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Il tema dell’emigrazione, il distacco tremendo dalla propria terra, dalle proprie origini, dalle radici più vere. Lasciare la propria terra per lavoro, studio o altro è sempre stato un tema toccante. Un dolore che si perpetua per chi è costretto a lasciare la propria casa e gli affetti per andare a trovare fortuna altrove.
Ma cosa rimane oggi del distacco dell’emigrante? In questo caso non vi è solo il bisogno della memoria per ricordare e rimanere legati alle proprie origini.
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Gli emigranti di oggi hanno a disposizione, oltre a mezzi di trasporto più veloci ed economici, anche nuovi strumenti per rimanere in contatto con la propria città natale ( social network, mail, cellulare). E il più delle volte oggi non si emigra più con una valigia di cartone.
Chissà se qualcuno ricorda l'iscrizione posta all'ingresso di Galatina entrando da Lecce, una tabella in legno con le luci di piccole lampadine a creare la scritta del paese tanto amato per chi arrivava di sera al buio. In quella casa una volta c'era una pergola di uva, molto probabilmente di quelle cultivar antiche. Lo scorso anno a settembre la pergola, senza potatura e trattamenti traboccava di grappoli grandi e carichi di uva.
Perdere una specie di questo tipo senza avere delle talee e piante figlie è un danno al buon senso e alla biodiversità in una città che qualche anno fa presentava cartelli di ingresso definendosi città del vino e OGM free. Ora la casa con la pergola e la scritta storica verranno abbattuti per l'idea di nuova "Cultura" che importa il nuovo amministratore comunale che plaude all'arrivo del paninaro americano.
I venti di crisi che stanno soffiando sull’occidente, rischiano di far tornare tutto indietro, una nuova ondata di emigrazione che svuoterà di nuovo i nostri paesi dalla forza dei giovani e delle loro idee, lasciando i nostri centri in mano a generazioni di anziani logori e vecchi che trascinano la loro vita stancamente.
Raimondo Rodia
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