraverso le tante interrogazioni in Parlamento, ha svolto un importante opera di traduzione delle battaglie dal livello locale a quello centrale.
Con il congresso di Save Salento, partirà anche un altro importante processo costitutivo, quello del Comitato per la Tutela di Porto Miggiano che, nelle settimane prossime approfondirà la riflessione, attraverso un ampio processo partecipativo, sulla natura dell'impegno e della struttura associativa dell'importante presidio.
set142010
feb142013
Di seguito un elenco non esaustivo delle opere previste dal progetto:
1. Sistemazione pertinenze degli alloggi di ERP di via T. Lucrezio e zone adiacenti, mediante:
· realizzazione viabilità ciclopedonale in masselli autobloccanti in cls prefabbricato;
· piantumazione di specie autoctone e a bassa necessità di manutenzione;
· bitumatura delle strade non asfaltate tra via T. Lucrezio, via Q. Ennio e via Giovenale;
· realizzazione di scivoli per accesso disabili su marciapiedi in via Cadorna;
· realizzazione di viabilità ciclabile dalle pertinenze degli alloggi sino alla scuola di via degli Astronauti.
2. Riqualificazione della scuola di via degli Astronauti, consistente in:
· realizzazione di impianto elettrico a servizio del laboratorio informatico;
· manutenzione straordinaria del locale ex-ambulatorio medico, con realizzazione di laboratorio polifunzionale scientifico-tecnologico e fornitura di arredi didattici;
· installazione di un servo scala/ascensore per accesso disabili al primo piano;
· manutenzione della palestra;
· recupero a verde dell’area pubblica in via degli Astronauti (formazione giardino scolastico), con realizzazione di staccionata in legno;
· rifacimento della pavimentazione stradale in prossimità del cancello per agevolare il deflusso delle acque meteoriche;
· sostituzione degli infissi al piano primo con installazione infissi in PVC a scorrimento con vetrocamera;
· sostituzione di tutti gli apparecchi illuminanti nella scuola;
· installazione di riduttori di flusso per risparmio idrico nei servizi igienici;
· tinteggiatura delle aule, dei servizi igienici e dei laboratori;
· realizzazione di nuovo impianto fotovoltaico da 10,0 kWp sulla copertura della palestra.
3. Spazi pubblici all’interno del Piano di Zona :
· sistemazione degli attraversamenti stradali con installazione di idonea segnaletica verticale ed orizzontale;
· realizzazione viabilità ciclo-pedonale dagli alloggi alla scuola;
installazione di pali e armature stradali per pubblica illuminazione nelle vie Fedro e Catullo.
fonte: galatina2000
set222011
Quando parliamo di “bene comune” e ci proponiamo di fare qualcosa affinché lo scopo venga raggiunto non dovremmo preoccuparci di appropriarci di meriti di alcun tipo, tantomeno se non ci competono. Non dovremmo annunciare il “nostro fare”, che fra l’altro scopriamo poi essere fatica espressa e documentata da altri, per essere le primedonne. Noi del “L’Osservatore Nohano” spesso ci siamo sorbiti prediche e contraddittori per il semplice fatto di aver difeso coerentemente i nostri principi sacrosanti di salvaguardia del bene comune, sia che si tratti di terreni da difendere dalle speculazioni più disparate sia che si tratti di beni architettonici che storicamente appartengono ai nohani. E’ doveroso ricordare, per escludere eventuali dubbi, che quando si è trattato di informare i cittadini di Noha della iniqua ripartizione dell’area agricola da adibire a terreno per il fotovoltaico, la notizia è emersa soltanto grazie ad almeno due Dialoghi di Noha a cui hanno partecipato tanti cittadini. Ovviamente non vogliamo avere la prerogativa di aver fatto qualcosa per il bene comune (molti lo hanno fatto prima di noi), tanto i fatti, i documenti ed i libri lo testimoniano, ma siamo felici che finalmente, per la seconda volta a Noha, dopo l’evento del Natale alla Masseria Colabaldi, che ci auguriamo continui alla grande, sia emerso un nuovo gruppo di volenterosi cittadini nohani, che hanno scoperto (parole precise di Giampiero De Ronzi, Mimì) la propria responsabilità nei confronti di tali beni. Cogliamo l’occasione per abbracciare la causa profusa mediante web che riguarda l’attenzione posta alla nostra antichissima e storica torre. Grazie all’energica forza passionale del Gruppo Mimì, noi oggi finalmente possiamo ammirare in tutta la sua storicità la struttura residua dell’antichissimo castello di Noha, documentato in molti testi storici. Saremo orgogliosi di partecipare anche alla visita guidata organizzata dal Gruppo Mimì e diffusa sia su web che sul programma della Festa di San Michele. Ci auguriamo che siano tantissimi i cittadini di Noha che insieme a Giampiero, scoprano la propria responsabilità sulla rivalutazione di beni culturali di grande rilevanza come: le casiceddhre, la masseria Colabaldi, il frantoio ipogeo, la casa baronale, la casa rossa, la trozza, la torre dell’orologio, la Chiesa di San Michele, il calvario, e tutti gli altri, che sono tantissimi, descritti nel catalogo dei Beni Culturali di Noha, che oltre tutto è anche fruibile dal sito Noha.it.
