ago262017
Preambolo. Sappiamo dalle medie che il mitologico Cariddi era un enorme mostro marino simile a una lampreda, con una gigantesca bocca piena di varie file di denti e una voracità infinita. Cariddi risucchiava l'acqua del mare per poi risputarla con forza, creando enormi vortici che provocavano naufragi alle navi in transito nello stretto di Messina (cfr. Wikipedia).
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Con molte probabilità questa premessa non c’entra un bel nulla con quanto segue. Solo che, come diceva quel tale, “nomina sunt consequentia rerum”. E a volte anche i cognomi.
Cariddi – quando si dice la combinazione - è anche il cognome di Pierpaolo, novello sindaco di Otranto, fresco di suffragi, fratello del predecessore Luciano. Mica potevano gli otrantini cercare un’alternativa. Nossignore. Non ci pensate nemmeno. Cariddi forever. Un cognome, una garanzia. Del resto la lista cosiddetta civica che l’ha supportato è la famosa “Otranto non si ferma” [in effetti sarebbe davvero un bel peccato fermare la corsa di un territorio verso il suo baratro, ndr.].
Dunque, sembra che tra il prima e il dopo non vi sia alcuna soluzione di continuità, ma una sublime e costante ricapitolazione.
Tutto in famiglia, dite? Embè? Lo vuole la democrazia, lo vuole Otranto e soprattutto lo vuole l’Europa.
Certo, ora non conosciamo di preciso i contorni delle diciamo politiche di codesto Cariddi Due fresco di giuramento addirittura sulla Costituzione. Ma, sapete, il buongiorno si vede dalla notte precedente, e soprattutto buon sangue non mente.
Per la cronaca, e salvo smentite dell’ultima ora, Cariddi Uno era il sindaco dell’esultanza per il nuovo porto turistico di Otranto da “cantierizzare” as soon as possible, nonché l’amministratore a favore del gasdotto Poseidon – una specie di TAP 2, la vendetta - e, visto che c’eravamo, anche il primo cittadino pronto a benedire il Twiga, vale a dire lo stabilimento balneare briatoregno extra-lusso ed extra-large [cinque stelle su cinque ettari: una stella per ettaro, insomma, ndr.], di cui Cariddi Due era – ma guarda un po’ - progettista e direttore dei lavori.
Ci mancava giusto un ok di massima idruntino anche al ponte sullo stretto [quello tra Scilla e Cariddi, per dire, ndr.] e avrebbero completato il secondo sacco di Otranto, dopo il primo del 1480 per mano dei turchi.
Ma torniamo al nuovo Porto Turistico da affiancare al vecchio, per altri 450 posti barca (dico: UL-TE-RIO-RI-QUAT-TRO-CEN-TO-CIN-QUAN-TA-PO-STI-BAR-CA) oltre all’attracco per le Grandi Navi Da Crociera [sennò come facciamo a farci fare l’inchino dagli Schettino di turno?, ndr.]. Orbene, a grandi falcate, stiamo andando di corsa verso la sua realizzazione, viste le autorizzazioni ottenute da parte di quasi tutti gli enti preposti [o meglio: sottoposti, ndr.].
In altre parti d’Europa una notizia del genere avrebbe infiammato tutta la comunità. Qui, invece, nulla: bocche cucite, vuoti cerebrali, morti viventi, vivi morenti, elettroencefalogrammi sovrapponibili alla retta aderente al bordo inferiore del monitor. Anzi piuttosto ovazioni, tripudi, trionfi di suffragi (voti, dico, e forse anche quelli delle Sante Messe) al fratello di suo fratello in Cariddi. Sembra quasi che Otranto sia ormai la città degli 800 beoti (più che beati) martiri.
In compenso c’è la Stampa (chiamiamola così) che non sa più come gongolarne: dal Diciamo Quotidiano di Caltagirone alla Mezza Calzetta del Mezzogiorno, al Corriere del Mezzo-Scuorno (anzi, completo), tutti pronti a sciogliere inni e canti e ad aspergere con acqua benedetta, o, in mancanza, con la saliva, le gigantesche, costosissime, magnifiche e progressive opere pubbliche [glandi opere pubiche, come le definiva quel tale, ndr.] di cui il prossimo porto di Otranto è la nuova sfida [o sfiga, dipende dai punti di vista, ndr.].
