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Articoli del 20/09/2024

Introduzione

Nel leggere questa ricerca tenete conto che Noha, sicuramente con nome diverso, è molto antica, anche se non ci sono documenti storici precisi: la sua storia comunque è anteriore all’era cristiana, basti pensare alle tombe messapiche,  ancora esistenti e dimenticate a ridosso di quello che uno volta era la SALPA.

Ricordo che quando pubblicammo il volume “Noha, Storia, Arte e Leggenda” il direttore del giornale “Il Galatino”, il prof. Zeffirino Rizzelli(1926-2007) mi chiamò per un’intervista alla Radio e tra le altre cose mi domandò perché il Protettore di Noha è San Michele Arcangelo. Sul momento non seppi dare una risposta articolata, ma da allora nacque in me l’interesse di approfondire l’argomento. Ed eccomi qua per condividere con voi queste mie riflessioni.

 

Perché un Santo Protettore

L’origine del fenomeno dei patroni cittadini risale al IV secolo, quando la Chiesa riservava una particolare venerazione per i propri martiri, designandoli come Patroni Titolari di una comunità. Il martire, oltre ad essere modello perfetto di vita cristiana, era considerato anche come un potente intercessore. Era desiderio di molti farsi seppellire nei pressi della sua tomba. A partire dal secolo successivo i martiri furono affiancati da santi vescovi, il cui ruolo e le cui funzioni venivano a intrecciarsi sempre più strettamente con la vita urbana.

Il santo patrono appare come un autentico elemento costitutivo della civiltà, poiché ogni momento della sua esistenza è in funzione di un avvenimento particolare della storia cittadina. Il rilancio medievale del culto per i santi patroni ha rappresentato un elemento decisivo nello sviluppo politico-territoriale delle nostre città. La novità apportata dal Cristianesimo alla natura del patronato risiede nell'aver rivoluzionato la vecchia architettura sociale, passando dalla subordinazione a un potere dispotico e oppressivo al protettorato di un’entità misericordiosa e rispettosa della dignità umana.

Il Santo Patrono dona volto e corpo all'appartenenza comunitaria e viene reinventato per adattarlo ai tempi e alle situazioni che mutano. I santi più noti non rimangono circoscritti entro una vicenda religiosa, ma diventano campioni della collettività.

 

Il culto di San Michele

Per capire il culto di San Michele bisogna pensare al culto degli Angeli che viene dall’Oriente. Il popolo ebraico, secondo le indicazioni che ci fornisce il libro dell’Esodo, aveva scelto San Michele come patrono e custode. Durante il viaggio dall’Egitto alla Palestina, l’arcangelo Michele, stava loro dinanzi per guidarli e per proteggerli (Es 14, 19). La Chiesa ha poi ereditato dal mondo ebraico il culto all’Arcangelo, adattandolo al proprio credo.

E’ risaputo che il culto degli angeli in Oriente non sempre si mantenne nei giusti limiti. Già l’apostolo san Paolo, negli anni sessanta d.C., nella lettera scritta alla comunità di Colossi, parla di un culto degli angeli e ne metteva in evidenza gli eccessi: “Nessuno vi impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale” (Col 2,18).

Con queste parole l’Apostolo esortava i cristiani a non cadere nella falsa dottrina di coloro che venerano gli angeli, ritenendoli come intermediari necessari per raggiungere la salvezza. Paolo, con fermezza e coraggio, afferma che solo in Cristo si trova tutta la pienezza della divinità e lui solo è l’unica via di salvezza.

Presto il culto angelico arrivò in Oriente, in Frigia, oggi noi diremmo nell’attuale Turchia. A San Michele furono consacrate chiese, come per esempio a Colossi. Dalla Frigia si diffuse nelle regioni vicine. Anche in Egitto il culto all’Arcangelo era molto sentito. Ben presto arrivò anche a Bisanzio, città elevata nel 330 da Costantino a capitale dell’Impero. Costantino, dopo aver sconfitto Licinio nel 324, restò unico imperatore e decise di stabilirsi in Oriente, facendo di Bisanzio - città a cui dette il proprio nome - la nuova Roma.

Lo storico Sozomeno (vissuto tra il 400 e 450 e autore di una ’Storia Ecclesiastica’) racconta che “Costantino ornò la sua città con splendidi monumenti e possenti chiese: una di queste, situata sul promontorio Hestiae, già dedicato alla dea Vesta, fu consacrata a san Michele”. La chiesa, chiamata Michaelion, fu costruita nelle vicinanze di Costantinopoli. Inoltre, per volontà imperiale, furono costruite nella medesima città altre quindici chiese in onore di san Michele.

Dall’Oriente la devozione a san Michele giunse in diverse parti dell’Europa.

Molto presto, oltre alla grotta sul Gargano (di cui parlerò a breve), troviamo chiese dedicate a san Michele a Roma già nel V secolo. In Francia San Michele era il santo più popolare nell’epoca di Carlo Magno. Vicino Torino, in Val di Susa, c’è la meravigliosa abbazia della “Sacra di San Michele”. Questa imponente costruzione sorge sulla vetta del monte Pirchiriano, e per la sua storia viene considerata in assoluto il terzo luogo sacro all’Arcangelo Michele in Occidente. Anche la gola dei monti che circonda la valle, che furono importanti per la difesa militare, soprattutto tra franchi e longobardi, vennero chiamate le Chiuse di S. Michele. La prima chiesa costruita fu voluta dall’imperatore Costantino. Tra la fine del IV secolo e l’inizio del V ne fu costruita una seconda che, ampliata dai bizantini, fu dedicata al nostro Arcangelo.

Vicino Rieti, vi è una grotta consacrata all’arcangelo Michele. A Roma poi c’è Castel Sant’Angelo. Una leggenda tardiva ne motiva la fondazione con l’apparizione dell’arcangelo Michele a papa Gregorio Magno, durante la peste del 590. La leggenda afferma che durante una processione organizzata dal papa per implorare l’aiuto divino contro il morbo della peste, il pontefice vide sulla mole di Adriano l’arcangelo Michele che rinfoderava la spada, segno che le preghiere erano state esaudite e la peste non avrebbe più colpito gli abitanti di Roma. E tuttora, a ricordo di questo fatto, sulla sommità del sepolcro di Adriano, domina una statua di Michele che rinfodera la spada.

Anche in Campania  tra Capua, Teano e Alife vi è un monte sul quale si manifesta una potenza angelica come sul Gargano. “Si sente dire che tra Capua, Teano e Alife, c’è una montagna sulla quale corre voce che sia presente una potenza angelica allo stesso modo del beato arcangelo Michele sul monte Gargano; e così vi scorre acqua, vi è scavata in profondità una cripta e vi è una basilica: qui spesso si verificano prodigi divini” (dalla ChronicasanctiBenedictiCasinensis, 17).

Sempre in Campania, ad Olevano sul Tusciano, tra Salerno ed Eboli, vi è una grotta nella quale è venerato il nostro Santo. Attorno a questa grotta sorse una comunità religiosa di monaci greci che osservavano probabilmente la regola di san Basilio. Era una comunità numerosa, ricca, potente e conosciuta nella zona, tanto potente che il suo abate aveva le stesse funzioni, oltre che l’autorità di un vescovo. L’abate di Olevano ricevette l’investitura dall’arcivescovo greco di Conza che era stato consacrato direttamente dal patriarca di Costantinopoli.

P. Francesco D’Acquarica imc

 

 

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