mar022015
Sembra che in una delle “conferenze dei servizi” (nel senso di un servizio tanto così ai danni di Galatina) che ha avuto luogo a Bari, e per tema l’insediamento del Mega-Porco commerciale in contrada Cascioni - precisamente la conferenza dei servizi di metà aprile 2014 - si convenisse che la società Pantacom srl avrebbe dovuto in qualche modo trovare un milione di euro entro il 31 gennaio 2015. [Sì, allora in tanti, troppi, credevano ancora agli asini aerei, come pure al fatto che questo scempio ambientale avrebbe portato un sacco di posti di lavoro a Collemeto e dintorni: più o meno come il Jobs Act, ndr].
Noi cercavamo di spiegare che la ditta Pantacom, di pertinenza della famiglia Perrone (quella del sindaco di Lecce), valeva meno di zero; che, dati Cerved alla mano, quella società a responsabilità limitata (in tutti i sensi) non aveva neanche gli occhi per piangere; che, oltre tutto, non era nemmeno attiva; che non annoverava tra le sue fila nemmeno un dipendente (in compenso ne avrebbe assunti duecento, anzi trecento); che il capitale netto da un lato e i soldi in cassa dall’altro erano tali per cui trovare un milione di euro (ma anche trecentocinquanta euro) sarebbe stato come trovare un ago nel pagliaio; che il Comune di Galatina con tutta ‘sta manfrina stava perdendo tempo, denaro e soprattutto la faccia.
Ma a quanto pare, le nostre, come sempre, erano parole al vento.
Il 19 ottobre 2013, sul sito internet ilSedile.it, Piero Zurico sembrava più possibilista: “Ora si tratta di dare un’occhiata alla Pantacom. Quello che sappiamo di questa Società dal punto di vista solo camerale non è certo il massimo dell’affidabilità economica. Ha assunto un po’ di “impegni” politici a destra ed a manca oltre a quelli assunti in Convenzione con il Comune. Di certo si sa che la Pantacom è una Società s.r.l con un capitale sociale di 35.000 euro. Di certo si sa che è in una situazione patrimoniale passiva. Il capitale sociale è stato interamente consumato ed allo stato attuale risulta ancora non attiva [dati tutti confermati da una visura camerale aggiornata al 13/12/2014, ndr]. Ma queste sono semplici formalità nel senso che possono essere sanate in un batter d’occhio [chiaro? Il fatto che la società non valga una cippa è una “semplice formalità” che può essere sanata in un batter d’occhio, ndr] basta un aumento di capitale sociale [e che ci vuole? ndr] una dichiarazione di inizio di attività e tutto è a posto [sì, come no. Prima faccio le trattative con l’ente pubblico, il quale mi dà pure retta aprendomi così su due piedi una linea di credito – e che linea di credito: infatti si tratta di credere alle favole – e dopo, ma solo dopo e non prima, metto a posto le carte. Nemmeno in una repubblica (o in un comune) delle banane si arriverebbe a tanto. Ma forse grazie a questo modo di pensare e ahimè di fare noi siamo già e da tempo una repubblica (o un comune) delle banane, ndr]. Di certo ai soci della Pantacom, famiglia Perrone in testa, non mancherebbero i soldi [vuoi vedere che l’articolista per caso, viste queste informazioni di prima mano, aveva, al tempo, anche l’altra veste di promotore finanziario della famiglia Perrone? ndr]”.
Sta di fatto che i termini sono scaduti, della fideiussione neanche l’ombra, a Collemeto 800 persone (che hanno pure raccolto le firme pro-Porco) attendono ancora un posto di cassiere nel novello supermercato, e a palazzo Orsini non sanno più cosa pensare né fare (il che non è una novità). Chi l’avrebbe mai detto?
Antonio Mellone
Commenti
Uno scenario analogo a Expo2015, il manifesto della follia criminale della casta politica che ci governa.
Un piccolo riassunto: lo Stato crea una società, Arexpo, per acquistare più di un milione di metri quadrati di terreno agricolo spendendo milioni di euro (buona parte del terreno era di Fondazione Fiera, feudo ciellino, che lo aveva acquistato nel 2002 a soli 15 milioni e lo ha rivenduto ad Arexpo per 66 milioni di euro). Su questo terreno viene realizzata una esposizione internazionale per spiegare al mondo come sfamare la crescente popolazione del globo terracqueo. Per rientrare dei soldi spesi lo Stato decide di mettere all'asta il terreno con annessa concessione per la costruzione di 480 mila mq di inutilità cementizie, più o meno l’equivalente di 16 Pirelloni.
Per ora l'asta è andata deserta scongiurando nuova cementificazione ma lasciando un buco di 160 milioni di euro oltre allo scandalo delle mazzette e delle infiltrazioni mafiose.
Spero che i nostri figli si dimostrino più saggi dei loro genitori.
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