Ma porca miseria, dico io, è mai possibile che in questo buttanissimo Sud (copyright di Buttafuoco) sembra che la classe digerente a tutti i livelli sia assisa intorno ad un tavolo di concertazione per distruggere onza onza il nostro territorio, con penetrazioni, asfaltature, trattative, cementificazioni, cantierizzazioni, lottizzazioni, eradicazioni, trivellazioni, incenerimenti, privatizzazioni e, se càpita, anche corruzioni? Sì.
Funziona più o meno così: un politico lancia un’ideona come questa e un riccone calcola che cinquecento barche parcheggiate per due mesi estivi non sarebbe un cattivo affare [oddio, non si sa di preciso se sia il politico a dare lo spunto al riccone, o viceversa: sicché rimarremo sempre con il dubbio se sia nato prima l’uovo contaminato o il pollo, ndr.], tanto poi l’accordo operativo si trova sempre.
Subito dopo la trattativa [alla base di ogni disastro c’è sempre una Trattativa, ndr.] , la volpe di turno si fa stendere il progetto da alcuni studi tecnici tra i più smaliziati, quelli cioè che sanno nuotare nel mare magnum delle norme ambientali (anche se sovente codesti progetti sembrano davvero redatti più con il culo che con i piedi - ma poi basta un facilitatore qualsiasi per sistemare le cose, per esempio oliando un po’ i meccanismi di certi uffici pieni zeppi di funzionari di bocca buona e si riesce così a far passare davvero di tutto e di più).
Subito dopo si presentano gli incartamenti al Comune compiacente e zac!, passano 90 giorni, arriva la Conferenza dei Servizi [“servizio” da intendere stavolta in quel senso là, insomma m’avete capito, ndr.]. Si aspettano altri 90 giorni, e ri-zac: in quattro e quattro otto ti arrivano caterpillar, ruspe, betoniere, autoarticolati, gru, bracci meccanici e tutto l’occorrente per stamparti in 3D l’n-esimo Orco Turistico, in grado di trasformare un “luogo” in un “posto”, anzi in un cesso qualsiasi [tanto l’eventuale parere negativo della Soprintendenza conta come il due di questa cippa, ndr.].
Signori, volevo dirvi che la Grande Opera idruntina dello sbancamento di qualche chilometro di scogliera inizierà a breve, sotto il vostro naso, con un po’ di chili di dinamite per sbancare quegli scogli di troppo, giusto qualche migliaio di camionate di cemento per la creazione di una bella piattaforma grande quanto un paio di stadi di calcio, l’asfalto di una strada in grado di collegare questo aborto turistico alla Statale-Ormai-Autostrada Maglie-Otranto, rotonde qua e là quanto bastano, un po’ di villette a schiera con il verde disegnato [giuro, l’ho visto sul dépliant, anzi orripilant, ndr.], un bel centrone commerciale [come fai, signora mia, oggi come oggi senza un bel centro commerciale aperto sempre, anche a ferragosto? ndr.], il solito massetto cementizio in riva al mare, qualche frasetta sulla “scarsa significatività” della flora e della fauna interessata, tipo la Posidonia [con l’avallo del professoglione di turno, ndr.], l’irrisione alle paranoie di quei quattro ambientalisti fissati e sfigati: ed ecco bell’e pronto un faraonico mega-porco turistico in grado di compiere miracoli, come per esempio: creare un sacco di posti di lavoro, addirittura uno ogni quattro posti barca [anzi, uno ogni tre: ma sì, mi voglio rovinare, ndr.]; fungere da “volano per lo sviluppo” [più pil per tutti ndr.]; attrarre flotte di turisti [precisiamo: frotte di turisti, ndr.], e soprattutto in tutte le stagioni [oddio, ci mancava pure questa, ndr.]; il tutto senza considerare il famoso indotto [come per esempio le cozze con l’Ilva di Taranto, ndr.]. Insomma un Nuovo Miracolo Italiano.
Fatemi capire: ma con tutti ‘sti miracoli è un porto o è un dio?
Ah, ecco: un porto-dio.
Antonio Mellone
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