Marcello D’Acquarica
Antonio Mellone
Martina Chittani
P. Francesco D’Acquarica
Michele Stursi
Paola Rizzo
Antonella Marrocco
Albino Campa
Fabrizio Vincenti.
nov152011
In alta montagna inizia la stagione delle nevicate e quindi i “margari” ritornano in valle.
E’ rassicurante vedere l’Italia vera, quella che, nonostante le pagliacciate di vecchi e nuovi ministri, continua imperterrita a vivere ed a lavorare con amore.
Questo lavoro non ha bisogno del fotovoltaico che distrugge l’agricoltura, della speculazione edilizia, non inquina, non distrugge la natura.
Il lavoro che salva l’uomo è vivere in simbiosi con la terra, non con questo capitalismo che rompe gli quilibri e provoca disordini e miseria.
Marcello D’Acquarica
gen222012
Sabato 14 gennaio 2012 è ormai per Noha una data da libro di storia.
Non si sa come, Paola Congedo, maestra dalle mille risorse e dalle altrettante sorprese, con l’appoggio determinante di Eleonora Longo, la direttrice che non dice mai di no, con il supporto della Biblioteca Giona benemerita, sono riuscite a segnare uno iato tra il passato ed il futuro, un solco tra l’oggi ed il domani.
Non ci crederete, ma queste tre Donne (Paola, Eleonora e Giona, che non finiremo mai di ringraziare) hanno portato a Noha un simbolo vivente dell’antimafia: Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo (il giudice fatto saltare da una bomba mafiosa nel 1992, qualche mese dopo l’attentato che fu fatale anche a Giovanni Falcone ed ai suoi angeli custodi).
Salvatore Borsellino ha parlato per un’ora e mezza, ma sarei rimasto altre tre ore ad ascoltarlo, anche se sapevo quasi tutto della storia di Paolo Borsellino, dell’agenda rossa, della trattativa tra Stato e mafia, del papello, ecc., per averne letto la storia su alcuni libri e per averne seguito le indagini puntualmente pubblicate su “Il Fatto Quotidiano” (che non è “Il quotidiano di Lecce” di Caltagirone: il giornale – si fa per dire - che è capace soltanto di raccontare qualche frottola e la cronaca spicciola per i pettegoli di paese).
Salvatore Borsellino ha parlato a Noha proprio all’indomani del voto che ha salvato dalla galera il referente politico dei casalesi (che risponde al nome dell’“onorevole” Cosentino). Voto-vergogna (se la parola vergogna oggi avesse ancora un qualche senso) di un parlamento di nominati che subito dopo lo scrutinio ha dato un indecoroso spettacolo di sé, dimostrando con quella standing ovation tributata al compare, con quei baci, con quelle pacche sulle spalle per lo scampato pericolo, con quelle espressioni di giubilo, di essere alla stessa stregua, anzi peggio di una cosca mafiosa, che ormai si può ribattezzare cosca parlamentare.
La sala della scuola media di Noha non conteneva la popolazione accorsa ad ascoltare quest’uomo mite ma determinato e coraggioso, più volte interrotto dagli applausi, che ci incitava tutti a non tacere, a parlare, anzi ad urlare e soprattutto a resistere, resistere, resistere!
