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Operazione Canasta: due condanne e un'assoluzione in abbreviato
Di Albino Campa (del 13/03/2012 @ 10:03:00, in Cronaca, linkato 4809 volte)

Prime condanne, a seguito di giudizio con rito abbreviato, nell'ambito dell'inchiesta scaturita dall'operazione "Canasta". Il gup Ines Casciaro ha condannato a 3 anni e quatro mesi di reclusione Gabriele Antonio De Paolis, 34enne di Noha e Giuseppe Perrone, 55 anni, di Galatina. Il sostituto procuratore della Repubblica di Lecce, Elsa Valeria Mignone, aveva invocato una condanna a 5 anni di reclusione per entrambi. L'accusa nei loro confronti era di turbativa d'asta ed estorsione. Reato, quest'ultimo, derubricato dal gup in violenza privata. I due imputati erano assistiti dagli avvocati Luigi Greco e Donato Sabetta. Assolto, invece, perché il fatto non sussiste, Marco Mazzotta, 46enne leccese. A carico dell'imputato un solo episodio di falso in atti pubblici per aver redatto un verbale irregolare nell'ambito di una procedura fallimentare. Secondo la stessa ricostruzione accusatoria, però Mazzotta avrebbe operato sempre in buona fede. Il 46enne era assistito dall'avvocato Amilcare Tana.

Quella condotta per due anni dai militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Lecce, sotto la guida del comandante del nucleo di polizia tributaria, il colonnello Vito Pulieri, e coordinata dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Elsa Valeria Mignone, è un'inchiesta che ha evidenziato gli interessi del malaffare e della criminalità organizzata nel mondo delle aste giudiziarie per i beni mobiliari e immobiliari del Salento. Un sistema fatto non solo di aste pilotate e truccate con la copertura di professionisti al di sopra di ogni sospetto, ma anche di connivenze e relazioni tra uomini d'affari e pubblici ufficiali. Sullo sfondo due dei clan storici della Sacra corona unita salentina, quello dei Padovano di Gallipoli e dei Coluccia di Galatina, che avevano incentrato i loro interessi economici proprio sulle aste giudiziarie.

Due le figure principali al centro dell'inchiesta, quella di Carmelo Tornese, 64 anni, direttore dell'Istituto vendite giudiziarie (gestito da una società facente capo ai figli), e quella di Giancarlo Carrino, 49 anni, "faccendiere" originario di Nardò. Il primo avrebbe avuto un ruolo di factotum nel settore dell'esecuzione mobiliare, mentre Carrino avrebbe gestito il redditizio mondo dell'esecuzioni immobiliari. Sarebbe stato sempre il faccendiere neretino, come evidenziato dalle numerose intercettazioni telefoniche, a gestire in prima persona i rapporti con i fratelli Padovano, Salvatore (alias "Nino bomba") e Rosario. Ventisette, complessivamente, gli imputati finiti a processo.

fonte: lecceprima.it



 

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