Salvatore Borsellino ha raccontato di quanto era bella la sua Palermo, con la sua ineffabile “conca d’oro”, la pianura palermitana un tempo interamente coltivata ad agrumeto, oggi vittima di un’espansione urbanistica incontrollata; di quanto era romantica la villa liberty nelle adiacenze di casa sua, poi rasa al suolo per la fame degli speculatori e dei palazzinari; di quanto sia importante non partire e non abbandonare la propria terra cercando altrove la propria realizzazione, in quanto chi parte dal sud risolve un problema, chi rimane invece risolve il problema; di quanto è importante difendere il nostro territorio dal cemento, dall’asfalto, dalle pale eoliche e dai pannelli fotovoltaici che distruggono e soprattutto sono inefficienti (in quanto l’energia deve essere prodotta ed utilizzata in loco e non trasferita a migliaia di chilometri di distanza); che i veri eroi sono i giudici ed i ragazzi che hanno dato la propria vita per la legalità e non il sig. Mangano, lo stalliere di Arcore, condannato per mafia, ma definito “eroe” dal “miglior presidente degli ultimi 150 anni”, quello del cucù alla Merkel, quello con i tacchi rialzati e con il pelo trapiantato e colorato di arancione…
Mentre parlava di tutto questo e di molto altro ancora, m’è venuto in mente che anche a Noha abbiamo la nostra conca d’oro: sono i giardini di aranci e limoni ubicati nel centro di Noha che in primavera profumano ancora di zagare (ancora per poco, visto che questi due parchi storici stanno per essere sradicati per lasciar posto al massetto ed alle colonne di cemento e mattoni). Un agrumeto di cui si sentiva il profumo nonostante i padroni li avessero rinchiusi dietro arroganti mura; ho pensato che anche a Noha c’è una costruzione liberty: è la Casa Rossa (alla quale stanno per essere addossate delle pseudo-civili abitazioni. Purtroppo non si sa che fine farà questo bene culturale unico al mondo, atteso che i cartelli affissi sul muro di cinta parlano soltanto della costruzione di civili abitazioni, mentre del restauro e della fruibilità della Casa Rossa nemmeno l’ombra - e sarebbe il minimo sindacale che si richiederebbe ai proprietari come giusto guiderdone ai loro interessi legittimi); ho pensato che anche a Noha il territorio è stato saccheggiato con i pannelli fotovoltaici, con l’opposizione di alcune voci afone di alcuni ragazzi, tacciati pubblicamente come “affetti da insolazione” da chi invece avrebbe dovuto marciare in testa al corteo quale primo cittadino pronto a difendere il territorio. Si tratta di attivisti, anzi, diciamo pure di poveri fessi, dei quali mi onoro di far parte; ho pensato che anche a Noha finalmente si sono raccolte oltre 1400 firme contro l’idea asinesca di abbattere in tutti i sensi le nostre casiceddhre, nonostante l’inerzia di un’inebetita amministrazione comunale dilaniata da lotte intestine; ho pensato che anche a Noha abbiamo organizzato un’altra manifestazione antimafia, insieme all’associazione “Libera” di don Ciotti: fu una biciclettata nell’uliveto confiscato alla SCU ma, purtroppo, finanche una delle più importanti “sacre” istituzioni della cittadina fu latitante per imprecisate motivazioni; ho pensato che anche a Noha in tanti (anche quelli assisi in prima fila per l’istituzionale visibilità, le cosiddette “autorità civili e religiose”) sembravano in quel parterre spellarsi le mani per applaudire alle accuse precise di Salvatore Borsellino, dimenticando forse quanto abbiano a volte appoggiato una politica scellerata che distrugge il territorio e danneggia la salute pubblica. Cosa è infatti, ad esempio, il non tanto velato sostegno agli amici della Colacem per l’utilizzo del CDR (combustibile derivante da rifiuti) che distribuirà a tutti noi, in maniera democratica però, un bel po’ di nano-particelle tossiche? Perché questi personaggi non hanno espresso nemmeno una parola contro il fotovoltaico selvaggio, i comparti artigianali, i centri commerciali in quel di Collemeto, il comparto 4 e le sue ottanta villette a ridosso della Masseria Colabaldi, lo scarico di materiali inerti nella cava De Pascalis, e contro le altre porcate?
Come mai nessuna tra quelle autorità ha mai detto ad alta voce: “lì dove si deturpa il territorio, proprio lì c’è mafia” (o una parafrasi di questo slogan)?
Non so come facessero alcuni a sentirsi (o a fingere di sentirsi) a proprio agio di fronte alle accuse precise e puntuali di Salvatore Borsellino. Certo bisogna proprio avere una faccia di bronzo per dirsi d’accordo con il relatore, e con tanto di applauso di circostanza, quando invece fino al giorno prima, anzi anche oggi si ostentano certe “amicizie altolocate” (le note “amicizie potenti” che più di una volta hanno sfilato anche a Noha tra gli applausi scroscianti di adulatori a loro insaputa) e molto vicine al Priapo arcoriano, ed in qualche occasione s’è fatta pure incetta di voti per sostenere l’innominabile e gli amici della sua cricca. Quando si chiedono voti per conto di chi non è proprio compatibile con il bene comune si è complici o correi. Non si sfugge mica dall’assioma per cui è ladro non solo chi ruba, ma anche chi gli para il sacco.
Io seguirò l’incitazione alla resistenza di Salvatore Borsellino. E voi?
ott192012
Qualche portatore sano di cultura (nel senso che ne parla in continuazione senza esserne minimamente affetto), in buona compagnia con le solite grandi menti locali, ne ha sparata un’altra delle sue a proposito della vecchia scuola elementare di Noha. Sentite questa: la colpa di eventuali atti vandalici a quella benedetta struttura sarebbe nostra, cioè di noi altri che da un bel po’ stiamo rompendo l’anima su questo tema. Dunque sarebbe nostra la responsabilità nel caso in cui dovessero accadere degli atti vandalici alla struttura de quo testé “restaurata” (è d’uopo, per ora, vergare certe parole grosse con le virgolette, almeno fino a quando la struttura non verrà finalmente aperta al pubblico con tutti i carismi), non in quanto mandanti diretti di scelleratezze criminali, non perché si potrebbe cogliere nelle nostre parole istigazione al vandalismo nichilista, non perché il nostro interesse recondito sarebbe quello di una novella distruzione del lavoro fin qui “gregiamente” (senza la e) svolto, ma semplicemente perché ci siamo azzardati ad evidenziare il problema, e dunque avremmo svegliato il can che dorme (ma secondo il nostro modesto punto di vista i cani che dormono sono ben altri).
I nostri ghirigori di parole, secondo gli scienziati locali, non avrebbero fatto altro che accendere i riflettori (senza Enel purtroppo) sulla struttura della vecchia scuola elementare di Noha, sicché avremmo dato una buona idea, anzi un’occasione propizia al vandalo di turno, risvegliandone i sopiti impulsi. Il vandalo/vangàle, dunque, che non sapeva dove sfogare per prima i suoi istinti più truculenti ha avuto finalmente l’illuminazione (e ridaje) dopo aver letto in Internet i nostri trafiletti di denuncia, ed avrebbe poi deciso di dare il suo colpo di grazia (o di disgrazia a seconda dei punti di vista), infierendo su di un bene così appartato, così sperduto, così introvabile e quasi invisibile che non gli sarebbe mai venuto in mente se nessuno glielo avesse indicato scodellandoglielo sotto il naso. Dunque per questi matematici nostrani, facendo due più due il risultato non può che essere uno: il vandalismo eventuale sarà in correlazione diretta con la nostra attività di denunzia.
Se invece non ne avessimo sollevato il polverone, nessuno avrebbe saputo nulla e nessuna pulce sarebbe mai stata piazzata nell’orecchio di teppisti e saccheggiatori. Davvero una logica ferrea, un ragionamento impeccabile, un’inferenza da statistici rigorosi.
Ma sì, in fondo, i vandali siamo noi. Che ci viene in mente di dire urbi et orbi (e perfino in televisione, quando verrà) che a Noha si rischia di buttar via dei soldi pubblici. Anziché far nostro il “sopire troncare, padre molto reverendo, troncare sopire” di manzoniana memoria, anziché lavare i panni sporchi in casa nostra, o nel canale dell’Asso, possibilmente insabbiando il più possibile, ci mettiamo a dire che qualcuno non ha fatto fino in fondo il suo dovere. Ma che cittadini insolenti che siamo; che razza di gente per nulla pragmatica.
* * *
Veramente di corbellerie sesquipedali di questa stazza avevamo già avuto sentore in più di qualche occasione. Una di queste fu a proposito del bene culturale più particolare di Noha (veramente lo sono un po’ tutti, particolari): e cioè lo chalet fulvo, la rubiconda “casa pedrera” nohana, quando ne parlammo tanti anni fa per la prima volta. Secondo un autorevole personaggio locale, se avessimo taciuto, come per incanto, nessuno (soprattutto le tarme) avrebbe manomesso la lignea porta d’accesso alla casa rossa, come pare talvolta qualche pirla s’azzardasse di fare.
Sì, come no: se avessimo fatto finta di nulla la casa rossa e gli altri beni culturali sarebbero ora stati restaurati e resi fruibili in quattro e quattro otto, secondo un equilibrio pubblico-privato virtuoso, ideale, perfetto. Se non ne avessimo trattato nel catalogo dei beni culturali, se non se ne fosse parlato in “Salento d’Amare”, prima, e in “Terra tra due mari”, poi, nessun proprietario privato avrebbe costruito villoni bifamiliari da Beverly Ills nelle loro immediate adiacenze, e nessun muro di Berlino con cuccetti di tufo (benché, ci auguriamo, temporaneo) sarebbe stato innalzato alle spalle della porta d’ingresso di quella casa prospiciente la pubblica strada. Se noi sottoscritti rompiscatole non avessimo steso articoli e pubblicato libri, se non avessimo indetto convegni, raccolto firme, girato documentari, promosso visite guidate, la Sovrintendenza avrebbe apposto il suo vincolo di propria iniziativa, automaticamente, per opera dello Spirito Santo paraclito, e dunque finanche il frantoio ipogeo si sarebbe scoperto da solo, rivelato da sé, e si sarebbe pure restaurato e (giacché c’era) si sarebbe anche trasformato in un battibaleno nel museo nohano di civiltà contadina; la torre medievale si sarebbe ristrutturata, illuminata, recuperata dall’abbandono e dall’oblio per mano di una joint-venture miracolosa e inedita; il castello sarebbe da un bel pezzo aperto al pubblico (ovviamente con tutto il parco degli aranci) per mostre, incontri culturali, spettacoli di musica e teatro per grandi e piccini; se avessimo taciuto ancora per un po’, le sozzure pervicacemente portate avanti dagli uomini del fare, alcuni beni culturali sarebbero stati ugualmente restaurati a regola d’arte (sì, campa cavallo)…
* * *
Ecco, alla fine i vandali siamo noi quando denunciamo il declino ed il degrado dei nostri beni culturali; e siamo noi quando smascheriamo le schifezze che vengono perpetrate alla nostra storia, alla nostra cultura ed alla nostra natura; siamo ancora noi i profeti di sventura quando leggiamo i segni della decadenza che sarà (anzi che è già) per prevenirne le cause o per curarne gli effetti e mai per propagarne la cancrena; siamo noi e le nostre considerazioni a buon mercato i vandali (e gli antipolitici) nonché i responsabili dei tumori che ci stanno devastando quando denunciamo il CDR e le mille lordure, onde il nostro territorio è stato trasformato in una discarica in nome dello “sviluppo e del progresso”; e siamo affetti da insolazione quando denunciamo la truffa del fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna, operazione che stiamo già pagando caro (ed i suoi costi aumenteranno a dismisura in futuro per tutti noi). Siamo infine “estremisti” quando incriminiamo i lucchetti (questi sì moderati) che negano un passaggio (soprattutto mentale) che è anche tuo, e le serrature che negano l’accesso e la fruizione di un bene culturale. Il quale per definizione dovrebbe essere di tutti, e mai di pochi, o di uno solo.
Non sappiamo se qui siamo nel campo del codice penale (o penoso) o del codice civile (o incivile). Ma a questo punto un reato da smascherare c’è di sicuro. E si chiama schifo.
Antonio Mellone